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Autore: Kuruccha    16/05/2011    5 recensioni
Storia di un tesoro ritrovato tra il ghiaccio che si scioglie.
[Pre-serie, Tribù dell'Acqua del Sud]
Genere: Fluff, Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katara, Sokka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Magie
Capitolo unico


Era buio.
Durante la notte precedente, una tempesta aveva coperto di frammenti ghiacciati il lato a nord di ogni singolo igloo del villaggio; giunto il mattino - o quello che secondo l'orologio biologico degli abitanti doveva corrispondere alle prime ore di luce, quasi dimenticata in quelle lunghe notti antartiche - i venti si erano improvvisamente calmati, e il ticchettìo deciso che sembrava ormai perenne era tutt'a un tratto cessato, come se niente fosse accaduto.
Kya era stata la prima ad aprire gli occhi, quel giorno. L'aria dentro l'igloo era pesante ma calda, e l'atmosfera era tutt'altro che cupa. Sokka stava di nuovo mugugnando nel sonno, e lei sembrava l'unica ad essersene accorta. Si voltò sul fianco destro per rimboccargli meglio il sacco a pelo sotto il minuscolo e liscissimo mento; lo sentì fare altri strani rumori con la bocca - sembra che stia sognando di mangiare qualcosa, pensò, sorridendo, nel vederlo muovere appena le labbra - per poi sospirare pesantemente. Il respiro gli tornò al ritmo normale; gli passò una mano sulla guancia, e la sentì tiepida. Era tutto a posto.
Silenziosamente, si portò di nuovo a pancia in su, posando nuovamente la guancia sulla pelliccia che faceva loro da cuscino. Davanti a lei, Hakoda era profondamente addormentato, la bocca spalancata come al solito, una mano abbandonata poco distante dal viso. Vicino a quelle dita callose c'era un altro piccolissimo pugno serrato, che emergeva appena dall'ammasso di coperte che li avvolgeva tutti.
Che birbante, si è di nuovo messa al centro!, pensò.
Per mantenere una parvenza di ordine, poco dopo la nascita di Katara erano state stabilite regole più o meno ferree sulla disposizione dei due bambini quando era ora di fare la nanna. Dato che entrambi avrebbero voluto dormire sempre vicini alla mamma - e ancora ricordava la faccia di Hakoda quando era venuto a sapere che i suoi figli non litigavano per dormire vicino a papà, invece - era stato stabilito che i genitori sarebbero stati sdraiati al centro, e Katara e Sokka sarebbero stati, a turno, una notte vicino alla madre e la seguente vicino al padre. Regola che il maggiore aveva rispettato fin da subito - perché io sono un bravo bambino, aveva detto, lanciando un'occhiataccia alla sorella, allora ancora in fasce - ma che la minore finiva per infrangere regolarmente.
Ma è ancora così piccola, pensò, sorridendo, nell'accarezzarle appena i sottilissimi capelli, dimenticando per un attimo come anche l'altro figlio non avesse un'età poi molto diversa.
La sentì mugugnare, per poi vederla sbattere gli occhi per un paio di volte mentre si muoveva appena nel buio.
Kya finse di dormire - era ancora troppo presto per alzarsi, e non ci sarebbe stato molto da fare nemmeno all'aperto per via del buio, benché la primavera si stesse lentamente avvicinando. Dovremmo quasi esserci. Magari questa settimana avremo qualche ora di luce, ragionò. Avvertì le coperte sollevarsi dal corpo, segno che Katara si stava rigirando nel sacco a pelo. Strinse più forte gli occhi, ostinata.
Udì un altro sfregamento.
 - Lascia dormire la mamma, da brava - sentì sussurrare.
Era Sokka.
Kya sollevò una palpebra quel tanto che bastasse ad intravedere la sagoma dei figli. Il bambino aveva sollevato la sorella afferrandola appena sotto le ascelle, e lei aveva alzato la testa per vedere chi fosse stato. Si era poi abbandonata di peso alle braccia del fratello, muovendo appena le dita paffute nel tentare di liberarsi da quella presa.
 - Mamma - udì poi. - Mamma - chiamò ancora il bambino, perseverando e contraddicendo così il rimprovero appena fatto a Katara, poggiando una mano sulla coperta che copriva Kya e muovendola appena, come per cercare di svegliarla.
 - Mh? - mugugnò lei, aprendo anche l'altro occhio e fingendosi incredibilmente insonnolita.
 - Possiamo andare fuori a giocare?
 - Fuori? - gli domandò. - Non è meglio stare dentro l'igloo?
 - Ma così svegliamo papà - spiegò Sokka, la bocca piegata in una smorfia di dispiacere.
Kya si voltò appena verso Hakoda che, proprio come lei poco prima, aveva un occhio socchiuso e un'espressione che sembrava sottintendere la propria scarsa propensione verso gli schiamazzi al mattino presto. Vide la sua bocca curvarsi in un ghigno sbilenco. Sicuramente, si stava rallegrando del fatto che quella mattina la vittima designata dei loro figli fosse stata lei, e non lui - in quello, almeno, i bambini sembravano abbastanza equi.
Rassegnata, si mise a sedere.
 - Avanti, prendiamo i cappotti, che fuori si gela - disse, allungando le braccia verso Katara, che sorrideva nel vederla sveglia e la chiamava.

