Buon Hinamatsuri a tutti ^_^ E Buon Compleanno a Doumeki Shizuka ^___^.
Finalmente ho finito di aggiungere le mie vecchie
fic...oltretutto da brava scema non ho nemmeno rispettato il vero
ordine cronologico con cui le ho scritte...vabbhè pazienza XD
Comunque con questa fic iniziano le nuove produzioni. Spero che vi possano piacere a partire da questa ^_^ Diciamo che è il mio modo
per riappacificarmi con la fine della serie! quindi SPOILER SPOILER
SPOILER per chi volesse leggere.
Beh bando alle ciance, via con la fic.
Titolo: La devozione del silenzio
Rating: per tutti
Paring: direi che vi si può leggere come
spesso accade nelle mie fic un leggero Doumeki/Watanuki
Disclamer: xxxHOLiC e i suoi personaggi sono
proprietà CLAMP
Parole: 4777
Spoiler: tutta la serie. Fic Ambientata
dopo la fine della serie Rou
Riassunto: un’amicizia profonda nata e
cresciuta nel silenzio.
Note: Un omaggio a quello splendido personaggio che
risponde al nome di Doumeki Shizuka perché quel povero
ragazzo merita tanto amore!
Fic scritta per una autosfida tra me Harriet e Shu in
occasione del compleanno di Shizuka . La fic doveva essere ambientata
nella serie Rou possibilmente trattandone un evento importate non preso
in esame o non approfondito nella serie regolare. Punti Bonus se la fic
era legata in qualche modo anche al compleanno di Shizuka.
1- Eclittica
by Shu
La devozione del silenzio
La luna, alta in cielo, contornata da piccole stelle che impallidivano
davanti alla sua luce, illuminava il grande albero e tutto il giardino,
come volesse proteggere con i suoi freddi raggi tutto quel luogo di
purezza.
Un ragazzo, anzi, un anziano stregone che di vecchio aveva solo i
ricordi della prima volta in cui si era trovato in quel luogo,
camminava silenziosamente per quel viale conosciuto. Pochi passi per
distanziare il portone del tempio e giungere davanti al grande albero
sacro, uno dei pochi esseri viventi ad avere vissuto ancora
più anni dello stregone stesso.
Una mano a reggere una lunga pipa in argento montata su elegante stecca
di legno dipinta di rosso. L’altra mano a sfiorare il robusto
tronco dell’albero.
“Era da molto che non venivo qui” disse il ragazzo,
o era meglio definirlo vecchio, anziano…saggio forse? No,
egli stesso sorrideva a quel pensiero quando qualcuno dei suoi clienti
lo definiva tale, in realtà saggio non lo era di certo.
Né ai suoi occhi, né tanto meno agli occhi delle
persone a lui care. Pazzo probabilmente sarebbe stata la definizione
più calzante.
Il suo sguardo si attardò ancora qualche secondo su
quell’albero che custodiva in sé preziosi ricordi,
per poi prestare attenzione al grande tempio che si stagliava in quel
giardino come sempre in perfetto ordine. Fin da più di
cent’anni prima c’era sempre stato qualcuno che,
con dedizione, si premurava di spazzare quel vialetto e di raccogliere
tutte le foglie che vi cadevano sopra. Lui stesso l’aveva
fatto alcune volte, costretto da colui sul quale quel compito gravava.
Il ricordo gli strappò un altro sorriso. Era una memoria
così lontana nel tempo eppure gli sembrava quasi di potersi
vedere con i suoi stessi occhi, li davanti ad agitarsi, lamentarsi e
urlare mentre riempiva il grande sacco di foglie secche. Ed accanto a
lui, sempre, la persona più irritante, più
detestabile e più silenziosa che avesse mai conosciuto in
tutta la sua lunga, troppo lunga, vita.
Se fosse stato sincero comunque, avrebbe ammesso che
‘irritante’ e ‘detestabile’
erano aggettivi con cui solo Watanuki Kimihiro avrebbe mai potuto
definire quel ragazzo del tempio. Silenzioso, però, lui lo
era di certo, perfino nel suo nome…Shizuka si chiamava.
