Eccomi di nuovo. Sono ottocentotredici (813) parole più il
titolo, avrebbe dovuto essere una Flashfic, ma ho un
po’ sforato.
Questa shot l’avevo già
pubblicata qualche giorno fa, ma l’ho cancellata subito perché mi
pareva che mancasse qualche cosa, e quindi alla fine sono riuscita ad
aggiungere qualche riga :3
Prima erano seicentosessantasei (666) parole, non è che sia
cambiata di molto, ma così mi sembra più completa!
Comunque, a parte questi problemi tecnici, è una cosa molto
veloce e si colloca dopo il volume undici del manga, l’anime
l’ho visto solo fino a un certo punto, ma per quanto mi ricordo in questo
punto si discosta un po’ dalla versione cartacea. Spero che se vi
metterete a leggere ci capirete comunque qualche cosa!!
Spero che non sia venuta troppo male :3
Grazie per essere passati di qui!!
Aki_Penn
Il
verme nel centro
Stein
aprì lentamente gli occhi. Era sveglio, anche se non aveva voglia di
affrontare una nuova giornata. Dalle imposte della finestra filtrava tra i
listelli di legno la luce cattiva del deserto, anche se non era ancora
mezzogiorno c’era già un gran caldo. E lui, a petto nudo, sdraiato
sul letto in posizione fetale, appena sveglio, sudava già.
“Ti
sei svegliato, eh?” chiese una voce sibilante e conosciuta. Stein
sgranò gli occhi, mentre il suo cuore perdeva un battito.
Si
voltò di scatto, ma non riuscì a ruotare più di tanto,
perché lei gli stava sdraiata proprio dietro.
Allungò
la mano e afferrò la prima cosa che gli venne a tiro. Probabilmente una
gamba. E la strinse intenzionato a far male, magari a romperla, se ci fosse
riuscito.
Medusa,
alle sue spalle, incassò il colpo stringendo i denti in un sorrisetto
tirato.
“Sei
venuto qui per me” aggiunse facendo scivolare la
mano attorno alla vita dell’uomo come un serpente, cercando di ignorare
la presa dolorosa alla sua gamba. Nessuno dei due si poteva muovere, si stavano
tenendo fermi a vicenda, senza potersi guardare in faccia.
“Io
e Marje siamo venuti a cercare l’assassino di
Joe” rispose semplicemente appoggiando, arreso, la testa sul cuscino,
tanto messi così nessuno dei due poteva fare granché.
“Però speravi di rivedermi. Io sono l’unica che ti
somiglia così tanto, Stein” continuò lei, facendo scivolare
lentamente la gamba tra le sue. La risposta fu una stretta ancora più
dolorosa alla coscia. Medusa socchiuse gli occhi e deglutì.
“Se
sei l’assassina di Joe, sì, ti stavo cercando”ghignò
piuttosto infastidito. Sentiva la pressione del suo corpo alle spalle, ma non
emanava calore, era fredda, come un rettile.
Aveva
appena finito di scandire l’ultima parola, che sentì un dolore lancinante
alla spalla sinistra, Medusa aveva affondato i denti nella carne poco
più su della clavicola, lacerandogli la pelle.
Strinse
di più i denti quando sentì Stein stringerle, a sua volta, ancora
di più la coscia. Lui la voleva ammazzare. La voleva tagliare a
metà, come aveva già fatto, la voleva fare a pezzi, dilaniare e
vedere il cervello schizzare sulle pareti.
Medusa
staccò la bocca dalla spalla dell’uomo, ansimando, le stava
facendo davvero male, ma quello non era nulla rispetto a essere tagliata a
metà.
“Non
mentirmi” continuò con la voce che si faceva più languida,
facendo scivolare anche l’altra gamba, tra le sue. In un movimento che a
Stein parve languido e viscido allo stesso tempo.
“Te
lo chiedo ancora, vuoi venire via con me…?” chiese con un tono
falsamente dolce. Lui non rispose, rimase immobile, senza alzare la testa dal
cuscino e senza allentare la presa spasmodica che esercitava sulla gamba della
strega.
Medusa,
con uno scatto, gli piantò le unghie nel petto con inaudita violenza,
facendolo trasalire “Vieni via con me” disse di nuovo, e se lui non
fosse stato di spalle avrebbe potuto vedere gli occhi di lei allargarsi a
dismisura, tanto da assomigliare in maniera inquietante a un serpente.
Perché
era proprio quello che era, un serpente, che lo stava soffocando con le sue
spire, strisciando in mezzo alle sue gambe, e stringendolo come se volesse asfissiare,
lasciva.
“Voglio
ammazzarti” fu la risposta, più calma che riuscì a dare,
mentre Medusa gli respirava silenziosa sul collo.
Sentì
il dolore diminuire, mentre Medusa toglieva la mano da dove gli aveva
conficcato le unghie. La pressione del suo seno sulla sua schiena svanì
nello stesso modo, mentre la gamba sinistra strisciava lenta e inesorabile tra
le sue. Era piacevole e massacrante allo stesse tempo.
Avrebbe potuto strappargliela quella gamba, forse.
La
strega appoggiò delicatamente la testa bionda alla sua schiena e
parlò nuovamente, ma con un tono diverso. Quasi
sincero e, a Stein parve incredibilmente, un po’ triste “Vieni via
con me. Noi due siamo uguali, lo sai. Lo sai che
continuerai a cercarmi”
Stein
non rispose, spostò la mano della coscia di lei e le afferrò il
ginocchio, intenzionato a spostarlo dalle sue gambe, e perché no, a
romperglielo.
“Non
puoi farci niente, Stein” aveva un modo tutto particolare di pronunciare
il suo nome, un modo odioso “lo stai facendo anche adesso”concluse
in un sussurro.
Fu
quando la serratura della porta della pensione scattò che Stein
sentì la consistenza del corpo di Medusa sparire, completamente, come il
dolore alla spalla, e la mano che prima stringeva la gamba della strega, si
ritrovò ad afferrare l’aria.
“Oh, ti sei svegliato, l’oste ha
preparato la colazione, c’è anche del caffè. Non mi ricordo mai se lo bevi
con lo zucchero” esclamò Marje con un
sorriso gentile.
Stein
la fissò per qualche secondo, nel suo vestito nero. Aveva i soliti
capelli biodo grano, l’abito lungo, la benda sull’occhio, e portava
un vassoio sbeccato in mano, che le aveva gentilmente prestato il padrone della
pensione.
“Marje… sei sicura di non averne un altro, di quei
vermi nel centro del petto?” domandò piano.