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Autore: Amy Dickinson    14/04/2011    2 recensioni
Ciao a tutti,
questa è la prima volta che scrivo una storia su Twilight e non ho la più pallida idea di cosa ne verrà fuori, comunque... spero che vi piaccia!
Non c'è moltissimo da dire, la fanfiction è ambientata in Inghilterra, nella città di Manchester e la protagonista è il mio personaggio femminile preferito sia nei film che nei libri della Meyer: Alice. La nostra piccola Cullen è una ragazza inglese di appena 20 anni, è una studentessa universitaria che vive insieme all'amica Bella, conducendo una vita normale, tranquilla e forse anche un po' monotona. C'è effettivamente qualcosa che manca nella sua vita, lei finge che la cosa non le pesi e che tutto sia regolare ma in effetti... - può andare come anticipo?
Leggete! :) Magari se vi è piaciuta lasciatemi qualche recensione... d'accordo, vale anche se non vi piace! Fatemi sapere comunque e per favore non siate troppo severi con me, un abbraccio.
Amy
P.S. Mi scuso sin da ora per eventuali errori di svariato genere, appena possibile correggerò le sviste e posterò la conclusione. Spero che possiate comunque godervi il contenuto. Grazie dell'attenzione ^^
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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- Questa storia fa parte della serie 'Living in Manchester - Saga'
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Malintesi


Dio, che mal di testa!” si lamentò Alice mentre preparava la colazione. 

Bella era uscita presto quella mattina perché aveva delle commissioni da sbrigare, lei, invece, aveva dormito fino a tardi. Era una domenica cupa, pioveva incessantemente e ciò non aiutava la povera Alice che si sentiva stordita e nauseata. Ricordava ben poco della sera precedente e questo la infastidiva notevolmente. Lei non beveva mai eppure quella volta si era lasciata convincere e… Puff, amnesia totale.   

Accese il cellulare quasi completamente scarico e le arrivarono parecchi messaggi da parte delle sue amiche che l’avevano chiamata. Messo in carica l’apparecchio, chiamò da casa. Patience non rispose, così provò con Julia. 

“Alice! Ti abbiamo chiamata un sacco di volte ieri sera, ma tu non rispondevi! Eravamo preoccupate, è successo qualcosa?”

“Ma no, non credo…”

“Come sarebbe a dire? O è sì, o è no”

“Lo so, ma… Con tutto quello che ho bevuto le idee cominciano a confondermisi da quando il dj mi ha chiamata e non ricordo nulla dopo aver mangiato la torta e bevuto uno strano drink” spiegò, premendo il palmo della mano contro la testa.

“Pensavamo che la festa non ti fosse piaciuta o che ti fosse successo qualcosa. Ma ora come stai?”

“Beh, insomma… Mi scoppia la testa e ho senso di nausea. Sospetto di aver dato di stomaco ieri notte, ma non mi ricordo bene”

“Capisco, allora, forse, è meglio se ti riposi oggi”

“Sì, farò così. Tanto non ho nulla da fare, meno male che c’è la partita in televisione. Tu che programmi hai, invece?”

“Nel pomeriggio facciamo un giro con degli amici”

“Divertitevi allora. Grazie ancora per la festa, è stata bella, finché ricordo. Ci vediamo” salutò, intuendo che stesse parlando al plurale poiché aveva incluso anche il suo ragazzo. 

“E di cosa? Buona domenica” rispose Julia prima di attaccare.

 

 

“Sicura di stare meglio?” chiese Bella la mattina dopo.

“Sì, oggi sto benissimo. Prima di andare in facoltà però devo approfittare di questo spiraglio di sole e farmi una passeggiata, dicono che a breve arriverà altro maltempo” rispose Alice, stirandosi e infilandosi il cappotto, per poi uscire di casa.

Rispetto al giorno prima, il tempo era migliore, faceva ancora freddo e tirava un po’ di vento, ma il poco sole bastava ad infondere energia positiva alla ragazza. Con tutta calma prese l’autobus e poi proseguì a piedi fino a Fletcher Moss Park. Era un po’ che non andava in quel posto. Non era una accanita fan delle piante ma quel luogo le trasmetteva un qual certo buonumore. Non c’era quasi nessuno, così poté godersi la tranquillità dell’atmosfera, comodamente seduta su una panchina. Una coppia di canarini cinguettava allegramente sul ramo di un albero e stava rinforzando la struttura del nido che avrebbe contenuto delle future uova. Il collaborare di quelle piccole creature rese Alice lievemente malinconica. 

