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Autore: Aya Lawliet ___backupFGI    19/03/2011    0 recensioni
[La vera storia di Biancaneve]
Freddo. Solo... tanto... freddo.
«Non ti preoccupare. Ti vedrò sempre nei miei sogni.»

{Domenica/Biancaneve ♥ one-sided}
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Le stagioni del sorriso ~

prompt: #028, chestnut buds

 

 

 

{ e s t a t e }

 

La bambina aveva capelli neri come l’ebano, pelle bianca come la neve e labbra rosse come le più belle rose del giardino. Tra le mani stringeva un cesto colmo di fiori di castagno, forse i primi della fioritura. Correva e piangeva, povera piccola; e – come sempre – lui avrebbe dato qualsiasi cosa pur di potersi muovere e parlare e raggiungerla e asciugarle quelle brutte lacrime, perché una bambina come lei non doveva piangere. Perché lui era stanco di vederla piangere.

Domenica vedeva spesso la bambina. Da quando il bisogno di fare del bene lo aveva costretto in questa grottesca immobile forma, non c’era altro da fare che stare a guardare. Guardava il sole scendere a sfiorare foglie, petali e steli. Guardava la pioggia e la rugiada imperlare l’erba di stille argentate. Guardava i giardinieri e il loro duro lavoro, la paura di contrariare la padrona del giardino. Guardava, soprattutto, la bambina: e a volte aveva l’impressione di essere il solo che riuscisse a vederla.

Anche oggi Biancaneve gli venne vicino e sedette aggraziata ai suoi piedi, stringendosi i fiori al petto, e alzò su di lui due occhi splendenti di stelle e di tristezza. In quei momenti Domenica era grato di esser stato pietrificato con la mano sul cuore. Forse così non sarebbe scoppiato di dolore.

«La Regina non vuole che io continui a giocare nel giardino. Ritiene sia indecoroso che le principesse si sporchino di terra.» Le labbra rosse tremavano. La chiamava sempre così, ‘la Regina’. Un’estranea. «Non voglio essere una principessa. Perché non mi lasciano essere me

Domenica soffriva con lei. Non conosceva la risposta, ma sapeva che c’erano tante cose che la bambina avrebbe potuto essere e che non sarebbe stata mai. Non vivendo così. Non condividendo l’amore di suo padre con una come Lei. E non era giusto che Biancaneve diventasse come – come uno qualunque di loro, come un giorno della settimana: una cosa da guardare e basta, un viso splendido ma senza voce. Avrebbe così tanto voluto chinarsi su di lei e accarezzarle i capelli.

L’aria si faceva più calda. Le giornate erano sempre più brevi. E la bambina piangeva; e lui non poteva fare niente per farla sorridere.

 

 

{ a u t u n n o }

 

«Una volta hai detto che ero il tuo solo amico. Gli amici si aiutano a vicenda. Non cacciarmi via.»

Biancaneve era cresciuta, ma nei suoi occhi c’era la stessa luce triste di un tempo. Sembrava ancora lontana. Stretta in se stessa, malinconica, sola. Convinta di esserlo. Sapeva che Domenica era lì, che tutti erano lì, che l’avrebbero aiutata perché stavolta erano loro a poter fare qualcosa per lei: eppure non voleva. E, sì, cercava di mascherarlo, di sembrare più forte, abbastanza forte da accettare l’aiuto di una mano ancora immobilizzata sul cuore per metà – ma abbassò lo sguardo.

Era la prima volta.

«Non lo faccio.»

Qualcosa gli si spezzò dentro, in quella metà che era tornata a vivere. Non era mai successo, mai, che gli parlasse con gli occhi bassi.

«Invece sì che lo fai.»

E Biancaneve non lo guardava ancora.

Allora gli sfuggì lui, si concentrò solo sul fuoco, pregando che la fanciulla non si accorgesse della sofferenza rovente dietro la sua voce arrabbiata. Avrebbe preferito restare un fantoccio per l’eternità piuttosto che vederla allontanarsi – allontanarlo – proprio ora che respirava di nuovo, ora che poteva aiutarla, ora che qualche volta riusciva persino a farla sorridere.

Non voleva lasciarla sola; come avrebbe mai potuto? Erano sopravvissuti nel giardino insieme. Erano state le sue parole a tenere sveglia la coscienza spenta di lui. Era stata lei, solo lei, con la sua voce e le sue mani e i suoi occhi e il suo essere principessa dentro, sottopelle. E tutto ciò che Domenica voleva era ricambiarla di tutto, essere lì, per lei, ancora.

D’improvviso la sua presenza fu più forte, e il Settimo giorno si voltò per sentirsi le sue dita sul volto e le sue labbra tremanti sulla tempia, lì nella metà che viveva.

«Non sopporterei di perdere anche te, Domenica.»

Non l’aveva mai chiamato per nome. Non ce n’era stato il modo.

Questa volta fu un timido sorriso ciò che dovette nascondere nel fuoco.

 La luce del sole non si vedeva più. Cominciava a fare freddo. E Biancaneve piangeva ancora; ma qualche volta lui riusciva a farla sorridere.

 

 

{ i n v e r n o }

 

Non c’era più niente.

Freddo. Solo... tanto... freddo.

«Non ti preoccupare. Ti vedrò sempre nei miei sogni.»

Ma non sarebbe mai bastato.

Fuori nevicava, perché i giorni della settimana avevano perso la voglia di far sorgere il sole. Nevicava e la neve era un pretesto per nascondere le loro lacrime. Quelle sul volto di Domenica però si vedevano ancora – sia nella metà vuota, sia in quella che riusciva a piangere per davvero.

La foresta era più bianca del ghiaccio che avevano chiamato per lei. E Biancaneve dormiva; e adesso Domenica piangeva, perché non l’avrebbe mai più vista sorridere.

 

 

{ p r i m a v e r a }

 

«Ciao, dolce Domenica.»

Era di nuovo lei, mentre si stringeva al bel principe che aveva accolto il suo risveglio, mentre si preparava a tornare a casa, ora che la storia era finita e che iniziava la favola.

Domenica pensò che non l’aveva mai vista così bella.

Non rispose, limitandosi a portare un’ultima volta la mano al petto, anche se oramai era libera: tanto lei non avrebbe mai saputo che quel gesto con cui la guardava andare via serviva ancora a trattenere il cuore al suo posto – ora che era colmo di gioia, di libertà, e di un pizzico di nostalgia del ricordo del profumo delle sue labbra.

I castagni erano di nuovo in fiore. Biancaneve e il suo principe cavalcavano insieme incontro alla vita; e Domenica rimase lì, all’ombra degli alberi, ad imprimersi per sempre negli occhi la bellezza di quel suo ultimo sorriso.

 

 

 

 

 

 

Nota: Da bambina questa versione della favola di Biancaneve mi inquietò un po’. Ora che l’ho rivista, invece, sono rimasta affascinata dalla tenera amicizia nata tra Biancaneve e Domenica, tutta condensata nella scena in cui il nano racconta alla principessa di avere assistito, immobilizzato nel giardino della Regina, a tutta la sua vita. E non ho potuto fare a meno di scrivere del loro rapporto; perché, come mi pare di aver già detto altrove, io non sono io se non mi cimento coi pairing più singolari. Che quasi sempre sono anche i più angst/fluff in assoluto. <3

Il castagno simboleggia l’onestà. In araldica è sinonimo di resistenza alle avversità e di virtù nascoste.

   
 
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