Titolo: Le Ceneri Inutili
del Suo Abito Bianco
Autore:
Nemeryal
Fandom: Axis Power Hetalia
Rating: Giallo
Genere: Slice of Life,
Drammatico, Malinconico
Avvertimenti: Missing Moments, OneShot
Personaggi: Francis Bonnefoy/Francia, Feliciano Vargas/Nord Italia,
Arthur Kirkland/Inghilterra, Giovanna d’Arco, OC!Faber Vargas/OC!Liguria,
Pairing: Nessuno
Trama: -Sei uno sciocco, Francia- sibilò Arthur,
forzando l’altro a rompere la difesa –Se affidi tutto te stesso ad una
ragazzina- (…)Il sangue sbocciò sullo zigomo di Arthur, baluginò una fiamma nei
suoi occhi verdi. L’odio e la rabbia esplosero dalle labbra contratte e si
gettò in avanti; Francis rimase immobile ad attenderlo (…)-Ancora più sciocco-
sibilò –E’ ignorare la voce de la Pucelle. Sciocco è non temere lo sguardo di
Dio. Imparalo prima che sia troppo tardi, mon Angleterre-
Musica:
Giovanna
d’Arco – Fabrizio de Andrè
Dedica: a Silentsky
Note: Credo che di Fan
Fiction con protagonisti Francis e Giovanna d’Arco ce ne siano a bizzeffe. Anzi,
non credo, ne sono sicura XD Quindi perdonate la scarsa originalità del tema
trattato, ma volevo provarci anche io. Allora..ad un certo punto vedrete che
Francis e Jeanne parlano in francese (A proposito..se qualche anima pia che
conosce il francese meglio di me mi fa notare se c’è qualche errore –Ho usato
Google Translator- ne sarei molto felice!..Ah! E la traduzione è a fine
pagina), mentre lui e Arthur parlano in “Italiano”. Ora, avevo letto in qualche
curiosità di Hetalia che le Nazioni usano, fra loro, una specie di lingua “Universale”
con cui poter comprendersi, di modo da superare la barriera costituita dalle
diverse lingue. Quindi, ecco spiegato il tutto XD
La canzone da cui è ripreso il titolo
e i versi (Ovviamente non tutti, ma solo la parte iniziali e le due strofe
finali) sono riprese dalla canzone “Giovanna d’Arco” di Fabrizio de Andrè.
I versi che canta Francis alla fine
erano inclusi nel testo originale, ma non erano stati inseriti sul disco.
Bon! Direi che non c’è altro! Buona
lettura!
Wordcounter: 2563 (Titolo e note finali escluse)
Le Ceneri Inutili del Suo Abito Bianco
Liguria, 2011
-Ve~ fratellone
Francia, sono contento che tu sia venuto a trovarmi!-
Francis
sorride, incassando la testa nel colletto alto del giaccone: non fa freddo, ma
la brezza che spira dal mare si insinua fin troppo facilmente nel collo e lungo
la schiena, provocandogli dei fastidiosi brividi ghignanti.
Feliciano,
davanti a lui, saltella allegro sulla passerella lignea del lungomare; qualche
volta si gira nella sua direzione, facendo sbuffare il cappuccio grigio della
giacchetta, che gli ricade a balzi sulle spalle.
I passanti
squadrano Italia con le espressioni più varie: dal divertito al rassegnato,
dall’infastidito all’incredulo. Francis si lascia contagiare dall’allegria di
Feliciano e non manca di lanciare qualche bacio o ammiccare in direzione di
alcune ragazze che ogni tanto rallentano il passo, ridacchiando fra loro e
scambiandosi sussurri veloci, prima di rialzare gli occhi e arrossire. Alcune
volte agitano anche la mano in un timido gesto di saluto.
Italia ogni
tanto scuote la testa, lasciandosi andare ad un sospiro rassegnato e Francis
gli scompiglia i capelli con la mano guantata, ridendo:
-Mon petit Felì, devo ricordarti cosa
dice tuo nonno riguardo gli amanti migliori?-
-E’ il
Paradiso in Terra- canticchia allora Feliciano –Quando gli amanti sono
Italiani!-
Il
venticello che scuote le foglie crocchianti delle palme fa agitare gli spruzzi
luminosi delle fontane, che saltellano e gorgheggiano, infrangendosi in tante
liquide gemme colorate.