‘Non faccio altro che vedere coppie intorno a me. Tutti hanno il proprio compagno e la propria compagna, possibile che io sia destinata a rimanere sola? Il rifiuto di Jake mi ha segnata, ormai non sono più in grado di innamorarmi. Perciò resterò sola. Perciò non avrò qualcuno accanto che mi aiuti a costruire il mio nido’ pensò.

Una folata di vento la fece rabbrividire. 

‘Ma cosa pensi, sciocca? Non sei venuta qui per fare la melodrammatica bensì per startene un po’ in pace e, se fai la pensierosa, come pensi di riuscirci?’ l’ammonì la sua coscienza. Lasciò allora che il sole baciasse timidamente il suo viso mentre leggeva a mente alcuni appunti che aveva in borsa. Reprimere la tristezza non era facile per lei ma lo studio le dava senz’altro una mano ad ingannare il tempo. Ed il proprio cuore. 

Qualche ora dopo andò a mangiare un boccone in un locale poco lontano e quindi riprese l’autobus per andare all’università. 

“Alice?”

“Ciao, Jasper”

Camminando in direzioni opposte si erano appena notati. 

“Tutti bene?” chiese lui.

“Sì” rispose, sorpresa dalla domanda.

“Che ci fai da queste parti?”

“Vado in facoltà, fra non molto ho lezione. Tu, piuttosto?”

“Stavo andando a prendere un paio di cose a casa di Rose, fra un’ora ho il treno”

“Capisco”

“Hai tempo per un caffè?” il suo tono sembrava quasi implorante. 

“Beh… Sì, okay” accettò, stupendosi che la cosa non le desse fastidio.

Con un sorriso raggiante sulle labbra le fece strada, camminando con lei fianco a fianco. 

“Come mai sei ancora qui? Non hai lezione il lunedì?” gli chiese poco dopo aver ordinato, non rendendosi conto di stare usando un tono scortese.

“Non oggi. Ne ho approfittato per girare per la città senza avere rotture di scatole, per una volta parto senza fretta. Tu che fai?”

“Oggi ne ho per un po’ e poi devo riprendere a studiare che a breve ho un esame” fece, quindi gli spiegò con maggiore esattezza di cosa si trattasse. 

“Io l’ho affrontato l’anno scorso, non è semplice ma senza dubbio riuscirai a superarlo, ne sono sicuro”

“Lo spero, è da un sacco che mi sto preparando… Mi sarei portata avanti nel weekend se solo non fosse stato il mio compleanno” 

‘Ma perché glielo sto dicendo, poi?’

“Eh, già, la discoteca poi può spossare se non si è abituati”

“E’ vero. Ehi, aspetta un secondo… Come diavolo fai a sapere che sono stata in discoteca?!”

“Ma come? Non ricordi che ci siamo incontrati lì?”

“Assolutamente no, ti stai sbagliando”

“Ma, Alice, non ricordi che ti ho riaccompagnata a casa?”

“Tu cosa?”

“Eri ubriaca e ho pensato che non fosse sicuro lasciarti sola, non ce la facevi nemmeno a continuare”

“Ma come ti permetti di decidere per me?” gridò, alzandosi di scatto dalla sedia e rischiando di far cadere in terra la tazzina ormai vuota. 

“Perché ti arrabbi? Mi hai anche detto di restare” spiegò, evitando però di dirle che l’aveva allontanata da un uomo che voleva farle del male – vista la reazione non gli avrebbe creduto comunque – ed evitò anche di dirle che l’aveva baciata.

“Non voglio più vederti, non voglio avere niente a che fare con uno che infastidisce le ragazze impegnate!” tuonò, girando sui tacchi e andandosene. 

“Infastidire? Ragazze impegnate?!”

Il ragazzo attonito provò ad andarle dietro ma un cameriere lo bloccò per la spalla credendo che volesse svignarsela senza pagare il conto. Quando, un attimo dopo, uscì, Alice non c’era già più. 

