sono ancora qui a parlare? Ops! ^^"
BUONA LETTURA
GIO
Proposta inaspettata
Iniziai a guardare Alina in
modo differente. Forse mi dava l’impressione di essere una madre
irresponsabile, forse non ce la vedevo proprio come moglie di Leandro... o
forse era solamente confusa, pentita, e il volersi riavvicinare a suo figlio e
al suo compagno mi faceva quasi compassione.
Di certo ora che sapevo
qualcosa in più su di lei mai mi sarei sognata di essere al posto suo, dato che
era risaputo quanto io fossi gelosa del suo corpo perfetto e della sua
ottima abilità nel ballo.
Angelina mi invitò altre volte
a casa sua e lentamente riuscii a farle sputare qualcosa anche su Aiolos:
- Studia giurisprudenza
all’università qui vicino, si è fatto un sacco di amici – mi disse un giorno,
mentre sorseggiavano tè a casa sua. – E’ un punto di riferimento un po’ per
tutti, sai? - .
- Dovrebbe essere molto
impegnato con gli studi, allora - .
- Già, poche volte ci
concediamo tempo per noi – mi rivelò in risposta. – Lui dice che tutt’ora è più
importante lo studio... per costruirci solide fondamenta sulle quali poggiare
il nostro futuro - .
- “Nostro”? - .
- Uhm – mi annuì lei facendo
su e giù col capo, e colsi un inaspettato e timido sorriso: - Mi ha detto che
vorrebbe sposarmi, non appena possibile - .
Mi ritrovai ad accarezzare
pensosamente il bordo della tazza: - Grandi progetti, quindi - .
- Già – La sua attenzione,
chissà perché, venne calamitata su tutt’altro argomento. – Ho sentito che ieri,
dopo la lezione, Leandro ti ha presa da parte per dirti qualcosa - .
Alzai gli occhi su di lei,
leggermente colta di sorpresa. – Uhm... sì - .
- Be’... – Alzò piano le
spalle, come se si aspettasse che io continuassi a parlare, - non capita tutti
i giorni... - .
In
effetti...
- Che ti ha detto di così
sconcertante? Ho visto che sei uscita pallidissima - .
...
mi ha fatto uno strano effetto
Mi scossi: - Ero solo un
po’... stupita - .
- Perché? - .
- Mi ha detto che sono
migliorata molto. Mi ha colpito la sua sincerità – Non era proprio tutto, ma
lei parve non indispettirsi:
- Leandro ha fiuto per i
talenti - .
- Me ne sono accorta – Poggiai
la tazza sul tavolo: il suono che la ceramica produsse mi parve lontano,
atono...
Un giorno prima...
Mi aspettava fuori dagli
spogliatoi femminili. Lo vidi seduto alla sua solita panca, le gambe
comodamente accavallate.
Non appena incontrai il suo
sguardo, la mano con cui reggevo il borsone iniziò a sudare. Cercai di non
farci caso, insomma, mi capitava sempre quando diventavo agitata.
Gli passai davanti cercando di
non incrociare la sua occhiata scura, ma la sua voce mi fece tirare il freno a
mano:
- Pamela Ruiz, giusto? - .
Dovetti ammettere a me stessa
che mi aspettavo un inizio simile da parte sua. Mi voltai un poco, giusto per
spiarlo oltre i capelli rosso ramato. - ...Sì - .
- Si sieda un momento qui, di
fianco a me – Non m’indicò nulla, non si alzò nemmeno, non di mosse.
Nonostante il mio corpo si
rifiutasse di accettare l’invito, qualcosa mi suggeriva di fare il contrario. Mi sedetti,
quindi, e poggiai il borsone di fianco a me con un certo tremore.
La palestra, intanto, andava
svuotandosi. Salutavo con un distratto cenno del capo le mie compagne, le quali
parevano più attente a non perdere di vista il misterioso maestro di danza:
ebbi la sgradevole sensazione che me le sarei ritrovate fuori dalla palestra,
appostate ed in attesa che io uscissi per balzarmi addosso come avvoltoi su una
carcassa abbandonata.
