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Autore: Keitorin Asthore    14/04/2011    4 recensioni
In cui Kurt si dimentica di un test di algebra, decide di organizzare una nottata di studio con l’aiuto di circa dodici lattine di red bull e un paio di ciotole di biscotti e fa quasi impazzire Finn, Quinn e Mercedes.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Finn Hudson, Kurt Hummel, Mercedes Jones, Quinn Fabray
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Glee appartiene a Ryan Murphy e alla Fox. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

La versione originale della storia appartiene a Keitorin Asthore e la potete trovare qui

RED BULL E PASTELLA DI BISCOTTI

Finn si spostò a disagio nel sedile centrale nel retro del Lincoln Navigator. "Perchè devo farlo?" domandò, la voce che si avvicinava a un gemito.

Mercedes si accigliò. "Perchè Kurt è prossimo ad un attacco di panico per il suo test di algebra di domani, ecco perchè".

"Non mi piace l'algebra!" protestò Brittany con espressione pensierosa.

"Britt, tu nemmeno frequenti il corso di algebra: sei ancora alla pre-algebra".

"No, non intendevo quello" disse Finn. "Intendevo, perchè devo sedermi dietro, nel mezzo, con le ginocchia in gola?".

Quinn sporse la testa dal sedile davanti. "Perchè io sono stata più veloce, ecco perchè".

"Ma... Nel mezzo" protestò Finn.

Kurt attraversò velocemente il parcheggio della scuola e si issò sul sedile del guidatore. "Okay, andiamo" disse, guardandosi intorno con aria febbrile. "Dove sono le chiavi? Oh dio, le chiavi, non posso...".

Mercedes tossicchiò leggermente, tirandole fuori e facendogliele tintinnare sotto il naso. Kurt le prese con un sospiro di sollievo. "Come altro pensavi che fossimo saliti sulla tua auto?" domandò la ragazza.

Kurt accese il motore e uscì dal parcheggio. "Non lo so, voi ragazze usate le forcine, magari avevate forzato la serratura".

"È possibile farlo con un macchina?" sbuffò Mercedes, scettica.

"Frena, frena, frena" gli ordinò Quinn, afferrandogli la coscia. "Stai andando a novanta all'ora e il limite è cinquanta. E allacciati la cintura di sicurezza!".

Kurt schiacciò con forza sui freni, facendo barcollare in avanti i suoi passeggeri e cominciò a litigare con la cintura finché Quinn non accorse in suo aiuto. "Respira".

"Non ho tempo per respirare" mormorò Kurt in tono assente. Guidava come un pazzo, nulla a che vedere con le sue solite giudiziose abitudini.

"Kurt, se non respiri, morirai" osservò Brittany, mettendosi dritta.

Kurt roteò gli occhi e prese una boccata d'aria esagerata, per poi rilasciarla tra le labbra. "Ecco. Meglio?".

Finn si contorse a disagio: Mercedes alla sua destra e Brittany a sinistra stavano facendo a gara a rendere quel viaggio difficile. Oltre tutto, non c'era davvero spazio per le sue gambe. "Dunque, cos'è questo attacco di panico?".

"Una certa persona si era dimenticata di avere un test d'algebra di metà semestre domani" rispose Mercedes.

"Intende Kurt" gli sussurrò Brittany nell'orecchio. Finn annuì saggiamente.

"E questo è il motivo per cui dobbiamo andare tutti da lui" aggiunse Quinn.

"Voi non capite" sbuffò Kurt. "Io odio l'algebra, la odio con tutto il cuore".

"Ma se hai A in quel corso, amico" protestò Finn.

"Sì, perché studio!" strillò Kurt. Girò con forza a destra sulla sua strada, facendo slittare tutti sulla macchina, aggrappare Quinn al cruscotto e ridacchiare Brittany. "Non ho studiato! Per nulla! Ho un sistema: comincio a studiare una settimana prima. Adesso ho meno di ventiquattro ore!". Si fermò un attimo. "No, ho diciannove ore!".

Pigiò i freni e parcheggiò nel vialetto. "Andrà bene, tesoro" lo confortò Mercedes. "Siamo qui per aiutarti".

"E perché c'è anche Brittany, allora?" chiese Finn.

"Mi hanno detto che ci sarebbero stati biscotti" disse lei, scendendo dalla macchina.

"Biscotti?" fece Finn, rizzando la testa. Allungò le gambe mezze addormentate e li seguì verso casa. "Non sarà un altro dei tuoi attacchi di pasticceria nervosa, vero?".

"No!" protestò Kurt. "Sì! Beh, forse. Ho solo promesso a Brittany dei biscotti".

"Ed ecco perché io sono qui" intervenne Mercedes. "Non faremo il bis del disastro del vomito rosa del 2010".

"Non voglio nemmeno saperlo" disse Quinn arricciando il naso.

Kurt aprì la porta di casa. "Fidati, non vuoi" le disse. Gettò la borsa a tracolla sul tavolo della cucina e ci frugò freneticamente dentro finché non trovò il quaderno d'algebra. Si issò su una sedia e calciò via le scarpe. "Okay, possiamo cominciare adesso?".

"Rilassati" lo esortò Quinn, sedendosi di fianco a lui e aprendo il suo raccoglitore. "Di cosa sei più preoccupato?".

"Tutto quello che abbiamo studiato questo semestre" rispose Kurt con occhi enormi.

Mercedes prese posto sull'altro lato. "Calma, uomo bianco" disse, passandogli matita e calcolatrice. "Non è così brutta come tu credi".

Finn cominciò a frugare negli armadi della cucina finché non tirò fuori una scatola di cracker ai cereali e si raggelò. "Ehi, cos'è successo ai doritos?".

Kurt gli puntò contro il dito, sempre con gli occhi incollati ai suoi appunti. "No, no, cattivo Finn: quei cosi sono disgustosi".

"Anche questi" sostenne Finn scuotendo al scatola. "Voglio i miei doritos con la salsa al formaggio".

"C'è dell'hummus in frigo".

"Humma-che?".

Mercedes roteò gli occhi, si alzò e andò ad aprire il frigorifero per tirare fuori una vaschetta di plastica chiara e passarla a Finn. "Prenditela e vai di sotto, okay?" disse. "Non sei di nessuno aiuto qui".

"Come sapevi dov'era?" domandò Finn, guardando dall'hummus a Mercedes mentre lei tornava al tavolo.

"Vengo qui spesso".