‘Ma, Alice… Perché sei sempre così prevenuta quando si tratta di me?’ pensò. deluso. 

 

 

“Cioè, capite? Non lo perdonerò mai per avermi rovinato la festa!”

“Se devo essere sincera mi sembravi piuttosto brilla al taglio della torta”

“Pat ha ragione, inoltre ricordo di averti vista prendere da bere con un tale. Che fosse  Jasper?”

“Un tale? Ma che dite? Io non ricordo nulla…”

“Per forza, eri ubriaca persa” scandì Patience. 

“Non sembrava uno studente però, gli avrei dato almeno trent’anni” osservò Julia.

“Vero, e poi me lo immaginavo più attraente, quella massa di capelli neri unticci non mi convinceva e poi tutti lo guardavano male perché aveva quella sciarpa del Chelsea annodata al collo come una cravatta. Bah, quel tipo non ha stile”

“E poi è anche incappato in una rissa con un altro ragazzo un po’ di tempo dopo, dopodiché è stato buttato fuori. Hai ragione a essere in collera con lui”

“Ma Jasper non corrisponde alla descrizione che mi avete fornito”

“Come sarebbe?”

“No, vi dico. I suoi capelli sono chiari e li tiene sempre con cura, è nostro coetaneo e non metterebbe mai una sciarpa del Chelsea perché tifiamo la stessa squadra” spiegò.

“Ma se non si trattava di Jasper, allora quello chi era?”

“Non so di chi stiate parlando, non ricordo nulla, mi sembra assurdo tutto quello che mi state dicendo!”

“Accidenti, che confusione…”

“Io, invece, penso di aver capito com’è andata, ragazze” fece Patience un attimo dopo.

“Ovvero?”

“Puoi farmi una descrizione più dettagliata di Jasper?”

Alice ci pensò su e le rispose, poi le chiese il perché di quella domanda.

“Sono quasi sicura che il tipo con la sciarpa ti avesse invitata a ballare e forse Jasper, che evidentemente era lì, si deve essere ingelosito e ci si è messo a litigare”

“Ma perché avrebbe dovuto, Pat? Era la sua festa e lei aveva diritto a ballare con chiunque avesse voluto”

“Certo, Julia, ma sono sicura che lui non lo sapesse”

“Le vostre sono supposizioni e comunque basta parlarne, okay? La pausa è finita da un pezzo, stiamo facendo tardi”

Julia e Patience la pensavano diversamente a riguardo, ma su richiesta dell’amica non ne parlarono più. 

 

 

Il sabato seguente Alice andò a vedere lo United allo stadio tutta sola poiché i suoi fratelli avevano un impegno e non potevano più andarci. Un po’ delusa di trovarsi tutta sola, prese posto e si gustò il match. A fine partita, canticchiando l’inno della sua squadra mentre la sua voce si disperdeva nel coro di tifosi, venne urtata per sbaglio ad una spalla. “Ahi!” protestò. 

“Scusa! Ah, ciao, Alice!” fece un ragazzo voltandosi nella sua direzione. 

“Ciao, ehm…”

“Shane”

“Ah, sì,  sì, ma certo!”

Shane le era stato presentato dai suoi fratelli diverse settimane prima in occasione della partita contro il Tottenham che poi avevano visto tutti insieme. 

“Bella performance, vero?”

“Puoi giurarci!”

“Ti va una birra?”

“Io veramente preferirei non bere alcolici…”

“Brutte esperienze?”

“Diciamo”

“Un caffè andrà bene lo stesso”

“Mah, non so, sono quasi le sette, è già buio”

“Dai, solo pochi minuti”

“Va bene”

Si fermarono presso un piccolo fast food poco distante e si presero da bere. Parlarono un po’ della partita e Alice non si sentì più tesa, ma non appena lui cominciò a farle domande confidenziali, lei si alzò dicendogli che si stava facendo tardi e che doveva rientrare a casa. Una volta fuori del locale, Shane la salutò e ognuno prese la sua direzione. 