Watanuki avanzò con calma, con passi piccoli e lenti
… Un sguardo alla sua destra e gli occhi si soffermarono
alla vista di un albero su cui i suoi ricordi gli permettevano di
vedere ancora una ragnatela distrutta. Di fronte a lui un tavolo da
mahjong dove poteva facilmente immaginarsi 4 persone, beh diciamo 3
persone e uno strano animale, giocare a quel gioco il cui funzionamento
per lui ancora oggi restava un mistero. Un sguardo indietro di nuovo al
grande albero sacro e l’immagine si arricchì di
una bella bambina dai lunghi capelli biondi che rimirava quei grandi
rami sotto la pioggia. Era coperta da un piccolo ombrello chiaro,
tenuto in mano da un ragazzo in cui Watanuki quasi stentava a
riconoscersi, per poi ricredesi attimi dopo, quando
l’immagine cambiò e non era più lui a
reggere un ombrello, ma l’altro, intervenuto come sempre,
irritante, ma protettivo.
Ricordi in cui perdersi, ricordi a cui attaccarsi. Ricordi che fluivano
liberi in quel mondo onirico dove si ritrovava.
Era passata la mezzanotte da poco. Era il 3 marzo e il tempio della
famiglia Doumeki era il luogo migliore dove recarsi.
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Watanuki raggiunse i pochi gradini che portavano alle porte del tempio
e vi si sedette tranquillo. Era come essere a casa. Si portò
la pipa alle labbra e aspirò l’odoroso tabacco.
Aveva sempre odiato quell’odore, ma ora si era come
assuefatto, quasi non percepiva più il pungente fastidio del
fumo che uscendo dalla sua bocca si alzava in sinuose curve
mescolandosi all’aria pura di quel luogo sacro.
“Non ti fa bene fumare a quest’ora tarda”
disse una voce che giungeva lontana.
Watanuki non si allarmò per nulla.
“Potrei dire la stessa cosa anche a lei,
Haruka-san” sorrise poi, allontanando per un attimo la pipa
dalle labbra.
“Ahahahah. Io ormai sono vecchio, il danno è
già fatto” ripose ridendo il vecchio monaco
avvicinandosi al Mago, con calma, aspirando dalla sua inseparabile
sigaretta.
“Se vogliamo parlare di anni di vita, beh allora penso di
superarla nettamente” ribatté il non
più ragazzo tornando a prendere una nuova boccata di fumo.
“Non posso darti torto su questo”
I due si scambiarono un sorriso complice. Erano soliti incontrarsi nei
sogni fin dai tempi in cui il proprietario del negozio era solo un
ragazzo immaturo.
Ma ultimamente erano parecchi anni che i due non avevano più
avuto modo di vedersi. Watanuki non avrebbe saputo dire quanto tempo
fosse passato dall’ultima volta, ma di certo non era stato un
periodo breve.
“Era da molto che non ci vedevamo Haruka-san. È
forse successo qualcosa?”
“Sono stata impegnato – rispose lui prima di
riportare la sigaretta alla bocca – Piacevolmente impegnato.
Era molto tempo che non passavo così tanto tempo con mio
nipote, vero Shizuka?”
“Oh!” una voce monocorde arrivò da
dietro le spalle del Mago. Watanuki si girò ad una lentezza
impressionante tanto che sembrò impiegarci anni per fare
quel semplice movimento. Quando i suoi occhi si posarono sulle porte
aperte del tempio non si rese nemmeno conto che le sue dita avevano
perso la presa sulla pipa tanto amata facendola inesorabilmente cadere
a terra.
“Yo! - lo salutò Doumeki dopo essersi guardato
intorno con fare annoiato – Così questo
è il mondo dei sogni” asserì poi
incrociando le braccia al petto.
“Proprio così Shizuka. Mi complimento con
te” confermò Haruka salutando il nipote.
“Ehi Ehi, Un attimo!” urlò Watanuki
continuando a osservare la figura del ragazzo di fronte a
sé. Era esattamente come lo ricordava ai tempi della scuola.
Alto, già a quel tempo più di lui, con quei
capelli scuri e non bianchi come li ricordava le ultime volte che
l’aveva visto. Gli occhi però erano sempre rimasti
gli stessi. Ambra sciolta in due iridi sottili eppure attente
nonostante lo sguardo che sempre pareva assonnato. Era vestito con il samue
che era solito indossare durante i lavori al tempio che poco prima
avevano invaso i ricordi dello stregone.
“Haruka-san, era stato lei a dirmi che lui non poteva
attraversare i sogni!”
“Si imparano tante cose in cent’anni. –
rispose Shizuka andando a sedersi anch’egli sugli scalini a
fianco al vecchio amico. – Idiota” aggiunse poi,
una volta seduto.