"Hai il tuo spuntino, ora vattene" gli ordinò Quinn, facendogli sciò con la mano. Finn roteò gli occhi e andò al piano inferiore.

Si lasciò cadere sul divano, accese la TV e la Xbox, che tornò in vita ronzando mentre lui toglieva il coperchio alla vaschetta di hummus e vi immergeva un cracker: non era poi così male, tutto sommato, ma non era nulla in confronto ai suoi mega nachos.

Si cacciò in bocca in altro paio di cracker e prese il controller. Kurt non gli permetteva mai di mangiare snack mentre giocava ai videogames (qualcosa a proposito di briciole sui cuscini del divano e controller che diventavano pozzi neri di lerciume), ma ehi, se Kurt poteva riempire la casa di ragazze e nascondergli i doritos e il formaggio, allora poteva anche sopportare un paio di stupidi cracker ai cereali e pasta color talpa.

Due ore dopo, la manciata di cracker si era trasformata in una scatola vuota per tre quarti e l'intera vaschetta di hummus. Finn guardò il contenitore vuoto con sgomento. "Io ho ancora fame".

Sentì la porta del garage chiudersi e un nuovo gruppo di passi sopra la sua testa. Pulendosi le mani sui jeans, mise in pausa il gioco e andò di sopra.

"Oh, eccoti qua, Finn" lo salutò sua madre. Si chinò cosicché lei potesse dargli un bacio sulla guancia. "Com'è stata la scuola?".

"Scuola" ripose lui con un'alzata di spalle.

Carole si diresse in cucina, verso il piccolo gruppo di studio sul tavolo. "Ciao, ragazze". Si fermò dietro la sedia di Kurt e gli mise le mani sulle spalle. "Ciao, Kurt. Come va lo studio?".

"Orribilmente. Non riesco a ricordare nulla".

"Stai andando bene" lo rassicurò Quinn con voce paziente.

Kurt si passò le mani tra i capelli: a giudicare dal modo in cui stavano su dritti, Finn suppose che l'aveva fatto parecchie volte. "Oh, andrà malissimo" borbottò a mezza voce.

Carole gli baciò la cima della testa. "Non dire così, tesoro: sei un ragazzo davvero brillante, sono sicura che andrai benissimo".

"Ci crederò quando mi ricorderò come funziona la formula risolutiva delle equazioni di secondo grado".

"Beh, voi ragazzi continuate a lavorare" disse Carole girandosi verso i fornelli. "Io comincerò a preparare la cena".

"Oh, bene" esclamò Finn. "Sto morendo di fame".

"Io odio te e il tuo metabolismo" sbottò Mercedes, squadrandolo da cima a fondo.

Brittany si avvicinò a Kurt e gli circondò il collo con le braccia. "Kurt" mormorò, strascicando il suo nome.

"Cosa c'è, boo?" chiese lui in tono assente, passando la gomma sulla pagina. Quinn gli indicò un'altra formula e lui ricominciò da capo.

"Mi annoio" rispose Brittany, cominciando a tracciare dei baci sul lato del suo collo. "E tu mi ha promesso dei biscotti".

Kurt cominciò a dimenarsi. "Uh... Ick, mi fai il solletico... Brittany, smettila".

Lei mise il broncio, apparentemente abituata ai ragazzi che gradivano i suoi baci. "Ma, Kurt, me l'hai promesso" disse, facendo scivolare le mani sotto la sua camicia abbottonata e seppellendo il viso nell'incavo del suo collo, baciandogli la clavicola.

"Oh, ew, Britt" si lamentò Quinn.

"Noi non dovremmo essere in grado di sentire te pomiciare" aggiunse Mercedes.

Kurt lasciò cadere la matita con una smorfia. "Brittany, Brittany, Brit-NEE" gridò. "Devi smetterla! Quando è no, è no!".

Lei si tirò indietro, perplessa. "Ma tu non hai detto no".

Kurt si allacciò la camicia fin sopra al collo. "Okay, prima di tutto, Britt, sono gay!" disse. "Completamente gay. Totalmente gay. Tanto, tanto gay. Così è, fine della storia. In più, mai afferrare i capezzoli di qualcuno in pubblico: è molto imbarazzante per tutte le persone coinvolte".

Finn rischiò di strozzarsi.

Quinn tirò su il colletto della camicia di Kurt. "Ti ha appena fatto un succhiotto?".

"Oh, baby, il tuo primo succhiotto" lo canzonò Mercedes mentre lui diventava rosso come un pomodoro. "Congratulazioni".

"Sì, così felice di aver assistito a questo spettacolo" aggiunse Finn.

"Perciò... Biscotti?" domandò Brittany speranzosa, qualunque pensiero sui baci (e sulle regole riguardo ai baci) già dimenticato.

"Cominciare a cucinare mi farebbe sentire meglio" rifletté Kurt tirandosi il polsino della camicia.

"Aspetta dopo cena" disse Carole. "Sto preparando il pasticcio di pollo. Come vi suona?".

"A me piace il suono dei biscotti" protestò Brittany.

"Puoi aspettare" la zittì Quinn.

Brittany si accigliò e si allungò di nuovo verso Kurt. "Brittany! La tua lingua deve stare nella tua bocca, non nel mio orecchio!".

"Credo che mi servirà molta terapia dopo questo" mormorò Finn, facendo ridere Carole.

"A te servirà terapia?" sbuffò Kurt. "Sono io quelli leccato da una cheerleader!".

"Mi vengono in mente dozzine di ragazzi etero che ucciderebbero per essere dove sei tu ora" ridacchiò Quinn.

"Se questo significa che faranno il mio test di algebra al mio posto, allora sarò felice di fare a cambio".

"Seriamente, sei davvero così agitato?" chiese Finn, scivolando su una sedia libera. "Amico, è solo un compito. Se vai male, hai ancora metà del semestre per rimediare. E puoi sempre prendere dei crediti extra".

"Ehm... no" obiettò Mercedes. "Ovviamente ti sei perso anche il Fantastico disastro francese del 2009. E lasciami dire solo questo: il 'fantastico' è assolutamente sarcastico".

"Ora zitto, Finn" lo ammonì Quinn. "E, Brittany, vai a contare quante finestre ci sono in casa".

"Okay" trillò Brittany, scoccando a Kurt un ultimo bacio sulla guancia prima di saltellare fuori dalla cucina.

"Questo la terrà occupata: ha la memoria di un pesce rosso" commentò Quinn. "Ora, torniamo alla formula. Dove devi mettere la X?".

Kurt gemette forte. "Non lo capirò mai".

