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Autore: beat    11/05/2011    3 recensioni
Non si poteva certo chiamare abitudine. Era più una concessione a se stesso, acquisita nel periodo dell'adolescenza, nel periodo trascorso fra la sua investitura e la partenza per la Siberia in veste di Maestro.
(Storia a quattro mani con la collaborazione di Ayako!)
[Tantissimi auguri di buon compleanno, Dima! *C*]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

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Come polvere di diamanti


Nell'antica mitologia greca c'è una dea che si chiama Athena. È una delle figlie di Zeus, il re degli dèi, indossa un'armatura scintillante ed è la dea della Guerra.
Ma ad Athena non piaceva combattere in prima persona, e le sue battaglie erano sempre difensive. Combatté contro l'atroce e crudele Ares, e si scontro con i Titani, e si giocò la conquista della Terra nella battaglia contro Poseidone.
Le guerre scatenate dagli dèi durarono a lungo, molto più di quanto un essere umano possa immaginare. Sul campo di battaglia, attorno alla dea Athena, si trovavano dei ragazzi che la proteggevano: questi erano i Saint!
Erano ragazzi che avevano forza e coraggio da vendere, e arrivavano da tutto il mondo. La dea odiava le armi, e per proteggerla loro combattevano solo con i loro corpi e senza l'ausilio di nessuna arma. I loro pugni fendevano l'aria e i loro calci erano in grado si spaccare la terra.
Anche oggi dicono che facciano la loro comparsa quando il mondo è saturo della forza del Male. Sono i guerrieri della Speranza. La mitologia non riporta nessuna cosa che li riguarda. Sono ragazzi misteriosi.
Sono i guerrieri sacri della dea Athena.

Ma, nonostante tutto – nonostante la forza e la limpidezza d'animo – erano umani anche loro; e certe aspetti della loro vita preferivano rimanessero privati – poco importava che fosse la passione smisurata del cavaliere della Vergine per i film splatter, o le scappatelle di Kanon di Gemini in Inghilterra, o ancora le lezioni di ikebana che Marin dell'Aquila impartiva di nascosto ad Aioria del Leone. Ciascuno aveva dei piccoli segreti, che difendeva a spada tratta per mantenere quel poco di privacy che il Santuario consentiva.
Sui più seri, i più ligi al dovere, ogni tanto nascevano anche scommesse al riguardo, specialmente ora che la pace era subentrata alla guerra. Nessuno credeva davvero, in realtà, che Aioros avesse qualcosa da nascondere, né tanto meno Camus; ma, in realtà, persino l'altero maestro dei Ghiacci aveva il suo piccolo segreto. Era una cosa che il Cavaliere dell'Acquario faceva raramente, quando era certo che l'intero Santuario fosse immerso nel torpore del primo pomeriggio causato dagli implacabili raggi del sole, quando la maggioranza degli altri Cavalieri era impegnata in altre attività. Quando era certo che nessuno sarebbe venuto a bussare alla porta delle sue stanze. Allora, e solo allora, congedava i servitori dell'Undicesima
Non si poteva certo chiamare abitudine. Era più una concessione a se stesso, acquisita nel periodo dell'adolescenza, nel periodo trascorso fra la sua investitura e la partenza per la Siberia in veste di Maestro. Successivamente, era per ovvie ragioni venuta meno, per esplodere nuovamente in tutta la sua forza a causa, ovviamente, del cavaliere dei Gemelli.


