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Autore: _Zexion_    23/05/2011    3 recensioni
Ed ora, a distanza di 579 anni, precisi, faceva come ogni anno salto a quella tomba. Sapeva perfettamente l’orario in cui Francis veniva a portare i fiori sulla tomba della vecchia amata, di quella ragazza che con un sorriso aveva catturato il cuore di quella stupida rana.
Strinse i pugni, prima di sorridere amaramente e calmarsi un po’.
«Have you forgiven me, Jeanne?»
Un sussurro appena udibile, mentre il vento sferzava appena il suo viso, facendo volare qualche petalo in giro, come una risposta.
Genere: Generale, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Argh.
Sono tornata con una FrUk. E stavolta ho voluto persino aggiungerci Jeanne. Ovviamente, di chi è la colpa se non della solita persona? XD
Esattamente, è tua frog. Dannata franScesse u__u Spero tu ti senta nuovamente realizzata dinanzi a codesta cosa che non so nemmeno com'è uscita ma che, inevitabilmente, ti dedico sperando che ti piaccia <3
Come noterai sicuramente, alcune parti sono categoricamente prese spunto dalla nostra role, che mannaggia mi è piaciuta tanto =w=
Quindi, prenditi la tua FrUk, moglieH, e non essere troppo dura nel commento ;w; So le mie colpe. -Sempre bassa stima.-

Oltre a questo, devo AVVISARE che credo mi siano sfuggiti di mano. Cioè, sono andati per i fatti loro, ma spero di averli mantenuti nel minimo dell'IC, altrimenti ditemelo e metterò l'avviso OOC. (anche se spero non sia così ç_ç)
Oltre a questo, l'ho riletta e non mi sembra ci siano errori ma probabilmente qualcosa m'è sfuggito, quindi mi scuso in anticipo. Detto ciò, non mi resta che lasciarvi alla fic.
Buona lettura!



 

~ Il vento d'Orléans ~

 



~ 30 Maggio 1431 ~

 
Le fiamme ardevano, bruciando la veste bianca con la quale era avvolta la giovane e poi, le carni della stessa.
Non una sola volta ella chiese pietà, non una sola volta invocò il perdono. Solo parole dedite a Dio furono su quelle labbra mentre il supplizio delle fiamme la divoravano, troppo lente da parte di chi stava subendo quella tortura.
Arthur guardava, senza distogliere lo sguardo, la ragazza di nome Jeanne bruciare.
L’aveva catturata, l’aveva imprigionata strappandola ai francesi ed ora, sua acerrima nemica che sino all’ultimo aveva combattuto contro di lui, la guardava morire perché si meritava almeno quello.
Jeanne aveva ricambiato il suo sguardo sino all’ultimo, colmo di quella che da lui fu interpretato coraggio e compassione. La ragazza sapeva con quale animo lui l’aveva imprigionata e aveva capito troppo, di lui. Per questo ebbe il presentimento che fosse quello, il significato dei suoi occhi.
Sapeva, Arthur, che al tempo stesso tra quella folla vestito in modo da non farsi riconoscere vi era Francis.
Aveva sentito lo sguardo del francese puntato sulla schiena sino a poco tempo prima, distolto solo quando oramai non poteva più ignorare la donna amata avvolta dalle fiamme.
Non capiva con quale masochismo Francis fosse venuto a vedere la propria donna morire, ma forse, in realtà, lo capiva più di quanto volesse ammettere.
Per questo non ordinò alle sue guardie di catturarlo, come non disse nulla sulla sua presenza a quella corte.
Rimase semplicemente fermo, persino quando oramai non vi fu che una salma bruciata e l’odore della carne nell’aria. Rimase li e mentre la folla che sino a pochi minuti primi avevano inneggiato alla morte dell’eretica si stava diradando, si avvicinò, ordinando agli uomini di tirarla giù. La fece mettere sopra una barella e, sulle mani congiunte di quel corpo irriconoscibile pose la croce che la ragazza aveva portato al collo e che sapeva essere uguale a quella che Francis portava con sé.
«You were a  worthy opponent.»
Si fece il segno della croce e poi, coprì la salma bruciata con un lenzuolo bianco, pulito, che aveva fatto preparare in precedenza.
Trasportò la salma dentro ad un carro e finse di non vedere persino quando quella figura incappucciata gli passò a fianco.
Riconobbe subito, tuttavia, i piccoli riccioli d’oro che uscivano dal cappuccio, come riconobbe lo sguardo azzurro tagliente e ferito che lo guardò e sentì chiaramente la sua voce sussurrare:
«Ne jamais vous pardonner, Angleterre.»
 
