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Autore: Keiko    05/05/2011    8 recensioni
Holly non aveva molte amiche femmine, perché convivere con i migliori amici del tuo vicino di casa ti porta inevitabilmente a entrare a far parte di un’imbarazzante consesso goliardico in cui le donne non sono mai ammesse.
Il primo passo era stato quello di farsi accettare anche da loro – semplicemente piantonandosi in casa di Matt con i più svariati pretesti sin da bambina, per poi diventare la presenza costante all’interno della famiglia Sanders -, il secondo finire con l’essere assimilata, per osmosi, ad un ragazzo.
Lei e Val erano state la rara eccezione alla regola di un’amicizia al di fuori dei canoni sessualmente stabiliti, demistificate e ridotte al pari dei suoi membri di sesso maschile, con la differenza che Val era riuscita ad apparire una donna agli occhi di Matt.
Olivia era diventata Holly ed Holly era rimasta nel corso degli anni, né carne né pesce, maschiaccio fuori e troppo donna dentro, imbrigliata a metà di una metamorfosi che non le permetteva di uscire dal suo bozzolo di seta, non più crisalide e non ancora farfalla.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Johnny Christ, Matthew Shadows, Nuovo personaggio, The Rev, Zacky Vengeance
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Destini di Vetro'
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A Sweet Revenge © [05/05/2011]
Disclaimer. Gli Avenged Sevenfold(M. Shadows, Zacky Vengeance, Jimmy "The Rev" Sullivan, Synyster Gates e Johnny Christ), Valary e Michelle DiBenedetto, Gena Pahulus sono persone realmente esistenti. I personaggi originali non sono ovviamente persone realmente esistenti, ma semplice frutto della mia immaginazione. La storia è frutto di una narrazione di PURA FANTASIA che mescola la mia visione di fan a eventi storicamente accaduti e rumors spulciati in rete, destinata al diletto e all'intrattenimento di altri fans. Non si persegue alcun intento diffamatorio o finalità lucrativa. Nessuna violazione dei diritti legalmente tutelati in merito alla musica ed alla personalità degli artisti succitati si ritiene dunque intesa.

Note alla storia.
Il peso dellla farfalla" è il naturale prequel/missing moment di "Destini di vetro". Le due storie possono essere lette in modo indipendente l'una dall'altra, fermo restando che "Il peso della farfalla" si colloca temporalmente due anni prima rispetto alle vicende narrate nel suo seguito. Va da sé dunque, che per comprendere le relazioni tra i personaggi, potrebbe essere piacevole leggere questa storia (^^)


“Can't say anything at all In ten minutes”
(“Flat on the floor”, Nickelback)
 
Il grande giorno era finalmente arrivato.
La voce si era sparsa per Huntigton Beach e dove non era arrivata per il passaparola avevano provveduto a farla arrivare Olivia e Zacky, armati di megafono mentre l’auto del ragazzo sfilava lentamente lungo le strade della città, lei a gridare “Avenged Sevenfold in concerto questa sera” con una voce talmente squillante e fiera che il chitarrista si era chiesto se non avesse rischiato di fare cambiare idea a tutti quelli che avevano già assicurato la propria presenza.
“Wow Zack, spaccherete!” aveva esalato gettandosi a peso morto sul sedile dell’auto.
“Se non ci avessi dato una mano con la pubblicità non avremmo riempito il locale in così poco tempo. Sei brava con queste cose, diventerai la nostra manager quando saremo famosi. Che ne dici?”
“Dove sta la fregatura?”
“Che dovrai lavarmi anche i calzini e fare tutto quello che di ordino.”
“Veramente dovrebbe essere il contrario.”
“Ma io sarò la star e tu dovrai assecondare ogni mio capriccio.”
“Allora lascio il posto a qualche altro fortunato. Il mondo sarà pieno di donne che vorranno lavarti i calzini e anche le mutande, Zack.”
Si era cacciata in bocca un lecca lecca alla fragola – la sua misera ricompensa per essersi sorbita tutto il giorno le battute idiote di Zacky mentre Matt e gli altri stavano sistemando le ultime cose per la serata –, i piedi appoggiati sul sedile e il mento alle ginocchia.
“Mi sporchi il sedile, Holly.”
“E tu mi sporchi la visuale… non ho mica pestato dell’immondizia.”
“Volevi dire cacca di cane, ammettilo.”
“Volevo dire quello che ho detto, scemo. Sei emozionato per stasera?”
“Si, saremo fighissimi, spaccheremo per forza.”
“Merito del nome, eh.”
“Holly…”
“Cazzo Zack, fa schifo! A me sembra uscito da una lezione prolungata di catechismo. Non potevi inventarti qualcosa di più figo ed epico?”
Quando si era presentato a casa di Matt con un sorriso di quelli che avrebbero steso chiunque e l’ottimismo a uscire da ogni singolo movimento del suo corpo, Holly aveva sollevato gli occhi al cielo inforcando gli occhiali da vista, e senza prestargli attenzione si era immersa nella lettura di un trattato sulla caccia alle streghe durante il Seicento.
La cosa migliore da fare è ignorarlo, quando ha quell’espressione da padrone del mondo. Lui parla al vento e si sente compiaciuto, poi se ne va. Come quando chiudi gli occhi fortissimo durante i temporali per la paura dei tuoni e sei convinta che se ne andranno con la sola forza del pensiero.
Holly aveva sedici anni e credeva a un mucchio di cose senza senso: alle fate scozzesi, agli unicorni, ad Avalon, all’utilità del politeismo e all’esistenza dei cuccioli di drago. Holly aveva sedici anni e ancora si aspettava di trovare alla fine dell’arcobaleno una pentola ricolma d’oro, piante miracolose che potevano salvare l’umanità dalla propria idiozia e all’esistenza del principe azzurro.
A vederla era una ragazza come tutte le altre, a parlarci sembrava di vivere accanto a un’enciclopedia vivente. Ad Holly piaceva studiare, ma solo quello che amava, per cui potevi chiederle qualsiasi cosa di storia, letteratura o arte e lei avrebbe saputo rispondere senza esitazione, ma se avessero dovuto farle risolvere una semplice sommatoria, probabilmente si sarebbe defilata nel giro di due secondi: era bravissima a svicolare e tergiversare, lei.
Il suo principe azzurro non aveva un cavallo bianco, ma gli occhi azzurri – di ghiaccio – quello si. E aveva mani grandi dalle dita lunghe, piercing e tatuaggi, un sorriso a cui non avrebbe mai saputo resistere, una voce calda che ti faceva sentire protetta e sapeva consolarti con ogni singola parola. Il suo principe azzurro, però, si era scelto un’altra principessa e lei si era dovuta fare da parte senza mai averci nemmeno provato, a farsi avanti.
“Tu che avresti usato?”
“Pinky Mood.”
“Ma vaffanculo, Holly! E’ epico quello?”
“No, ma fa stile.”
Gli aveva sorriso, uno di quei sorrisi da bambina che non era mutato nel tempo: a Zacky piaceva passare il proprio tempo con lei perché era divertente, non aveva le menate che avevano tutte le ragazze della loro età e, soprattutto, non rompeva mai le palle con lagne senza fine.
Scavando indietro nella memoria, non ricordava di averla mai vista piangere negli ultimi anni: per quel motivo non riusciva a considerarla davvero una donna perché, nel suo immaginario, le donne piangevano sempre e per qualsiasi cosa. Soprattutto per ottenere ogni cosa. Secondo il suo parere, le prese per il culo sue, di Justin e Brian l’avevano indotta a smetterla di piangere per ogni film che guardavano insieme, per ogni canzone composta da Jimmy e per ogni documentario mandato in onda dal National Geographics. Sino ai dodici anni Holly era stata una donna – una dalla lacrime facile, di quelle che scoppiano a piangere in silenzio alla vista di un cucciolo di panda, tanto per capirsi -, poi aveva deciso che per convivere con gli amici del suo vicino di casa, o si trasformava in una menefreghista – almeno in apparenza – o sarebbe impazzita. La scelta, dunque, era stata naturalmente l’attuazione della prima ipotesi e all’inizio di quello che aveva chiamato il suo “percorso di iniziazione” si era ritrovata a fuggire a casa propria per potersi mettere a piangere in santa pace, al sicuro tra le pareti della propria stanza.
Quando hai dodici anni ti fai un mucchio di problemi e di paranoie, quando sei una ancora una bambina e hai davanti l’esempio di una tizia di un paio d’anni più grande che – non sai capacitarti del come – si è insinuata nella tua vita e nel gruppo di quelli che per te sono i tuoi migliori amici.
Valary non c’era sempre, ma il sabato sera spesso usciva con i ragazzi e lei era costretta ad aspettarli a casa nella maggior parte dei casi perché era troppo piccola per certe cose, ancora.
Quanti anni doveva avere per sapere che quella stretta che sentiva al petto si chiamava gelosia e che quando il cuore le batteva troppo forte era perché si era innamorata di uno scimmione dal sorriso d’angelo?
I suoi dodici anni erano stati anche il periodo in cui aveva iniziato ad odiare Brian e Zacky che la facevano sentire una cretina. Non era come quelle che piacevano a loro e lo sapeva: ma doveva per forza atteggiarsi a una sé stessa che non le apparteneva? A quattordici anni aveva imparato a fregarsene in modo definitivo e a ribattere a tono, quando si era sentita grande entrando al liceo. Suonava la chitarra perché glielo aveva insegnato Matt, leggeva un sacco di libri, usciva con le sue amiche scappando a guardare film dell’orrore all’insaputa dei propri genitori e le piaceva fare skate con Zacky giù, al parco. Non le importava molto dei ragazzi – quello che le piaceva c’era già e per lui era semplicemente invisibile – né che la considerassero carina. Aveva i capelli che tendevano ad un rossiccio naturale fastidioso, il viso su cui facevano capolino piccole efelidi durante l’estate e occhi color nocciola che in rare occasioni viravano ad un verde sottobosco del tutto discutibile. Era minuta, bassa e assolutamente normale e si andava bene così, non fosse che restava invisibile anche per l’unico che avrebbe potuto vedere qualcosa, al di là di quei cappucci di felpa tirati sulla nuca durante le sere d’estate.
Si andava bene così sino a quando non entrava in gioco Matthew Sanders, però, perché allora tutto diventava discutibile: ogni dettaglio era passato all’analisi spietata di un carnefice che amplificava difetti e distruggeva pregi.
“Okay, allora ti lascio a casa o Matt mi ammazza se scopre che ti lascio in giro per Huntigton. Raggiungo gli altri per il soud check, stasera scendi con le tue amiche?”
“Le solite, Zack”, l’aveva anticipato lei prevedendo la sua successiva domanda.
“Quindi niente fighe stratosferiche?”
“Io le scelgo intelligenti, non fighe. E comunque per me sono bellissime.”
“Si vede che porti gli occhiali, o ti saresti accorta di quanto sono figo io da un pezzo. Chiunque mi sarebbe saltato addosso al tuo posto oggi, lo sai?”
“Zacky ti conosco così bene che piuttosto di fare una cosa simile mi getterei fuori dall’auto in corsa.”
“Sarebbe come stare con mio fratello, hai ragione.”
L’aveva fissato scettica, mascherando alla perfezione l’ennesima stoccata andata a segno.
“A stasera Zack, e tanta merda.”
“Merda.”
 