Tutto era cominciato molti anni prima, quando tutti quanti erano solo dei ragazzi, poco più che fanciulli. Era capitato quasi per caso. Un bel giorno Camus era sceso alla Casa dello Scorpione e aveva trovato Milo seduto sul pavimento, intento a maneggiare quello che poi si era rivelato un mangianastri.
“Me lo ha regalato il signore della taverna al porto, suo figlio ne ha comprato uno nuovo e questo lo voleva buttare!”
Camus aveva annuito paziente, non essendo ancora riuscito a capire cosa mai se ne facesse Milo di un mangianastri. Né che cosa esattamente fosse, un mangianastri, tra le altre cose; al Santuario non se ne era mai visto prima un altro esemplare.
La semplicità con cui Milo si relazionava a cose e persone era davvero un fatto sorprendente per il piccolo e taciturno Camus. Si sedette quindi al suo fianco, sul pavimento, e lì rimase ad osservare mentre l'altro puliva con cura tutte le parti del mangianastri, controllando il corretto funzionamento di ogni singolo tasto, per poi annuire soddisfatto una volta completata l'opera.
“E adesso?”
“Adesso ci ascoltiamo della musica!”
“Come?”
Milo sorrise, il sorriso smagliante di chi ha tutto sotto controllo e mira a stupire il suo pubblico. Frugò nella borsa che aveva di fianco e ficcò nel mangianastri una cassetta. Pigiò con forza il tasto con il triangolo e quasi immediatamente nel tempio dello Scorpione si diffusero le note di una canzone che Camus non aveva mai sentito prima. Raddrizzò la schiena quasi di scatto, come se da quelle strane note potesse aspettarsi qualche attacco inaspettato.
Non c'era nulla di familiare in quei suoni
Milo cercò il suo sguardo, sempre sorridente.
“Bella vero? È The Man Who Sold The World, di David Bowie!”
Camus non disse nulla, continuò a guardare con un sopracciglio leggermente incurvato il mangianastri, ma ascoltando una per una tutte le note che ne uscivano.
E senza che se ne rendesse conto, con il piede già teneva il tempo della canzone e anche la testa dondolava leggermente a ritmo di musica.
Milo lo notò ma non disse niente, si limitò a sorridere tra sé e sé, felice del fatto che anche a Camus quella canzone fosse piaciuta come era piaciuta a lui.
E poi, poi l'aveva portato con sé alla taverna. Un pomeriggio come tanti, in cui non avevano particolari impegni. Milo aveva preso per mano Camus e l'aveva condotto al porto, alla taverna che dava sul mare dove andava di tanto in tanto, sedendosi al bancone e ordinando una bibita fredda. E poi gli aveva indicato il televisore poggiato accanto alle bottiglie di liquori, un televisore che aveva visto tempi migliori, ma che ancora riusciva a trasmettere immagini colorate, forti, luccicanti.
E fu il luccichio che attrasse Camus. Una cascata di piccoli frammenti di luce di una moltitudine di colori, ma tutti quasi tendenti all'azzurro. E lì, in una taverna di Atene, in una televisione che aveva visto tempi migliori, nel pomeriggio assolato, Camus ritrovò lo scintillio della polvere di diamanti della Siberia. Lo ritrovò in tutto il glitter che aveva addosso quell'uomo che adesso ballava e cantava a voce spiegata sullo schermo – lo stesso David Bowie di cui aveva tanto apprezzato la musica solo qualche giorno prima.

Milo quasi non ci voleva credere che era lo stesso serio e compito Camus quel ragazzino che sempre più spesso si fermava da lui per ascoltare qualche altra cassetta. Sembrava incredibile che quel piccolo ghiacciolo riuscisse a stare in contemplazione quasi estatica quando se ne stava seduto a terra davanti al mangianastri, intento ad ascoltare Soul Love oppure Ziggy Stardust. Milo non aveva mai dato voce ai suoi pensieri, certo com'era che Camus si sarebbe sentito offeso se qualcuno avesse mai accennato alla cosa, ma era molto contento che a Camus piacesse tanto la musica.
Anche se ancora non capiva cosa mai l'avesse tanto attratto in quel genere musicale. Milo non lo sapeva, e forse mai l'avrebbe saputo, ma per Camus quello era stato l'inizio di un folle e intenso, per quanto breve, amore per il Glam Rock.

