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Autore: Rota    31/03/2011    3 recensioni
Vennero in tanti, quel giorno. Vennero talmente tanti che la Piazza ne era davvero colma. Gli striscioni – rossi, molti di questi erano rossi – sventolarono nell'aria fresca del giorno, animati da una nuova forza che non avrebbe mai ammesso la violenza come ultima parola. Lì, proprio lì, in una tomba senza lapide.
E parlarono Castrezzati, Terraroli e Panella, parlarono alla gente muta e in attesa, parlarono alle coscienze dei presenti. Carmine, anche, era un passo dietro Franco, mentre assisteva in silenzio come se quella fosse non altro che l'omelia di una Messa all'aperto. Con questo animo era arrivato lì, quella mattina.

*Raccolta su OC!Brescia - Carmine Lucio Vargas*
Genere: Generale, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Autore: Rota/margherota
*Titolo: Roar
*Capitolo: X

*Fandom: Axis Powers Hetalia
*Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo Personaggio (OC!Brescia)
*Genere: Introspettivo, Storico
*Avvertimenti: One shot, Missing Moment
*Rating: Giallo
*Note: Presento al popolo il mio OC!Brescia, Carmine Lucio Vargas. Ci sarebbero tante cose da dire, a cominciare dal suo nome e dal suo carattere. Ma, prima di ogni cosa, vi lascio alla mia fan fiction, seguita subito da ogni nota necessaria.
In questo primo capitolo della mia raccolta, parlo delle Dieci Giornate di Brescia – da qui il titolo del capitolo.
Buona lettura (L)


Di guardarlo in viso, proprio non se ne parlava affatto: lo sguardo di Carmine(1) era rivolto al pavimento della sontuosa camera, incuriosito dalla raffinata incisione che serpeggiava tra le mattonelle, destreggiandosi come un serpente sinuoso e affascinante; l'ira di Roderich, come al solito, gli scivolava sulla pelle senza penetrare più in profondità, riuscendo magari ad arrivare là dove non aveva ancora osato spingersi. Per quante parole dure e spietate l'austriaco dicesse, Brescia avrebbe sempre sorriso conciliante, senza dimenticarsi quale fosse il suo vero posto, neanche per un misero istante. E quella era una delle sue poche qualità che Austria davvero apprezzava: l'arte dei servi(2).
Il sangue rosso – la ferita sulla fronte ancora ne faceva fuoriuscire – gli scivolò rapido sullo zigomo quando il mento chiaro appena si alzò, perché gli sguardi dei due si incrociassero a mezz'aria per poi perdersi nuovamente, ognuno per conto proprio. Se Roderich aveva in sé la stessa aria di un maestro spazientito – come se Brescia non avesse fatto altro che una delle sue solite marachelle di poco conto – Carmine sorrideva benevolo e senza la minima pretesa. D'altronde, le manette che gli legavano i polsi erano tanto strette da fargli un male assurdo, e quelle maledette guardie che, a forza, lo stavano tenendo in piedi, rigide nella loro posizione, avevano gli sguardi così severi che sarebbe stato un vero peccato deluderle, mostrando quel briciolo di giusta resistenza che avrebbe fatto tremare loro ancora le ginocchia in maniera quasi ridicola.(3)
-E a cosa mai dobbiamo questa rivolta così accesa, Carmine? Mi era parso di capire che male non ti trovavi, sotto la bandiera della mia Nazione! Oppure forse è stata un'idea di questo giovane – e qui si rivolse a quel ragazzo, zitto e tremolante, il cui unico ed evidente desiderio era quello di fondersi con la mobilia della stanza e scomparire tra di essa, per non apparire mai più – che pare divertirsi come il peggiore dei monelli a gozzovigliare di qua e di là, ignorando i miei ordini e facendo sempre di testa propria? Dimmi, Italia, dimmi che questa non è la verità!-
Carmine sorrise con più forza, con più vile servilismo, quando vide il minore dei suo fratelli, Feliciano, chinare il capo e continuare a tremare, senza fermarsi: pareva quasi di vedersi riflesso a uno specchio. Però lui aveva imparato a non tremare più così tanto – e forse era proprio per quello che la sua commedia risultava decisamente più efficace.(4) Feliciano non disse nulla, aveva perso la baldanza di qualche giorno prima, ora si ritrovava ancora a balbettare e a cercare conforto nel nulla, come sempre. Stupida Torino, se non fosse stato per lei...(5)
-Io ritengo, signore, che magari sarebbe anche ora di far cessare tutto questo, lei non crede? Vossignoria non avrà tempo da perdere con degli straccioni come noi... - Roderich lo guardò male, scoccandogli un'occhiata di rimprovero, avvertendo quel leggero veleno che trapelava dalle sue parole: dopotutto Carmine Lucio Vargas faceva quel lavoro da tantissimi anni, ed era più che preparato alla lusinga – Non le dispiacerebbe finire il tutto e portarci qualcosa da mangiare? In effetti, penso che mio fratello condivida la mia stessa identica fame, in questo momento...-(6)
Giurò di aver sentito un versetto spaurito lasciare la bocca contratta di Feliciano quando un secco e irritato schiaffo austriaco gli fece voltare il viso di lato, violentemente, mentre l'espressione sul viso di Roderich si faceva di una punta più seria e preoccupata, quasi come a voler dire “non è certo colpa mia se i magazzini della tua città ora sono vuoti, fellone insolente”. Ne sorrise, tornando immediatamente al proprio posto, guardando in basso e lasciando che i ciuffi chiari della sua frangia gli coprissero la fronte e gli nascondessero lo sguardo vitreo.(7) E così, a quel punto, ogni cosa in quella stanza parve perdere di contorno e di valore.
I segni delle cannonate austriache se li ricordava bene: bulloni purpurei sulla sua pelle che non sarebbero mai potuti andare via, neanche a medicarli e a curarli per decenni, così come tutte le altre cicatrici che, nel tempo, il suo corpo aveva dovuto sopportare in silenzio. A camminare per le vie della città, come Roderich si era premurato di fargli fare prima di farlo condurre al proprio cospetto, gli faceva male al cuore: una tacca da aggiungere alle numerose altre. Ma per quanto la gente piangesse, per quanto le donne si disperassero, per quanto gli uomini si afflosciassero lungo i marciapiedi al suo passaggio invocando la pietà, negli occhi chiari di Carmine non brillava che quella luce sinistra che spinge gli uomini a lasciare le proprie catene per strisciare un poco più in là.
Orgoglio, speranza, fede: tre qualità che parevano patrimonio culturale di quella povera gente, esattamente come le reliquie di Santa Giulia. Ed era chiaro, chiarissimo a tutti quello che stava facendo vibrare in alto le anime da mendicanti straccioni di tutti loro.
Rumore dei tamburi di guerra come un ruggito che scuote la terra(8): da Ovest pareva essersi diradata attraverso tutta la Pianura Padana – la Gallia Cisalpina! – una voce indomabile che austriaci e francesi non erano riusciti a frenare neppure con la loro forza. Carmine Lucio aveva alzato la testa, accogliendo quella voce in sé e facendola propria, parlando e vivendo per essa. Anche in quel momento, mentre sorrideva al proprio vecchio padrone, pareva infuso di quella strana forza che da tempo non gli si vedeva addosso.
Non voleva crederci, Roderich, ma quando anche per un solo istante aveva visto Feliciano imbracciare le armi che Carmine gli aveva offerto, dicendogli di andare con lui al Castello che ancora qualcuno faceva resistenza, aveva tremato di paura, stretto da quell'angosciante meraviglia che dona ogni situazione inaspettata e imprevista. Poi l'Italiano aveva gettato a terra il suo fucile, urlando e scalciando come un bambino impaurito e spaventato a morte: lui era scappato prima che la città fosse accerchiata, era scappato prima che Carmine fosse ritrovato a rigettare sangue in un vicolo laterale e periferico del suo amato capoluogo. E sebbene tutti sapessero che, com'era giusto per Roderich, ogni impudenza sarebbe stata punita, proprio in quel momento, quando Carmine era più sconfitto che mai, Feliciano riusciva a guardarlo con un'ammirazione e un rispetto che non gli aveva mai visto in volto prima d'allora. 
A quel punto, seppur sottile e controllata, la rabbia di Roderich si compose in un'espressione compita che ordinò alle guardie di portare via il giovane uomo: che fosse rinchiuso lontano e isolato, in un posto dove non l'avrebbe potuto vedere, fino a nuovo ordine. Carmine fu trascinato via, mentre Feliciano, impotente, seguiva il suo cammino con lo sguardo, chiudendo gli occhi al pianto mentre Roderich lo chiamava a sé, con voce incredibilmente gentile e pacata, ammaliante. Ma si sentì provenire da fuori la stanza, facendo ben attenzione, poco più forte di un sussurro molesto e smaliziato, la risata sottile di Lucio, mentre ancora la città bruciava e dalle finestre amplie del palazzo del Potere entrava la puzza del fumo e della carne cotta delle persone e del bestiame razziato. Pazzo di una sottile consapevolezza che dona a chi non ha nulla sulla Terra il Paradiso.
Tito Speri(9) sarebbe tornato, Tito Speri sarebbe tornato. E avrebbe di nuovo ruggito assieme alla Leonessa di una nuova Italia.(10)
E, a quel punto, non ci sarebbero state più forche per alcun bresciano.