"Sì, invece" lo rassicurò Mercedes. "Smetti di farti prendere dal panico e concentrati".

La porta di ingresso sbatté e Kurt saltò di un buon dieci centimetri per aria.

"Salve, signor Hummel" sentirono Brittany dire.

"Ciao, Brittany. Sei qui per vederti con Kurt?".

"Sì. Ma a lui non piaceva che gli afferrassi i capezzoli, così Quinn mi ha mandato a contare le finestre".

"Così... Uh... beh... Quinn è qui?".

"Ah, ah. E Mercedes. E Finn. Ma lui vive qui, perciò non credo che conti".

"Ah, sì. Beh, divertiti a contare le finestre".

"Grazie, mister H.".

Burt entrò in cucina, osservando il figlio con sospetto. "Ciao, Kurt. Ti stai... divertendo?".

Il viso di Kurt virò verso una brillante tonalità rosso estintore. "Sì, papà" rispose con uno squittio.

"Siamo semplicemente studiando" intervenne Quinn.

"Algebra, eh?" fece Burt sbirciando oltre la spalla del figlio. "Buona fortuna, allora".

"Già, mi servirà. Me n'ero dimenticato fino a questo pomeriggio".

"E il compito è domani?".

Kurt annuì.

"Visto, hai davvero preso da me. Ehi, ragazzi, come sta andando?".

"Abbastanza bene, mister H." rispose Mercedes. "Stiamo giusto cercando di calmarlo e farlo concentrare".

"È più difficile di quanto sembri" disse Quinn.

"E sembra parecchio difficile" aggiunse Finn.

Carole circondò la vita di Burt con un braccio. "Beh, la cena è pronta. Che ne dite di fare una pausa e mangiare? Poi potete tornare a studiare e Kurt può cucinare qualcosa".

"Sarebbe magnifico" sospirò Kurt, lasciando cadere la penna e flettendo le dita.

"Finn, potresti apparecchiare?" domandò Carole.

"Vado a cercare Brittany" disse Quinn.

Mercedes spinse via gli appunti di algebra mentre Kurt faceva cadere la testa in avanti e sbatteva la testa contro il tavolo.

"Smettila" lo rimproverò, prendendolo per il colletto e rimettendolo dritto.

"Non passerò mai questo test" si lamentò Kurt, spostando all'indietro imbronciato mentre Finn gli passava davanti per sistemare le posate. "Finn, le forchette vanno a sinistra".

"Sono a sinistra" si accigliò Finn.

"No, l'altra sinistra".

"Calmi" li rabbonì Carole, arruffando i capelli di Finn prima e lisciando poi quelli di Kurt. "Sedetevi e mangiate, senza pensare all'algebra per qualche minuto".

"Ci provo".

La cena fu una piacevole pausa. Mercedes mantenne vivo un flusso costante di chiacchiere non-connesse-ad-algebra mentre Quinn aggiungeva commenti sarcastici e Brittany impassibile se ne usciva con qualcuna delle sue solite. Kurt non parlò molto, limitandosi a giocherellare con il cibo e ascoltare gli altri parlare mentre fissava con aria assente il muro dietro la testa di suo padre. Finn era pronto a scommettere che stava immaginando equazioni algebriche.

Quando la cena fu conclusa, Quinn aiutò Carole con i piatti mentre Mercedes distraeva Brittany.

"Posso cominciare a cucinare ora?" si lamentò Kurt. "Ho bisogno di fare qualcosa: non sopporto di starmene qui seduto a fissare il quaderno".

"Sì, penso di sì" rispose Carole chiudendo il contenitore con gli avanzi. "Tuo padre ed io siamo in salotto se hai bisogno".

"Ehi, Finn, vuoi guardare la partita?" domandò Burt.

Gli occhi di Finn si illuminarono mentre guardava Kurt allontanarsi dal tavolo, arrotolarsi le maniche e prendere una gigantesca confezione di gocce di cioccolato bianco.

"Penso che mi tratterò qui per un po'".

"Kurt, fa una doppia infornata" gli suggerì Mercedes. Kurt alzò il pollice di senso d'assenso.

"Lasciatene un po' per noi, okay?" disse Carole. "Divertitevi".

Quinn e Mercedes rimasero seduto al tavolo, alterandosi nel fare a Kurt varie domande d'algebra mentre lui cominciava a preparare i biscotti. Brittany sedeva sul bancone della cucina, passandogli obbediente i misurini quando glieli chiedeva.

"Amico, stai facendo un disastro" commentò Finn.

Kurt aveva farina sparsa su tutti i suoi jeans neri aderenti, zucchero di canna sulla camicia ed estratto di vaniglia sul naso. "Più grande è il disastro, migliore sarà il risultato".

"Allora questo biscotti saranno fenomenali" commentò Quinn in tono asciutto.

Il campanello suonò mentre Kurt infilava nel forno una teglia di biscotti. "Finn, puoi andare tu? Sono un po' occupato".

Finn andò ad aprire la porta d'ingresso. "Oh. Ehi, Santana".

"Ehi, Jolly Green Giant" lo salutò lei. "Perchè mi stai fissando?".

"Beh, non credo di averti mai visto indossare qualcosa che non fosse l'uniforme dei Cheerios".

Lei tese la braccia, mettendo in mostra i jeans, gli stivali e la giacca viola con cappuccio. "Guarda finché vuoi. Ma prima o poi dovrai farmi entrare: devo portare Britt a casa".

"Oh, certo" disse lui, scostandosi per farla passare.

Santana si sistemò la borsa sulla spalla mentre entrava in cucina. "Ehi, Brittany, sono..." iniziò a dire, ma la voce le morì in gola.

"Cos'hai da guardare?" domandò Kurt con una smorfia.

Santana sogghignò, passando lo sguardo dai suoi capelli scompigliati ai vestiti impiastricciati di ingredienti ai calzini a losanghe. "Mi diverti".

Lui roteò gli occhi e tornò a dedicarsi alla sua ciotola di pasta di biscotti. "Altri motivi per cui sei qui?".

"Sono venuta per Britt".

"Non posso venire" protestò questa. "Sono qui per i biscotti".

"Aspetta altri dieci minuti" suggerì Quinn dopo aver controllato il timer del forno.

"Bene" sbuffò Santana, occupando il posto lasciato libero da Kurt e incrociando le gambe. "Immagino di poter aspettare".

Mercedes si sporse oltre di lei. "Kurt, stai mettendo quella pasta sulla lastra per biscotti a cui appartiene, vero?".