Erano cresciuti però, erano cresciuti anche in fretta, purtroppo.
Si erano trovati uomini molto prima di quanto avessero mai potuto immaginare, e tanto velocemente avevano dovuto abbandonare le loro distrazioni da fanciulli.
Il tempo per passare alla taverna del porto era quasi scomparso, e in breve anche il mangianastri era stato dimenticato dentro un cassetto polveroso, nascosto in chissà quale armadio dell'Ottava Casa.
Era passato tanto tempo ed erano state combattute tante battaglie. Troppe guerre avevano colpito la pace del Santuario; troppo sangue amico e nemico era stato versato.
Ma anche la peggiore delle tormente alla fine non ha che da placarsi, e una volta che anche Hades, signore degli Inferi, aveva piegato la testa di fronte alla bella Athena, la pace sembrava finalmente essere tornata perfino al Santuario.
Camus era ritornato a presiedere l'Undicesima Casa. Vi era entrato con un sorriso appena accennato, ma pieno di emozione. L'ultima volta che aveva calpestato quel pavimento l'aveva fatto da traditore, ingannatore, vestendo una tenebrosa imitazione della sua gloriosa Armatura d'Oro.
Ma ora vi aveva fatto ritorno come suo legittimo custode, e pareva ben intenzionato a non abbandonare mai più quella posizione.
La pace, la tranquillità, la serenità d'animo sembrava essere tornata davvero a permeare quel sacro luogo.
Una tranquillità che sembrava davvero poter durare per sempre.
O forse no?
In ogni caso, Camus di Aquarius non avrebbe mai potuto immaginare che quel problema sarebbe nato a causa di Kanon di Gemini.
Beh, forse a dire il vero poteva aspettarsi un qualche coinvolgimento dannoso – di qualsivoglia tipo – da parte del minore dei due Gemelli.
Ma di certo non si sarebbe mai e poi mai aspettato che il trovare Kanon di Gemini intento a ballare in mezzo al salotto della Terza Casa sarebbe stata una cosa così dannosa.
Aveva sentito alcune note di musica fin da metà della scalinata della Seconda Casa, e se in un primo momento era stato tentato di ignorare l'ennesima trovata del minore dei Gemelli, mano a mano che era salito non aveva potuto fare a meno di deprecare in maniera sempre più severa il testo tutt'altro che decoroso di quella canzone che si spandeva sempre più decisa dalla casa dei Gemelli. Il fatto poi che Kanon tenesse il volume così alto non era di certo un punto a suo favore.
Ma non era nemmeno quella la parte più fastidiosa della faccenda, come non lo era stato nemmeno trovare Kanon a ballare come uno scalmanato in giro per tutto il salotto.
No, la cosa più fastidiosa era che nei pochi istanti in cui Camus si era fermato a rimproverare tra sé e sé, con un sopracciglio severamente inarcato, il comportamento del collega, quei pochi secondi in cui era rimasto fermo erano stati sufficienti al corpo di Camus per cominciare ad ondeggiare lievemente al ritmo della musica. Camus fissò con sentito stupore il suo stesso piede che batteva a tempo sul pavimento e le dita che tamburellavano contro la gamba.
Non fosse stato per Kanon che finalmente si era accorto di avere visite, probabilmente Camus sarebbe rimasto ancora un altro minuto a fissare accigliato il suo corpo che si muoveva per conto suo, senza il suo diretto consenso.
“Camus, qual buon vento?”
“Cosa accidenti stai ascoltando, Gemini?” chiese, fin troppo brusco.
Kanon ridacchiò estremamente divertito, andando a prendere la custodia del cd.
La passò a Camus, che la prese squadrandolo con il sopracciglio sempre più arcuato.
For your entertainment. Il cd era un regalo di Minos per Rhada. Uno scherzo ovviamente, e lui l'ha rifilato a me. In realtà è molto meglio di quanto mi aspettassi, ma immagino che uno come Lord Rhadamanthys non riuscirebbe mai ad apprezzarlo! Ha guardato contrariato già solo la copertina del cd, immagino che gli darebbe fuoco se dovesse mai capitargli di ascoltarlo!” e concluse con una risata.
Ma Camus non aveva sentito praticamente una sola parola di quello che Kanon aveva detto. Era rimasto come ipnotizzato dalla cover di quel cd.
Gli sembrò di tornare indietro di un sacco di tempo, e per un attimo riassaporò la stessa gioia che aveva provato quando Milo gli aveva regalato l'unica cassetta audio che in tutti quegli anni aveva mai posseduto.
Per un attimo rivide nella sua mente quel cantante ricoperto di glitter che tanto lo aveva affascinato da ragazzino.
Camus lasciò la Terza Casa senza quasi salutare, sovrappensiero, dopo aver restituito quasi controvoglia la custodia del cd a Kanon. Salì lentamente tutte le scale, immerso nei suoi pensieri. Era tanto che non gli capitava di ripensare a quel passato che sembrava così tanto lontano.
Fu dunque praticamente senza pensarci che Camus andò a frugare in quel cassetto praticamente dimenticato, in fondo alla panca in camera sua, estraendone il contenuto con cura quasi cerimoniale. Aveva conservato poche cose del periodo della sua infanzia, e ancora meno di quello dell'adolescenza: quello che un giovane guerriero poteva collezionare altro non era che le cicatrici procuratosi in allenamento o meglio ancora in battaglia.
Ma Camus conservava ancora quell'audiocassetta, il primo regalo di Milo, e quel flacone che avevo trovato assolutamente per caso una volta che erano andato al mercato. Quel piccolo flacone contenente del glitter azzurro.
L'aveva comprato d'impulso, senza stare a ragionarci troppo. Aveva visto quel glitter e aveva pensato a Bowie, e a come luccicava quando lui se lo applicava addosso. E aveva ripensato anche alla Siberia, fredda e magnifica, e di come brillava la neve quando il sole riusciva a splendere oltre quella coltre di nubi che troppo spesso gravava sul cielo del nord.
Amava Atene, ma non riusciva ad essere bella come il luogo dove si era allenato per tanti anni. Le mancava quella magia, quel tocco in più che invece una landa desolatamente vuota come la Siberia riusciva ad avere. Le mancava totalmente il fascino della polvere di diamanti.
Per questo ogni tanto, quando era solo, quando avvertiva particolarmente la nostalgia di quei luoghi che l'avevano visto crescere, si concedeva di ricreare in maniera invero artificiosa quel tocco di magia che mancava ad Atene. Si passava quel glitter azzurrino sulle mani, sui polsi e sulle braccia, e un poco anche sul viso. Brillava come la polvere di diamanti al sole. A Camus piaceva. Piaceva davvero molto.

