CAPITOLO 1
In un altro tempo e in un altro luogo...
Quella bambola era assolutamente splendida.
Non ne aveva mai veduta una uguale,nel piccolo
villaggio dove era sempre vissuta fino ad allora.
Non aveva mai neppure sognato di possederne una simile…
Sembrava davvero una piccola dama parigina, con una complicata e
raffinata acconciatura di corti riccioli biondo cupo adincoronarle
il capo elegante.
Un abito soffice e candido come una piuma, vaporoso ed arricciato,
le scendeva sulle spalle eleganti,sul vitino sottile e ben delineato, stretto in un busto che
imitava l’ultima alta moda francese, ulteriormente impreziosito da
piccoli strass che brillavano come veri diamanti.
Le ampie sottogonne le conferivano un’aria seria,posata ed elegante,esattamente come le minuscole scarpine rosse
intagliate che le calzavano i piedini torniti.
I grandi occhi blu,incorniciati da folte ciglia
corvine, sembravano fieri e distanti, persi nei divertimenti e nel lusso che
soltanto
Christine non riusciva quasi a respirare per la
fortissima,inaspettata emozione.
Allungò con reverenza una manina, osando appena sfiorire quel
meraviglioso balocco.
Alle sue spalle, risuonò la risata divertita di suo padre.
“Forza,bambina,prendila.
E’tua…sei contenta del ricordo che ti ho portato da Parigi? Io non
dimentico mai le mie promesse…o quasi! Comunque,non
appena l’ho vista ho pensato che era il regalo perfetto per la mia
adorata principessina,degno della sua bellezza…”
Colma di affetto e gratitudine, Christine si
voltò e corse ad abbracciare strettamente l’adorato genitore.
Il padre la strinse forte a sé,sollevandola fra
le braccia e facendola roteare nell’aria,leggera come una nuvola.
“Ahhh…allora non mi sono ingannato! Ti
piace!”
Christine annuì solennemente.
“Non ne ho mai immaginata neppure una
così bella… grazie papà,ti voglio tanto bene!”
gli rispose schioccandogli un bacio sulla guancia.
Gustave la guardò con
malcelato orgoglio.
“Sai Christine? Un giorno,quando sarai più grande,mi accompagnerai nei miei
viaggi..
Vedrai Parigi,e ti comprerò un
vestito come questo.. solo che tu sarai molto più bella,bambina
mia,molto di più! Sarai così bella e piena di talento che anche
gli angeli scenderanno dal cielo per venirti a vedere!”
Risero entrambi,nel rinnovare quel semplice gesto fra
loro,quel gioco complice e scherzoso che li univa da sempre.
“Sei sempre il solito sconsiderato!”
La voce di Isabelle Daae risuonò gelida nella
stanza,fendendo l’aria con il suo carico di ostilità.
Christine spalancò gli occhi,mentre il padre la depositava con cautela a terra.
Fissò abbacinata la figura arrabbiata della madre che si precipitava
nella stanza, e che sollevava con un’espressione di scherno la sua
preziosa bambola.
“Non mi risultava che fossimo tanto
ricchi da poterci permettere giocattoli simili.Anzi,pensavo
proprio tutto il contrario!”
La voce della madre le sferzava le orecchie come una frustata,sibilando carica
di minaccia nell’aria,e saturando la stanza di una strana,insopportabile
tensione.
Gustave Daaè
allargò le braccia, in un gesto di sconsolata e buffa disperazione.
Cercava di proposito di non notare il tono carico di risentimento della moglie.
“Isabelle… forse so perché il tuo umore
è così nero!” ammiccò,cercando
di strapparle un sorriso.
Si allontanò solo di qualche passo, per raggiungere i
bagagli abbandonati nell’ingresso.
Tornò nella stanza con un pacchetto avvolto in una carta da
pacchi celeste e sottile,e lo porse con una manierata
e divertente riverenza alla moglie.
“Non mi sono certo dimenticato di te,amore
mio…ognuna delle mie principesse ha diritto al suo regalo.”
Isabelle strappò nervosamente l’involucro del pacchetto, senza
tuttavia che l’espressione corrucciata abbandonasse il suo viso.
Christine si sentiva stranamente a
disagio.
Avrebbe desiderato poter scappare fuori, correre fino al mare,fino a sentirsi mancare il respiro…ma una strana
trepidazione la tratteneva, la inchiodava al pavimento.
La madre estrasse dall’involto uno scialle sottile,
morbidissimo,quasi impalpabile,di colore rosso vivo.
Un’indumento semplicissimo,ma di squisito taglio e fattura.