"Sì" mormorò lui, sempre dandole la schiena.

Quinn si alzò in piedi, lo afferrò per la spalla e lo costrinse a voltarsi. Lui rimase a fissarla con gli occhi spalancati e un cucchiaio in bocca. "Kurt Hummel! Avevi promesso!".

"Ti avevamo detto che avresti potuto fare biscotti se non ti fossi mangiato tutta la pasta" disse Mercedes. "Ricordi i pasticcini alla fragola? Li ricordi?".

Kurt ingoiò. "Sì. Ma la voglio lo stesso".

"Io ricordo i pasticcini alla fragola" proseguì Mercedes in tono cupo.

Quinn gli prese il cucchiaio di mano e lo gettò nel lavandino. "Seduto. Li finisco io i biscotti: hai appena perso i tuoi privilegi".

"Ma mi fa sentire meglio" si lamentò Kurt.

Quinn lo guidò verso una sedia e lo costrinse a sedersi. "Potrai avere un po' di biscotti quando avrai finito questa pagina di esercizi".

"Sì, mammina" brontolò kurt. Appoggiò la guancia sulla mano e sbuffò sonoramente. "Non riesco a concentrarmi: sono stanco. E voglio i miei biscotti, dannazione!".

"Quanti anni hai, quattro?" gli domandò Santana con una roteata d'occhi. "I biscotti non risolveranno i tuoi problemi". Cominciò a frugare nella borsa.

"Nemmeno droghe, alcool o sesso promiscuo" ribatté Quinn mentre tirava fuori la prima teglia di biscotti e infilava la seconda in forno.

Brittany sbirciò dentro la borsa di Santana. "Hai del sesso lì dentro?".

Santana tirò fuori un pacco da quattro di Red Bull. "Wow, come sei riuscita a infilarle lì dentro?" domandò Finn, stupito.

"Le ragazze possono infilare qualunque cosa nelle loro borse" affermò Mercedes.

Kurt alzò un sopracciglio con aria scettica mentre Santana spingeva le lattine sul tavolo. "Red Bull? Davvero? Mi stai offrendo un puro concentrato di zucchero e caffeina?".

Lei ne tirò una fuori dal cartone e gliela sventolò sotto il naso. "Bevi e basta, bimbo: ti terrà sveglio, posso giurartelo".

Quinn spinse via la lattina per fare spazio a un piatto di biscotto al cioccolato bianco e un bicchiere di latte. "Preferirei che mangiasse i biscotti".

Kurt addentò con energia uno dei dolci ancora tiepidi.

Brittany aveva un biscotto in ciascuna mano e le guance gonfie. "Questi sono deliziosi".

Santana si alzò in piedi e la prese per un braccio. "Hai avuto i tuoi biscotti, ora si va".

"Ne voglio ancora".

"Nei hai avuti a sufficienza".

Brittany mise il broncio e baciò Kurt sulla punta del naso. "Sai di vaniglia" commentò.

"Ciao, boo".

Brittany sventolò la mano mentre Santana la trascinava via. Finn riuscì a prendere un biscotto dalla teglia prima che Quinn potesse schiaffeggiargli la mano. "Sai, se Broadway o la moda non dovessero funzionare per te, potresti sempre aprire una pasticceria" suggerì.

"Ho bisogno di vivere in una casa piena di dolci quanto di un buco in testa" ribatté Kurt, cacciandosi un biscotto in bocca.

Mercedes cercò di attirare la sua attenzione sul libro di algebra. "Torna a studiare".

La tasca di Finn cominciò a vibrare; tirò fuori il cellulare strizzò gli occhi al numero. "Sì, divertitevi con quella. Rachel sta chiamando".

"Davvero?" chiese Quinn con un sopracciglio inarcato. "Hai passato tutto il giorno a scuola con lei".

"Sì, ma facciamo un appuntamento telefonico nei giorni in cui non usciamo per un vero appuntamento".

"Beh, preferisco vedermela con il qui presente fashionista in preda al panico e i suoi problemi algebrici piuttosto che avere un 'appuntamento telefonico' con Miss Berry" sbuffò Mercedes.

"Ehi, le virgolette non sono proprio necessario" protestò Finn, rispondendo al telefono. "Ehi, Rachel". Si accigliò. "Sì, lo so che mi ha detto con quale nomignolo dovrei chiamarti, ma...".

Mercedes, Quinn e Kurt lo stavano tutti e tre fissando con sorriso da Stregatto stampati in faccia. Si girò, sussurrando nel cellulare. "Ciao, Principessa Pooky" mormorò. Il trio alle sue spalle scoppiò prontamente in una sonora risata. "Cos'è quel suono? Oh, nulla. Soltanto la mia virilità che andava in pezzi".

"Divertiti con la Principessa Pooky" ridacchiò Kurt.

Finn scappò giù per le scale. Amava Rachel, davvero, ma lei aveva il potere di imbarazzarlo più di chiunque altro al mondo. Perfino sua madre. E questo è tutto dire.

Ascoltò Rachel mentre giocava a Call of Duty senza sonoro, aggiungendo al momento opportuno un "impossibile" o un "uh, uh". A Rachel piaceva parlare, molto più che a lui. E a lui non dispiaceva ascoltare: in un certo senso era carino ascoltarla parlare.

Mai alla fine realizzò che era quasi mezzanotte e che il cellulare stava suonando perché la batteria era quasi scarica, perciò dopo molti buonanotte e un paio di imbarazzati baci dati attraverso il ricevitore, attaccò e tornò di sopra per controllare il gruppo di studio.

"Kurt Elijah Hummel, smettila! Sta sveglio!".

"Non sta andando bene, eh?" domandò.

Kurt aveva la testa abbandonata sopra le braccia incrociate. "Busta urlare. Ho sonno".

"Siediti e mangia un biscotto" gli ordinò Mercedes.

"No, niente più biscotti o finirà con il vomitare" protestò Quinn. "Kurt, mettiti seduto".

"Gli avete lasciato provare una Red Bull?" chiese Finn prendendo un altro biscotto.

"È sicuro?" fece Mercedes.

"Probabilmente no, ma non riusciremo mai a tenerlo sveglio senza" sospirò Quinn.

Finn strappò la linguetta e poggiò la lattina argentata e blu di fronte a Kurt. "Sveglia, fratellino" canticchiò.

"Mmrph".

Quinn gli sollevò il mento e sventolò la lattina davanti. "Siediti e bevi la Red Bull".