“Stai brillando.”
Metaforicamente avrebbe detto che il cuore gli era improvvisamente schizzato in gola.
Per sua fortuna anni e anni di addestramento tra i giacchi eterni gli avevano indurito non solo il carattere ma anche le espressioni di viso.
Fu dunque con una faccia assolutamente impassibile che Camus si voltò verso l'inaspettato, e decisamente poco gradito in quella circostanza, ospite. Non mostrò stupore, né vergogna, né tanto meno imbarazzo per essersi fatto beccare mentre si stava cospargendo di glitter.
“È Diamond Dust.”
“…”
“Mi stavo allenando.”
“Sul serio?”
Il ghigno di Milo andava praticamente da un orecchio all'altro.
E anche se Camus si era mosso in maniera agile e apparentemente naturale, all'occhio attento dello Scorpione non era sfuggito di come l'amico avesse fatto immediatamente sparire dalla vista una vecchia e nostalgica audiocassetta, nonché un flacone che tutto sembrava contenere tranne che Polvere di Diamanti, quanto piuttosto del vistoso e anche abbastanza pacchiano glitter per il corpo.
Il ghigno di Milo andava praticamente da un orecchio all'altro.



Non riusciva a crederci.
Non riusciva a capire come, in nome di tutte le cose sacre ad Athena, era finito in una situazione del genere. Come avesse fatto a farsi convincere.
Cercando di mantenere il contegno consono alla sua posizione, in mezzo ad un mare di ragazzi, ragazze, donne e uomini e umanità in generale che saltava urlando a squarciagola, adocchiò la faccia ghignante di Milo che sembrava divertirsi da matti.
Sapeva che il cavaliere di Scorpio non avrebbe mai creduto alla storia del Diamond Dust, e sapeva anche di doversi aspettare qualche conseguenza, ma mai – mai – avrebbe immaginato una cosa simile. Stoico, consapevole di dover incolpare soltanto la propria avventatezza per essere stato scoperto, strinse le labbra, ripensando a come il compagno era riuscito a trascinarlo in quella situazione.