Leandro Alvarez aspettò che
anche l’ultimo alunno fosse uscito dalla palestra, cosa che mi fece innervosire
parecchio. Teneva le braccia conserte, comodamente appoggiato al muro, e quella
posa non faceva altro che mettermi ancor più in agitazione.
- E’ da un paio di settimane
che la osservo – iniziò a dire lui col suo inconfondibile accento spagnolo che,
mistero dei misteri, mi parve più marcato che mai. – La trovo molto migliorata
- .
Non sapevo se ringraziare o
starmene zitta: optai per la seconda opzione.
- Tra tutta le sue compagne,
signorina – continuò, e qui alzò gli occhi su di me come se stesse tenendomi
d’occhio, - lei è quella più portata per la danza, nonostante le sue iniziali
difficoltà. Ha mai fatto qualche altro corso o sport? – .
Uhm, che domanda. Mi tremò la
gola, ma stringendomi nelle spalle acquisii coraggio nel rispondere: -
Pattinaggio. Mi piace molto - .
- Ora è tutto più chiaro – Il
suo tono di voce parve sciogliersi un poco, divenendo più dolce e meno
tagliente. – Sa, ho visto come muove i piedi. Passi molto eleganti, sì - .
Più andava avanti nel parlare,
più mi sembrava che stesse girando attorno al nocciolo della questione. Non
dissi nulla, comunque, e lo lasciai proseguire:
- Credo che il ballo la
aiuterà molto nella vita. Lasciando da parte il suo problema psicologico,
Pamela... – Tremai quando mi chiamò per nome, - avrei una proposta da farle,
sempre se lei sia d’accordo. Non voglio obbligarla - .
Annuii leggermente rincuorata
dalle sue ultime parole. Non sapevo se sentirmi benedetta (perché pareva una
cosa importante!) oppure se rimpiangere il fatto che Leandro avesse notato
il mio portamento. – Mi dica pure - .
- Tra... otto mesi, se non
erro, si terrà un importante campionato di danza a Madrid. La mia compagna di
tango è sempre stata Alina, ma quest’anno non me la sento di partecipare con
lei... Motivi personali - .
Un nodo alla gola mi costrinse
a rimanere zitta un’altra volta: avevo più o meno inteso cosa volessi chiedermi
Leandro, e sapevo anche perché lui non si sarebbe presentato con Alina.
Leandro mi guardò ancora un
momento, poi abbassò il capo chiudendo gli occhi: - Pamela, lei è veramente
molto brava seppur giovane. In otto mesi sarei capace di farla diventare
un’ottima ballerina di tango, se solo lei accettasse di accompagnarmi ai
prossimi campionati come mia dama - .
In un primo momento non capii
nulla di quello che mi aveva appena chiesto: non soppesai assolutamente la
possibilità di presentarmi con Leandro Alvarez, noto ballerino di tango, ad una
competizione di livello così elevato, anzi, l’idea non mi sfiorava nemmeno.
Immaginarmi avvolta in uno di quei bellissimi vestiti da ballo tra le braccia
di un uomo che, dovevo ammetterlo, mi incuteva ancora un certo timore, non era
proprio il massimo.
Gli lanciai un’occhiata e lo
trovai in attesa di una risposta. Un brivido mi passò lungo la schiena, le mie
mani guizzarono a stringere i manici del borsone: - Dovrei... pensarci, signor
Alvarez, è una proposta così... - .
- ...Inaspettata, sì – Mi
tolse le parole di bocca con una spontaneità straordinaria. – Ci pensi, non
abbia fretta. So quanto possa essere complicato per lei - .
Senza accorgermene gli regalai
un timido sorriso. Mi alzai, mi caricai il borsone sulla spalla e, prima di
andarmene, mi voltai ancora verso di lui. – Grazie comunque – dissi, e non
seppi se quel ringraziamento era rivolto alla sua proposta oppure alla cautela
con la quale mi aveva trattato. Come sempre, dopotutto...
...
- Pamela...? - .
Mi scossi, svampita, e mi
trovai davanti Aiolos che mi guardava con una certa preoccupazione.
– Stai male, per caso? - .