 
Aveva fissato la propria immagine rimandata da uno specchio inclemente – quello della sua stanza e della sua testa – fissando le tinte per capelli che aveva acquistato alcuni giorni prima con Dakota.
“Pronto?”
“Passo da te tra mezz’ora, sarai pronta?”
“Non riesco a fare la tinta, sono appena rientrata.”
“Ma Holly, dovevi essere strafiga stasera e quelle tinte sono favolose! Non dirmi che è perché non le hai mai fatte, vero?”
“Anche. Il secondo motivo è che Zacky mi ha appena lasciata qui davanti.”
“Okay, arrivo tra mezz’ora e poi ci mettiamo sotto con i lavori. Al concerto ci arriveremo comunque in tempo.”
“Ti aspetto, ma fai in fretta. Mi sa che me la sto facendo sotto.”
“Sei una cretina.”
“Lo so.”
Holly non aveva molte amiche femmine, perché convivere con i migliori amici del tuo vicino di casa ti porta inevitabilmente a entrare a far parte di un’imbarazzante consesso goliardico in cui le donne non sono mai ammesse.
Il primo passo era stato quello di farsi accettare anche da loro – semplicemente piantonandosi in casa di Matt con i più svariati pretesti sin da bambina, per poi diventare la presenza costante all’interno della famiglia Sanders -, il secondo finire con l’essere assimilata, per osmosi, ad un ragazzo.
Lei e Val erano state la rara eccezione alla regola di un’amicizia al di fuori dei canoni sessualmente stabiliti, demistificate e ridotte al pari dei suoi membri di sesso maschile, con la differenza che Val era riuscita ad apparire una donna agli occhi di Matt.
Olivia era diventata Holly ed Holly era rimasta nel corso degli anni, né carne né pesce, maschiaccio fuori e troppo donna dentro, imbrigliata a metà di una metamorfosi che non le permetteva di uscire dal suo bozzolo di seta, non più crisalide e non ancora farfalla.
Si era seduta sul letto fissando l’armadio spalancato davanti a lei – troppo simile alle fauci di un lupo pronto a divorarla -, incerta sul da farsi. Dakota le aveva proibito di indossare i jeans e lei aveva accettato, ma non era certa di volersi mostrare con la gonna ai quei quattro.
Senza contare la presenza di Brian tra il pubblico, il che voleva dire che l’avrebbe presa in giro sin dalle prime battute del loro incontro. Brian, per inciso, doveva entrare con lei visto che aveva i pass per il backstage per entrambi ma la Olivia, di starsene dietro alle quinte, non ne aveva alcuna voglia.
Distesa sul letto, in attesa dell’arrivo della sua migliore amica, Holly aveva creduto di impazzire. Che senso aveva farsi carina, per una volta, quando comunque era trasparente trecentosessantacinque giorni all’anno?
Quando Matt la guardava era come se stesse osservando qualcosa al di là di una finestra, il suo sguardo non si posava mai con attenzione su di lei. C’era sempre stata, ma era rimasta invisibile.
Val, che aveva preso a esserci comunque troppo presto, era riuscita a spiccare e brillare come una stella.
Perché? Dov’era la giustizia divina? Lei era arrivata prima, c’era stata sempre, anche quando Matt aveva perso i denti da latte. Valary era arrivata e se l’era portato via poco alla volta.
A sedici anni, Holly aveva realizzato che la sua era una battaglia persa e che l’impresa di quella sera sarebbe stata del tutto inutile, una disfatta di quelle che ti lasciano sul cuore cicatrici che ti porti dietro per tutta la vita.
Aveva capito il motivo della sua sconfitta sin dalla partenza durante il corso degli anni: era ancora troppo piccola quando era arrivata Val e Matt troppo perso per quello sguardo dolcissimo. Holly era solo una bambina a cui voler bene come una sorella e nessuno di loro si era preso il disturbo di vedere dietro la maschera, dietro gli occhiali da vista, la voce allegra e le risate sguaiate da quattordicenne.
Tutti vedevano quello che vedevano sei anni prima: una mocciosa.
Nessuno si era mai preoccupato di conoscerla davvero: erano davvero i suoi migliori amici, se non poteva parlare liberamente con loro dei suoi problemi, delle sue paure, dei suoi mille dubbi?
Certo, c’era Jimmy, ma lui era il fratello che non aveva mai avuto, era la sua ancora di salvataggio e il suo punto di riferimento.
Jimmy era tutto.
Ma Jimmy non poteva salvarla sempre, non poteva costantemente mettere a tacere Zacky o Justin. Matt rideva alle loro battute, Jimmy si limitava a sorridere e poi la guardava con quell’aria preoccupata e attenta, e lei gli sorrideva cercando di tranquillizzarlo.
Jimmy capiva, accusava il colpo e poi la chiamava dopo cena per assicurarsi che fosse tutto okay. Jimmy era attento ad ogni sfumatura degli altri: gli piaceva osservare il colore che cambiava di grado e tonalità, sino a sparire o virare ad una totalmente differente.
 