 
 

~ 30 Maggio 2010 ~

 
 
Pose i gigli bianchi sopra la tomba a forma di croce, rimanendo a fissarla. Non una parola, null’altro che quel gesto e lo sguardo fisso sopra alla piccola collana sopra la pietra, ancora presente.
Nonostante la salma fosse stata buttata in mezzo a molti corpi, alla fine i francesi l’avevano rivenuta.
Ed ora, a distanza di 579 anni, precisi, faceva come ogni anno salto a quella tomba. Sapeva perfettamente l’orario in cui Francis veniva a portare i fiori sulla tomba della vecchia amata, di quella ragazza che con un sorriso aveva catturato il cuore di quella stupida rana.
Strinse i pugni, prima di sorridere amaramente e calmarsi un po’.
«Have you forgiven me, Jeanne?»
Un sussurro appena udibile, mentre il vento sferzava appena il suo viso, facendo volare qualche petalo in giro, come una risposta.
Chiuse gli occhi per un attimo, ascoltando quella muta risposta, distraendosi dal mondo e sentendo la tranquillità di quel luogo che mai nessuno avrebbe potuto profanare.
Jeanne era la Santa, l’eroina francese più acclamata ancora di quei tempi.
«Oui, Arthùr.»
Sussultò, sentendo quella voce maschile rispondere alla propria domanda e aprì gli occhi, sorpreso che proprio Lui si trovasse lì. Eppure, aveva ancora molte cose da fare prima di venire in quel posto.
«Francis… perché sei qui?»
Il francese si alzò piano, dopo aver posato i fiori e aver baciato la croce che ancora portava al collo. Ci aveva impiegato un po’ a rispondere, passando del tempo ad osservare in silenzio quella tomba.
«Ogni anno c’era un mazzo di fiori in più, dei gigli e una rosa. Non capivo chi potesse dedicargli una rosa bianca, che a mala pena si vedeva in mezzo agli altri fiori. E ci ho impiegato un po’, ad accettare che fossi tu.»
Arthur rimase in silenzio, senza avere nulla da obiettare. Sapeva dell’odio che Francis provava ancora per lui riguardo quell’argomento. Probabilmente, l’unico che non gli avesse mai perdonato e per la quale se la fosse davvero presa a cuore.
«Poi, ho pensato che Lei non ti avrebbe tenuto rancore. Era troppo buona di cuore, per farlo.»
Di nuovo, non disse nulla l’inglese, ascoltando le parole dell’altro. Perdonato perché Lei lo avrebbe fatto?
Inaccettabile. Perché comunque, sapeva già che Jeanne non lo odiava. Quel suo sguardo..
«Lei ti avrebbe perdonato. Ho visto il suo sguardo, ed era diretto a te. Quindi.. Benché io non riesca ad accettarlo.. Arthùr, dimmelo.»
Arthur vide Francis girarsi verso di lui, finalmente guardandolo negli occhi. Sostenne il suo sguardo senza fare o dire nulla, aspettando che continuasse.
«Qual è il motivo vero dietro la sua morte?»
L’inglese sorrise appena, distogliendo lo sguardo. Stolto. Quella rana era sempre stata così.
«Lo conosci perfettamente il motivo per cui è morta al rogo.»
«Dimmelo guardandomi negli occhi, se è la verità.»
Colto sul vivo, rialzò lo sguardo su di lui per un attimo prima di girarsi, facendo finta di nulla. Non aveva intenzione di dire nulla, non in quel momento, non in quel luogo.
«Non è il caso di litigare anche qui, non credi?»
«Non devo nascondere nulla a Jeanne.»
«Jeanne, Jeanne.. il suo nome sulle tue labbra è sempre dolce.»
Francis si corrucciò un attimo, prima di spalancare gli occhi e stringere i pugni.
«Dites-moi.»
Rimase in silenzio a lungo, Arthur, prendendo un profondo respiro. Poi, un incitamento venuto da chissà dove mentre dava in maniera codarda la schiena al francese che sempre aveva affrontato a testa alta.
«Jealousy.»
Francis rimase a guardare quella schiena che sino a poco prima era rivolte al contrario. Gelosia. Arthur aveva ucciso Jeanne per pura gelosia, e lui, aveva perso la ragazza amata per quello.
«Sei pessimo, Arthùr.»
Nulla. Arthur non si aspettava nulla di meglio da Francis, perché ovviamente sapeva di meritarselo. Per questo non aveva nulla da ribattere e per una volta, ignorò completamente le parole dell’altro.
