I love yellow birds
Guardava il soffitto e non sapeva che fare.
Perché
da anni ormai non sapeva che fare.
Disteso
supino sulle lenzuola bianche del letto lasciò ciondolare
una gamba dal bordo,
riflettendo intensamente sui suoi prossimi piani futuri.
Si
mordeva le labbra, si rigirava da una parte all’altra
ipotizzando e scartando
alcune delle varie idee che albergavano nella sua mente, reputandole,
infine,
tutte un totale fallimento.
Eppure
doveva esserci un modo.
Dino
continuò a rimuginare affondando il volto dentro il cuscino
e sospirando come
ormai faceva da mesi e mesi; aveva persino smesso di toccare il cibo
che,
pazientemente, i suoi sottoposti ogni giorno continuavano a servirgli
in
camera, inutile aggiungere che lasciasse le pietanze intatte ad
ammuffire sopra
la scrivania, scoraggiando sempre di più i poveri
subordinati.
Oltretutto,
all’inappetenza si erano aggiunti anche altri fattori che
stavano riducendo
lentamente il Boss dei Cavallone in un approssimativo stato vegetativo.
Tutto
questo era patetico. Con
l’ultimo
briciolo di raziocinio presente nel suo cervello riusciva a constatarlo
anche
lui stesso.
Si
ritrovava ad intrattenere estenuanti discorsi con il suo subconscio
che,
puntualmente, finivano per demoralizzarlo con il passare dei secondi.
Sei noioso.
Terribilmente
noioso da indurre i tuoi fedeli al suicidio di massa.
Ecco
che ricominciava.
Ebbene
si, era giunto ad uno stato terminale.
Che
razza di Boss era se non era in grado nemmeno di far innamorare
qualcuno di
lui?
-
Secondo me dovremo lasciarlo riposare. – intervenne il primo,
che fu subito
seguito da una serie di approvazioni.
- Io
credo che dovremo trovare una soluzione! –
constatò un altro dei sottoposti,
scatenando un coro di elogi e assensi.
- Io
penso invece che se non ci diamo da fare verremo tutti licenziati.
– terminò,
infine, una voce, meritandosi i dovuti applausi.
Insomma,
come al solito nessuno sapeva che fare.
Tuttavia,
il più fedele dei sottoposti, armato di scolapasta e
padella, si apprestava a
compiere il suo dovere da fidata spalla su cui piangere mentre il resto
della
folla, pian piano, si era sparpagliata all’interno della
magione affidandogli
più che volentieri quell’ardua impresa, impossibile
si poteva umilmente definire.
L’uscio
della stanza di Dino si era sgombrato in pochi secondi, abbandonando un
soldato
in guerra nei pressi di un campo minato; analizzò
inizialmente la porta con
perseverante indecisione, poi, dopo aver raccolto il coraggio e la
pazienza
necessaria, si rilassò contro la maniglia senza curarsi di
bussare, tanto non
sarebbe servito a niente.
Ogni
mobile, vestiti e ninnoli erano perfettamente al loro posto,
così ordinati da
aver fatto la polvere, il
cibo aveva
iniziato periodicamente a stanziare sul vassoio ed il Boss, afflitto,
non dava
segni di vita.
-
Boss, sono venuto a vedere come stava. – azzardò
cautamente il malcapitato,
sorreggendo saldamente l’arnese metallico onde evitare
sfuriate improvvise.
Era
sicuro che, se non avesse udito un sospiro da parte del biondo, avrebbe
pensato
che fosse morto.
-
Ah. Romario. – biascicò contro il cuscino, senza
nemmeno degnarlo di uno
sguardo.
Come
suo leale seguace, avrebbe fatto di tutto pur di non vederlo ridotto in
quelle
miserabili condizioni, l’aria della camera aveva iniziato a
farsi stantia e gli
abiti del giovane Cavallone erano, ad occhio e croce, gli stessi che
indossava
almeno una settimana fa, il dubbio che si fosse mai mosso, alzato o
cambiato
era quasi sconcertante.
-
Boss… Vedrete che ci sarà una soluzione.