“Cos…? Ehi tu! Come osi? Non ci vediamo da
chissà quanto e tu la prima cosa che fai è
insultarmi?” cominciò a lamentarsi il suddetto
idiota agitando le braccia in aria con fare minaccioso.
“Mi sei mancato” disse allora con voce atona
volgendo la testa verso Watanuki che fermò ogni suo
movimento guardando l’altro con espressione dubbiosa.
“mmmh ma tu sei davvero Doumeki?”
domandò a bassa voce. Le parole di poco prima unite ad un
sorriso per quanto leggero avevano innestato il seme del dubbio nel
Mago.
“Perché? chi dovrei essere?” chiese
l’altro senza scomporsi troppo.
“E che ne so? Uno dei tuoi discendenti per esempio, vi
assomigliate tutti troppo nella vostra famiglia.”
“Idiota…” fu il pacato commento di
Shizuka, mentre Haruka scoppiò in una risata cristallina.
“AHAHAHA Ora capisco molte cose. Mi ero immaginato
più volte le vostre discussioni, ma non
c’è niente di meglio che vederle in prima
persona”
“Haruka-san…”
Il monaco riprese la parola tra un sorriso e l’altro
“Watanuki-kun, ti assicuro che il Doumeki che ti siede
accanto è senza dubbio mio nipote Shizuka”
proclamò bloccando sul nascere una nuova risata. Vederli
insieme era davvero divertente. In quei pochi minuti non avevano fatto
altro che guardarsi in tralice cercando di non farsi notare mentre
tentavano di rubarsi uno sguardo l’uno con l’altro.
“Sai di non avere molto tempo – decretò
poi con serietà rivolgendosi al nipote – e non
è bene che Watanuki-kun rimanga nel mondo dei sogni troppo a
lungo. Vi lascio soli per il tempo rimanente. Sai tornare da solo, vero
Shizuka?”
“Si, grazie nonno” rispose il ragazzo abbassando
leggermente la testa in direzione del suo antenato.
“Molto bene. Watanuki-kun noi ci vedremo in un altro sogno.
È stato un piacere rivederti dopo tutto questo
tempo”
“Anche per me Haruka-san. Ma non vorrà davvero
lasciarmi solo con questo qui?” sbuffò aggrottando
le sopracciglia indicando il giovane ancora sedutogli accanto.
“Certo che si, in fondo questo è il mio regalo per
Shizuka!” e detto questo si allontanò sparendo
nell’oscurità circostante.
“Regalo eh?” ripeté lo stregone
rivolgendosi verso l’antico rivale.
“Oggi è il 3 marzo” disse
l’altro come a spiegare il fatto.
“Lo so benissimo, scemo. Mi domandavo come questo –
fece notare girando il dito indice in aria ad indicare ciò
che li circondava – potesse essere un regalo”
“Il regalo sei tu, non il resto” chiarì
tranquillamente Shizuka spostando gli occhi sull’amico.
“Io?”
“Te l’ho detto no? Mi mancavi, volevo
vederti”
Per un breve istante Watanuki si sentì imbarazzato da quelle
parole. Dunque Doumeki era ancora in grado di ridurlo al
silenzio…
“Mi mancava l’osservare un idiota
all’opera”
…per poi scatenarne l’ira e le urla più
tremende. Era dai tempi della scuola che non succedeva…
“Se ti succedesse qualcosa---“
“Ancora il pranzo?”
“No!”
“Eh?”
“Mi mancherebbe osservare qualcuno che fa
l’idiota”
Quel vecchio, vecchissimo scambio di battute tornò alla
mente di entrambi, anche a quella di Watanuki che nel frattempo
rivangava a gran voce, e con estrema lucidità, tutti gli
insulti con cui era solito definire Doumeki.
Ma quando la tempesta passò e Shizuka tornò a
liberare le sue orecchie dalla consueta protezione dei palmi delle mani
i due si fecero silenziosi di colpo.
Incredibilmente fu proprio Doumeki che tradì il suo silenzio
riprendendo la parola poco dopo.
“Hai pianto quando sono morto?”
La domanda arrivò con un fulmine a ciel sereno e Watanuki
dovette far fronte a tutta la sua forza di volontà per
mantenersi calmo e poter mentire con disinvoltura.
“Eh? Tsk...figuriamoci! Perché avrei
dovu…”
“Mio nonno ha detto di si”
Il Mago sbiancò cominciando a borbottare contro un certo
monaco chiacchierone di sua conoscenza. Doumeki però non
fece caso a quei parlottii nemmeno troppo sommessi e
continuò la sua indagine.