Lui obbedì e prese un sorso. "Wow" esclamò, trasalendo. "Wow, è forte. Sa di... di Smarties liquide". Prese un altro sorso. "Uh, sì. Caramella liquida".

"Sei sveglio adesso?".

Kurt si incurvò nella sedia, incrociando le game sotto di lui e tenendo la lattina lucente con entrambe le mani. "Ah, ah. Sta funzionando".

"Questa la devo proprio vedere" dichiarò Finn prendendo un altro paio di biscotti e sedendosi.

Sgranocchiando dolci, si godette la sessione di studio con la stessa avidità con cui avrebbe guardato il Super Bowl. Kurt continuò a bere Red Bull, diventando sempre più agitato man mano che il tempo passava. La sua calligrafia diventava via, via più disordinata, ma finalmente iniziava a capire i principi di matematica che Quinn e Mercedes avevano cercato di inculcargli.

Qualche ora, due lattine e mezzo di Red Bull e una dozzina di biscotti dopo, Mercedes si allungò e gli tolse la lattina argentata di mano. Kurt sembrava un bambino di sei anni il cui pallone era appena volato via. "Quella era mia" protestò.

"Kurt, sono le tre del mattino" ribatté Mercedes. "Hai capito questa roba. Finalmente. Ora è tempo di andare a dormire".

"Non credo di poter dormire" dichiarò Kurt agitandosi.

Quinn chiuse il suo raccoglitore. "Oh, tu dormirai. Forza, andiamo".

Finn sbadigliò. "Voi ragazze vi fermate a dormire?".

"Siamo venute con la macchina di Kurt, non è che abbiamo qualche altra alternativa" rispose Mercedes.

"Sapete, credo davvero di non essere stanco" dichiarò Kurt. "Possiamo continuare? Credo di poter continuare".

"Finn?" sospirò Quinn.

"Mi consenta" disse Finn, prendendo Kurt per il colletto, tirandolo giù dalla sedia e cominciando a trascinarlo verso le scale.

"Finn... Finn... Finn... Non sono stanco, non sono stanco!" protestò Kurt, mezzo incespicando sulle scarpe di Finn. "Davvero! Non stanco! Voglio continuare a studiare".

"No, penso tu abbia finito" ribatté Finn spingendolo sul suo letto. "Faresti meglio ad andare a dormire, altrimenti Quinn e Mercedes ti obbligheranno".

Kurt si fermò e annuì, rotolando giù dal letto per dirigersi verso il cassettone e tirare fuori un pigiama dal primo cassetto. Finn sogghignò mentre si lasciava cadere sul suo letto sfatto: di solito era Kurt ad avere sempre l'ultima parola, era divertente vedere finalmente qualcuno che riusciva a comandarlo un po'.

Mercedes e Quinn fecero la loro comparsa con le loro borse al seguito. "Un momento, voi due dormite qui?" fece Finn, tirandosi le lenzuola sopra le spalle.

"Oh, non andare fuori di testa, Hudson, non c'è nulla che io non abbia mai visto prima" ridacchiò Quinn.

"D'altronde, dove altro dovremmo dormire?" intervenne Mercedes. "Quinn dovrà dormire con Kurt, però".

"Non se ne parla" si accigliò quest'ultima. "Scalcia".

"Vero" assentì Kurt, alzando la mano.

"E lei come fa a saperlo?" chiese Finn a nessuno in particolare.

"Hai potuto viaggiare davanti mentre io sedevo dietro con Capitan Gambelunghe" insistette Mercedes. "No, devi dormire con Kurt".

"Questo dovrebbe dire che tu dormirai con me?" domandò Finn. "Non so se la cosa mi fa a genio".

"Oh, no, io mi prendo il divano".

Quinn aprì l'ultimo cassetto del cassettone di Kurt e ne tirò fuori dei vestiti. "Bene, ma vado prima io in bagno" dichiarò, tirando una maglietta e dei pantaloni a Mercedes.

"Aspettate, voi due avete addirittura un vostro cassetto?".

"Vengono qui spesso" spiegò Kurt, buttandosi all'indietro sul letto, le braccia distese.

"Sai, non sono sicuro di come Rachel potrebbe prendere questa cosa".

"Sopravivrà" disse Quinn, la voce attutita dalla porta del bagno, da cui riemerse qualche minuto dopo con la faccia pulita dal trucco e i capelli legati in una treccia. "Okay, Kurt, fammi posto. E ti giuro, se mi tiri calci, ricambierò il favore".

Lui ubbidì, ma continuò a fissare il soffitto e tambureggiare con le dita sul lato del letto. "Non riuscirò proprio a dormire" l'avvertì. "Non posso. Non posso. Non lo farò. Non c'è modo. Nessun modo umanamente possibile. Troppo sveglio".

Quinn gli chiuse la bocca con la mano. "Fa silenzio e chiudi gli occhi. Perlomeno, fingi di dormire".

Mercedes spense le luci quando uscì dal bagno e Finn scivolò sotto le coperte. Era strano sapere che due ragazze stavano dormendo nella sua camera, ma era pur sempre le tre del mattino e lui era stanco, perciò si addormentò in capo a un minuto o due.

La luce del sole stava a malapena trapassando le finestre quando fu bruscamente svegliato dalla strana sensazione che qualcuno lo stesse fissando. Sbatté gli occhi, scrutando l'oscurità.

"Buon giorno, Finn Hudson".

Si strofinò gli occhi: c'era una faccia pericolosamente vicina alla sua, una faccia che profumava di cioccolato, shampoo e caramella liquida.

"Cheeee?" mormorò.

"Buon giorno, Finn Hudson" ripeté Kurt. I suoi occhi azzurri erano giganteschi e il suo sorriso poteva essere descritto solo come maniacale. "Ho fatto i biscotti. Dovresti mangiarne qualcuno".

"Sì, ricordo" rispose Finn. "E ne avrò mangiati tipo undici. Torna a dormire, Kurt".

"Non posso" sussurrò lui. "Ho bevuto altra Red Bull e mi sento magnificamente. Vieni a mangiare i biscotti".

"Biscotti per colazione?" fece Finn, tirandosi sui gomiti. "Chi sei tu e che ne hai fatto di Kurt Hummel?".

"No, no, va bene, sono biscotti alla farina d'avena con scaglie di cioccolato" disse Kurt, scuotendo la testa. "C'è la farina d'avena, che è cibo da colazione, che è buona". Afferrò il braccio di Finn. "Vieni! Vieni, vieni, vieni!".

"Kurt… No".