Quel giorno non nevicava.
Era una di quelle cose che, negli eterni inverni del Polo Sud, accadevano davvero raramente - e che perciò diventavano subito un vero e proprio avvenimento per tutti i bambini della tribù.
Appena rimossa la neve che otturava il tunnel d'ingresso all'igloo, Sokka si era precipitato fuori, facendo scricchiolare sotto le suole il ghiaccio caduto durante la notte. Katara era ancora in braccio a Kya, la bocca appena socchiusa, intenta ad osservare la sagoma di Gran-Gran che si stagliava in lontananza. Insieme alla nonna c'erano già molte delle donne della tribù, seguite dai pochi bambini già svegli.
Kya si incamminò in direzione della propria madre, notando come quasi tutti i mariti mancassero all'appello.
 - Certo che gli uomini battono proprio la fiacca, eh? - commentò, scatenando commenti sarcastici da parte di tutte le altre.
 - Ciao, Katara - disse la nonna, catturandole una delle manopole tra le sue.
La bambina si infilò un dito in bocca, agitandosi per essere messa giù. Kya le abbassò meglio il cappello sulla fronte, e la guardò correre - o meglio arrancare, visto il numero di strati di vestiti che le aveva messo per coprirla bene - in direzione del fratello. Lui la vide avanzare verso di sé, e sbuffò leggermente, pestando i piedi. Poi la prese per mano, alzando gli occhi verso sua madre. Agitò un braccio nella sua direzione, come a farle vedere che la bambina era sana e salva con lui - era un altro di quei gesti di suo padre che Sokka imitava sempre, per farsi vedere adulto e responsabile, e che la fece sorridere.
 - Noi andiamo a caccia! - le gridò.
Guardò i propri bambini dirigersi verso la parte ovest del villaggio, e notò delle altre donne poco distanti da loro. Non c'era niente da temere. Li lasciò andare, fidandosi del fatto che tutti fossero figli di tutti, e che ognuno di loro fosse stato ben istruito su come, in mezzo al ghiaccio, bisognasse sempre tenere la mano del proprio compagno e non lasciarla mai andare. Tranquilla, tornò al dialogo con le altre mogli, che discutevano animatamente della concia delle pelli di orsi-ornitorinco, barattate con un mercante di un regno distante.

Katara mugugnò e fece i capricci, puntando i piedi mentre Sokka la strattonava.
 - Dai, dai, vieni! - le disse, tirandola per una mano. La bambina inciampò sui propri piedi e cadde a terra distesa sul viso, il minuscolo guanto sfilato e ancora stretto tra le dita di Sokka, il palmo caldo a contatto con la gelida neve. Immediatamente ritrasse la mano, con in viso la smorfia di chi sta per scoppiare in lacrime.
 - Oh, no, non piangere, non piangere! - implorò lui, lasciando andare la manopola e afferrandole il cappotto all'altezza delle spalle per sollevarla. Di tutta risposta, Katara si abbandonò a peso morto, cadendo poi sulle ginocchia e cominciando a strillare.
Da lontano, una delle donne del villaggio volse lo sguardo nella loro direzione. Una bambina che era caduta per terra. Niente di grave. Tornò alle sue faccende.
 - Ehi - sussurrò Sokka alla sorella, stringendole le guance tra le mani e deformandole la bocca - se smetti di frignare ti racconto un segreto.
La bambina fissò il fratello, perplessa, ma le lacrime cessarono.
Sokka raccolse da terra il guanto che si era perso, e lo infilò di nuovo sulla mano della sorella, che non fece resistenza.
 - Un segreto? - domandò lei.
 - Il segreto più segreto del mondo.
La bambina si alzò sulle piccole gambe fasciate da strati di tessuto, e tese la manina guantata verso Sokka.