Quasi scattai in piedi dalla
sorpresa e dovetti far giostrare le dita per non lasciarmi sfuggire la tazza. –
Uhm, no no, stavo solo pensando. Tranquillo – Il sorriso che allungai dopo mi
parve stupidissimo.
Aiolos non ci fece caso, anzi,
mi sembrò soddisfatto. Scattò via dal tavolo, mentre Angelina mi stava guardando
amichevolmente:
- Non hai ascoltato nulla di
quello che ho detto, vero? - .
- Su cosa? - .
- Lasciamo stare, nulla di
importante – Con la mano mi fece notare un pacchetto di golosi biscotti che
poco prima non c’era. – Li ha portati Aiolos. Vuoi? - .
- Uhm... no, grazie, grazie -
.
Mi era parso di rivivere sulla
pelle tutte quelle strane sensazioni che avevo provato davanti a Leandro
Alvarez. Quello sguardo, quegli occhi mi stavano perseguitando da settimane.
Quasi senza accorgermene presi un biscotto e me lo portai alla bocca,
incominciando a masticarlo con nonchalance.
Aiolos ed Angelina sorrisero
piano, poi lui si diresse in cucina, probabilmente per riscaldare qualcosa da
mangiare.
Era appena tornato, quindi.
Già, il tempo era passato velocemente.
- Angelina – la chiamai, e la
trovai pronta ad ascoltarmi. – Dove abita Shura? - .
- Qualche isolato più
avanti... perché? - .
Presi un altro biscotto e la
guardai oltre quel dolce ammasso di pastafrolla. – Avrei bisogno di parlargli,
ma non so esattamente dov’è casa sua - .
- Posso accompagnarti io, se
non è un problema – .
Le sorrisi timidamente. – E’
quello che volevi chiederti. Oddio, se sei impegnata qui- - .
- Assolutamente no,
tranquilla! – mi assicurò lei, e si alzò mettendo da parte la tazza da tè. –
Dammi il tempo di infilarmi le scarpe e sono da te - .
Annuii piano. – Sì... grazie,
Angelina – .
Ci scambiammo un sorriso
sincero prima che lei sparisse oltre il salotto.
E dire che era solamente
passato un giorno. Eppure ci avevo pensato, non avevo chiuso occhio per
l’intera nottata e mi sembrava ingiusto fargli aspettare troppo. Sapevo dei
suoi impegni, sapevo che era sempre occupato e anche per questo volevo
togliergli il pensiero di testa.
In macchina cercai di
sistemarmi in qualche modo i capelli, forse troppo lunghi. Mandai un messaggio
ad Alina, le disse che sarei tornata a casa per cena e non prima.
Angelina, alla guida, non mi
chiese nulla. Iniziai a sospettare che fosse estremamente curiosa, ma non
potevo dirle nulla. Non stava nella mia natura parlare troppo di me, inoltre
avevo pochissima autostima: la proposta di Leandro mi aveva quasi fatto
piacere, pensai.
Arrivammo in men che non si
dica ad imbucare uno stretto viale in ghiaia che portava ad un villino un po’
più lontano dagli altri.
Bella zona residenziale.
Le pareti della casa erano
bianchissime e tutt’intorno il piccolo giardino all’inglese pareva ben curato.
Dato che non osavo immaginare Leandro nelle vesti di giardiniere, mi limitai a
pensare che avesse dei camerieri o qualcosa di simile.
Angelina parcheggiò proprio
davanti all’entrata ed improvvisamente mi passò la voglia di scendere. La mia
improvvisa sicurezza di prima era già stata spazzata via.
Ma
sì, Pamela, ti farà bene... e poi in otto mesi ti abituerai all’idea...
Angelina mi aprì la portiera
ed io, leggermente imbarazzata, uscii. Mi piacquero subito quelle piccole
finestre in legno e quel tetto spiovente, e quasi ci vidi riflessa l’intenzione
di Leandro di modellare la casa a suo piacimento. Era tutta personalizzata, sì,
sicuramente anche lui ci aveva messo lo zampino.
- Vieni – mi invitò Angelina,
ed insieme ci avviammo alla porta d’entrata. Fu lei a suonare il campanello, e
fu sempre lei a presentarsi al cameriere (allora ci avevo azzeccato!) che ci
aprii e ci invitò gentilmente ad entrare.