-Fratellone
Francia!- esclama d’un tratto Italia –Lo senti anche tu questo suono?-
Francis
piega la testa di lato, corrugando un poco la fronte. All’inizio non sente
nulla se non il cicaleccio movimentato dei passanti, poi comincia a cogliere un
qualcosa di diverso, note vibranti, pizzicate, che sembrano accompagnare il
reflusso continuo delle onde sulla battigia. E’ una chitarra, sì, Francia ora
la sente benissimo, è il suono graffiante e malinconico di una chitarra.
-E’ zio
Liguria! Vieni, fratellone, vieni!- Feliciano lo afferra per il polso e
comincia a trascinarlo in avanti, incurante degli sguardi allibiti che gli
rivolgono le persone all’intorno.
Francia lo
lascia tirare per un po’, soffiando il fiato fuori dalle labbra screpolate,
fino a quando non vede, seduto su una panchina, la figura curva di un vecchio.
Era da tanto
tempo che Francis non vedeva l’anziano Liguria, ma nota che niente è cambiato:
è chino sulla chitarra e, accanto a lui, poggiata su un posacenere d’ardesia,
una lingua di fumo denota la presenza di una sigaretta ancora accesa. Ai piedi
del vecchio c’è la custodia nera della chitarra: è aperta e molti, credendolo
erroneamente un pezzente di strada, vi lasciano cadere alcune monetine; vicino,
scuri sotto i raggi del sole, scintillano gli anelli di una rete da pesca.
Un
cappellaccio nero gli ricade molle sulla fronte, nascondendo in parte i capelli
unti e grigi, di cui qualche ciuffo, però, spunta sopra le orecchie pelose; gli
zigomi cadenti danno alla sua faccia la forma di una mezzaluna, le labbra
secche di sale, sussurrando le parole della canzone, fanno tremolare le rughe
attorno alla bocca, e il collo scompare grinzoso nel colletto di una camicia a
quadri.
Alcuni
passanti si fermano, lo guardano e ondeggiano la testa al ritmo della canzone,
ma Liguria sembra quasi non accorgersi del pubblico: Francis sa, glielo ha
detto Feliciano, che il vecchio si lascia spesso trasportare dalle canzoni,
quando la malinconia ed il ricordo del lontano cantautore si fanno affilati
come la lama di un coltello ed altrettanto dolorosi. E’ un modo, dice sempre
Italia, per sentire quell’uomo un po’ più vicino.
Francis si
avvicina, ma rimane comunque in disparte, accanto a Feliciano, che piega le
labbra in un sorriso malinconico.
La canzone
si spegne in un ultimo accordo e Liguria, con gli occhi cisposi ancora chiusi,
prende tra le dita incrostate di giallo nicotina la sigaretta, se la porta alle
labbra e aspira una boccata di fumo. Socchiude la bocca pastosa, soffiando via
un refolo grigio, che si attorciglia davanti alle sopracciglia cespugliose e
poi svanisce nel turchese del cielo. Un istante di silenzio, poi le dita
ingiallite dal fumo tornano a pizzicare le corde della chitarra.
Feliciano si
irrigidisce e Francis lo guarda con la fronte corrugata
-Mon
petit Felì, es-tu bien?-
Faber Vargas
carezza le note della canzone, accordo dopo accordo..
Sol..Re..
~ Attraverso il buio, Giovanna d’Arco ~
Francis
sente il cuore perdere un battito e una fiamma gelida lambirgli le membra.
Do..Sol
~ Precedeva le
fiamme cavalcando ~
{ Chinon, Febbraio 1429 }
La nebbia
avvolgeva Chinon nel suo velo di perla.
Era un semplice mattina di Marzo e Francis sedeva accanto al
Delfino; teneva le mani intrecciate in grembo e le labbra serrate. La figura ai
piedi di Carlo era ancora in ginocchio e non osava levare lo sguardo.
Francis aveva visto quello sguardo e non sapeva come
definirlo. Ne aveva avuto timore, sì, aveva avuto paura di quegli occhi grandi
e neri che inghiottivano ogni cosa, simili all’acqua vorticosa e scura dei
pozzi.