 
Lo stava aspettando fuori dal locale da almeno quarantacinque minuti, come tanti di quelli che erano andati a sentirli.
Dakota la fissava raggiante, frugando nella borsa in cerca delle chiavi della propria auto.
“Sono stati fantastici! Sai che Baker è proprio carino?”
Holly le aveva lanciato un’occhiata scettica prima di tornare a fissare l’uscita di sicurezza del locale dalla propria postazione sul marciapiede del lato opposto della strada.
“Sembra uno stoccafisso, Dakota. E’ impalato quando suona.”
“Certo, non siamo tutti tori scatenati come te. A proposito, ti fa male?” e aveva indicato il taglio sopra la fronte che si era procurata durante il concerto, quando un tizio grande e grosso le era caduto sulla testa mentre tentava un crowd surfing finito malamente al di là delle transenne, facendole sbattere la fronte sulla balaustra di quest’ultima.
“Quel coglione… mi è planato addosso.”
“Potevi stare più attenta.”
“Che ne so che un tizio di novanta chili decide di fare crowd surfing e la gente lo asseconda pure? Voglio dire, non sarei riuscita a tenerlo lì sopra nemmeno volendolo.”
“Nemmeno quelli dietro di te, evidentemente. Dopo se vuoi passiamo al pronto soccorso. Ti verrà un bel livido.”
“E siamo solo all’inizio della festa.”
“Non fare la dura, Holly. Hai portato il regalo?”
“No.”
Dakota aveva sgranato gli occhi sollevandosi in piedi stizzita, impettendosi davanti all’amica nel tentativo di sembrare arrabbiata, cosa che su Holly non aveva sortito alcun effetto se non quello di staccarle gli occhi di dosso portandoli sul via vai di ragazzi in mezzo alla strada.
“Ma dovevi dargli il regalo di compleanno! Ti sei fatta carina apposta oggi. E la tinta è bellissima, sul serio. Sei un amore, Holly. Perché non l’hai portato?”
Si era accasciata, sconfitta, accanto a lei, il mento appoggiato sulle ginocchia nella medesima posizione di Holly che disegnava piccoli cerchi nell’aria con una bottiglia di birra ormai vuota.
“Perché Val mi ha chiesto di darle una mano a cercare il suo regalo di compleanno per Matt. Vuole fargli qualcosa di speciale e non mi va di entrare in competizione con lei.”
“Tu sei scema. Gli hai sempre fatto un regalo personale, quest’anno cosa c’è di diverso dai precedenti a parte Val?”
“Val appunto, e questo basta, credimi. Parteciperò al regalo dei ragazzi, Jimmy mi ha detto che lo stanno ancora cercando.”
“Sono mesi che setacci ogni negozio di dischi. Sei una stupida se non glielo dai.”
“Val lo conosce tanto quanto me, si sarà studiata qualcosa del genere.”
“Mi vuoi far credere che ha collezionato tutti i vinili dei singoli usciti dagli Anni Settanta ad oggi dei Gun’s negli ultimi sei mesi solo per regalarglieli? Non prendermi in giro.”
“Me li terrò io.”
“Per me sbagli.”
“Faccio la cosa giusta. Cosa potrei mai dirgli in dieci minuti, Dakota? Andiamo, dieci minuti per raccontargli sedici anni di vita e di pensieri?”
“No, di sentimenti e paure.”
“Sono solo Holly, sono l’amica di sempre.”
“Non avresti dovuto aiutarlo o ascoltarlo quando voleva provarci con Val.”
“Non avresti avuto nemmeno tu il cuore per sbattergli la porta in faccia.”
“Sei troppo buona.”
“Troppo stupida, semmai.”
Aveva sospirato, portandosi alla bocca l’ultimo sorso di birra calda: aveva una gran voglia di piangere, e Dakota – guidata dall’istinto di un rapporto uterino diventato elitario nel corso degli anni - aveva intrecciato le proprie dita alle sue, tenendo le mani sospese a sfiorare il cemento sporco della strada.
“Ehi, stanno uscendo. Vuoi che ce andiamo?”
“Li salutiamo e ci andiamo a fare un giro? Questo posto mi sta dando la nausea.”
“Lo so.”
“Meno male sei arrivata tu, Dakota.”
“Meno male ci sei tu, Holly.”
Erano scoppiate a ridere, fronte contro fronte, gli occhi pieni di lacrime: l’amicizia a sedici anni è così, ti lascia senza parole e basta uno sguardo per capirsi. E’ la complicità di una femminilità impossibile da comprendere o cancellare, quella di un mondo fatto di smalti e vestiti e film strappalacrime, quella che le fa sembrare troppo fragili, troppo schive e chiuse, troppo stupide e frivole persino. E’ l’universo rosa in cui un uomo non sarà mai ammesso: non ci sono eccezioni come nel loro campo.
E questa, è la magia dell’amicizia femminile.
 
