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Autore: MrEvilside    09/03/2011    4 recensioni
Le leggi di Dio erano sbagliate.
[ scritta per la Clash Of The Writing Titans, con protagonista un angelo ]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Metatrol, Sevoftarta (Laira)
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Flash-fiction la Clash Of The Writing Titans di maridichallenge, su LJ, la cui coppia protagonista è una tra le più maltrattate de(a?)l Paradiso.
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La ninnananna degli abbandonati
Sevoftarta cullava Metatron tra le braccia.
Il bambino si era rifiutato di dormire, se non nel suo grembo, e infine il Consigliere aveva dovuto sottostare alla sua richiesta.
Adesso Sevoftarta osservava con attenzione quel corpicino immerso nel sonno: i lineamenti del viso erano distesi in un’espressione serena, le labbra erano socchiuse in un sorriso dolce e uno dei suoi corti boccoli era ricaduto poco sopra il suo naso; l’inseparabile coniglio era stretto tra i suoi pugni chiusi, con il muso contratto in quel sogghigno che Sevoftarta trovava disgustoso; le gambe erano raccolte contro il petto, che si sollevava e si abbassava con regolarità.
Sincerandosi di tenerlo ben stretto con un braccio, allungò la mano libera per sistemargli dietro un orecchio la ciocca che avrebbe potuto solleticargli il naso e svegliarlo, poi lo spostò di nuovo, con delicatezza, di modo da distribuire equamente il suo peso su entrambe le braccia.
Metatron stava sognando qualcosa di bello, per la prima volta dopo tanto tempo.
Sevoftarta comprendeva, grazie all’istinto materno che non aveva mai perduto, quel che doveva provare il bambino: naturalmente era convinto che, a causa dei suoi poteri, nel sonno Metatron riuscisse a vedere e sentire tutto ciò che gli altri angeli pensavano di lui, anche se non gliene parlava mai.
Metatron era consapevole che gli angeli lo disprezzavano perché viveva al fianco del Consigliere, lo odiavano perché, nei suoi sogni, il bambino avrebbe potuto distruggerli e temevano questa sua devastante abilità. Erano ignoranti e ipocriti, capaci persino di detestare un bimbo innocente e buono quando erano loro quelli che stupravano e uccidevano senza parere.
Metatron, tuttavia, questo non poteva saperlo – non doveva saperlo – e probabilmente riteneva che loro avessero ragione, che lui non poteva essere considerato un angelo e non avrebbe mai potuto esserlo, poiché non possedeva le ali tanto vantate dai suoi simili.
In realtà Sevoftarta aveva capito da tempo che non era neppure colpa degli angeli se compivano quegli atti osceni e provavano sentimenti così orrendi come l’odio; era stato Dio a generarli a quel modo, così come era stato Dio a crescere Metatron in una vasca di vetro, dentro un laboratorio immondo, come fosse semplicemente un esperimento. A causa sua, sia Metatron che suo fratello Sandalphon avevano sofferto tanto e i figli di Dio avevano ridotto lei, Laila, in quella condizione.
Le leggi di Dio avevano decretato che quelli come lei e Metatron dovessero essere trattati come diversi. Le leggi di Dio li avevano rifiutati.
Metatron strinse il suo coniglio di pezza con una mano sola e poggiò l’altra contro la veste del Consigliere. Rimase immobile per qualche istante, poi sorrise e borbottò, con la voce impastata di sonno e d’affetto: «Se… vi…»
Raccogliendo il bambino nella conca di un braccio, il Consigliere piegò le dita guantate sulle sue, piccole e grassocce, e prese a cantargli sottovoce la ninnananna che avrebbe voluto cantare al figlio che non avrebbe mai avuto, perché le leggi di Dio punivano severamente l’atto sessuale tra due angeli – ma, se non se ne fosse occupata da sola, nessuno avrebbe fatto nulla a chi l’aveva stuprata. Sevoftarta avrebbe sterminato le leggi di Dio e coloro che le rispettavano.
Le leggi di Dio erano sbagliate.

  
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