“Sei stato male come quando è successo a
Kunogi?”
“Certo che no scemo! Quando è scomparsa
Himawari-chan sono stato molto peggio. – sbottò
l’altro in risposta – Te ne dovresti
ricordare…” aggiunse poi con voce più
tenue.
“Me ne ricordo infatti. – confermò
Shizuka – Sono felice di non averti fatto soffrire come
quella volta.” Concluse quasi sorridendo.
Watanuki lo guardò e in cuor suo si rimangiò gli
insulti rivolti ad Haruka. A quanto pare non gli aveva detto che il
giorno in cui Doumeki se n’era andato era stato molto peggio
di quanto fosse successo con Himawari o con Kohane. In fondo Shizuka
era la persona che gli era stata più vicino dopo la
scomparsa di Yuuko, quindi era normale che la perdita facesse
più male, no? Era normale che una volta incontrato Haruka in
sogno avesse resistito ben poco prima di cominciare a piangere quasi
senza rendersene conto…si, era normale, ma non
c’era bisogno che Doumeki sapesse,
però…cavolo…vederlo felice nel
pensiero che la sua morte lo avesse lasciato indifferente non era una
bella sensazione. Al diavolo lui e le sue parole che lo facevano
sentire in colpa.
“Comunque sono stato male anche per te…–
ammise quindi –… tanto…”
aggiunse in un sussurro.
Doumeki lo guardò un po’ sorpreso. Allora forse
quanto gli aveva raccontato suo nonno per quanto gli fosse sembrato
inverosimile, poteva anche corrispondere alla realtà.
Osservando l’amico, ora, nemmeno lui sapeva dire se si
sentiva più addolorato o più felice al pensiero
di saperlo disperato alla sua morte almeno quanto lo era stato per
Himawari con la consapevolezza però che la disperazione di
Watanuki poteva tradursi in una manifestazione dell’affetto
che l’amico provava per lui. Beh in fondo era inutile
pensarci ora. Quel tempo era passato e ora erano di nuovo in grado di
parlare tra loro. Non era il caso di rivangare ricordi dolorosi.
“In ogni caso, come hai fatto ad arrivare qui?”
Watanuki dovette pensare la stessa cosa poiché quella
domanda fu formulata rapidamente nel tentativo di cambiare discorso,
dopo la sua imbarazzante ammissione.
“Mio nonno mi ha insegnato come entrare nel mondo dei sogni,
ma attraversarli non è una mia capacità innata e
per quanto possa provarci da solo non posso farcela...”
Watanuki annuì ben cosciente della verità di quel
discorso, lasciando che il ragazzo finisse la sua spiegazione.
“…Però con una guida riesco a muovermi
con discreta facilità.”
“Quindi è stato tuo nonno da fungere da guida per
condurti qui, dico bene?”
Un suono d’assenso da parte dell’altro
bastò al Mago per capire l’esattezza della sua
considerazione.
“Capisco. Già è incredibile che tu
possa trovarti qui, ma se hai avuto Haruka-san come maestro non dovrei
stupirmi”
“Mio nonno è davvero così potente?
Più di te?” chiese incuriosito.
“Per quanto riguarda l’attraversamento dei sogni
Haruka-san ha molta più esperienza di me. Non per nulla lui
è riuscito ad incontrare Yuuko-san qualche volta.”
“E tu? – domandò Doumeki raccogliendo la
pipa che ancora era a terra – sei riuscito ad incontrarla in
questi anni?”
Watanuki sorrise mentre prendeva tra le mani l’elegante
ricordo della Strega che l’amico gli stava porgendo.
“Poco tempo fa, si, diciamo che l’ho
vista.” dichiarò volgendo lo sguardo al cielo.
L’arciere annuì prima di azzardare una seconda
domanda.
“Sei contento…di averla vista?”
Il mago si fece scappare una mezza risata nell’ascoltare
quelle parole.
“Vi assomigliate davvero!”
“Ah?”
“Tu e il tuo bisnipote intendo. Fate persino le stesse
domande – spiegò ancora con
l’ilarità nella voce – e comunque
– continuò con tono più malinconico
– si sono contento di averla vista. Ma ho anche capito che
anche se mi capitasse di vederla nei sogni, non mi sarà
più possibile incontrare la vera Yuuko-san”
Doumeki tentennò per qualche secondo prima di dar voce
all’ultimo interrogativo.