 
“Che cazzo hai fatto ai capelli?”
Olivia era stata investita dalla risata divertita di Zacky prima ancora di essere riuscita ad entrare nel suo raggio d’azione.
Carino come il solito, eh.
“Le stanno benissimo, Baker.”
“Andiamo, a cosa vuoi le serva tingersi?”
“Mi piacevano?” era stata la domanda scontata di Holly che si era portata qualche passo più avanti rispetto all’amica nel tentativo di avvicinarsi al ragazzo, sollevandosi in punta di piedi sino a poterlo fissare dritto negli occhi.
“Sei ubriaco marcio, Zack.”
Il chitarrista era stato investito dal profumo di caramelle e fiori di arancio, e aveva girato il viso dall’altro lato cercando di guardare dove si fossero cacciati gli altri.
“Siete stati bravi, comunque.”
“Che cazzo hai fatto alla fronte?”
“Mi è caduto in testa un tizio. Cose che capitano.”
Zacky l’aveva fissata ridendo, costringendola ad unirsi a lui: le piaceva la risata calda di Zacky, spazzava sempre via la tensione, anche quella creata da lui.
“Hai visto Brian?”
“Sinceramente no, e nel caso l’avessi visto mi sarei defilata prima di avere un delizioso tet-a-tet su quanto sia imbarazzante il mio colore di capelli.”
“Te la sei presa?”
“Ci sono abituata.”
Aveva alzato le spalle come ad enfatizzare la cosa e aveva avvertito una mano strattonarle con forza la maglia.
“Cosa…”
Dakota le stava indicando con un gesto del capo Matt e Val, l’uno accanto all’altra, sulla soglia del locale.
Faceva male, malissimo.
Valary non era invadente, non lo teneva per mano né mostrava il suo possesso: bastava la sua presenza decisa, marcata da un passo sicuro e dalla postura eretta, a renderla invadente anzi, inglobante.
Se ci fosse stata lei, al suo posto, sarebbe apparsa sempre troppo piccola accanto a Matt.
Valary, invece, era perfetta.
Erano perfetti, ecco tutto. Che cosa c’entrava lei con quei cinque?
C’era da tenere sempre in conto anche Haner, che ritornava ad Huntigton a fare casino, baldoria e rompere le palle dal conservatorio.
“Vado a salutare Matt e Val, ci vediamo domani.”
“Non resti? Ci facciamo una birra tutti insieme, dai. Non puoi andartene prima dei festeggiamenti.”
“Se resto ci tocca riportarti a casa, Zack.”
“Hai la macchina tu?”
“No, Dakota.”
Zackary era sembrato deluso, salvo poi assestarle un sorriso ammiccante che non presagiva nulla di buono.
“Vaffanculo”, e con quelle semplici parole si era allontanata da lui dirigendosi verso Matt.
Okay, uno, due, tre… inspira.
Ce la puoi fare. Hai dieci minuti di tempo prima di svignartela, non puoi andartene un solo secondo prima. Erano questi i patti. Già non gli darai il suo regalo, evita almeno di fare la figura della cretina innamorata e comportati da donna.
No, anzi, da Holly.
“Ehi.”
Sorriso tirato, mano sollevata a mezz’aria tipo fazzoletto bianco prima della partenza del Titanic.
“Ehi!”
Sorriso smagliante, occhi carichi di felicità. Accanto a lui, Val.
“Ciao Val.”
“Sono stati fortissimi, vero Holly?”
Valary DiBenedetto, altrettanto raggiante, nemmeno sul palco ci fosse salita lei.
“I ragazzi mi hanno detto che gli hai dato una mano con l’organizzazione ma prossimamente non ti devi preoccupare. Cercherò di pensare a tutto io. Non vogliamo averti sulla coscienza con la scuola.”
Quanta premura.
Aveva la netta sensazione che quel posto stesse iniziando ad essere troppo piccolo per entrambe, e senza Dakota al fianco – persa qualche metro indietro a parlare al cellulare – si sentiva veramente sola.
“Si, sono stati eccezionali, ma non avevamo dubbi. A parte Zacky che sembra imbalsamato.”
Era riuscita a far ridere Matt che le aveva scompigliato i capelli sulla nuca con il suo solito gesto affettuoso.
Non sono una bambina, non sono un cucciolo, non sono… perché non mi guardi davvero, anziché vedermi soltanto?
D’istinto si era ritirata dal contatto, lasciando di stucco il ragazzo.
“Ehi, tutto a posto?”
No che non è posto, idiota.
“Che hai fatto alla fronte?”
Aveva spostato lo sguardo sulla prontezza di Valary di mettersi in mezzo e per una volta era stata costretta a ringraziarla per averle dato una via di fuga in grande stile, di quelle che uno come Jimmy non si sarebbe bevuto nemmeno dall’altro lato del telefono.
“Ho sbattuto la fronte sulle transenne. Un tizio mi è caduto addosso durante il concerto.”
“Stai bene?”, le aveva chiesto il cantante un po’ preoccupato.
“Si, poi magari passo al pronto soccorso con Dakota per sicurezza.”
“Se vuoi ti accompagno io, non ci sono problemi. Tua madre mi ammazza, lo so.”
E io verrei uccisa da Val: un finale degno di Romeo e Giulietta, eh.
“Dirà che sono la solita distratta, tranquillo, tu non lo potevi prevedere.”
“Dovevi stare nel backstage con Brian.”
“Non è la stessa cosa stare dietro le quinte. Meritava di essere visto da sotto il palco, è tutta un’altra storia. Siete davvero bravi, siete… conquistate.”
Avrebbe voluto dirgli un’altra cosa, ma si era dovuta mordere la lingua, perché di tutte le parole che le stavano per uscire erano quelle più sbagliate a sgomitare per farsi strada per precedere le altre.
Erano caldi, erano avvolgenti, erano un porto sicuro: ti trascinavano con loro giù, verso un abisso, e poi su, sino a un cielo grondante stelle e lacrime.
Aveva abbassato istintivamente lo sguardo perché aveva iniziato a sentire gli occhi bruciarle e non era per il mascara, né per l’eye-liner o per l’ombretto rosso, ma era perché si sentiva una povera scema, innamorata persa senza possibilità di redenzione.
Una tizia che non poteva avere la persona più importante del mondo, quella che le aveva riempito ogni giorno della sua esistenza da quando ne aveva memoria.
Perché era così tanto sbagliato da farla sentire in colpa anche solo guardarlo negli occhi?
“Be’, vado a salutare Jimmy e Justin e poi vado a fare un giro. Ci vediamo.”
“Ci sei alla festa vero?”
Non è ansia nella tua voce, no?
Cioè, non ti importa davvero che io ci sia alla festa del tuo compleanno, giusto?
“Perché dovrei mancare?”
Sorriso rassicurante, mani tremanti affondante nelle tasche della felpa e lui se l’era bevuta come sempre: poi dopo si piange, Dakota, per cui preparati a sopportarmi.
 