 - Ecco, è qui.
Katara si guardò attorno, intravedendo un igloo attraverso il cappuccio ben serrato tutt'intorno al viso.
 - Ma è la casa della nonna - protestò, vagamente delusa. - Non è un segreto.
 - Se non lo vedi vuol dire che è nascosto bene - rispose annuendo, come a confermare la propria convinzione.
 - Mostramelo! - chiese, strattonandogli il braccio.
 - Sei proprio una bambina - continuò. - Prima bisogna controllare che non ci sia nessuno che ci spia - spiegò, piegandosi nelle spalle e gettando occhiate sospettose tutt'intorno. Un uomo uscì da un igloo poco distante, e subito scomparve nell'imboccatura di una tenda-deposito poco distante. Una bambina corse via ridendo, rincorsa da un'altra ragazzina. In pochi secondi tornò il silenzio.
 - Ecco, questo è il momento giusto! - disse, gattonando verso il muro di ghiaccio dell'igloo. La sorella lo seguì, poggiando a propria volta sul terreno sia guanti che ginocchia.
Sokka si appiattì contro la parete, voltando la testa di lato e avvertendo il freddo nonostante il cappuccio pesante. Katara lo guardò perplessa, imitandolo nei movimenti.
 - Ecco, guarda. Vedi questo mattone che è più in fuori degli altri? - le disse sottovoce, indicandoglielo.
La bambina annuì.
 - Adesso, da qui, conti uno due e ancora uno due nella direzione di casa nostra - spiegò ancora, sussurrando, muovendo appena le mani lungo la parete nevosa. Con l'indice percorse poi lo spazio che separava quel punto virtuale dal terreno, chinandosi.
 - Ecco, se scavo qui - aggiunse, e subito si bloccò. Cercando di spostare la neve, l'aveva scoperta solida quanto la roccia.
 - Ma - protestò, - Stupido ghiaccio! - aggiunse, togliendosi i guanti e provando a scavare con le mani nude. Non ottenne alcun risultato.
Si voltò verso Katara con un'espressione tutt'altro che promettente. La bambina rimase perplessa: era raro che il fratello mostrasse quella faccia da bambino piagnucoloso. Decise perciò di aiutarlo nel suo intento, sentendosi davvero dispiaciuta, e cominciò a scavare a propria volta.
Il ghiaccio non veniva via nemmeno grattandolo con le unghie; ben presto, le dieci dita di ognuno dei due bambini persero sensibilità.
L'espressione di Sokka, che era tornata ad essere decisa - grato alla sorella che gli dava manforte - si trasformò di nuovo in quella piagnucolosa di poco prima. Katara lo guardò ancora, visibilmente preoccupata.
E se si mette a piangere cosa posso fare?, si domandò. Lei avrebbe subito chiamato la mamma o il papà, e Sokka non avrebbe voluto, perché anche lei si era resa conto come lui cercasse di non mostrare mai nemmeno una lacrima ai loro genitori.
Fu in quel momento che Katara avvertì uno strano calore tutt'intorno ai polpastrelli, e il ghiaccio attorno alle loro mani si trasformò in tiepida acqua. Entrambi i bambini rimasero sbalorditi di fronte a quella magia, e si scambiarono un'occhiata eccitata.
 - Fallo ancora! - esclamò lui, sbattendo i palmi aperti sulla pozzanghera e schizzando tutt'intorno.
 - Non sono capace - rispose, sincera.
L'acqua si era già raffreddata, ed entro breve si sarebbe nuovamente ghiacciata.
 - Oh, no! Devo tirarlo fuori! - gridò Sokka, affannandosi sulla pozza. Con le mani nude continuò a spostare la neve, vagamente più soffice appena sotto la superficie. - ECCOLO! - gridò poi, esultante.
Estrasse da terra un involto dall'aspetto poco rassicurante, nient'altro che un pezzo di stoffa ancora gelata, avvolta su qualcosa. Lottò con i lembi rigidi per mostrare il contenuto alla sorella. Alla fine, felicissimo, agitò in aria un rigidissimo triangolo di qualcosa.
 - Cos'è? - chiese lei, osservandone il colore tendente al marroncino e notando come la superficie fosse costellata da minuscoli puntini di ghiaccio.
 - Come cos'è! E' una braciola, non vedi? - spiegò, indicandole l'osso che percorreva due lati dell'oggetto.
Katara gli gettò un'occhiata perplessa, che parve quasi troppo adulta in quel viso da bambina.
Sokka si portò la bistecca alla bocca e cominciò a succhiarne un lato.
 - Sa di carne e di ghiaccio! - esclamò, esultante. - Vuoi assaggiarla? - le domandò, - Ma solo un po' - aggiunse.
La bambina scosse la testa, e subito suo fratello alzò le spalle e continuò di buona lena con quel tentativo di scongelamento.
 - Ma non è più buona calda? - domando.
 - Se la voglio scaldare devo tornare dalla mamma, e lei mi sgriderà - spiegò.
In quel momento accadde la seconda magia.
Il ghiaccio che irrigidiva la braciola si dissolse, trasformandosi anche questa volta in acqua tiepida. Sokka ebbe però solo un attimo per rallegrarsene, perché nel momento stesso in cui sentì il dolce sapore della braciola sotto ai denti si trovò immerso fino alla vita in una pozzanghera, non dissimile da quella formatasi poco prima, ma ben più profonda e ad una temperatura leggermente superiore.
Stringendo la carne tra i denti osservò ancora la sorella, che pareva perplessa quanto lui.
Poi la macchia d'acqua divenne più profonda e più fredda. I suoi piedi galleggiarono nel nulla, e Sokka si ricordò di non saper nuotare. Lasciò cadere la braciola dalle labbra e gridò, chiedendo aiuto e agitando le braccia.
Katara, spaventata, si sporse verso di lui e gli tese le mani, con l'unico risultato di finire in acqua a propria volta - e nemmeno lei sapeva come si facesse a rimanere a galla in un ammasso d'acqua fredda, e la paura crebbe ancora di più.
E fu allora, appena l'acqua giunse loro alla gola, che quella strana magia li salvò ancora una volta: il ghiaccio si riformò improvvisamente sotto i loro piedi, gradualmente, come se crescesse centimetro per centimetro, e li catapultò fuori dalla buca.