“Milo?”
“Sì?”
“Dove siamo?”
“In Inghilterra.”
Camus gli aveva lanciato un’occhiata di disapprovazione, un sopracciglio inarcato a sottolineare che no, quella non era una battuta divertente.
“Questo lo vedo. Intendo… questo posto. Perché siamo qui?”
Il cavaliere dello Scorpione, per tutta risposta, si era limitato a sorridere, enigmatico, invitandolo a proseguire lungo il corridoio.
“Vedrai. Ti piacerà.”
Camus a quel punto si era insospettito ancora di più. Aveva mosso qualche passo prima di voltarsi, con la ferma intenzione di chiedere serie spiegazioni, ma le parole gli erano morte letteralmente in gola quando la linea del basso di una canzone aveva iniziato a essere udibile nell’edificio.
“Milo…”
Il tono, quella volta, era più d’avvertimento, anche se aveva la sgradevole sensazione di sapere – ora – dove si trovasse.
“Coraggio, Maestro dei Ghiacci!” lo aveva incitato l’altro, trattenendo una leggera risata e spingendolo lungo il corridoio, mentre le note diventavano sempre più precise, formando una canzone che aveva sentito non molti giorni prima, e andavano a sommarsi alle grida della folla.
Fermatosi davanti ad una porta, Milo aveva tolto senza troppi problemi il grosso lucchetto di metallo che la chiudeva, trascinandolo nella sala gremita di gente.
Ora, quello per Camus sarebbe stato il momento ideale per sfuggire alla presa del cavaliere di Scorpio e far ritorno in terra di Grecia quanto prima, se nonché era stato prepotentemente abbagliato dal luccichio.
Glitter.
Glitter dappertutto.
Sul cantante, sulla band, sul palco e sui fan. Brillava come polvere di diamanti.
Milo lo aveva portato a un concerto.
Milo lo aveva portato a un concerto di Adam Lambert.