Lei non era bella: era magra, sottile come un filo d’erba e
pareva altrettanto fragile; il viso era lungo, cosparso d’un pallore insano,
non vi aveva ancora visto posarsi un petalo di colore, la fronte era ampia, i
capelli d’un anonimo castano, quasi biondo, e le labbra troppo livide e
sottili. Solo quegli occhi, quello sguardo guizzante d’un chiarore senza nome,
la distinguevano da ogni ragazza che danzava a piedi nudi tra i prati e gli
argentei gigli di Francia.
-Pourquoi
avez-vous venir ici?- domandò il Delfino, sfiorandosi il
mento con le dita callose.
La ragazza non alzò il viso, ma, se possibile, si inchinò
ancora di più.
Francis storse le labbra, disgustato da quella figuretta
servile : le spalle esili non tremavano e tutta il suo corpo di donna
sembrava circonfuso di luce, un bagliore che lui sapeva essere il solo a vedere.
-Dieu envoie-moi de vous. Je suis ici pour
donner de l'aide pour vous et pour la France-
Francis ne era sicuro. Lo sapeva. Lo aveva sentito.
Quegli occhi scuri si erano alzati un solo istante, avevano baluginato
attraverso le ciglia e lo avevano fissato con uno sguardo che non ammetteva
dubbi sorta. Lei sapeva.
-Mon roi!- proruppe allora -Ne la croyez pas! Elle est seulement une paysan!-
Il Delfino alzò la mano, richiedendo il silenzio. Francis
si ritrasse con un sibilo sussurrato, fissando di sbieco la ragazza ancora
inchinata.
La..Re.
~ Nessuna luna per la
sua corazza ~
{ Chinon, Marzo 1429 }
La lama di luce le tagliava il viso a metà: brillavano le
labbra, da cui si levavano le parole alate di una preghiera, baluginavano le
dita intrecciate, scivolavano chiarori sui capelli castani, scintillavano le
ciglia scure, la fronte era bagnata d’oro.
Pregava con sussurri melodiosi, il corpo fremente, i
muscoli tesi e la braccia tremanti, quasi si trattenesse a stento dallo
spiegarle, come ali dalle candide piume, e spiccare il volo fino alla dimora
celeste del Signore.
Francis rimase ad osservarla, nel silenzio vibrante della
cappella; lo affiancava François Garivel, dal naso adunco e gli occhi
sporgenti.
-Elle n'est pas une menteur- mormorò lo studioso -Dieu brille dans ses yeux-
La..Sol..Re..
Re7…
~ Nessun uomo nella
sua fumosa notte al suo fianco ~
{ Orléans, 29 Aprile
1429 }
Crollò la città tra le urla festanti del popolo: Jeanne
cavalcava in testa e Francis l’affiancava, tenendo alto lo sguardo.
La Pucelle sorrideva, gli occhi grandi brillavano di
lacrime e Fede, la sua armatura lampeggiava di una luce che ardeva più forte di
quella del sole. Garriva alto il bianco stendardo, risplendeva d’argento il fiordaliso
francese alla benedizione di Dio. Gli occhi di luce degli Arcangeli parevano
fiamme.
-Je ne laisserai pas tomber la France- disse lei, voltandosi a guardare Francis.
Questi la fissò per qualche istante, stringendo le
briglie e sentendosi indifeso davanti a quegli occhi. Davanti ad uno sguardo
che non era mortale. Di fronte ad iridi scure che potevano appartenere solo al
Signore.
Sol..Re..
~ E nel profondo del
suo cuore rovente ~
{ Forte di Saint-Loup, 1 Maggio 1429 }
Francis parò il fendente di Arthur e fece leva sulla lama
per farlo arretrare; l’Inghilterra dovette retrocedere di un passo, ma quando
il contatto fra le spade venne meno, si lanciò di nuovo in avanti.
Ci fu un fischio, uno sprizzo di scintille scarlatte, e
di nuovo il filo di entrambe si incrociò in uno stridere d’acciaio.
-Sei uno sciocco, Francia- sibilò Arthur, forzando
l’altro a rompere la difesa –Se affidi tutto te stesso ad una ragazzina-
Francis sentì il ginocchio sbattere a terra con un
cozzare d’armatura; strinse i denti e fece forza sulla caviglia, spingendo in
avanti la lama dell’inglese e rimettendosi in piedi con fatica. Con uno scatto
repentino del polso ruppe il contatto delle spade, approfittò della difesa
scoperta e mirò un fendente al petto di Arthur. Questi si allontanò, schivando
la spada per miracolo, ma Francia, usando il piede come perno, fece una mezza
rotazione, e in un lampo bianco della lama aprì uno squarcio sulla guancia
livida di Inghilterra, non più protetto dall’elmo.