Quinn si tirò a sedere sul letto di Kurt. "Basta strilli" intimò. "Kurt, manca ancora un'ora prima che la sveglia suoni, torna qui".

Kurt si allontanò da Finn per saltare sul suo letto, rischiando di spingere giù Quinn. "No, no, in piedi. Ho fatto i biscotti: sono grandiosi".

Quinn si premette le mani sulla fronte. "Sì, lo so, li abbiamo mangiati la notte scorsa".

"No, ne ho fatti di nuovi" disse Kurt, prendendola per mano e tirandola fuori dal letto.

"Finn, se lui costringe me, dovrai venire anche tu".

Finn roteò gli occhi e lasciò il suo bel letto caldo, seguendoli di sopra per fermarsi come morto alla vista della cucina. "Porca miseria, Kurt!".

Kurt balzò sul tavolo e porse loro un piatto. "Mangiateli! Dovete assolutamente mangiarli!".

"Kurt, tesoro…" iniziò a dire Quinn, lentamente, osservando i resti della cucina. "Che cosa hai fatto?".

"Ho fatto i biscotti e studiato per il compito di algebra e organizzato l'armadietto delle spezie in ordine alfabetico" elencò Kurt. "E sono andato da Kroger per il latte? Sapevate che avevamo finito il latte? Perché era proprio finito".

"E hai bevuto altra Red Bull, vero?" lo accusò Quinn.

Kurt si contorse: era già vestito per la scuola e i suoi capelli erano umidi per la doccia. "Mi rende davvero produttivo".

Finn contò le lattine vuote sparse sul disordinato tavolo della cucina. "Hai davvero bevuto cinque Red Bull?".

Kurt si girò, un'altra lattina in mano. "Questa è la settima" cinguettò. "Ne ho bevuta una in macchina mentre andavo da Kroger. Sapevate che Kroger è aperto ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette? Io proprio non lo sapevo".

"Oh, non dovresti sederti dietro il volante di una macchina" dichiarò Quinn. Kurt sorrise e prese un altro sorso. "Quella roba è una schifezza e ti rovinerà i denti".

"È piuttosto buona quando smette di pizzicare" commentò lui con un'alzata di spalle.

Quinn sollevò le lattine piene rimaste. "Ora basta" l'ammonì. "E basta biscotti, perché… Finn! Levaglielo di mano!".

"Che cosa, la ciotola di pastella di biscotti o la Red Bull?".

"A questo punto, credo che i biscotti siano i più pericolosi" disse Quinn.

Finn lottò per togliere la ciotola dalle mani di Kurt, che poi si lecco la pastella dalle dita e la mischiò con un sorso di Red Bull.

"Mi sento alla grande in questo momento, ragazzi!"-

"Sì, sei l'unico" sospirò Finn. "Cavolo, Kurt, hai demolito la cucina".

"Per i biscotti ne valeva la pena".

"Ragazzi, che cosa diamine state facendo?".

Finn e Quinn si girarono con aria colpevole: Carole stava sulla porta in vestaglia, paralizzata dal disastro. Kurt sorseggiò la sua Red Bull. "Kurt… è tipo… iperattivo".

"Carole, la Red Bull è fantastica!" trillò Kurt. "Ne ho ancora se vuoi... Ehi, dove sono finite?" esclamò, camminando in cerchio. "Ne avevo circa… altre sei lattine… Pensavo".

"Kurt, tesoro, sono quasi le sei del mattino" sospirò Carole, prendendogli il viso tra le mani. "Tesoro, quando hai dormito la notte scorsa?".

"Per niente" esclamò lui raggiante. "Questa roba non è grandiosa?".

"Mi chiedevo perché non mi avesse mai tirato un calcio stanotte" mormorò tra sé Quinn. "Non era neppure a letto...".

Carole sospirò. "Speravo di non doverci mai passare un'altra volta".

"Un'altra volta? Kurt l'ha già fatto?".

"Non Kurt. Quello là" rispose Carole indicando suo figlio.

Finn sgattaiolò contro gli armadietti. "Mamma! Avevi promesso di non dirlo a nessuno!".

"Lui e Puck riuscirono in qualche modo a procurarsi un intera cassa di Mountain Dew quando avevano nove anni e bersela tutta nell'arco di poche ore" spiegò Carole. "Ho dovuto chiuderli fuori di casa prima che la distruggessero. E poi… sono crollati".

"Oh, sì" sospirò Finn, sorridendo fra sé al ricordo. "Fu epico".

Quinn fissò la ciotola vuota di pastella e poi le lattine vuote di Red Bull. "Oh, no: il crollo da zuccheri di Kurt sarà l'equivalente umano del Titanic".

"E cos'è l'iceberg?" chiese Finn.

Carole scosse il capo. "Sentite, portatelo solo a scuola e riempitelo con abbastanza Red Bull da fargli passare la giornata. Può dormire quando torna a casa".

"Non penso che dormirò mai più".

"Oh, sì che lo farai".

"Puliremo la cucina dopo scuola" promise Quinn. "Lo farei fare a Kurt adesso, ma temo che romperebbe qualcosa. O cominciare a impastare qualcos'altro".

Kurt si rianimò. "Ho sempre voluto provare a fare il crème caramel".

"Oh, no" lo bloccò Carole, spingendolo verso il tavolo. "Siediti e continua a guardare i tuoi appunti di algebra. E non muoverti finché non è ora di andare a scuola".

"Mm-kay" acconsentì Kurt, sorseggiando la sua Red Bull.

"Sarà una giornata orribile" sospirò Quinn.

"O grandiosa" la corresse Finn, tirando fuori il cellulare per filmare Kurt, che in qualche modo riusciva a bere Red Bull, risolvere i suoi problemi di algebra, canticchiare tra sé la colonna sonora di Oklahoma e muovere avanti e indietro le gambe come se stesse sciando tutto contemporaneamente.

Un'ora e mezza dopo, riuscirono in qualche modo a infilare Kurt nell'auto (Finn guidava). Mercedes era di terribile umore, vedendo come Kurt fosse riuscito a sfuggire al loro attendo controllo e svegliarla cantando Tomorrow da Annie al massimo della sua considerevole voce.

Quinn pilotò Kurt attraverso il parcheggio fino alle porte d'entrata. "Potresti bere un'altra Red Bull. Un'altra soltanto. Né più, né meno e solo perché non possiamo lasciarti cadere addormentato finché la scuola non è finita".

"Non cadrò addormentato".