“Ma tu non vuoi dimenticarla vero?
Yuuko-san…”
Lo stregone questa volta si voltò verso il vecchio rivale
con sguardo alquanto irritato.
“Lo vedi che siete davvero identici – disse
sbuffando – il tuo bisnipote mi ha fatto anche questa
domanda…”
“…e tu hai riposto di no, dico bene?”
“E tu cosa ne sai?”
“…se avessi risposto di si non staremo parlando di
questo…” commentò l’arciere
con voce ancor più bassa del solito.
“Ah? Che intendi dire?” chiese l’altro
avendo comunque sentito l’enigmatico commento.
“…niente – lo liquidò
rapidamente per tornare a dare un’occhiata al suo corpo che
si stava facendo sempre più evanescente – a quanto
pare mi rimane poco tempo…”
“Te ne vai?” chiese retoricamente lo stregone
andando a poggiare la pipa sullo scalino senza averne ancora aspirato
una sola volta da quando l’aveva ripresa in mano.
“Ho ancora poco tempo…”
spiegò con tranquillità.
“Sono contento…di…averti rivisto,
ecco” confessò Watanuki mentre un leggero rossore
di imbarazzo gli imporporava le guance come se fosse stato ancora il
ragazzino che sembrava.
“Anch’io” rispose sincero
l’altro sorridendo appena.
L’arciere si alzò quindi in piedi, si
spolverò il samue e
incominciò ad incamminarsi sul vialetto che qualche momento
prima aveva già percorso suo nonno.
“Doumeki, aspetta!”
Il ragazzo si fermò al suono del suo nome e si
voltò con calma apparente.
Watanuki si era alzato e camminava velocemente verso di lui,
l’appariscente kimono fluttuava intorno alla sua figura
seguendone i movimenti rapidi. La pipa abbandonata di nuovo sugli
scalini del tempio.
“Che c’è?” chiese
l’arciere una volta che l’amico lo raggiunse.
Lo stregone si concentrò e chiuse gli occhi.
“Dammi la mano destra” disse poi con tono solenne.
Doumeki fece come richiesto e gli porse la mano. Watanuki la prese tra
le sue per lasciarla poco dopo. Attorno al dito indice
dell’arciere si formò una girandola di fumo
sinuoso che andò assottigliandosi fino a creare un filo
dorato quasi invisibile che muovendosi come avesse avuto vita propria
si legò al dito del ragazzo. L’altro capo del filo
nel frattempo si mosse con altrettanta eleganza allungandosi e
tingendosi di una tonalità bluastra fino a che non raggiunse
l’indice di Watanuki e li si legò nuovamente.
“Che hai fatto?” domandò Doumeki vedendo
il filo attraverso il suo occhio destro.
“Hai presente la leggenda del filo rosso del
destino?”
“Si – ripose lui – quella che dice che i
mignoli di due innamorati sono legati da un filo rosso fin dalla
nascita…ma questo non è rosso, né
tanto meno è legato al mignolo…”
“Ovvio che non lo sia, non è certo il filo rosso
dell’amore questo! – Urlò Watanuki
perdendo per un attimo la professionalità che il suo lavoro
esigeva – Non esiste solo quello, alla nascita abbiamo
già dei fili che ci indicano il destino, ma non sono gli
unici. Ad ogni incontro, ad ogni connessione che instauriamo durante la
vita si crea un nuovo filo. Guarda…” disse alzando
entrambe le mani per permettere all’arciere di osservarle.
Ora poteva vedere, il suo occhio destro poteva vedere, ciò
che fino a quel momento non aveva scorto. Le mani di Watanuki erano
letteralmente coperte di fili sottilissimi. Molti erano bianchi, alcuni
colorati e tanti altri neri come la pece.
“I fili bianchi rappresentano le connessioni che ho avuto con
i clienti del negozio. Quelli colorati sono le persone che sono ancora
in vita e che mi conoscono meglio. Per esempio, quello verde
è il tuo bisnipote…”
“E quelli neri?” chiese quindi incuriosito.
Né suo nonno, né tanto meno i corsi universitari
gli avevano mai spiegato una cosa simile.
“Quelli neri… – cominciò
Watanuki con un triste sorriso – quelli neri sono legati a
coloro che sono morti…”
Doumeki si ritrovò a sgranare gli occhi dalla sorpresa. Dunque
nemmeno una volta morti si può eliminare un legame
pensò tra sé e sé mentre guardava
Watanuki che indicava i vari fili neri.