Note:
(1)Carmine Lucio Vargas, ovvero il nome del mio OC. Brixia fu una città romana, per questo il nome del mio pg è di tale origine. Carmine ha un altro significato: è un nome che ricorda sacralità (Santa Giulia è una delle nostre Chiese più antiche).
(2)Una delle caratteristiche che ritengo più azzeccate del pg di Feliciano è proprio questa, l'arte dei servi, ovvero “l'arte” di essere servile e zelante. Carmine lo fa con maggior cinismo e capacità, semplicemente perché lui è “servo” da più tempo, essendo più grande di Feliciano. 
(3)Sottile riferimento alle Cinque Giornate di Milano
(4)Carmine è più grande di Feliciano in quanto discendente diretto di Nonno Roma – basti considerare che Brixia, ovvero Brescia con nome latino, esisteva prima della sua conquista da parte dei romani.
(5)Siamo in pieno Risorgimento, movimento “partito” da Torino, ovvero dal regno dei Savoia. In particolare, faccio riferimento al fatto che a Brescia arrivarono tardi notizie dal fronte comune e quando arrivarono non furono prese per vere. Ovviamente, per questo motivo, e per il fatto che Torino non fece nulla per Brescia o non lo fece in tempo, Carmine prova risentimento per la città.
(6)Riferimento ai saccheggi attuati dagli austriaci dopo la resa della città. Carmine, per questo, mostra di avere fame.
(7)Carmine ha l'aspetto tipico di un Celto, perché in realtà egli appartiene a quella etnia.
(8)Citazione liberamente tratta dalla “Ninnananna di Zira”, Re Leone 2 – Il regno di Simba
(9)Eroe delle Dieci Giornate
(10)Per le Dieci Giornate, Brescia si guadagnò il nome di Leonessa d'Italia.

Per ogni altro approfondimento: http://it.wikipedia.org/wiki/Dieci_giornate_di_Brescia
   
 
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