«Se ora posso andarmene..»
«Sei pessimo, ma non posso fare a meno di amarti.»
Si bloccò subito, Arthur, sentendo quelle parole e un battito perso nel petto. Amore. Francis, verso di lui? Certo sapeva che era così in un certo senso, non mancavano i gesti e le dichiarazioni d’amore da parte del francese nei suoi confronti.
Non ebbe però il coraggio di crederci, né in quel momento né tutte le altre volte, sentendosi troppo oscurato dall’ombra onnipresente di Jeanne su di loro.
«Francis.. non mentire, almeno ora. Per favore.»
La prima volta che forse chiedeva una cosa del genere al francese, troppo orgoglioso per sbilanciarsi troppo verso di lui, come verso gli altri.
Troppo timoroso di perdere ancora qualcuno che, seppur con reietto, doveva ammettere di amare.
«Non mento, non davanti alla tomba di Jeanne, né mai altra volta l’ho fatto. Tu, Arthur, sei la persona  più pessima che io abbia mai conosciuto. Orgoglioso, testardo e vendicativo. Non ti fermavi dinanzi a nulla pur di ottenere ciò che volevi e così, alla fine ho fatto anche io. Tu mi hai strappato Jeanne, io ti ho allontanato da Alfred. Perché te lo meritavi.»
A quelle parole l’inglese si girò, finalmente, guardando Francis sorpreso. Quella ferita ancora aperta verso l’americano, che mai aveva dimenticato e forse come Jeanne per Francis, era per lui un argomento troppo duro per riuscire a perdonare qualcuno.
«What?»
«Sorpreso? Almeno, Alfred è ancora vivo, per te.»
Cercando di restare calmo, Arthur respirò a fondo e poi tornò sui suoi passi, voltandosi ed iniziando a camminare per andare via. Non li, non quel giorno.
Tuttavia si sentì trattenere dal polso e non si voltò nemmeno, sapendo benissimo chi era e perché.
«Let me go, Francis.»
«Baiser.»
Sussultò, l’inglese, strattonando il polso più forte. Ma era troppo forte la stretta di Francis per riuscire a liberarsi così, senza nemmeno voltarsi.
«Baciami e ti lascio andare Arthùr, è semplice.»
«Non essere assurdo.»
«Non è un assurdità.»
«Allora non farmi questo.»
Arthur si voltò verso l’altro, guardandolo ferito. Non poteva evitare, pensando che fosse l’ennesima presa in giro. Davanti a quella tomba, poi!
«Non farmi soffrire più di quanto io già non faccia! E’ egoistico!»
«Non è egoista da parte tua privarmi di qualcuno solo per avere attenzioni e poi, lasciarmi perdere completamente per sostituirmi!?»
Rabbia. Era questa che provava Francis, dinanzi all’egoismo di Arthur. Rabbia e sofferenza, gli stessi sentimenti che forse ora univano entrambi.
«Baciami, Angleterre! Ti libererai di me, dopo, se vorrai! Ma ora tira fuori il coraggio di prendere ciò che volevi quando mi hai portato via Jea-»
Non finì mai quel nome. Non lo finì, perché le labbra di Arthur si impadronirono delle sue, con rabbia e disperazione, tristezza e dolore. Dopo un attimo di smarrimento, Francis strinse a sé quel corpo che da sempre aveva bramato e ricambiò quel bacio saggiando le labbra dell’inglese. Fu la disperazione a unirli, ma il sentimento che finì tra le loro labbra era qualcosa di più complicato, più dolce, che fece di quel bacio furente un bacio calmo, ma che li privò comunque del fiato.
Francis appoggiò la fronte su quella di Arthur, mentre intrecciava una mano a quella dell’inglese, mentre l’altro lo guardava, cercando di recuperare fiato, con sguardo triste e solo.
«Don’t call her name.»
«Je ne farai pas.»
«Call my name..»
«Oui.»
«Only my name.»
«Oui, Arthùr.»
«I love you, Francis.»
«Moi aussi, Arthùr. Moi aussi.»
Di nuovo, le loro labbra si toccarono, stavolta per colpa di Francis che non riuscì a resistere oltre. Davanti a quella tomba, lì, per la prima volta erano stati sinceri. Di nuovo, in un certo qual modo, grazie alla Fanciulla d’Orleans Francis era felice. E anche Arthur, non poteva di certo lamentarsi.
  
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