– ammise, per nulla convito delle sue
parole. – Dobbiamo solo… -
Ecco
che sorgeva l’ennesimo problema. Come tutti gli altri, la
stessa identica balla
di fieno rotolava nei suoi pensieri.
Ormai
avevano provato di tutto. E tutto puntualmente aveva finito quasi per
ucciderlo
o mandarlo in ospedale.
Dino
sospirò ancora, questa volta mettendosi in panciolle e
fissando Romario con la
stessa intensità di un cetriolo bulinato.
Dov’era
la soluzione così tanto agognata? Dov’era che sbagliava ogni volta?!
-
Voglio morire! – si lamentò, voltando le spalle
all’uomo. – Qualcuno ponga fine
a questo mio tormento! –
Stava
delirando.
Il
sottoposto si passò una mano sul volto, avvicinandosi ai
piedi del letto ed
osservando in silenzio il Cavallone. – Non dica sciocchezze.
– lo ammonì
scostandosi lo scolapasta dalla testa. – Invece, dovrebbe
distrarsi, pensare ad
altro… trovarsi qualcosa da fare. –
Dino
smise per un attimo di borbottare. – Come posso pensare ad
altro? – sbottò,
spiaccicandosi il cuscino sul viso, più che intenzionato a
tribolarsi ancora
per un po’ nelle sue afflizioni.
-
Boss, ci sono io per aiutarla. – sospirò, ormai
anch’esso sconfitto. – Prima di
tutto, dovrebbe incominciare con il collaborare. –
Il
giovane non rispose, poi, dopo vari tentenni, decise che, forse,
avrebbe dovuto
prendere in considerazione l’idea di fare una passeggiata per
imparare di nuovo
a muoversi decentemente.
-
Non lo so… Poi Kyoya potrebbe restarci male. –
ribadì confuso, riassumendo
nuovamente l’espressione attonita della settimana scorsa.
-
Non ci giurerei… -
-
Stai insinuando qualcosa? –
-
No. Non mi permetterei mai, Boss. –
Romario
adagiò la schiena contro il bordo delle lenzuola, senza
separarsi mai dalla
fidata padella, doveva cercare di tastare il territorio con prudenza,
oppure
avrebbe fatto saltare in aria tutto.
-
Liberi la mente da ogni preoccupazione, non pensi a niente…
Non dovrebbe essere
difficile. – mormorò, guardando il biondo cambiare
pian piano espressione.
-
Questa volta hai insinuato qualcosa. –
-
Assolutamente no. Non mi permetterei mai, Boss. –
Il
subordinato si aggiustò le lenti, ritornando a
psicoanalizzare quel caso disperato
del suo paziente.
-
Adesso si rilassi… -
Un
mugolio di consenso giunse al di fuori delle labbra di Dino dimostrando
che,
probabilmente, sarebbe riuscito a calmarlo in un modo o
nell’altro.
-
Molto bene. – si rincuorò Romario con le sue
stesse parole. – Adesso, si disfi
di questo corpo pesante, dai dolori… mi dica cosa vorrebbe
diventare. –
aggiunse, pregando affinché la sanità mentale
rientrasse in circolo nel
cervello del Boss.
Cavallone
socchiuse le palpebre, lasciando spuntare pian piano un sorriso sulle
sue
labbra, un sorriso allegro e senza alcuna preoccupazione o tantomeno
esitazioni.
-
Vorrei essere… - si bloccò per qualche minuto,
poi decise di rispondere. – Un
uccello. –
-
Bene, che tipo di uccello? –
-
Uno… giallo, come un canarino. –
Romario
deglutì. – Continui. –
-
Piccolo, e con un paio di occhietti neri. –
-
Boss… -
-
Magari di nome Hibird… -
-
Boss, stiamo divagando troppo… -
-
Che canta l’inno della Namimori. –
Ormai
aveva perso il controllo. – Non credo sia… -
-
Che si posa sulla spalla delle persone… di una
persona. –
-
Ma…! –
-
Che trascorre tutti i giorni con lui… -
-
Che si lascia coccolare tutti i giorni da lui.