Perfino Christine,che aveva
soltanto cinque anni, se ne rese conto immediatamente.
Un sorriso compiaciuto sembrò stirare le labbra rosse di
sua madre…ma durò soltanto un istante.
Con rabbia, Isabelle Daae scagliò
l’indumento in un angolo della stanza, con una rabbia inusitata ed
improvvisa che terrorizzò letteralmente la figlia e il marito.
“Sei per caso impazzito,Gustave? Te ne vai per mesi in giro per il mondo, ci lasci
qui quasi a morire di fame… lo sai che neppure il macellaio ci vuole
più far credito? Ed è mio cugino,pensa
un po’! E poi te ne torni a casa,carico di
pacchi come Santa Claus…pensi davvero che sia
questo il modo giusto di occuparsi di una famiglia? Io non riesco più a
lavorare come prima, non guadagno più abbastanza, e quest’inverno
Christine dovrà andare a scuola… Dio mio,comportati da adulto,per una volta! Smetti di sognare e
torna con i piedi per terra,ti prego!”
Gustave Daae si era fatto mortalmente
pallido in volto.
“Isabelle..non so che dire. Ti ho mandato la mia paga ogni mese. Lo
sai,come violinista non guadagno moltissimo,ma le cose
miglioreranno,me lo sento. Ho un’offerta vantaggiosissima per la prossima
stagione da parte della Scala di Milano… vedrai,ogni
cosa si aggiusterà. Non siamo poi così in miseria,ne sono certo. Domani stesso farò
il giro dei creditori e salderò ogni debito. Non ti devi preoccupare
più,amore.”
Si avvicinò alla moglie, sollevandole il mento fra le mani
e depositandole un rapido ma sincero bacio sulle labbra.
“Sono tornato.”
Isabelle lo spintonò via con malagrazia,gridando
come un’ossessa.
“No,tu non sei affatto tornato! Sei soltanto qui
di passaggio, fra una tournee e l’altra! Eppure
lo sai bene che guadagneresti meglio come insegnante di musica che come
musicista! In città avresti molti allievi,la
signora Daeogs non si stanca mai di ripetermelo,e non
avremmo più problemi…O se ti decidessi ad accettare un contratto
stabile con qualche teatro! Quella sarebbe senza dubbio la soluzione migliore…ma no,la tua sfrenata ambizione non ne
sarebbe soddisfatta,non è vero? Non ti importa
che allora io non dovrei più temere di non avere i soldi per la
legna,quando la stagione è più rigida del previsto!Sei
un’egoista… Non si possono inseguire i sogni per una vita
intera!Devi impararlo!Maledizione,devi impararlo!!”
Lui sospirò,rassegnato,impotente davanti a quella furia smisurata.
“Isabelle,sai bene che non potrei vivere così. Non potrei perdere
il mio tempo ad insegnare a qualche imbecille pieno di soldi come martoriare
uno strumento musicale solo per vantarsi con i suoi conoscenti. Io ho bisogno
di suonare, di vivere di musica. E di viaggiare:solo
così si può ampliare la propria conoscenza,migliorare la propria
tecnica di esecuzione. Sono sempre stato così,e
un tempo lo eri anche tu:avevamo gli stessi sogni,gli stessi ideali.
Perché ora non riesci più a
capirmi?”
Isabelle fissava un punto indistinto e lontano,mentre seguitava ad ascoltare il
marito. O forse no,non lo ascoltava affatto:dalla sua espressione,si
sarebbe detto che non avesse compreso una sola parola.
I suoi occhi si erano spalancati,inseguendo immagini e
suoni lontani nel tempo..
D’un tratto, afferrò la bambola dal tavolo,e la scagliò in terra,con orrido fracasso.
Christine gridò disperata,iniziando
a piangere.
Perché la mamma si
comportava così male con lei? Cosa le aveva fatto?
Con occhi fiammeggianti, Isabelle sembrò sfidare ancora una volta il
marito.
“Un tempo eravamo uguali. Forse è vero.
Ma ora non lo siamo più,stanne certo.”
E scomparve rapidamente dalla stanza,lasciandosi
alle spalle lo sbattere dell’uscio e le lacrime incredule della
figlia,che cercava inutilmente di ricomporre i cocci della sua bambola,oramai
irrimediabilmente incrinata, deturpata...
Perduta per sempre.
Gustave strinse forte i pugni,per
dominarsi.
Questa volta Isabelle aveva davvero esagerato…
Poteva bistrattarlo quanto voleva, lui era adulto,e la sua anima aveva le spalle larghe.
Ma Christine…non era che una
bambina,maledizione!