"Aspetta solo poche ore" gli garantì Mercedes. "E poi irromperò nella tua stanza e comincerò a cantare qualcosa da South Pacific".

"Odio quel musical" si lamentò Kurt.

"Beh, io odio Annie".

"Bambini, buoni" li ammonì Quinn. "Kurt, ci vediamo a pranzo. Non fare nulla di stupido".

"Ciao, Q" la salutò Kurt con allegria. Quinn si limitò a scuotere la testa.

Mercedes lo prese per un braccio. "Forza, uomo bianco, andiamo. A dopo, Finn".

Lui ghignò e agitò la mano in cenno di saluto, sentendosi più eccitato del solito al pensiero del pranzo.

Poco ma sicuro, quando arrivò il tempo del pranzo, trovò Kurt seduto sopra il loro solito tavolo. No al tavolo, sopra. Stava blaterando a un miglio all'ora con una lattina din mano. Tina, Artie e Sam stavano tutti ridacchiando, ma Quinn e Mercedes sembravano entrambe esauste.

"Finn, è stato così tutto il giorno?" gli sussurrò Rachel.

"Oh, sì. In verità da ieri sera".

"Quanta Red Bull ha bevuto?".

"A questo punto, probabilmente quattro o cinque litri" rispose Finn. "Oh, e circa una ciotola e mezza di pastella di biscotti".

Rachel scosse il capo. "Possa Dio avere pietà della sua anima piena di zucchero".

"Finn! Finn! Finn!".

"Ciao, Kurt" sogghignò lui. "Sempre brillo?".

"Non lo so, mi sento piuttosto normale, soltanto molto, molto sveglio".

"Com'è andato il test di algebra?" domandò Finn sedendosi e aprendo la sua busta del pranzo.

"Magnificamente" gorgogliò Kurt. "L'ho azzeccato. L'ho azzeccato in pieno. È stato il più eccitante momento matematico della mia vita!".

"Tu hai momenti matematici?" ridacchiò Artie.

"Beh, almeno la notte scorsa è servita a qualcosa" sospirò Quinn.

Kurt piegò la testa. "Mmmm, devo andare di nuovo in bagno".

"Per favore, scendi dal tavolo" lo pregò Tina.

"Non so cosa ci sia che non va in me, ma devo andare in bagno tipo ogni dieci minuti" disse Kurt, scivolando giù.

Sam alzò le braccia a formare una 'O' sopra la testa. "Troppe informazioni, amico" disse.

Kurt fece una 'W' con le mani, i pollici uniti e saltellò via.

Mercedes afferrò la sua borsa a tracolla. "Pietoso bambin Gesù, qualcuno tenga lontano le Red Bull da quel ragazzo" disse, tirando fuori due lattine chiuse e tre vuote.

"Ucciderò Santana" borbottò Quinn.

"Potrebbe essere peggio" commentò Finn.

"Non molto" ribatté Rachel. "Tutto quello zucchero e caffeina potrebbero distruggere il suo sistema digerente".

"Non ha mai fatto nulla del genere prima" osservò Finn. "Di solito tutto quello che mangia è cibo per conigli: un giorno in overdose da zuccheri non lo ucciderà". Diede un enorme morso al sui sandwich. "L'unica cosa che mi preoccupa è il crollo".

Quinn rabbrividì. "Se non avessi promesso a tua madre che avrei aiutato a pulire la cucina, mollerei Kurt nelle tue mani e comincerei a correre".

Rachel si accigliò. "Lei torna a casa con voi? Beh, se Quinn viene con voi, verrò anch'io".

Artie sbirciò oltre la sua spalla a Kurt che stava risaltellando verso di loro. "Vuoi davvero avere a che fare con quel barile di allegria gay? Soprattutto quando è prossimo al collasso?".

Rachel sbiancò. "Finn, io ho... ehm, una lezione di vocalizzi dopo scuola. Se vuoi che la tua ex ragazza venga a casa con te, mi fido del tuo giudizio".

"Cavolo, grazie mille" sbuffò Quinn.

Kurt ballò fino a loro. "Ciao a tutti" cantò. "Vi sono mancato?".

"Sicuro, Kurt, sei mancato a tutti" gli rispose Mercedes. "Tu e la tua improvvisa dipendenza da zuccheri".

"Questo crollo non sarà per nulla carino" mormorò Tina.

"Oh, non ci sarà un crollo" ribatté Kurt. "Penso di aver creato il perfetto e completo cambio di personalità per il sottoscritto. Forse non dovrò dormire mai più". Prese la sua borsa e scivolò via.

"Dovremo dirgli che abbiamo preso la Red Bull?" domandò Quinn.

"No" rispose Artie, sogghignando. "Lasciamogli scoprire da solo che il succo della felicità è finito".

Tina batté la mano sulla spalla di Finn. "Buona fortuna per riportarlo a casa".

"Non sarà così difficile" disse Finn.

Si sbagliava.

Alle tre, chiuse lo sportello del suo armadietto e trovò Kurt appoggiato contro gli armadietti al suo fianco. "Ciao. Stai bene? Ti arrampichi ancora sui muri?".

"Sono così stanco" si lamentò Kurt.

"Credevo che non saresti stato stanco mai più" osservò Finn in tono innocente.

"Ho mentito. Possiamo andare a casa? Voglio solo... andare a dormire... per tipo... l'eternità".

"Un momento, dobbiamo aspettare Quinn".

"Perchè aspettare?".

Finn abbassò lo sguardo. "Oh, ehi, Quinn. Okay, Kurt, ora possiamo andare a casa".

Kurt si trascinò dietro di loro. "Rallentate. Andate troppo veloce".

Quinn lo prese per mano. "Forza, non puoi crollare adesso".

"No, adesso" ribatté Kurt. "Crollare adesso sarebbe carino".

Finn aprì la portiera del Navigator e aiutò Quinn a infilare Kurt in auto. "Non dormire".

"Ma sono stanco e mi fa male la pancia" si lamentò Kurt, ciondolando sul sedile posteriore.

"Noto che stancarti ti trasforma in un bambino di cinque anni" disse Quinn prendendo posto sul sedile davanti. "Spero che questo ti abbia insegnato un paio di importanti lezioni".

"Che tipo di lezioni?" domandò Kurt mentre Finn avviava l'auto.

"Per esempio... Ricordarti quando hai un test di algebra" rispose Quinn.

"Non mangiare una ciotola di pastella di biscotti" aggiunse Finn.

"Non bere nulla di quello che ti da Santana".

"Non bere mai Red Bull. Mai, mai, mai".