Il sangue sbocciò sullo zigomo di Arthur, baluginò una
fiamma nei suoi occhi verdi. L’odio e la rabbia esplosero dalle labbra
contratte e si gettò in avanti; Francis rimase immobile ad attenderlo, si
scostò quel tanto che bastava perché l’avversario, spinto dall’impeto, perdesse
l’equilibrio, sbilanciato dall’armatura, poi lo colpì al collo col pomo della
spada e gli affondò il piede nella schiena, perché non si rialzasse.
Inghilterra piegò appena il viso e il riflesso della lama
francese biancheggiò nel suo sguardo furioso.
Francia ghignò, chinandosi sull’inglese
-Ancora più sciocco- sibilò –E’ ignorare la voce de la Pucelle. Sciocco è non temere lo sguardo di Dio.
Imparalo prima che sia troppo tardi, mon Angleterre-
Do..Sol..
~ Lui prese ad
avvolgere Giovanna d’Arco ~
{ Orléans, Domenica 8 Maggio 1429 }
Francis levava alte le mani al cielo, cantava e recitava
gli Inni sotto il cielo cobalto d’Orléans, ma più alta e chiara era la voce di
Jeanne: le parole si levavano con ali di colomba al di sopra delle sue braccia distese.
Sbocciava d’oro il sole sull’armatura bianca, gemme
splendenti rilucevano sul filo dell’ascia e sul pomo della lama sottratta ad un
traditore di Borgogna.
Sull’orizzonte nero delle truppe inglesi, Francis poteva
scorgere ancora il riflesso d’acciaio dello sguardo smeraldino di Arthur, nelle
vene sentiva il furore non ancora cessato della battaglia, le dita viscide di
sangue Borgognone stringevano folli l’aria pura del mattino, e urlava, urlava
al cielo e a Dio, rendeva loro grazie perché la Francia era salva, perché a
guidarla c’era il bianco stendardo di Jeanne, la mano benedicente del Signore,
i petali d’argento del fiordaliso, Michele e Gabriele vegliavano su di loro
come padri amorevoli.
E c’erano gli occhi di Jeanne, così luminosi che il
Paradiso, al confronto, sarebbe sembrato buio, c’era il suo sguardo di soldato
e di Santa, quel suo sorriso che prometteva la vittoria e la beatitudine!
Gridava Francis, ebbro di Jeanne, della vittoria, di Dio,
gridava e pregava e non dava peso agli occhi di Arthur, alle sue dita ferite
strette al pomo della spada.
La..Re..
~ E là, in alto, e
davanti alla gente ~
{ Compiègne, 1430 }
-Jeanne!-
Francis vide le mani dell’arciere afferrarle il lembo del
farsetto e disarcionarla; il cavallo nero s’impennò, nitrendo e agitando gli
zoccoli bronzei.
La Pucelle emise un grido strozzato e Francis, al
riparo nelle mura, si afferrò ai merli della cinta muraria, pronto a lanciarsi,
a superarla con un salto e usare il terreno livido per frenare la caduta. Ma le
mani degli altri soldati lo afferrarono, gli immobilizzarono le braccia e lo
trascinarono indietro, ignorandone le proteste e le urla e le maledizioni e le
bestemmie.
Francia si aggrappò di nuovo ai merli, cercando di
vincere la presa degli uomini che in quell’istante gli avevano artigliato le
caviglie con un sonoro grugnire dei denti serrati.
-Jeanne!- gridò ancora, ma la sua voce si perse nel
livore meschino del volto del Bastardo di Wamdonne, nello sguardo da serpe di
Jean D’Aulon, suo intendente.
Ma le parole, forse, forse Dio le aveva dotate d’ali, perché
parvero raggiungere silenti il volto cinereo de la Pucelle, che sgranò gli occhi scuri e li alzò il
direzione delle mura. Un sorriso le sorvolò le labbra sottili e senza colore,
la fiammella d’una candela ondeggiò nel suo sguardo abbracciato dalla Fede.
La..Sol..Re..