In quella casa si respirava calma, aria pura. Il parquet si adattava benissimo alle pareti chiare, e le
molte arcate donavano uno spazio aperto e per niente severo. Le curve erano
morbide, nulla era troppo spigoloso.
- Aspettate in salotto, per
favore – ci disse il cameriere, un giovane dall’aria vispa. – Vado
immediatamente a chiamare il signor Alvarez - .
- Grazie – ringraziammo
all’unisono, accomodandoci su un piccolo divano in pelle.
Appena il cameriere sparì
oltre un’arcata, iniziai immediatamente a studiare l’ambiente attorno a me.
Angelina mi parve divertita:
- Non sei mai venuta a casa di
Leandro? - .
- Uhm... no. Tu? - .
- Alcune volte, con gli altri
nostri compagni. Prima aveva l’abitudine di tenere dei corsi teorici a casa sua
- .
- Capito - .
Il nostro chiacchierare fu
interrotto dall’arrivo del nostro maestro di danza: avvolto in quegli abiti
così chiari, per nulla simili a quelli che indossava durante le lezioni, ci
parve una persona totalmente diversa:
- Angelina, Pamela – ci salutò
con un leggero sorriso, avvicinandosi per sedersi davanti a noi. – Gradite
qualcosa da bere, signorine? - .
- No, grazie – rispose
Angelina, poi mi lanciò una veloce occhiata. – Pamela voleva parlarle e l’ho
accompagnata qui da lei... speriamo di non aver disturbato nulla di- - .
- Assolutamente no
– fu la sua risposta. – Mi stavo concedendo un caffè. Mio figlio dorme e, a dir
la verità, mi stavo proprio annoiando. Felicissimo della vostra visita, dunque
– Mi rivolse un sorriso leggermente più caldo, anche se il suo cipiglio
autorevole non scomparve del tutto. – Voleva parlarmi, signorina? - .
Appena mi sentii chiamare in
giudizio mi parve di morire e resuscitare contemporaneamente. – Uhm... sì, ma
nulla di così complicato - .
- Non mi dica che ha già
deciso - .
Che
intuito, maestro...
- Sono qui appunto per questo
- .
Lui mi rivolse un’occhiata
indecifrabile. Non colsi nervosismo nel suo sguardo, non mi parve nemmeno
impaziente. Aprì piano i palmi delle mani, mostrando in quel gesto la sua piena
disponibilità: - Prego, allora - .
Mi concentrai ancora un
momento sui suoi occhi, ma non riuscii a carpire nessun suo sentimento. La voce
mi tremò appena: - Ho deciso di accettare la sua proposta, signor Alvarez.
Credo sia un’occasione che mai più mi capiterà - .
Lui non disse nulla. Restò a
guardarmi, cose se volesse capire se l’avessi detto con sincerità o meno.
Quando aprì bocca, venni quasi colta di sorpresa: - Mi chiami pure Leandro - .
Cosa diavolo c’entrava,
quello? Mi ero forse guadagnata la sua simpatia? Non mi seppi rispondere, come
sempre ero confusa.
Sorrise piano, il mio maestro,
con una nuova nota di dolcezza, forse più accentuata di prima. – Bene –
disse, - felice della sua scelta. Spero di non averla forzata in nessun mo- -
.
- Assolutamente no - .
Angelina ci guardava
leggermente spaesata, quasi stessimo parlando in una lingua a lei
sconosciuta.
Leandro non parve farci caso
ed improvvisamente troncò il discorso: - Venite – ci disse, alzandosi. –
Andiamo a fare un giro della casa - .
Mentre mi alzavo,
ringraziandolo così come fece anche Angelina, mi sembrò di essere
insistentemente tenuta d'occhio dal suo impenetrabile sguardo.
Okay, ora la smetto di scrivere stupidate XD Ringrazio i lettori ed i recensori per la pazienza che siete obbligati a tenere con me, e come sempre risponderò alle recensioni in forma privata ^^
Grazie e.... Buona Pasqua! <3
GIO