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Autore: Hoshi no Destiny    04/03/2011    2 recensioni
Nella mano destra teneva stretto un libro di fiabe, forse era un po’ troppo cresciuto per leggerle, ma le adorava. Era stato colpito soprattutto da “Cenerentola”, la storia di una povera fanciulla, maltrattata dalla matrigna e le sorellastre che trova il suo lieto fine sposando un principe. Quella storia era dannatamente simile a quella di Meena, la sua amatissima Meena che lo aveva abbandonato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doll, Principe Soma Asman Gadal
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Romeo and Cinderella


Quella sera il tramonto era davvero splendido; lentamente il cielo azzurro del pomeriggio si era tinto di rosa e di leggere sfumature violacee, fino a formare una splendida corona dorata attorno al sole calante. Le strade si stavano svuotando, le persone che le affollavano tornavano finalmente alle loro case dopo una lunga giornata di lavoro. Il principe le guardava dalla finestra dell’enorme stanza adibita a biblioteca, rapito dai loro movimenti.
Nella mano destra teneva stretto un libro di fiabe, forse era un po’ troppo cresciuto per leggerle, ma le adorava. Era stato colpito soprattutto da “Cenerentola”, la storia di una povera fanciulla, maltrattata dalla matrigna e le sorellastre che trova il suo lieto fine sposando un principe. Quella storia era dannatamente simile a quella di Meena, la sua amatissima Meena che lo aveva abbandonato.
Nonostante fosse passato del tempo, quella ferita era ancora aperta e faceva più male che mai. Soma fece un amaro sorriso, era incredibile quanto potesse essere doloroso un ricordo. Abbandonò il libro su di un tavolo al centro della stanza e andò verso la porta; si sentiva stanco, non aveva più la forza di reagire. Alzò lo sguardo verso la sua immagine riflessa sul vetro della finestra, non era altro che una triste ombra che disperatamente si appigliava a delle mere illusioni per non sprofondare nel baratro, un nero ed infinito abisso di solitudine.
Fece un respiro profondo e, scacciati quei pensieri, si decise ad aprire la porta ed uscire dalla stanza. Non voleva cha Agni lo vedesse in quello stato, aveva fatto così tanto per lui e gli pareva ingiusto farlo preoccupare ulteriormente. Fece qualche passo incerto nel corridoio, scese lentamente le scale e diede un’occhiata in cucina, dove il suo fedele maggiordomo stava lavorando. Guardò per l’ennesima volta fuori dalla finestra e vide i lampioni che illuminavano flebilmente la via, totalmente deserta. Sembrava che quel frammento di una città grande e vivace come Londra lo stesse chiamando e lui, povero sciocco, non riusciva a togliergli gli occhi di dosso; rimase immobile per un istante che sembrava interminabile e poi prese finalmente una decisione: afferrò la sua sciarpa e spalancò la porta d’ingresso.
- Io esco, Agni!- urlò mentre già correva verso quella strada che, in quel momento, rappresentava la sua unica possibilità di dimenticare quel dolore che lo tormentava notte e giorno.
Senza che quasi se ne accorgesse, il giovane principe si era già allontanato notevolmente dalla sua casa. Notò con dispiacere che le vie della città di sera erano tutte uguali e che non aveva la minima idea di dove si trovasse. Avanzò ancora per qualche minuto, fino a quando incontrò una gran folla stretta davanti ad un cancello; la strada in quella zona era decorata a festa, c’erano tantissime luci e si sentiva una musichetta in lontananza, doveva essere un circo.
Rimase fermo a guardarlo per un po’, incerto sul da farsi; poi, finalmente, fece qualche passo verso quella che doveva essere per forza la biglietteria. Era sera e lui non aveva la più pallida idea di come tornare a casa, che altro poteva fare? Forse chiedere a qualcuno delle indicazioni su come ritrovare la strada, ma non ne aveva la benché minima intenzione; poi doveva ammettere che gli sarebbe davvero piaciuto vedere uno spettacolo, non era mai riuscito a farlo prima di allora.
Accanto all’ingresso c’erano un uomo dai capelli rossi, vestito con abiti molto appariscenti che lo facevano sembrare quasi un prestigiatore, e un ragazzo, un po’ più giovane del primo, che aveva i capelli bianchi con un ciuffo nero sulla fronte, anche lui vestito in modo molto singolare. I due erano appoggiati ad una parete della recinzione e parlavano allegramente fra loro. Appena si accorsero della presenza di Soma, il più vecchio dei due gli venne in contro con un gran sorriso stampato sulla faccia. Probabilmente erano stati colpiti dal suo abbigliamento, infatti dalle vesti che indossava era molto facile intuire che fosse di origine nobile e anche molto ricco.
- Buonasera e benvenuto al Noah’s arc circus! – disse, facendo un pomposo inchino. Il principe lo ringraziò distrattamente, era troppo impegnato ad ammirare le luci e i suoni di quel luogo quasi idilliaco per dargli la dovuta attenzione e questo Joker doveva averlo capito. Mise la sua mano scheletrica sulla spalla del ragazzo e, iniziando a parlare delle meraviglie del suo circo, lo accompagnò all’entrata del tendone principale, dove si sarebbe tenuto lo spettacolo. Forse Soma non si sarebbe dovuto fidare di loro, ma quei due iniziavano a stargli davvero simpatici. Lo avevano invitato a sedersi in prima fila e, intanto, avevano continuato a chiacchierare per un po’, fino a quando Joker non ricordò all’altro - gli sembrava che si chiamasse Dagger - che dovevano andare a prepararsi, allora entrambi scomparvero dietro alle “quinte” del tendone.
Improvvisamente nel tendone calarono le tenebre, partì un inquietante rullo di tamburi e un fascio di luce illuminò il direttore del circo, Joker, comparso magicamente al centro dell’arena con una nuvola di fumo che odorava fortemente d’incenso. Alzò il bastone che portava con sé verso il pubblico, lo mosse con un colpo secco e da esso uscirono delle scintille, poi lo lasciò cadere a terra e fece un profondo inchino molto teatrale.