Da lontano Jasper aveva casualmente visto la scena. Il caschetto e il visetto di Alice erano per lui inconfondibili. Vedendo che era con un altro ragazzo si era trattenuto dall’andarle incontro. Quando si erano salutati, dalla sua angolazione, Jasper avrebbe giurato che si fossero baciati sulle labbra anziché sulle guance. In quel momento, allora, si era ricordato ciò che Alice gli aveva detto all’incirca una settimana prima. 

Non voglio avere niente a che fare con uno che infastidisce le ragazze impegnate! 

Se aveva detto così doveva essere davvero impegnata con un altro. E dire che aveva intenzione di andare a trovarla – le aveva comprato un bel mazzo di fiori. Amareggiato, lo buttò nel primo cassonetto che incontrò. ‘Che stupido!’ pensò.

 

 

“Bella?” chiamò, scendendo al piano di sotto dopo essersi vestita.

“Sì?” rispose. 

“Posso chiederti una cosa?” 

“Certo, che razza di domande!” esclamò, sistemandole la colazione sul tavolo. 

“Mi racconti com’è andata la mia festa di compleanno?”

“Non capisco” rispose lei, alzando un sopracciglio con aria sorpresa.

“Sì, insomma… Com’è andata?”

“Io continuo a non capire… Non eri lì con noi?” la prese in giro.

“È che ho bevuto parecchio e, anche se ci penso e ci ripenso da giorni, non mi ricordo un granché…”

“Capisco. Cosa vuoi sapere esattamente?”

“Dopo la torta non ricordo quasi più nulla, che è successo?”

“Non saprei, dopo mi sembra di averti visto parlare con un ragazzo, o era un uomo, forse?” si grattò la testa. “Anch’io ho bevuto e ho le idee un po’ confuse a riguardo”

“Ricordi se ci ho ballato, se ci ho preso un drink?”

“Mi sembra proprio di sì, poi però non ti ho più vista e mi stavo preoccupando, avevo paura ti fossi sentita male. E dopo un po’ però mi hai chiamata al cellulare”

“Ah, sì? E cosa ti ho detto?”

“Aspetta, il telefono dovrebbe averla registrata in automatico. Questa strana funzione che tanto non sopporto magari ci torna utile una volta tanto. Non ho ricevuto né effettuato molte chiamate, dovrebbe esserci ancora” e così dicendo si mise a trafficare col suo telefono. 

“Ecco! Premi il tasto verde e ascolta” fece poco dopo, porgendole l’apparecchio.

Alice lo fece e le risuonò la sua stessa voce nell’orecchio. Non sembrava proprio ubriaca, un tono di voce lieve e un po’ insonnolito e poi quelle parole. Stai tranquilla per me, mi accompagna Jasper, il fratello di Rose.  

“Allora, hai trovato quel che cercavi?”

“Bella, dimmi, come ti sono sembrata?”

“Stanca”

“E avevo la voce tremula”

“Sì, ma penso che fosse per il freddo perché avevi lasciato lì dentro il cappotto. Perché tutte queste domande, me lo vuoi dire?”

“E cos’hai pensato quando ti ho detto che andavo a casa con Jasper?” chiese, ignorando la domanda.

“Che era una fortuna ti accompagnasse, non c’è gente rassicurante in giro ed è meglio se una ragazza non se ne va in giro da sola di notte”

“È ora che vada a prepararmi. Grazie!”

“No, aspetta. Vuoi spiegarmi che succede?” fece, prendendole il braccio. 

“Niente, vorrei solo capire perché Jasper mi ha accompagnata, che cosa c’era che non andava? Sembravo quasi turbata quando ti ho telefonato”

“Ora che mi ci fai pensare c’è stata una rissa quella sera, forse ti preoccupava l’ambiente?”

“Non credo. Comunque anche Pat e Julia hanno detto la stessa cosa, anzi loro dicono che Jasper potrebbe aver preso a pugni quell’uomo di cui parlavi”

“Davvero? Jasper?”

“Sì, loro dicono che lo abbia fatto per gelosia ma io ne dubito. Insomma, non è il mio fidanzato, non sarebbe stato un buon motivo…”

“No, ma se, invece, lo avesse fatto perché quell’uomo ti stava dando fastidio?” ipotizzò, arricciando le labbra.