Si accovacciò accanto alla figlia,che
stringeva al petto i resti di quella piccola dama distrutta dalla furia di una
donna tormentata,senza pensare ad altro che al nuovo balocco appena perduto.
“Piccola mia,su, non piangere! Nella vita c’è sempre un rimedio,basta trovarlo e avere fede nel risultato… suvvia,vedrai
che l’aggiusteremo! Non hai un po’ di fiducia nel tuo vecchio e
saggio papà?”
Cercò di forzare il tono delle sue parole,fingendosi
allegro ed ottimista.
Ma davanti agli occhi tristi e velati di pianto della figlia,si sentiva davvero spezzare il cuore.
Carponi, raccolse meditabondo i cocci fra le mani, e poi si rialzò in
piedi.
“Aspettami qui,principessina”disse
soltanto,ed uscì,incamminandosi verso il suo studio.
Christine si asciugò gli occhi,e si sedette
rassegnata sul piccolo divano accanto al caminetto.
Il viso di quella bambola stupenda era ormai solcato di ferite inguaribili,e neppure le mani esperte ed amorevoli del padre avrebbero
più potuto sanarle.
Stremata dalle lacrime e dai singhiozzi, non si accorse del tempo
che passava…il tepore del focolare e le troppe emozioni la vinsero,e sprofondò nel sonno.
Fu svegliata da una strana carezza fredda e gentile.
Le sembrava che una piccola,strana manina
gelida le sfiorasse giocosamente la punta del naso…
forse stava ancora sognando…sì,doveva
essere così…
No,invece non stava sognando.
Spalancando gli occhi, vide la bambolina parigina fluttuare nell’aria
davanti al suo viso, sostenuta dalla mano gentile del suo papà. Il viso
dell’incantevole damina era ora celato da una
piccola e delicata maschera argentata,che copriva ogni
sua imperfezione,e le conferiva un nuovo fascino,misterioso e fatato.
Prima sembrava soltanto una ricca principessa: ora invece sembrava addirittura
un essere fatato, forse una enigmatica e potentissima creatura della
Luna…
Il padre sorrise soddisfatto nel vedere l’esplosione di gioia e
meraviglia che colorò le guance e gli occhi della sua bambina. Era
riuscito a riunire i cocci..perlomeno,quelli della bambola.
“Lo vedi Christine? C’è sempre rimedio
alle cose brutte della vita,come ti ho detto..basta avere il cuore e la mente aperti per cogliere le
opportunità che il fato ci presenta. Nulla è senza speranza,e se te lo dico io... ci devi credere per forza,non ti
pare?”
Le accarezzò la guancia,cercando di dare alla sua voce un timbro sereno
e convincente.
Christine strinse la bambola fra le braccia,scoccando un’occhiata colma
di gratitudine al premuroso genitore.
Ma fremette,quando in lontananza,udì delle
grida incoerenti.
Era di nuovo sua madre.
Gustave si sedette accanto alla figlia, di nuovo
turbato. Aveva notato la reazione allarmata di Christine a quelle grida senza
senso.
“Christine..la mamma
come è stata in questi mesi? Voglio dire…si
è comportata normalmente, secondo te? Oppure ha fatto delle cose
strane…di cui vuoi parlarmi?”
Christine si appoggiò alla sua spalla,improvvisamente seria e pensierosa. Non smise di cullare la
bambola fra le braccia,ma era visibile un’ombra
di preoccupazione nei suoi occhi miti.
“Non lo so papà…alle volte è molto tranquilla,ma proprio tanto,anche per giorni interi. Pensa,non strilla neppure se combino un guaio..Non
si alza neppure dal letto, perché è tanto stanca…allora io
non la sveglio,e la signora Daeogs o madame Valerius vengono a trovarla,e mi portano a mangiare e
dormire a casa loro. Mi diverto tanto,con la sua
nipotina dei Daeogs,sai?si chiama Eloisa e ha la mia
stessa età..!!” gli sorrise,ma poi si rabbuiò di nuovo.
“Alle volte invece è tanto arrabbiata,anche
se non so perché. E papà,te lo giuro,non
è colpa mia in quelle occasioni!” si affrettò a chiarire.
“Almeno,quasi mai…Io non rompo niente,non
faccio il chiasso, non mi comporto da capricciosa…però lei si
arrabbia lo stesso,e strilla!”
Assunse una strana espressione,quasi offesa,tipica dell’infanzia,e poi tacque.
Rimasero entrambi in silenzio per alcuni istanti,poi Christine
tirò un lembo della giacca del padre.