 
Jimmy si trovava con Brian al bancone del locale, intenti a brindare osservando alcuni tizi che – accanto a loro – facevano un casino assurdo, urlando sguaiatamente cose senza senso.
Erano tutti ubriachi e non erano nemmeno le due del mattino.
“Siete stati fantastici!”
Holly si era gettata letteralmente addosso al batterista, scansando con poca grazie il chitarrista.
“Che cazzo hai fatto?”
“A cosa?”
“Alla fronte. I capelli ti stanno bene di quel colore, ti risalta lo sguardo”, l’aveva rassicurata Jimmy con un sorriso sincero.
“E’ una chiazza rossa in mezzo a questa pozza di nero, Jimmy. Impossibile non notarla.”
“E chi lo dice che voglio essere invisibile, Haner?”
Gli aveva mostrato la lingua in un gesto infantile, e il chitarrista aveva riso divertito: adorava provocarla, era più forte di lui. Di tutti loro era l’unico, insieme a Jimmy, ad avere visto la trasformazione di Olivia da imbambolato baco a farfalla. Per Brian era stato molto più facile: vederla nei fine settimana – e nemmeno in modo costante – aveva fatto si che ne vedesse i lineamenti del viso diventare più sottili e le efelidi comparire leggere solo per renderla ancora un po’ bambina quando ormai dei suoi dodici anni non era rimasto più nulla.
Jimmy scavava a fondo, le guardava dentro senza sforzo, per questo aveva capito e visto tutto il colore che poteva nascondere.
“Ti offro una birra per sdebitarmi” e il chitarrista le aveva allungato la propria bottiglia mezza vuota.
“Divertente, Brian. Quand’è che te ne vai e non ritorni per altre tre settimane?”, l’aveva rimbeccato lei bevendo un sorso per poi restituirgli il contenitore.
“Mai?”
“Domani andiamo a prendere il regalo per Matt, allora. Vieni anche tu?”
“Devo già accompagnare Valary, non so per che ora mi libero. Fai tu, tanto lo conosci, mi fido. Vai con Zack?”
“E me.”
“L’unico che non viene è Justin, ha da fare con la tipa. Mi sa che si mollano, comunque.”
“Un’altra volta? Sono mesi che si mollano per tre giorni e poi tornano insieme, sono uno strazio.”
“Il tempo perché Justin possa farsi una sana scopata altrove, giusto Jimmy?”
“Giustissimo.”
Nel vederli brindare all’assoluto genio di Justin, Olivia si era chiesta se quei discorsi – davanti a lei – si sarebbero protratti all’infinito.
Cioè, anche Matt parlava di quelle cose con loro?
In un attimo di assoluta lucidità mentale si era detta che sicuramente era così, e che lei aveva evitato i dettagli scabrosi della sua vita con Val solo per una serie di fortunate coincidenze o, forse, Matt aveva avuto la decenza di non farlo davanti a lei.
Aveva sospirato, certa che la prima ipotesi fosse quella più probabile: quelli non si facevano mai problemi di sorta, in sua presenza.
“Vado a cercare Dakota, si è infilata da qualche parte in mezzo al casino. Vado a recuperarla prima che si cacci nei guai.”
“E chi viene a recuperare te quando finisci nei casini?”
“Ho cinque possibilità, lascio a voi la libera scelta. A dopo ragazzi.”
L’avevano osservata allontanarsi, in silenzio, prima che Brian lanciasse un’occhiata obliqua all’amico.
“Cosa c’è che non va?”
“Matt. Anche Zacky, ma il problema è Matt principalmente. La trattano come una bambina.”
“E noi come un ragazzo.”
“Anche loro, se per questo. Ma Holly ha sedici anni e sa distinguere le caratteristiche di una donna da quelle di un uomo. Per quanto possa aver assimilato le nostre passioni resta comunque una ragazza.”
“Adesso si vede, tra l’altro.”
“Già, ma non c’è peggior cieco di chi non voglia vedere.”
 
 
“Ehi, dov’è Holly? Aveva detto che veniva a salutarti e poi se ne andava.”
Zacky aveva fatto capolino barcollando tra la folla, una bottiglia di birra sollevata in aria come uno stendardo sotto cui combattere.
“E’ andata da Dakota, sarà a mettersi nei guai.”
“Ma hai visto cosa si è fatta?”
“Parli dei capelli?”
“Anche. E della gonna. Cioè, è vestita in modo assurdo!”
Brian era scoppiato a ridere, ingollando l’ennesimo sorso di birra.
“Credo sia una cosa normale per una ragazza, Zacky.”
L’inconfutabile verità del batterista aveva spiazzato il chitarrista, tant’è che si era sollevato in punta di piedi per cercare tra la folla la chioma fulva dell’amica.
“Secondo te perché si è conciata a quel modo? E’ ridicola.”
Parlare della metamorfosi improvvisa della loro piccola Olivia era ridicolo, aveva pensato Jimmy, specie perché lei – con l’astuzia di una volpe – aveva sempre evitato accuratamente di farsi trovare da loro nella sua versione più femminile. Quando nei fine settimana non uscivano insieme, frequentava locali e posti dove era certa di non trovarli. Sapeva che Zacky e Justin l’avrebbero presa in giro e benché fosse abituata alle loro battute, era arrivata alla conclusione che per la sua già scarsa autostima, sottoporsi ad una tortura gratuita anche nei week-end era troppo.
Anche Dio si era riposato il settimo giorno, no?
Ebbene, lei sarebbe fuggita da quella banda di energumeni senza cuore approfittando delle uscite con Dakota, le amiche del liceo o i ragazzi dello skate park. Jimmy l’aveva incrociata in diverse occasioni infilata a proprio agio in gonne scozzesi o in tulle – un po’ corte certo, ma non poteva sindacare se non lo facevano i suoi genitori. E poi in quei frangenti era l’apprensione del fratello maggiore a fregarlo: sapeva che era in balia di un mondo infame e un branco di lupi inferociti, e che loro non ci potevano né dovevano essere a proteggerla – e si era ripromesso più volte di far presente agli altri quanto fosse poco carino prenderla perennemente per il culo per ogni vezzo femminile che poteva mostrare.
Si nascondeva sotto magliette dei Gun’s, cappellini con la visiera e felpe con il cappuccio: di una ragazzina a cui piacevano gonne e bracciali colorati non c’era traccia quando se ne stava con loro, la imbavagliava e chiudeva in un armadio sino al suo rientro a casa.
E non era assolutamente giusto.
“Zacky, secondo me tu e Justin esagerate. Holly è una ragazza ed è legittimo si vesta da donna, ti pare?”
“Ma non le serve.”
Brian aveva sollevato un sopracciglio, scettico, tornando a fissare la folla che saltava e cantava al centro del locale.
“Vado a cercarla.”
“Lasciala respirare. Tu e Matt siete troppo apprensivi. Ha sedici anni, lasciatela vivere.”
“E’ una bambina.”
“Solo quando vi fa comodo crederlo.”
Olivia, scherzando, a volte diceva a Jimmy che doveva essere dotato di poteri magici o qualcosa di simile, perché finiva sempre con il rendere concreti i suoi timori più grandi.
In quel momento, come per incanto, gli era sfilata dinnanzi una raggiante Holly – capelli fulvi spettinati e fradici di sudore e trucco colato agli angoli degli occhi – che teneva per mano un tizio con cresta corvina e polsi ricoperti di bracciali in pelle e borchie.
Zacky si era girato lentamente verso di lui e Brian e poi, tutti e tre, si erano voltati a osservarla ridere e scivolare via da loro, lontano, verso l’uscita del locale.
E quando dieci minuti sembrano troppi per raccontare di un amore, sono forse troppo pochi per placare l’istinto animale di chi è abituato a combattere per difendere i propri cuccioli.
 
 
Quando aveva trovato Dakota, in compagnia dei ragazzi dello skate park, non ci aveva pensato due volte ad unirsi al giro di shot.
E i giri, in dieci minuti, si erano quintuplicati: in meno di dieci minuti, insomma, erano tutti ubriachi marci. Holly era abituata a scolarsi un buon novanta per cento di alcolici ed era una di quelle ragazze che potevano anche reggere quasi al pari di un maschio, ma conosceva benissimo il proprio limite e aveva deciso di infrangerlo senza problemi.
Mi sono rotta le palle: oggi voglio essere solo Holly, ma la Holly che conosco io.
Aveva bisogno di respirare, di sentirsi viva, di sentirsi accettata per quella che era: di sentirsi bella, anche. Se n’era fregata se quella doveva essere la sera in cui avrebbe dichiarato il suo amore a Matt, se il giorno successivo avrebbe dovuto sopportare la presenza di Val - se l’era cercata, dopo tutto -, se quello era il primo, vero concerto dei ragazzi: era anche una serata come le altre, in cui lei doveva essere sé stessa anche se c’erano loro.
 