Kurt sospirò forte, incrociando le braccia sopra lo stomaco. "Bene. Checché sia. Possiamo andare a casa?".

"Ci siamo quasi. Ti direi di non vomitare finché siamo arrivati, ma è la tua auto, perciò so che non lo farai".

"Non vorrò biscotti mai più" piagnucolò Kurt. "O Red Bull".

"Bene" disse Quinn in tono fermo.

Finn parcheggiò nel vialetto di casa Hummel-Hudson. "Ecco, Kurt, siamo a casa".

"Grazie, Signore" mormorò lui, arrancando fuori dalla macchina e verso la casa.

"Kurt, hai lasciato la tua…" iniziò a dire Quinn. "Oh, fa niente. Sto già per fare le faccende al posto tuo, posso portarti anche la tua stupida borsa".

Finn aspettò a chiudere l’auto finché lei non ebbe prese la borsa a tracolla di Kurt e la sua sacca da cheerleader. "Grazie per essere venuta ad aiutare".

"Beh, tua madre è sempre stata un po’ arrabbiata con me dalla faccenda del bambino" spiegò Quinn. "L’intera… storia dell’ho tradito suo figlio eccetera".

"Oh, giusto".

"Ho immaginato che potrei comunque fare quello che posso".

Finn aprì la porta d’ingresso e rise. "Beh, ecco il crollo".

Quinn sorrise: Kurt era stravaccato sul divano, un piede ancora appoggiato al pavimento e l’altro sostenuto dal bracciolo con le braccia raccolte sotto il petto. "Oh, guarda com’è carino".

"Carino? Un minuto fa stavi per ucciderlo" disse Finn.

"Sì, ma adesso è addormentato e adorabile" spiegò Quinn. "E silenzioso. Molto silenzioso. E non si sta arrampicando sui muri".

Si chinò su di lui e gli baciò la fronte. Finn scosse il capo. "Non capirò mai le ragazze".

Quinn si diresse in cucina, dove sembrava ancora che una bomba di farina, cioccolato e uova fosse appena esplosa. "Cominciamo. Ci vorrà un po’".

"Un attimo, devo aiutare anch’io? Ma…".

"Cominciamo, Hudson".

La lavastoviglie fu riempita, il tavolo pulito e stavano appena cominciando a lavare e asciugare i piatti quando accadde. Finn appoggiò l’asciugamano e la spatola bagnata che Quinn gli aveva appena passato per poter ascoltare meglio (anche se, in retrospettiva, non sapeva come le due cose fossero correlate).

"Che stai facendo?" chiese Quinn, le mani sui fianchi. Finn si portò le dita alle labbra e indicò in direzione del soggiorno.

"È… la radice quadrata… di… mmmm, farina d’avena".

Quinn piegò la testa. "Sta facendo quello che penso stia facendo?".

Si spostarono in salotto: Kurt era ancora sdraiato sul divano, ma si stava rigirando e mormorando tra sé.

"Sì, sì, lo sta facendo" confermò Finn.

"Sta parlando nel sonno" ridacchiò Quinn.

Si avvicinarono. Finn tirò fuori il cellulare dalla tasca e cominciò a registrare.

Kurt si accigliò. "Equazioni quadratiche" mormorò. "Radice quadrata di… qualcosa… riporto di due… e… un… un… sacchetto da 350 grammi di scaglie di cioccolato".

"Credo che stia combinando i suoi compiti di algebra con la ricetta dei biscotti" sussurrò Quinn. Finn le fece cenno con la mano di stare in silenzio.

Kurt rotolò sul divano, la guancia segnata dalle pieghe del cuscino. "Bario… Cobalto… Einstein… kool-aid".

Quinn stava soffocando nel tentativo di non ridere troppo forte, mentre Finn lottava per tenere il telefono fermo.

"Cioccolato…. Basta cioccolato… o… caramella liquida… Non ne voglio più" gemette Kurt. "Brittany, smettila. Smettila Brittany!".

"Non voglio proprio sapere cosa sta sognando" sussurrò Finn, guadagnandosi una gomitata nel fianco.

Kurt continuava ad agitarsi. "Non voglio… no" mormorò mentre rotolava completamente giù da divano e sul pavimento.

Quinn e Finn sobbalzarono per la sorpresa. "Kurt, stai bene?".

Lui aprì gli occhi con aria trasognata e fissò il soffitto. "Blu. Blu, blu… tutto è blu".

"Sta ancora dormendo" sibilò Finn.

Quinn lo aiutò a rimettersi sul divano. "Chiudi gli occhi, Kurt. Dormi".

"Tutto sa di Smarties".

Quinn stese una coperta sopra di lui. "Devo continuare a filmare?" chiese Finn.

"Oh, assolutamente. Così se mai vorrà bere un’altra Red Bull, tutto quello che dovremo fare sarà mostrargli questo".

"E possiamo metterlo su YouTube",

"Dobbiamo metterlo su YouTube".

Note dell’autrice

Così… Come menzionato nel terzo capitolo di Interfering… Ecco a voi Kurt fatto di pastella di biscotti e Red Bull.

Non c’è molto altro da dire, credo. Anche se forse dovreste leggere "Pasticceria nervosa" se non l’avete ancora fatto. Lì viene più o meno spiegato il disastro dei pasticcini alla fragole del 2010.

Non credo di averlo scritto bene, ma spero che vi siate comunque divertiti.

Non c’entra nulla, ma sto guardando il nuovo episodio proprio ora e Kurt mi sta spezzando il cuore. Augh.

Note della traduttrice

Che posso dire? Io adoro questa donna! Se non fossi già stata completamente e incondizionatamente innamorata di Kurt, questa storia me l’avrebbe fatto amare senza dubbio… Beh, diciamoci la verità, Caitlin mi fa amare praticamente qualunque cosa scriva (riesce perfino a farmi piacere Quinn, che nello show mi sta scadendo ogni puntata di più, ma che qui trovo davvero carina).

Spero che questa storia vi abbia rallegrato la giornata: io di certo sono morta dal ridere nel leggerla e nel tradurla per voi!

Per Sweetsacrifice91, la lista di fic da aggiornare/scrivere/postare di Caitlin è qualcosa di vagamente tendente all’infinito, comunque aggiornamenti di You and I non dovrebbero tardare ancora molto. Non c’è nulla di più preciso, ma ti assicuro che è solo questione di tempo.

Penso che manterrò circa il ritmo di una traduzione a settimana per il momento, tempo permettendo, perciò ci si sente presto!

  
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