- Signore e signori, benvenuti al Noah’s Arc Circus! Lo spettacolo è appena iniziato. Ecco a voi i nostri fantastici trapezisti! – detto questo, si allontanò e lasciò che l’attenzione del pubblico si concentrasse sui due bambini appena entrati in scena. Soma non riusciva a vederli bene, ma non sembravano avere più di otto anni. Ciascuno di loro era in piedi su uno dei due alti pali in legno che fungevano da supporto per i trapezi. Appena il ragazzino, sul palo di destra, fece un cenno con la mano, partì la musica di un organetto e i due iniziarono il loro numero.
Volteggiavano leggieri sopra le teste degli spettatori, quasi fossero in grado di volare. Belli come colombe, veloci come rondini, non sembravano creature di questo mondo ma esseri sovrannaturali, protagonisti di una qualche illusoria visione leggera come bolle di sapone. Il giovane principe li ammirò estasiato senza proferir parola fino alla fine, quando entrambi i trapezisti tornarono alle loro posizioni di partenza, dopo un’ultima spettacolare piroetta a mezz’aria.
Joker tornò al centro della scena senza che nessuno degli spettatori, Soma compreso, se ne accorgesse prima che questi annunciasse il numero seguente: il lanciatore di coltelli. L’indiano si accorse che si trattava di Dagger, il ragazzo che aveva conosciuto poco prima. Era davvero molto bravo, quasi incredibile: non aveva mai sbagliato un colpo, nonostante le numerose acrobazie e i tiri fatti nei modi più strampalati. Dopo quello spettacolo se ne avvicendarono altri, tutti degni dei primi due.
Ormai era quasi scoccata la mezzanotte, che avrebbe segnato la fine dello show di quella sera. Joker diede le ultime indicazioni agli altri dietro le quinte e poi corse al centro della scena per presentare il numero conclusivo. Neanche stavolta Soma riuscì a capire come facesse a comparire così all’improvviso; forse era lui che non gli prestava sufficientemente attenzione ma, dall’inizio dello spettacolo, non era mai riuscito a vedere il momento esatto in cui entrava in scena. Quella volta rinunciò totalmente a cercare di capirlo; chiuse gli occhi per un istante, per scacciare tutte le idee assurde che gli venivano in mente, e cercò di concentrarsi su ciò che diceva l’uomo. Stava presentando il numero di chiusura e, dalle sue parole, sembrava fantastico. Aveva iniziato a raccontare la storia di una principessa incatenata ad un castello abbandonato che durante la notte poteva finalmente liberarsi e volare alto nel cielo. Era davvero una favola affascinante; Soma ne era rimasto incantato, stava immaginando terre lontane, immerse nell’ignoto e abitate da creature fantastiche.
Forse doveva smettere di perdersi nella sua immaginazione e rimanere coi piedi per terra. Meena gli aveva fornito la prova lampante che allontanarsi troppo dalla realtà non faceva altro che renderla più triste e dolorosa. Si asciugò gli occhi, era bastato pensare a lei solo per pochi istanti per iniziare a piangere. Possibile che non riuscisse a dimenticarla? No, non avrebbe mai potuto farlo, perché lui la amava. Era questa la triste verità. La amava ed era per questo che si era sentito morire quando aveva saputo che non era stata rapita, ma se ne era andata - lo aveva abbandonato - di sua spontanea volontà.
Alzò mestamente lo sguardo verso gli sfarzosi lampadari che illuminavano il tendone e, proprio in quell’istante, i suoi occhi incontrarono quelli di una ragazza.
Era lei la principessa.
Era davvero splendida, sembrava una farfalla, o una fata.
Le rose che adornavano i suoi capelli erano di un candore quasi irreale, così come i suoi abiti; forse erano le luci del tendone a renderla simile ad un miraggio ma, nel cuore del principe, quella ragazza sembrò un angelo.
Avanzava leggiadra su quella corda, la quale sembrava essere a malapena sfiorata dai suoi piedi, lanciando saltuari sguardi al pubblico sottostante. Il principe continuava a seguirla con lo sguardo, sperando ardentemente di riuscire di nuovo ad incrociare l’unico occhio - azzurro come il cielo - che la complicata acconciatura adornata di rose lasciava intravedere. Il suo cuore stava battendo all’impazzata, tanto che temeva potesse uscire dalla sua cassa toracica; quell’incantevole fanciulla sembrava uscita dalle sue fantasie fatte quando immaginava come potessero apparire le fate della mitologia inglese che adornavano innumerevoli fiabe.
Quasi non si accorse che lo spettacolo era finito, tanto era perso nella sua fantasia, ma Dagger, il quale aveva finito di lavorare per quella sera, gli si avvicinò e richiamò la sua attenzione dandogli una leggera pacca su una spalla. Soma si voltò di scatto, leggermente sorpreso.
- Vi è piaciuto lo spettacolo? – chiese il circense, dopo essersi seduto accanto al principe; questi sorrise e si appoggiò pesantemente sullo schienale del sedile che occupava. Socchiuse gli occhi e ripensò un’ultima volta a quella fanciulla prima di rispondere al suo nuovo amico. – Sì, è stato davvero magnifico. Non avevo mai visto nulla di simile.
Si scambiarono un sorriso e insieme si avviarono verso l’uscita del circo; Dagger dovette però allontanarsi e lasciò di nuovo solo il principe; questi era ormai arrivato al cancello e stava per andarsene, ma qualcosa lo trattenne. Era difficile da spiegare, aveva l’impressione che qualcosa gli impedisse di allontanarsi da quel luogo, che avesse ancora qualcosa da fare.
Si appoggiò all’inferriata e chiuse gli occhi. Continuava a tornargli in mente l’immagine di quella ragazza e i loro occhi che si incrociavano per un istante così effimero – eppure gli erano sembravati secoli… - Si alzò in piedi, deciso ad andarsene, ma quella orribile sensazione tornò a farsi sentire ancora più forte di prima, se possibile. Scosse la testa ed iniziò a camminare; cercò di pensare ad altro, di dimenticare quel viso ma più ci provava, più cresceva in lui il desiderio di vederla ancora o di poterle parlare almeno una volta.