E fu così che li ritrovarono le donne del villaggio, richiamate dagli schiamazzi: fradici, con i piedi ancora incastrati in quel blocco di solida neve, entrambi singhiozzanti. E appena Katara vide la loro madre correre verso di loro, fu con lo stesso stupore dei due bambini che tutte le donne furono testimoni di come il ghiaccio si stesse davvero liquefacendo magicamente.
Sokka, non sentendo più nessun rumore proveniente dalla sorella, smise di piangere. Vedendo Kya in lontananza, decise di tornare a darsi un contegno. Sono grande, io, si ripeté.
Con la mano destra afferrò la braciola, caduta poco distante da lui. Con la sinistra strinse il polso della sorella, avvolto nella manica fradicia.
La donna si fermò poco distante da loro.
 - Anche se te lo racconto non mi credi - disse Sokka.
Kya guardò quei piccoli visi coi menti sollevati verso di lei, con i nasi rossi e le guance vermiglie e i capelli bagnati. Li sgridò, e poi sorrise, stringendoseli entrambi al petto.



*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*
16.05.2011
Questa storia è scritta da così tanto tempo che non ho niente da aggiungere tra le note XD
Anyway, seconda classificata al contest Che la sorte sia con te indetto da Shizue Asahi sul forum di EFP!
Ne sono felice <3
Il personaggio assegnatomi era Katara, e la parola da utilizzare era braciola. Combinazione galeotta XD
Vale anche come risposta per il prompt che Talpy mi ha dato qualche tempo fa, Magia. WAHAHAH XD
Passo e chiudo! :D
Kuruccha
   
 
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