“-mus? Camus?”
Il suo nome, praticamente urlatogli nelle orecchie per sovrastare i suoni del concerto, lo riscosse dai suoi pensieri.
“Sì?” rispose, senza peraltro sforzarsi di alzare la voce.
Milo sorrise, stringendo maggiormente le braccia che era riuscito a far scivolare intorno alla vita del compagno qualche minuto prima, e facendogli atterrare nelle mani un tubetto di glitter. Azzurro.
Il cavaliere di Aquarius mantenne un’espressione severa.
“So che non era Diamond Dust, Camus.” Gli disse all’orecchio Milo. “E so anche che questo posto ti piace.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Il fatto, per esempio, che tu stia tenendo il tempo della canzone col piede senza rendertene conto.”
Camus lanciò un’occhiata corrucciata alla sua appendice che, di nuovo, si muoveva senza il suo esplicito consenso, fermandola immediatamente. Scelse di ignorare l’espressione da felino soddisfatto di Milo.
“Ti ricorda Bowie, vero?” Continuò l’altro, imperterrito. Lo osservò per qualche istante, prima di aggiungere più gentilmente: “La guerra è finita, ormai. Siamo in pace. Puoi permetterti delle distrazioni anche tu.”
Camus non rispose. Rimase rigido ancora per qualche minuto, prima di rilassarsi impercettibilmente fra le braccia del compagno.
“Come lo hai saputo?” chiese, pacato.
Milo incollò ancora di più le labbra al suo orecchio, per farsi sentire sopra al vociare della folla.
“Kanon. Ho sentito la musica che veniva dalla Terza casa, mi sono incuriosito e sono entrato; e lui mi ha detto che anche te gli avevi chiesto delle spiegazioni e che ti eri comportato in modo strano dopo aver visto la copertina del cd. Gli ho chiesto di vederla, e mi sono ricordato di Bowie, di come ti piacesse.” Fece spallucce. “E gli ho chiesto un aiuto per procurarmi i biglietti di un concerto.”
Appunto mentale: dire un paio di paroline a Saga riguardo al fratello minore, si appuntò Camus, prima di sospirare e rivolgere l’attenzione al palcoscenico, dove Adam stava cantando le ultime strofe di Music Again, con degli acuti che sovrastavano le urla dei fan, perfettamente a suo agio sul palcoscenico. Sorrise impercettibilmente, tornando a tenere il tempo con il piede. Milo nascose un sorriso felice contro il suo collo.
Rimasero così per un po’, godendosi la musica, prima che il Cavaliere di Aquarius parlasse nuovamente. Quando lo fece, la band stava suonando l’intro di Fever, e la parte femminile del pubblico sembrava in preda ad una esaltazione mistica.
“Sai Milo… Adam Lambert si è effettivamente ispirato a David Bowie.” Non si curò di precisare che, per verificarlo, era andato fino ad un internet point di Atene. “E il bassista è etero.”
Scorpio sollevò un sopracciglio, perplesso, osservando il cantante mentre infilava una mano fra i capelli del suddetto bassista e chiudeva la bocca sulla sua.
“Camus?”
“Mh?”
“Gli sta praticamente ispezionando le tonsille con la lingua.”
“Lo vedo.”
“E il bassista sembra gradire molto.”
“Così pare.”
Milo si staccò un attimo per lanciargli un’occhiata perplessa.
“È della Bilancia.” Si premurò allora di spiegare Camus.
“Ah.” Spalancò gli occhi. Poi tornò ad appoggiare il mento sulla spalla del compagno.
Beh. Quello spiegava tutto.
Camus sorrise e, di nascosto, svitò il tappo del tubetto di glitter azzurro, sfregandone un po’ fra i polpastrelli e passandoselo sulle mani.
Come il Diamond Dust.
Come polvere di diamanti, in un locale dell’Inghilterra, rivivendo il Glam Rock.




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Disclaimer, again: tutte le canzoni citate appartengono agli aventi diritto.
Tutti i cantanti citati appartengono a loro stessi, e ci scusiamo molto per averli tirati in ballo. Davvero. Non lo facciamo più! XD
(…FORSE)

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Nota delle Autrici (sì, perché questa volta sono ben due *C*)

Ayako: ... ok. Prima di tutto, PERDONATECI.
Beat: È stato un colpo basso, lo sappiamo
Ayako: la combo Ikki-Pandora è stata più micidiale del voluto.
Beat: micidiale e piena di glitter. Per gli dèi quanto glitter in una sola fic!
Ayako: GLITTER!
Beat: Glitter e Camus. Davvero, non avrei mai immaginato una cosa simile. Cioè, l'ho immaginata e infatti non saremmo qui se non avessi avuto una delle mie solite idee balzane. Ma siamo fiere di essere riuscite a mettere Camus e del glitter nella stessa fic.
Ayako: possibilmente mantenendolo IC. Forse. Speriamo. E le idee malsane sono la VIA, e io mi sento molto malvagia per averle ispirate parlando di Adam Lambert. Dio quanti danni che fa questo esserino. Ecco, per chi non lo sapesse, Adam è codesto essere, il testo di For Your Entertainment è questo, Fever è questa canzone e se guardate il video e i commenti capirete il perché parlo di fan in estasi mistica.
Beat: comunque sia, questa fic è stata ispirata dal glitter, da appunto Adam Lambert, e da discorsi di Ayako con Dima. Ergo, Dima carissima, questa fic te la becchi come regalo di compleanno! XD
Ayako: Tanti, tantissimi auguri! *O* amiamoti! Non ucciderci! Noi non volevamo far male a nessuno, e ogni danno psichico causato a persone/cose/animali non era assolutamente nelle nostre intenzioni *C*
Beat: Tanto è sempre colpa di Dima. O di Kanon. O di tutti e due. ù.ù




   
 
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