“La vecchia indovina, Kohane-chan, Himawari-chan….
– tentennò un po’ –
Yuuko-san” disse poi toccando uno dei tanti fili con
delicatezza.
“E questo – spiegò infine toccando
quello dorato e blu – è il tuo a cui ho appena
ridato vita. Lo potrai vedere tramite il tuo occhio destro quando
vorrai. Seguilo e arriverai da me.”
“Perché lo hai fatto?”
Watanuki tenne gli occhi bassi evitando di incrociare lo sguardo
inquisitore di Doumeki.
“è il 3 marzo – spiegò
– era da molto che non ti facevo un
regalo…”
L’arciere si stupì di quella risposta ma Watanuki
non ebbe modo di notare la reazione dell’amico in quanto
insisteva nel tenere lo sguardo verso il basso fissando le proprie mani.
“No…in realtà è solo che
sono egoista” confessò infine alzando finalmente
gli occhi.
“Egoista?” chiese Doumeki celando a fatica la
curiosità nella voce.
“Non dirmi che non l’hai mai pensato
perché non ci credo. – lo sfidò il Mago
continuando a fissare le sue iridi dorate – Mi rendo conto di
essere stato un egoista quando ho scelto di rinchiudermi nel negozio
solo per aspettare Yuuko-san, ben sapendo che lei
era…morta”
“Non lo hai fatto solo per quello, no?”
Watanuki trasalì. Panico e infinita sorpresa si insinuarono
nei suoi occhi e ben cosciente della cosa si girò di scatto
dando le spalle all’arciere.
Ma Doumeki non lasciò cadere il discorso.
“L’hai fatto anche per aiutare Syaoran, non
è forse così?” chiese deciso ad avere
una conferma su quanto lo stesso Syaoran gli aveva confessato tanti
anni prima in quei giorni in cui lui e i suoi amici avevano fatto
visita al negozio.
“Come…come fai a saperlo?”
domandò lo stregone con la tensione che invadeva il suo
corpo.
“Me l’ha detto Syaoran”
confessò in poche parole l’arciere.
“Perché non mi avevi detto nulla a
proposito?”
“Potrei farti la stessa domanda” ribatté
l’altro
“Non erano fatti tuoi!” esplose il Mago voltandosi
di scatto.
Doumeki l’osservò senza che la sua espressione
cambiasse particolarmente, ma Watanuki era abituato a scrutare anche i
minimi cambiamenti sul volto dell’antico rivale e stranamente
non gli fu difficile, nemmeno dopo tutto questo tempo, cogliere sul
quel volto familiare una vena di dolore. L’aveva ferito di
nuovo pronunciando parole senza riflettere, parole che sapeva benissimo
non rispecchiassero nemmeno ciò che davvero pensava.
“Capisco” rispose nel frattempo l’arciere
con una voce leggermente spezzata.
“No… – cercò di scusarsi
Watanuki andando a afferrare il polso di Doumeki per paura di vederlo
andarsene – in realtà non te ne ho parlato
perché volevo che tu mi odiassi per la mia scelta,
così non ti saresti più sentito in obbligo di
starmi accanto e saresti potuto essere libero da tutto il casino che
stava succedendo attorno a me, a Syaoran e a
Yuuko-san…”
Shizuka ascoltava il silenzio notando come la mano dell’amico
fosse scivolata dalla presa del suo polso per andare a intrecciarsi
alla sua. Probabilmente Watanuki non se ne era nemmeno reso conto preso
com’era nel suo tentativo di spiegarsi seriamente una volta
per tutte.
“Era da un po’ che ci pensavo…Ero
arrivato a considerare la tua presenza come una cosa normale,
immutabile…insomma senza rendermene conto ero arrivato a
dare per scontata la tua presenza. Ma era sbagliato, sapevo che non ti
saresti mai allontanato da me, anche se non capivo perché.
Quando ho deciso di pagare quel prezzo avevo deciso di farlo anche per
darti la libertà.
Ma tu sei un’idiota…e - concluse alzando gli occhi
– non mi hai abbandonato comunque!”
“Sei uno stupido – rincarò poi la dose
stringendo la mano dell’arciere – pensavo che con
il passare del tempo vedendo quando l’età ci
avrebbe diviso tu saresti arrivato a capire quanto ero stato egoista e
avresti deciso di andare avanti con la tua vita, lasciandomi finalmente
in pace. Però ora capisco… se hai saputo che non
ho fatto quella scelta per puro egoismo…”
“Non ti avrei lasciato in pace nemmeno se non lo avessi
saputo, se la cosa ti può far star meglio”
“Cos…?”