“Papà? Visto che stiamo parlando di mamma…Volevo chiederti
una cosa..”
Il padre le prese la manina fra le sue,e si chinò a guardarla con rinnovata
attenzione.
“Dimmi tutto,tesoro mio.”
Christine fece una smorfia contrita,e parlò a
bassa voce,guardandosi attorno come se qualcuno potesse ascoltarla,come se non
fossero soli nella piccola stanza. Si notava il suo disagio.
“Papà…ma anche le bambine e le signore possono fare musica,e cantare,danzare…o possono farlo solo i
papà?”
Gustave spalancò sorpreso gli occhi a quella
strana domanda,e sembrò incredibilmente divertito.
Tornò a ridere di cuore,come se
l’incidente di poco prima non fosse mai accaduto. Davvero non riusciva a
capire perché sua figlia gli avesse posto una domanda tanto assurda.
“Christine!ma come ti è venuta in mente
una sciocchezza del genere? Ma certo che le bambine possono fare musica…non ti sto forse insegnando a cantare e suonare?
Perché mi chiedi questo?”
Christine sembrò rincuorata,e
sorridendo sollevata tentò di spiegarsi.
“Sai papà,la mamma… qualche giorno fa stavo canticchiando
una delle canzoncine che mi avevi insegnato tu,quella del pettirosso,ricordi? E
lei si è arrabbiata tanto…ha detto che le
bambine non devono cantare,che nella vita non serve loro saperlo fare,tanto
saranno infelici comunque…e poi,poi…” improvvisamente arrossì,e
tacque.
“Non devi stare a sentire tutto quello che ti dice la mamma,probabilmente
era arrabbiata per qualche altro motivo…sono sicuro che non avevi
riordinato la tua stanza!”osservò il padre scherzosamente,per
alleggerire la conversazione.
“Beh,e poi cos’altro
c’è? Lo vedo bene che non mi hai detto tutto…coraggio! Lo
sai che al papà devi raccontare sempre ogni cosa…”
Christine lo fissò
con estrema serietà nei grandi occhi verdi. Si vedeva quanto le costasse proseguire quella conversazione.
“Papà..ma chi è Christian?”
Christine non sapeva se si stava
ingannando,eppure avrebbe giurato di aver visto il
padre impallidire nella luce calda e aranciata del pomeriggio che filtrava
nella stanza dalla grande vetrata a ovest.
“Dove hai udito questo nome,Christine?”
D’improvviso sembrava che il peso della vecchiaia fosse piombato su di
lui come un avvoltoio funesto.
Il tono sempre allegro e giovanile era diventato improvvisamente
cupo,ansioso,preoccupato.
Christine abbassò gli occhi,vergognosa,proseguendo nel suo racconto.
“La mamma quello stesso giorno ha detto che io non devo
cantare,perché non sarò comunque mai brava come lo sarebbe stato
il suo Christian. Ma non mi ha voluto dire chi
è Christian…quando gliel’ho chiesto è scoppiata a
piangere e mi ha abbracciato,e continuava a chiedermi scusa,tante tante
volte,ma io non capivo perché…E poi non ne ha più voluto
parlare,ogni volta che tentavo di chiederle spiegazioni mi guardava con gli
occhi tristi tristi,e così io tacevo per non farla piangere…Oh
papà,ma chi è Christian?”
Ora,con gli occhi supplicanti,pareva chiedere spiegazione a lui,per quelle
strane parole.
Gustave sembrava distrutto,in
quel momento. E lo era davvero.
Non era mai stato di robusta costituzione, e con l’età la sua
salute stava andando lentamente peggiorando.
La lunga tournèè che lo aveva portato
attraverso l’Europa continentale con altri musicisti scandinavi
lo aveva segnato nel corpo,minato ormai da mesi con una tosse incessante e
fastidiosa,e nello spirito,avvelenato dalla mancanza della famiglia, dalla
solitudine forzata di quel viaggio in terre lontane,dalla preoccupazione per la
salute sempre più precaria della giovane moglie Isabelle.
Ed ora,anche questo pareva addossarsi agli altri mille
problemi quotidiani.
La sua adorata bambina che gli chiedeva…gli chiedeva chi fosse Christian.
O meglio,chi fosse stato.
Bene,forse era meglio che sapesse tutta la storia da lui,piuttosto che
apprenderla distorta da qualcun altro,senza potersi difendere dai pettegolezzi
malevoli che molto spesso brulicano nei paesini.
Strinse forte la mano di Christine fra le sue, non si
sa se per far coraggio a lei oppure per trovare egli stesso il coraggio di
ricordare, ed iniziò a raccontare.