Re7…
~ Lui appese le
ceneri inutili del suo abito bianco ~
{ Rouen, 30 Maggio 1431 }
Saliva come un pennacchio d’argento il fumo dalla piazza
di Rouen: si agitava e si attorcigliava al vento, con dita evanescenti
disegnava all’orizzonte fiamme scarlatte e volti accesi dal bagliore del fuoco,
labbra aperte in grida ed ingiurie, occhi di belve su volti umani.
E strappava grida di dolore ad una candida gola di
fanciulla, vestita di bianco, con una croce stretta al seno, e la bocca, prima
petalo di rosa su cui poggiavano i nomi gementi di Dio, della Vergine, dell’Arcangelo
Michele, delle Sante Caterina e Margherita, dove una sola parola, Pardonne-moi!, brillava simile a lacrime di rugiada, quella
bocca vomitava solo urla e grida strazianti, e Jésus!
Jésus! strepitava la sua voce, resa roca
dal crocchiare crepitante delle fiamme.
Francis cadde in ginocchio e si guardò le mani, la pelle
divenire nera, trasformarsi in cenere all’incenerirsi delle dita di Jeanne, all’accartocciarsi
di quei petali neri ch’erano i suoi occhi, brillanti e sconvolgenti, bagnati di
lacrime e di luce, anche nell’Ultima sua ora.
-Odo anch’io ora, la voce di quella ragazzina- ghignò la
voce di Arthur, immerso nell’ombra, lontano da quell’ardente cerchio di luce
che sembrava avvolgere l’interna Rouen e le colline all’intorno –Mai suono mi
parve più incantevole-
Urlò Francis, gorgogliando di sangue, e si rialzò, promettendo
vendetta all’Inghilterra e alla Borgogna, in nome di Dio, della Vergine, dell’Arcangelo
Michele, delle Sante Caterina e Margherita. Vendetta! in nome di Jeanne, dei suoi occhi non più neri,
non più bianchi, solo orbite vuote in un teschio di cenere.
Re..Re..Re..Re..Re..La-
Do..Sol..Re..Sol
~ La la la..la la la..la la la la la la..~
Francis
riapre gli occhi, nemmeno si è accorto di averli chiusi, e le lacrime scemano
al scemare delle note, mentre le ultime parole si spengono sulle labbra
grinzose del vecchio Liguria.
-E lei capì chiaramente, che se lui era il
fuoco lei doveva essere il legno- tace, ma le dita continuano a muoversi,
non smettono di far scendere lacrime amare dalle corde dalla chitarra.
La
mano di Feliciano si chiude attorno al suo braccio, ma lo sguardo di Francis è
ora attirato dal viso anziano di Faber Vargas, da quegli occhi chiusi che
guardano, sì, lo sa, lo avverte,
guardano nella sua direzione. Non sa cosa l’anziano si aspetti, ma trascinato
dagli accordi malinconici della canzone sente la voce del vecchio intrecciata a
quello del lontano cantautore: gli suggeriscono le parole, lo invitano nel
silenzio delle note a proseguire, a concludere quella melodia, a rispondere alle
domande mute del pubblico, che si chiede per quale motivo il vecchio lo stia
fissando con tanta intensità.
-Ho visto la smorfia del suo dolore, ho visto
la gloria nel suo sguardo raggiante- continua allora Francis e non capisce
se la voce sia la sua, quella di Liguria, quella del cantautore, quella del
fuoco di Rouen, quella di una giovane Francia del quindicesimo secolo –Anche io vorrei luce ed amore, ma se arriva
deve sempre essere così crudele e accecante-
Cadono
le note come pioggia nel mare.
Brucia
lontano l’orizzonte.
È
il tramonto.
{~***~}
-
“Mio piccolo Feliciano, stai bene?”
-
“Perché siete venuta qui?”
-
“Dio mi ha inviata a voi. Sono qui per
portare aiuto a Voi e alla Francia”
-
“Mio Re!” “Non credetele, è solamente
una contadina!”
-
“Ella non mente” (Lett: She’s not a
liar..in inglese suona molto meglio, vero? XD Ma “mentitrice” in italiano fa
schifo!) “Dio risplende nei suoi occhi”
- “Non lascerò/permetterò che la Francia
cada”
- “Perdonami!”
- “Gesù! Gesù!” (Ma direi che questo si
capiva anche senza traduzione XD)