-
Con
un colpo di reni il busto di Dino si piegò in avanti,
scaraventando il cuscino
dall’altra parte della camera mentre un sorriso che la
raccontava lunga si
propagava come un chiazza d’olio sul suo volto. Gli occhi
cominciarono a
sfavillare di una luce nuova, i pensieri a rimescolarsi e la mente
forse aveva
ritenuto finalmente opportuno riattaccare la spina.
Era
preoccupante.
Lo
sguardo stravolto di Romario rievocava ciò che le parole non
erano in grado di
esprimere con la sola forza della voce, forse
avrebbe dovuto riportarlo in Italia già qualche anno fa.
Per
la prima volta in due anni di deliri lo aveva visto finalmente fuori da
quel
letto, raggiante come non mai e con un paio di occhiaie da far paura,
la sola
idea che lo avrebbe ben presto coinvolto in qualche altro piano da lui
accuratamente studiato gli faceva rimpiangere di aver varcato quella
soglia.
-
Romario! – esclamò in maniera molto teatrale.
– Prepara tutto ciò che ci serve!
Questa volta si fa a modo mio! –
Sbagliato.
Questo era davvero terrificante.
-
Boss, la prego, non lo faccia. –
I
subordinati del Boss dei Cavallone osservavano Dino con un volto
paonazzo,
rosso dalla vergogna, si sentivano letteralmente morire soffocati
soltanto
scrutando ciò che il loro capo aveva indossato, qualcosa di
vergognoso.
Tuttavia,
non ci lasciò scoraggiare da inutili quisquilie. - Non
preoccupatevi, voi
aspettatemi fuori. – replicò, sistemandosi qualche
ciocca ribelle che gli
offuscava la vista e preparandosi a fare la sua entrata in scena nel
miglior
modo possibile.
Con
qualche impedimento riuscì ad aprire la porta della stanza
dove risiedeva il
Comitato Disciplinare ed infine si diede un vago sguardo, accertandosi
che
Hibari non fosse all’interno, beh, almeno avrebbe ricavato il
tempo necessario
per organizzarsi un valido discorso.
Studiò
con accuratezza ogni particolare dell’aula, decidendo infine
che non lo avrebbe
aspettato seduto sopra il divano, di letti e lenzuola ne aveva avuti
abbastanza
per i prossimi cent’anni.
Ma l’importante
obiettivo era un altro, questa volta gli avrebbe fatto cambiare idea,
ne era
più che sicuro.
Mentre
percorreva in tondo il perimetro del tappeto, un clack provenente dalla
porta
lo fece voltare con un sorrisone a trentadue denti.
-
Kyoya! – esclamò, alzando le braccia come se
volesse abbracciarlo.
Un
paio di occhi cinici ed imperturbabili lo analizzavano con la stessa
lucidità
di un toro inferocito, lo squadravano da capo a piedi a partire da
quella
tutina gialla attillata, fino a terminare con il copricapo che
rappresentava un
pulcino, Hibird.
-
Cosa stai facendo, erbivoro? – sottolineò,
marcando ogni sillaba.
Uno
scempio di piume gialle si erano disperse sul pavimento dapprima bianco
e
pulito.
-
Adesso non potrai dire che non sono adorabile. – sorrise,
sventolando una delle
ali che comprendeva il costume.
Il
Prefetto socchiuse le palpebre e si massaggiò le tempie.
– Tu. – prese una
saliente boccata d’aria.
- Se
non ti dissolvi da qui, ti pesto a morte. –
Terminò
glaciale, estraendo con uno scatto i tonfa mentre un infido sorriso
piegò le
sue labbra.
Ma
era altrettanto sicuro che, in fondo, fosse contornato anche da
un’ombra di
divertimento.
Questo obbrobrio è uscito
fuori mentre guardavo un’immagine, e devo dire che la
stupidaggine ha preso
inevitabilmente possesso della storia u_u
E’ stupida lo so, ma Dino
vestito da Hibird è così carino che non ho potuto
non scrivere su di lui.
Comunque, Dino credo di
averlo reso terribilmente OOC (_ _)*perdono*
Spero che a qualcuno piaccia
:3
Golden
Brown.