Sarebbero comunque stati tutti troppo ubriachi per accorgersi di lei: non la vedevano quando erano sobri , se ne sarebbero davvero accorti gonfi di birra e carichi di adrenalina?
Dieci minuti, però, potevano fare la differenza se tenevi per mano un tizio che loro conoscevano benissimo e se ridevi davvero, di quel riso scemo che hanno le ragazzine innamorate.
Holly si sentiva leggera, la testa sgombra da ogni pensiero: Johnny le aveva detto che era bella, quella sera, e avevano deciso di fare un giro insieme all’esterno. Lui era simpatico, faceva sempre un sacco di battute divertenti e suonava il basso: era uno di quelli di cui potevi persino innamorarti se non avessi avuto la cotta per un cantante più grande di te e se non fosse stato tra gli amici più spassosi del pianeta.
A tutte le implicazioni del caso, di dita calde intrecciate tra loro e smalti neri a confondere una mano maschile con una femminile, non aveva tenuto minimamente conto: si era scolata shot dal sapore dolciastro e succhi di frutta diabetici per sballare prima, per non doversi sentire il peso dell’inadeguatezza addosso per tutta la serata.
Se voleva restare, doveva sgombrare la mente da ogni paranoia e, soprattutto, da Matt e Val.
I canonici dieci minuti che avrebbe dovuto utilizzare per spiattellare a Matt una verità scomoda e togliersi un peso dallo stomaco si erano trasformati nei dieci minuti di incazzatura di Zackary Baker.
Quando Zacky era schizzato fuori dal locale spintonando gente a caso, Jimmy e Brian erano stati costretti a seguirlo.
All’esterno la luna era grandissima in cielo, e Holly si era arrestata come una scema a fissarla, nella mano ancora stretta quella di Johnny. Non aveva avvertito i passi pesanti di Zacky né le grida di Jimmy, si era semplicemente sentita strattonare per poi vedere Johnny cadere rovinosamente a terra con addosso una fiera pantera pronta ad ammazzarlo.
“Che cazzo stai facendo, Zacky?”
Jimmy e Brian si erano gettati sui due per tentare di dividerli, mentre un capannello di curiosi si era stretto attorno a loro, amici compresi.
E tra gli amici c’erano anche Matt e Val, ma in quel momento l’unica cosa che aveva Holly in testa era prendere a calci Zacky sino all’eternità.
“Che cazzo ti è saltato in mente?”
“Cosa ci fai con uno sfigato? Ti sei vestita come…”
Holly si era morsa il labbro inferiore tentando di non piangere, fissando Zacky con lo sguardo greve d’odio: erano sempre loro a rovinare tutto e lei era davvero incazzata, come mai prima di allora.
“Come cosa? Una troia di quelle che ti scopi, Baker?”
“Come tutte le altre, stronza!”
“Io sono una donna, demente! Se non ti è entrato in testa in sedici anni, fattene una ragione ma io non ho l’uccello. Io. Sono. Una. Donna. E ora, puoi anche andare a farti fottere.”
Si era avvicinata a lui scostandolo bruscamente con una spinta, cercando di aiutare Johnny a rialzarsi.
“Mi dispiace Johnny.”
“Lascia perdere, non è colpa tua.”
Le aveva sorriso poi si era dato una scrollata di spalle e si era allontanato da loro di qualche passo, ritornando verso il locale.
“Ci si vede Baker.”
Holly aveva atteso che i curiosi scemassero via, lasciando che all’esterno restassero solo loro: una famiglia soffocante e Dakota che la guardava vigile, pronta a rapirla e portala via. Avrebbero dovuto andarsene subito dopo il concerto, non restare: aveva ragione Holly.
“Te l’avevo detto che eri ubriaco, coglione.”
“Tu stai bene?” le aveva chiesto Jimmy visibilmente preoccupato.
“Ti riporto a casa, okay? Zacky può farsi riaccompagnare da Brian o Matt e Val.”
“No, grazie, sono con Dakota.”
“Holly non credo sia…”
“E’ giusto così. Goditi la festa, Jimmy, ve la siete meritata. Mi dispiace averla rovinata.”
Era un fuso, Olivia, di quelle persone che non chinano mai il capo dinnanzi a nulla: nemmeno quando hanno torto. Non aveva prestato attenzione a Matt e Val e si era dileguata verso il parcheggio tenendosi per mano con Dakota, due ragazzine immerse nel nero di una notte dal peso e il sapore di una guerra.
 
 
“Hai esagerato.”
“Cazzo, Jimmy! Johnny e Holly? Andiamo… è persino più piccolo di lei!”
Zacky continuava imperterrito a ingoiare birra, Brian e Jimmy intenti a portare avanti una battaglia contro i mulini a vento che rischiava di diventare solo deleteria.
“Perché non pensiamo a festeggiare e basta? Alla fine Holly se n’è andata, tanto vale continuare no?”
“Non verrà.”
“Eh?”
Valary aveva spostato lo sguardo sorpresa su Matt, di nuovo chiuso in modo fastidioso in un silenzio che non presagiva nulla di buono: uno di quelli che solo Olivia riusciva a scalfire e capire ma che in quel caso, forse, avrebbe preferito non cogliere.
“Domani non verrà alla festa di compleanno. E’ fatta così. Era troppo incazzata e quindi domani non si farà trovare.”
“Andiamo, è il tuo compleanno… non mancherà.”
“Se ne fregherà.”
“Le costerà più sbattersene che venire.”
“Ma sarà la cosa che riterrà giusta”, aveva rincarato Jimmy in risposta a Brian.
“E’ una testarda del cazzo, ha ragione Matt. Non verrà. Amen.”
Zacky aveva esaurito la birra e si era sollevato in piedi avviandosi verso i bagni, seguito a ruota da Brian.
“Perché l’hai fatto? Potevi risparmiartelo.”
“Era tutta una sceneggiata, mi stava sul cazzo. Quel poveretto di Johnny alla fine non c’entrava nulla, è lei che si è comportata da stronza.”
“E tu te la sei presa con Johnny ugualmente?”
“Holly recitava ad arte. Io odio le persone false, lo sai benissimo Brian.”
“Sei una testa di cazzo. Holly è una ragazza, se vuole truccarsi o vestirsi con la gonna anziché i jeans che male può farti? E’ giusto così, cazzo.”
“Ma non è lei!”
“Non è lei nella tua testa, Zacky. E’ sempre la solita rompipalle di Holly. Può non piacerti, puoi non volertela scopare ma resta una tipa che può piacere a tutto il resto della popolazione maschile. E a meno che tu non te ne faccia una ragione, avrai l’istinto del fratello maggiore a cercare di ammazzare chiunque le si avvicini. Lasciatela respirare, cazzo.”
Zacky si era ammutolito, osservando l’acqua di scolo portarsi via buona parte della birra che aveva in corpo: Holly non era falsa ma era una tipa bravissima a pararsi il culo.
“Quindi?”
“Quindi cosa, Zacky?”
“Cosa dovrei fare?”
“Secondo te?”
“Lasciare che si faccia scopare dal primo che passa solo perché si ubriaca come una quattordicenne?”
“Forse voleva farlo.”
“Si, figurati… andiamo a divertirci almeno sino a domani mattina? Mi sono rotto le palle di farmi delle menate per lei. Cazzi suoi, okay?”
“Se domani non verrà al compleanno di Matt saranno cazzi di tutti. Le vuole bene, ci tiene.”
“Che vada a casa sua e la costringa a uscire. Abitano uno accanto all’altra.”
Nei loro problemi non aveva voglia di entrare, Zacky, e se si era comportato in modo impulsivo era per un semplice motivo: ogni certezza della sua visione del mondo si era schiantata contro il sorriso di Holly. L’aveva vista ridere mille volte, ma non a quel modo.
Forse era un insieme di effetti: troppa birra, l’adrenalina del concerto, i capelli rossi e la gonna corta, gli occhi carichi di libertà tremendamente tristi.
Zacky, per la prima volta l’aveva vista come una donna e la cosa lo destabilizzava: la sua era una linea di condotta ferrea, una certezza che gli aveva salvato il culo in miliardi di occasioni. Niente amicizie femminili, solo maschi con cui fare battute sconce prive di censure. Oltre ad Holly, le eccezioni erano Val e Michelle, ma considerare Michelle una donna potenzialmente scopabile gli era sempre sembrata una cosa malata, visto che era la gemella della donna del suo migliore amico.
Holly non l’aveva mai presa in considerazione, era stata una palla salterina sempre presente e come tale se l’era sorbita giorno dopo giorno: adesso lo specchio gli rimandava l’immagine di una tipa che conosceva benissimo, e con cui si trovava su ogni lunghezza d’onda possibile, anche papabile come donna.
E no, la cosa non andava affatto bene.
Quando l’aveva vista con Johnny gli era salito il sangue alla testa: Holly apparteneva a tutti loro, era un qualcosa da proteggere, non da sbattere in mezzo a una strada.
Era sempre troppo piccola, per lui, anche per innamorarsi.
 