“Lo vedi che sei uno stupido”
“Senti chi parla!! Tu sei il re degli
STUP…”
A quel punto Doumeki lo zittì premendogli la mano ancora libera sulla
bocca e alzandogli le due mani intrecciate ad altezza occhi. Watanuki
se ne accorse in quel momento e fece per lasciare la presa ma
l’arciere non lo permise stringendo con più forza
la mano dell’amico.
“Facciamo che siamo entrambi stupidi,
d’accordo?” disse poi tornando a portare lungo i
fianchi la mano che poco prima aveva bloccato le grida del Mago.
“Tsk – rispose l’altro riuscendo a
liberarsi della stretta di mano che lui stesso aveva iniziato
– tu sei comunque più stupido di me”
“La vedo dura…” commentò
Shizuka dando uno sguardo al filo che ancora li univa nonostante
l’intreccio della mani fosse ormai sciolto.
“EH? Ehi come sarebbe a dire?”
Ma le sfuriate prevedibili di Watanuki si interruppero subito non
appena gli occhi dello stregone si posarono sulla figura sempre
più evanescente dell’amico.
“Devo andare…” confermò
Doumeki notando anch’egli come
l’oscurità stesse pian piano richiamandolo a
sé.
“Già, vedo”
“Grazie…del regalo” disse l’arciere dopo alcuni momenti di silenzio indicando con gli
occhi il filo dorato che era saldamente legato al suo dito. Watanuki
notò il punto dove lo sguardo del rivale si era soffermato e
sbuffò.
“Lo vedi che sei più idiota di me…sono
io quello che dovrebbe ringraziare…”
“Ci vediamo” lo salutò infine Doumeki
regalandogli un mezzo sorriso.
“Si, a presto” rispose quindi lo stregone mimando
la stessa espressione, poco prima di vedere la figura
dell’amico sparire nell’oscurità
onirica.
---
Si risvegliò alcuni istanti dopo. Fuori i primi raggi di
sole cominciavano a farsi largo nel cielo e la stanza veniva pian piano
illuminata da quadrati di luce che si creavano sul pavimento, giochi di
ombre causati dagli shouji ancora chiusi.
Watanuki si alzò lentamente, con leggerezza
scostò la tenda che attorniava il grande letto e si diresse
verso l’enorme armadio. Un movimento veloce per slacciare
l’obi del kimono da notte che indossava e le vesti delicate
scivolarono sul suo corpo ancora giovane cadendo a terra senza
provocare alcun rumore. Con grazia quasi femminile lo stregone
alzò prima un piede e poi l’altro per scostarsi
dall’ingombro delle vesti a terra.
Aprì l’armadio ma prima di prendere uno dei
tantissimi vestiti elaborati al suo interno lasciò che i
suoi occhi si soffermassero un po’ più a lungo del
solito sull’ultimo abito riposto con cura
all’interno dell’armadio. L’unico abito
che stonava con tutti gli altri che facevano bella mostra di loro
stessi. Era la sua divisa scolastica, quella estiva per essere
più precisi poiché quella indossava il giorno
della sua scelta. L’aveva lavata, stirata e riposta
all’interno dell’armadio non meno di una settimana
dopo quel giorno lontano. Sorrise mentre la sua mano andava ad
afferrare uno dei soliti abiti molto più consoni al suo
auto-imposto incarico di proprietario del negozio dei desideri.
Richiuse l’armadio dopo un ultimo fugace sguardo alla divisa.
“Uno di questi giorni dovrò farle prendere un
po’ d’aria e magari darle un’altra
lavata” pensò mentre indossava il vestito scelto
poco prima.
Si diresse poi verso il comodino dove era solito riporre la sua pipa.
La prese in mano e l’accese portandosela alla bocca per
prendere alcune boccate. Lo sguardo intanto vagava sulle innumerevoli
foto che erano ordinatamente riposte sul comò
all’interno di semplici cornici d’argento. Erano
alcuni anni che ogni mattina si fermava ad osservarne una in
particolare. Era stata scattata nel giardino del negozio.
C’erano tutti quel giorno, era il suo compleanno, e anche
Himawari, con Tanpopo cinguettante sulla sua spalla, sorrideva felice di trovarsi li. Kohane stava
versando del sakè alla vecchia indovina. Ame Warashi sullo
sfondo annusava una delle tante ortensie che decoravano il giardino.