Forse le stelle hanno davvero il potere di realizzare i desideri – e quella notte splendevano più luminose che mai – oppure fu solo una strana coincidenza, ma le richieste del giovane principe furono esaudite.

Non era ancora uscito dal cancello e camminava perso nelle sue fantasticherie, senza guardare dove andava. Continuò il suo errare un po’ troppo a lungo, forse, finendo con l’arrivare di fronte alle tende in cui alloggiavano gli artisti principali del circo. Non doveva assolutamente essere lì, fece per tornare indietro e sparire prima che qualcuno lo vedesse, ma non fu abbastanza veloce.
- Cosa stai facendo qui? – a parlare era stata una voce leggera che esprimeva una dolcezza malcelata, nonostante il tono acido con cui era stata pronunciata la frase. Soma si voltò verso di essa, balbettando frasi sconnesse in cerca di una scusa credibile, ma ciò che vide lo fece ammutolire: era lei.
- Sei tu la principessa…- queste parole uscirono spontaneamente dalle sue labbra , senza che potesse fare nulla per impedirlo. La fanciulla si sorprese un po’, ma subito riprese la sua aria fredda e austera e gli si avvicinò. – Rispondi alla mia domanda. – sibilò.
Soma fece istintivamente un passo indietro e si scusò per l’accaduto dicendole di essersi perso. Lei sbuffò e gli si avvicinò ulteriormente; stavolta il ragazzo non indietreggiò, cercò di rimanere immobile anche se in cuor suo voleva quasi scappare poiché temeva che, se si fosse trattenuto ulteriormente, non sarebbe più riuscito ad andare via.
la ragazza si strinse nelle spalle – doveva avere freddo, vestita com’era solo col costume di scena – e abbassò lo sguardo. – Sei un mio ammiratore? – gli chiese con un piccolo sorriso sulle labbra.
Questa volta fu Soma ad avvicinarsi. Le sfiorò la guancia con la mano e annullò la breve distanza rimasta fra loro con un bacio.
Un bacio che non andò oltre ad un timido sfiorarsi di labbra e sospiri che si fondevano fra loro. La circense lo allontanò violentemente da sé, il suo imbarazzo per quell’assurda situazione era palesato dalle sue guance imporporate. Il ragazzo continuava a guardarla con un’espressione sognante e lei non riusciva ad allontanarsi, anche se gli avrebbe tirato più che volentieri un ceffone. Il principe si svegliò improvvisamente dall’atmosfera di torpore che si era creata nella sua mente e, resosi conto della stupidità della sua azione, le chiese goffamente di dimenticare l’accaduto e scappò via.
E così Romeo abbandonò per sempre la sua cenerentola per tornare ad essere prigioniero del ricordo di quella dannata Giulietta che lo stava lentamente uccidendo.

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Asuka's Rant
Ecco a voi la mia ultima fatica! Tra scuola ed impegni vari ci ho messo secoli per finirla, ma finalmente sono riuscita a pubblicarla.
Ispirata alla canzone "Romeo and Cinderella" dei Vocaloid, appena l'ho sentita non ho potuto fare altro che pensare a loro! Spero vi sia piaciuta!
  
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