 
“Dormi da me, è deciso. Saliamo da te, recuperiamo i tuoi vestiti per domani e tu non metti piede a casa tua sino a domenica sera. E domenica ce ne andiamo a studiare a Santa Monica.”
“Grazie.”
Holly si era soffiata il naso con più forza, tamponando gli angoli degli occhi nonostante il trucco fosse già compromesso.
“Vuoi che vada io da tua madre?”
“No, si preoccuperebbe ancora di più. Sa com’è la situazione con i ragazzi, capirà. E poi si fida di te. Forse ha ragione lei quando dice che dovrei lasciarli perdere e staccarmi da loro del tutto. Ma come fai a mollare gli amici con cui sei cresciuta?”
“Come fai a tagliare un cordone ombelicale? Dovresti farti quella domanda, Holly. Avanti, sali, ti aspetto qui. Fai in fretta, non voglio essere pedinata da quel pazzo di Baker.”
Olivia si era ripresentata dodici minuti dopo con lo zaino in spalla ricolmo di vestiti e il sapore dell’abbraccio rassicurante di sua madre incollato addosso. Le parole non erano servite, a volte ad una madre basta davvero poco per comprendere ciò che ha portato dentro di sé per nove mesi. Quando gli psicologi affermano che il rapporto si incrina durante l’adolescenza non tengono in conto di quel fattore istintivo che porta le madri a sondare i figli oltre le apparenze di vestiti neri e trucco pesante. Sua madre l’aveva vista così tante volte sospirare per Matt che aveva capito tutto, anche i pianti senza fine quando si precipitava dentro casa in lacrime dopo una giornata passata con i ragazzi.
“Sto facendo la cosa giusta, vero?”
“Sei scappata per tutta la sera, quarantotto ore in più non credo faranno la differenza sul tuo conto da saldare con me.”
 
 
Valary aveva fissato le poche parole che componevano il messaggio di Olivia, appoggiando la nuca contro il petto di Matt.
Le aveva chiesto di perdonarla, ma che non sarebbe riuscita ad accompagnarla alla ricerca del regalo del ragazzo.
Se li trovi cerca i singoli in edizione limitata dei Gun’s da Mike. Matt è una vita che li desidera. Buonanotte.”
“Holly è davvero carina. Davvero non hai mai pensato di metterti con lei?”
Matt le aveva passato una mano tra i capelli, sorridendo al buio della sua stanza.
“No mai. E’ come una sorella. Sa quello che penso, conosce quello che amo e quello che odio meglio di chiunque altro. Non vedo il senso di poter stare con una persona a cui non puoi nascondere nulla.”
“Perché dovresti farlo?”
“Non devo farlo, ma preferisco pensare a una persona che impara a scoprirmi giorno dopo giorno piuttosto che una con cui non c’è nulla da scoprire.”
“Per te credo sarebbe un’enorme sorpresa. Sei crudele se parli così, Matt.”
“E’ la verità. Per me è come una sorella, ti giuro che non ho mai pensato a lei come a…”
“… una donna?”
“Esatto.”
Val aveva sorriso, posandogli un bacio sulla guancia. Se ne sarebbero dovuti accorgere, prima o poi, e l’unica certezza che aveva dalla propria parte era che Matt la amava davvero. Che non ci sarebbe stata nessuna Olivia a portarglielo via ma semplicemente perché aveva piena fiducia di Matt. Se ci fosse stato Matt al posto di Zacky, era certa che avrebbe rimesso in discussione ogni sua certezza.
Ma Matt non era Zacky ed era rimasto al suo fianco, incredulo alla scena a cui stava assistendo: incapace, come tutti, di vedere al di là di quei colori sfavillanti.
 
 
“L’hai fatto davvero? Non ci posso credere! Avevi detto che li avresti tenuti tu!”
“Avevi detto che mi avresti portata a Santa Monica.”
“Domani, non oggi. Che diavolo ti è saltato in mente?”
“A Matt piacerà il regalo, e glielo farà Val. Quindi sarà al settimo cielo. Se lo merita, no?”
“Hai venduto il tuo regalo per lui a Mike solo perché hai detto a Val di passare di lì a dare un’occhiata. In guerra e in amore tutto è permesso e tu fai il suo gioco? Sei pazza per caso?”
“Mike terrà la bocca chiusa, ha una collezione di vinili che piazzerà in meno di quattro ore e ci guadagnerà pure. Glieli ho venduti a una miseria pur di farlo tacere, quel maledetto bastardo.”
“E’ il suo lavoro, vendere e scambiare buona musica.”
“Preferirei non lo facesse sulla mia pelle. Partiamo?”
“Sei una cretina, lo sai?”
“Si, ma mi sento bene per cui la cosa non mi preoccupa.”
“Io se fossi in Matt ti sposerei.”
“Si va bene… evitiamo l’argomento per l’intera giornata e partiamo? Ho voglia di andare a fare un giro in spiaggia, basta che evitiamo i soliti posti.”
“Tutti quelli dei tuoi Avenged Sevenfold?”
“Una domanda retorica, Dakota. Ti facevo più intelligente, lo sai?”
“Okay, allora usciamo da Huntigton e facciamo prima.”
Non era stata voluta, la parte del regalo, ma era stato un colpo di genio – di demenza, se voleva ascoltare l’opinione insolente di Dakota – arrivato dopo aver fissato il display del cellulare per almeno mezz’ora, tentando di trovare le parole per scaricare l’incombenza della scelta del regalo con Val dell’indomani mattina. A lei Valary dopotutto piaceva, si sentiva in colpa quando passava tempo con Matt senza i ragazzi, quando si trovava a domandarsi perché ci fosse lei in un posto che aveva creduto le dovesse appartenere di diritto.
Voleva che Matt passasse il miglior compleanno della sua vita, il primo con Valary. Voleva che lei brillasse più di tutti davanti a lui, più di quanto già non sfavillasse. Voleva che fosse perfetto, dunque l’unico modo che le era venuto in mente per agevolare le cose era stato quello.
Quando hai sedici anni, l’impulsività del cuore ti porta a fare un mucchio di sciocchezze: di giocare troppo pulito, perché la meschinità degli adulti ancora non la conosci.
Aveva recuperato i dischi della collezione per Matt e li aveva rivenduti ad una miseria al loro negozio di dischi di fiducia sperando Valary andasse là a dare un’occhiata, ma era abbastanza certa che avrebbe seguito il suo consiglio senza badare troppo ai dettagli.
Almeno, era quello che sperava.
 