Nel mezzo della foto Watanuki si guardava ricordandosi di Mugestu che
tentava di esprimergli tutto il suo amore soffocandolo attorcigliandosi
al suo collo mentre alla sua sinistra un’imbarazzatissima
Zashiki Warashi tentava di offrirgli una fetta di torta appena
tagliata. Perfino Doumeki a cui stranamente Maru e Moro si erano
affezionate tanto da stargli quasi abbracciate addosso, aveva una
parvenza di sorriso, probabilmente dato dal fatto che in
quell’istante aveva appena ingurgitato uno dei migliori
bignè alla crema che Watanuki avesse mai preparato. In primo
piano c’era il fotografo stesso, che dopo aver fatto partire
l’autoscatto era rimbalzato davanti all’obbiettivo,
per essere sicuro di venir ripreso anch’egli.
Era stato felice Mokona di fare tutte quelle foto soddisfacendo la
richiesta di Watanuki. Lo stregone si era infatti reso conto un giorno
di non avere nessuna foto di Yuuko, e ora che lei non c’era
più aveva paura di ricordarla viva solo nei suoi ricordi.
Per quello aveva deciso di non voler rimane senza immagini tangibili
delle altre persone a lui care e aveva incaricano Mokona di fare
più foto possibili. Tutto ciò lo aveva portato ad
avere quintali di immagini, ma ancor oggi lo irritava il fatto che la
maggior parte di esse ritraessero quell’idiota di Doumeki.
Nonostante questo però tra tutte le innumerevoli foto del
rivale ce n’era una che allo stregone era piaciuta abbastanza
da concedergli l’onore di una cornice. Tuttora Watanuki si
domandava quando Mokona avesse avuto modo di scattarla. Risaliva al
tempo in cui Doumeki studiava all’università. Era
seduto davanti al tavolino basso sui cui era appoggiato un libro.
Doveva essere estate poiché indossava una maglietta bianca,
semplice a maniche corte, ma che si intonava bene con la pelle
abbronzata dell’arciere. La testa era sorretta dal braccio il
cui gomito era appoggiato al tavolino. In mano teneva una matita con
noncuranza e il volto era rivolto a sinistra verso la fonte della luce
che proveniva dal giardino. Sul viso i raggi del sole si riflettevano
negli occhi dorati del ragazzo rendendoli ancora più
luminosi. Sulle labbra un leggerissimo sorriso quasi impalpabile che
creava un’espressione che Watanuki non gli aveva mai visto
assumere. Era una foto semplice in fondo ma dava un’idea di
tranquillità e sicurezza… in quella foto era come
se Watanuki vi vedesse sia Shizuka che Haruka, chissà, forse
era per quello che gli piaceva. La foto a fianco invece non gli piaceva
per nulla. Era stato Mokona ad insistere per metterla in una cornice,
continuando a dire che era perfetta. Ritraeva Doumeki sempre seduto
allo stesso tavolo, in una mano un bicchiere di sakè e
l’altra a proteggere l’orecchio mentre Watanuki
sbuffava arrabbiato a fianco a lui reggendo un piatto di
stuzzichini…Come volevasi dimostrare anche quella volta,
come sempre quando si soffermava a guardarla con un po’ di
attenzione lo stregone doveva ricredersi sul fatto che in effetti
Mokona avesse davvero ragione, quella, in fondo, era sul serio una foto
perfetta.
Watanuki chiuse gli occhi ricordando momenti simili a quello ritratto
in quello scatto. Aspirò un po’ di tabacco e
lasciò poi uscire una scia di fumo dalle labbra, mentre con
delicatezza le sue dita appoggiavano la pipa davanti alle due foto come
se fosse una sorta di bastoncino di incenso.
“Buon compleanno” disse con un leggero sorriso
rivolto a quelle due immagini.
Nel frattempo fuori il sole si era levato, Watanuki si diresse verso
gli shouji aprendoli. Uscì dalla stanza e li richiuse alle
sue spalle mentre il fumo originato dalla pipa sul comò si
diffondeva ancora, magicamente, per tutta la camera.
Era il 3 marzo ancora una volta.
Glossario:
Samue: lo potrei definire una sorta di kimono da
lavoro. È quell’indumento che Doumeki indossa
sempre quando fa i lavori al tempio.
Shouji: le porte scorrevoli di legno e carta tipiche
della case tradizionali giapponesi.