“Non lo so”

“Nemmeno io ne ho sicurezza però è la spiegazione più logica. Jasper mi sembra un ragazzo che fa le cose solo se c’è un motivo. Rose mi ha sempre parlato molto di suo fratello, quindi è un po’ come se lo conoscessi”

“Uffa, non ne verrò mai a capo!”

“Forse sì. Mi è venuta un’altra idea: guardiamo le foto della festa e vediamo se ti viene in mente qualcosa”

Dopo qualche minuto il portatile di Bella era acceso e in un attimo aveva trovato le foto che le amiche della piccola Cullen avevano messo online. Così Alice le si sedette accanto e si misero a guardarle con attenzione. Quando stavano ormai perdendo la speranza, lei si bloccò su uno scatto che la ritraeva vicino a un uomo con una sciarpa blu al collo. Non ricordava nulla a riguardo ma il suo istinto le disse che era l’uomo che stava cercando. Il suo sguardo e la sua postura non avevano nulla di rassicurante. 

Alice allora capì al volo: Bella aveva ragione.

“Grazie, Bella. Sei un genio, come al solito! Ora però devo proprio andare” disse e così le stampò un bacio sulla guancia e corse fuori di casa.

 

 

“Grazie per essere venuto” fece, un po’ tesa, non appena Jasper le arrivò davanti. 

“Rose ha detto di sbrigarmi, sembrava urgente” rispose lui, anche se con un po’ di diffidenza.

“Sì, lo è”

“Spara”

“Per quanto riguarda la mia festa…”

“Non c’è bisogno che tu dica nulla”

“Eh?”

“So che non avrei dovuto riaccompagnarti a casa, che secondo te non era giusto eccetera... Ma la verità è che eri ubriaca e spaventata, c’era un uomo che ti stava infastidendo e io quando l’ho visto non ho capito più nulla e l’ho colpito. C’eravamo solo io, te e lui in quel momento. Poi ti ho portato fuori e lì sei stata tu a ringraziarmi per averti ‘salvato’ e a dirmi che volevi andare a casa. In quel momento mi hai detto che era la tua festa ma che comunque non volevi più stare lì”

“Allora è così: tu mi hai... Difesa?” domandò, desiderosa di avere una conferma.

“Esatto. Ormai però so per certo che ogni cosa che faccio per te è sbagliata quindi sappi che non pretendo niente, non l’ho mai fatto. Speravo solo di poterti essere… amico. Scusami se ho insistito e se non ho capito da subito la situazione. Volevo solo avere l’occasione di salutarti e darti questo”

“Ma cos’è?” chiese Alice prendendo il pacco che lui gli tendeva.

“Aprilo quando sei a casa, non chiedermi nulla adesso. E’ il mio regalo d’addio”

Alice ebbe un sussulto senza accorgersene.

“D’addio?”

“Sì, ho capito che non sempre ci si può far guidare dalle emozioni. Ci ho provato, ma ho fallito. Ti chiedo ancora scusa se ti ho dato problemi in questi mesi, ti prometto che non ti cercherò più e che non sarò più fonte di disturbo né per te né per il tuo ragazzo. Sappi solo che non stavo giocando, ci tenevo veramente a starti vicino. Evidentemente non era così che doveva andare. Stammi bene, Alice, ciao” detto ciò diede un delicato colpetto con le dita sotto il mento della ragazza e con un’espressione amarissima dipinta sul viso se ne andò via quasi correndo. 

Alice rimase lì immobile, era successo tutto in un attimo e ancora doveva realizzare. Tornò a casa con la borsa dei libri in una mano e con il pacco nell’altra. Prima di salire le scalette, però, si sentì assalire da una collera immotivata, guardò il pacco e, piccata dalle circostanze, lo scaraventò nel cassonetto. 

In quella fredda serata di fine novembre Alice ancora non sapeva che di lì a poco si sarebbe pentita di quel gesto. 

 

 

 

_______________________________

L’angolo di Amy 

Ciao gente, 

si mette male, ma può darsi che... No, non ve lo dico! :p Mamma mia, ma non poteva essere tutto un po’ più semplice? E lo dico io che sono l’autrice! Impressioni sul capitolo? :)

Grazie mille a chi ha recensito, inserito la storia nelle proprie preferite, seguite e ricordate ^^

Un abbraccio,

Amy 

 

 

          

 

 

 

 

  
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