 
“Ehi Johnny.”
Zacky si era presentato allo skate park privo del mezzo a quattro ruote e di Holly. Il bassista aveva sollevato lo sguardo su di lui salutandolo con un cenno della mano per poi attendere che si avvicinasse.
“Ehi Baker. Tutto bene?”
“Volevo dirti che credo di aver esagerato ieri sera. Ero sbronzo e carico a causa del concerto e…”
“Tranquillo, non è successo niente. Capita. Magari prima o poi dovrò restituirti il tutto.”
“A te piace Holly?”
Johnny aveva riso, sedendosi sugli ultimi gradini della platea.
“Scusa, a chi di noi non piace Holly? E’ pazzesca! E’ divertente, è incredibilmente buffa e poi ha sempre una parola per tirarti su di morale anche quando non parli dei cazzi tuoi. Cioè, è una di quelle persone che ti mettono il buon umore solo standole accanto. Chiunque qui allo skate park pagherebbe oro per uscire con lei, ma è una causa persa per chiunque.”
Johnny aveva quindici anni e a quell’età scegli una compagna di giochi, non un’amante. Cerchi la complicità di una risata, il divertimento condiviso del sabato sera, non un’implicazione sentimentale che duri anni.
A Zacky era venuto da chiedere a Johnny se stessero parlando della stessa persona, ma la domanda gli era suonata talmente idiota che aveva evitato di porla ad alta voce.
“Eh?”
“Lei non si fila nessuno di noi. Siamo solo degli amici, e chi più chi meno ormai abbiamo lasciato tutti perdere. Ci tratta tutti allo stesso modo e la nostra è la cotta che ti passa non appena ti accorgi che non hai speranza. O non appena ti accorgi che una tipa ti guarda in modo diverso e puoi provarci. Funziona così di solito, no?”
“Che si ragiona con l’uccello? Si, funziona così, Johnny.”
Un ragazzo di quindici anni ragiona ancora da bambino, o da adolescente con gli ormoni impazziti, una ragazza, invece, con il cuore colmo di speranze e sogni romantici da favola moderna. Una ragazza, a quindici anni, parla già da donna: parla di sentimenti grandi, si infarcisce la bocca di “per sempre” e “ti amo”; ad un ragazzo, bastano i dieci minuti dell’idillio di una scopata liberatoria e priva di vincoli, obblighi e doveri.
 
 
“Per un attimo ho pensato di mandare qui Matt al mio posto, lo sai?”
Il cigolio dell’altalena, al tramonto, era l’unico suono che si propagava per il parco ormai deserto. Jimmy aveva le mani in tasca, l’andatura dinoccolata e lo sguardo perso verso l’orizzonte, quando si era seduto sull’altalena accanto alla sua.
“Mi ha chiesto di convincerti a venire con me alla festa.”
“Non verrò.”
“Ho saputo anche del regalo. Da Mike, ovviamente, Valary non credo abbia capito e se l’ha fatto, ha preferito tacere. Che diavolo ti salta in mente?”
“Non ha senso continuare a correre dietro a Matt. Hai visto la reazione di Zacky di ieri sera?”
“Sai che è un coglione.”
“Si, ma mi ha fatto capire come possano essere claustrofobici e deleteri certi legami. Come tagli un cordone ombelicale, Jimmy?”
“Con le forbici.”
“Ho fatto la stessa cosa. Sai, ieri sera ero decisa di dire a Matt tutto quello che pensavo e provavo poi, quando l’ho visto con Val, ho capito che sarei stata solo meschina ed egoista. A me Valary piace, credo davvero siano perfetti insieme. Per questo è giusto che rinunci a Matt e mi faccia da parte.”
“Non ci hai mai nemmeno provato a farti avanti.”
“L’avrei fatto ieri, e sarebbe stato sbagliato e in ritardo. Ero sempre troppo piccola per lui e la sarò sempre. Sono una sorella e un’amica fidata, sono come te, Jimmy. Tra di noi, ai suoi occhi, non c’è differenza.”
“Lui ci tiene davvero a te. E tanto. Sarebbe venuto qui con me, lo sai?”
“Non mi avresti tradita.”
“Solo perché so quanto stai da schifo in questo momento. Posso darti un consiglio? Sii te stessa anche con noi. A Zacky e Justin verrà un colpo, ma se vuoi vestirti così piuttosto che mettere sempre i jeans, fallo. Chi ti può dire che è sbagliato? Nessuno. Sei tu la prima a creare casini in questo modo. Tu sei Holly anche in costume da bagno, e non potrai impedirti di venire al mare con noi quest’estate per evitare di farti vedere, no?”
“Sei venuto qui per sollevarmi il morale o per ammazzarmi del tutto?”
“Entrambe le cose. Da cadavere sarà meno faticoso portarti alla festa.”
Olivia si era lasciata sfuggire una risata, l’altalena che pigramente si muoveva avanti e indietro cullandola con una nenia sinistra di ingranaggi arrugginiti.
“Dicono sempre che quando ti innamori avverti le farfalle nello stomaco, che le senti volare e rischiare di uscirti dalle labbra: nessuno ti dice che quelle farfalle possono avere il peso di mille sassi.”
“Prima o poi si addormentano e nemmeno ti accorgi che esistono. Non puoi ucciderle, puoi solo aspettare riprendano a volare per qualcuno che lo merita davvero.”
Jimmy l’aveva guardata darsi uno slancio e saltare giù dall’altalena, la gonna in tulle a sollevarsi in una nube di strati morbidi, gli anfibi ben aderenti al terreno.
“Andiamo? O faremo tardi.”
“E le farfalle dove le lasci?”
“Ora stanno dormendo. Non sono falene, non verranno attratte dalla luce di stasera.”
Insistenti, impazienti, fastidiosamente ansiose e tese: erano loro a guidare i passi del primo amore in una danza che assumeva magicamente tutti i colori dell’iride, cavalcavano leggere un ponte che portava all’altro capo del mondo, a un tesoro nascosto dal più capriccioso degli gnomi.
Jimmy si era portato accanto a lei scompigliandole i capelli con un gesto rassicurante.
Nessuno, ad Holly, aveva detto che la difficoltà stava nel sapere quanto pesava trasformarsi da crisalide in farfalla. Nessuno, d’altra parte, si aspetta che una farfalla possa sopportare il peso di una metamorfosi controversa né quello di decine di farfalle che, come imprigionate all’interno di una scatola cinese, aspettano solo di spiccare il volo verso un cielo che vira alle tinte di un rosso carminio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice.
La fanfiction è ambientata nel 1999, agli esordi della band. Dunque non si trova traccia né del chitarrista Synyster Gates (se non per un gioioso cammeo) né del bassista Johnny Christ, che entreranno a far parte della band rispettivamente nel 2001 e nel 2002.
All’epoca il bassista era Justin Meacham, soprannominato Justin Sane.

M. Shadows e Valary di Benedetto si conosco da quando avevano 12 anni, e dopo una decina d’anni di fidanzamento si sposano nel 2008. 



Postumo - e mi scuso per questo - trovate QUI il mini-trailer di questa storia. Lo dedico a tutte voi, che l'avete amata e a che avete dato vita a "Destini di vetro".
Grazie di cuore.
   
 
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