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Autore: Darik    27/05/2011    1 recensioni
Una coppia di amiche con già molti problemi, sta per averne un altro, assai più letale. Avranno bisogno di un aiuto, che arriverà da qualcuno che non è quello che sembra.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 11
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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MANIE DI COLLEZIONE

1° Capitolo

“Esprimi un desiderio”.

La giovane Margareth guardò leggermente di sbieco l’affascinante Emy, la ragazza con i capelli castani sempre acconciati all’ultima moda e con gli abiti più chic del momento, che in quell’occasione le stava con un piede sopra la schiena.

Margareth fino ad allora non aveva saputo che gusto avesse il pavimento della scuola. Ora lo conosceva fin troppo bene, dopo che una delle compagne di Emy le aveva afferrato la bocca e l’aveva costretta a baciare il suolo.

Adesso che era libera di muovere la testa, rispose: “Non ho desideri da esprimere”.

“Ma dai, è una cosa divertentissima. Forse hai bisogno di un ulteriore incentivo”.

Emy schioccò le dita e un’altra della sua banda, in tutto formata da cinque ragazze, prese una gomma da masticare, se la infilò in bocca assaporandola con gusto per poi sputarla proprio davanti a Margareth.

Infine la schiacciò col tacco dello stivaletto, appiattendola sul pavimento.

“Da brava, pulisci” la esortò Emy.

Margareth tentò di prendere il suo fazzoletto, ma due della banda la bloccarono pigiando con forza i loro piedi sopra i polsi della ragazza stesa a terra.

La capobanda scosse la testa. “Pulisci con la lingua. La saliva è anche un buon disinfettante, non lo sai?”

Margareth fece cenno di no, allora le altre tre ragazze la costrinsero ad aprire la bocca, la presero per dietro il collo e la spinsero faccia in giù sulla gomma da masticare.

“Bastarde! Lasciatela stare!!”

Emy fece appena in tempo a girarsi nella direzione da cui proveniva quell’urlo, giusto per vedere una suola di scarpa piombare sulla sua faccia.

Il colpo la scaraventò via, le altre del gruppo si lanciarono verso la nuova venuta, una bella ragazza dal fisico atletico e i capelli neri, che le respinse tutte con una serie di calci circolari e all’addome.

Le teppiste finirono a terra, lamentandosi del dolore, mentre la lottatrice con un rapido gesto fece rialzare Margareth prendendola per un braccio.

Si premurò che stesse bene, poi con occhi di fuoco si rivolse verso Emy.

“Emy Furens! Per l’ultima volta! Lascia stare Margareth O’Dowell! O la prossima volta ti faccio volare tutti i denti! Me ne frego di chi è tuo padre!”

La Furens si rialzò, toccandosi il labbro inferiore, che sanguinava. Sorrise. “Louise Michelle Christian, inutile dirti che la pagherai cara per questo” disse con calma, per poi fare cenno alle sue doloranti servitrici di seguirla, ordine che fu eseguito, anche se con difficoltà.

Rimaste sole, Louise prese un fazzoletto e cominciò a pulire il volto della sua amica.

“Spero che non ti abbiano fatto male”.

“No, grazie dell’aiuto” rispose Margareth sistemandosi i suoi biondi e corti capelli. “Però temo che stavolta tu abbia esagerato”.

Louise sbuffò. “Potevo forse starmene con le mani in mano? Ti rendi conto di cosa ti stavano facendo? E poi, scusa, tu avresti ceduto?”

“No”.

“Ecco, lo vedi? E più si resiste, più quelle bastarde ci danno dentro. Quella maledetta Emy è fissata! Essendo suo padre il maggior industriale della zona, uno che tiene al guinzaglio anche il preside di questo dannato liceo, Emy si sente intoccabile e vuole affermare la sua forza su tutte le nuove venute, maltrattandole fino a quando non esprimono il suo desiderio: che le chiedano pietà. Tu finora sei la seconda che ha resistito di più”.

“E la prima chi era?”

“Mary Lauren. Due anni fa. Arrivarono al punto di incendiarle i capelli. E anche se glieli spensero subito dopo con una secchiata d’acqua, a causa di quelle ferite dovette farsi un mese di ospedale. Poi non è tornata più perché i genitori l’hanno fatta trasferire altrove”.

“Mio Dio! E non ci sono state denunce?”

“No, perché Emy è anche furba come una iena. Quando fa cose del genere è molto brava a non lasciare tracce. La polizia dovette archiviare il caso come aggressione notturna da parte di ignoto. Ma a scuola tutti sapevano che era stata lei. E sono stati zitti, perché paparino Furens ha tanti di quelli agganci, con il sindaco, i commercianti, gli avvocati, con chi vuoi, che basta una sua parola per rovinare chiunque abiti qui. O per favorirlo. Sai che quelle cinque che lo accompagnano non sono amiche? Sono invece vere e proprie mercenarie, pagate da lei e incoraggiate dai genitori, che sperano così di entrare nelle grazie di babbo Furens”.

Margareth sospirò. “Come vorrei andarmene. Ma devo restare in questa città per aiutare mia zia. E mio padre, a Londra, non può permettersi una seconda bocca da sfamare”.

“Lo so, lo so bene. Ora torna in classe, ti vengo a prendere all’uscita”.

“Non ho bisogno di guardie del corpo”.

Louise le picchiettò sulla testa. “Sei la più stupida persona coraggiosa che conosco”.


Terminate le lezioni, Louise accompagnò Margareth fino a casa, passando per le vie di quella piccola e anonima città di campagna inglese, uguale a tante altre e nella quale erano nate e cresciute, conoscendosi e stimandosi fin da piccole.

Il cielo era plumbeo, l’aria né troppo fredda né troppo calda.

Diversi camion blu passarono affianco a loro.

Louise li notò. “Strano, mai visti quel tipo di camion da queste parti”.

Camminando ancora arrivarono vicino a un’edicola. “Oh, scusa” disse Margareth entrando con passo svelto nel negozio per uscirne un minuto dopo. Al petto stringeva qualcosa.

“E’ arrivato! E’ arrivato!” esclamò gioiosa.

“Oh no” fece l’altra “ancora quello stupido fumetto giapponese?!”

“Non è stupido. Magister Negi Magi è un manga splendido: unisce azione, commedia, tensione e romanticismo. E’ pure meglio di Love Hina, dello stesso autore, che pur essendo un ottimo manga aveva però una storia troppo semplice, scontata. Invece Negi, o Negima che dir si voglia, è…”

Louise mise le mani avanti. “Ti prego, risparmiami le nozioni mangofile o come si dice. Quando vedo la tua stanza… è talmente piena di gadget, poster e albi di questo Negima… da farmi venire la nausea! Se a questo ci aggiungi tutte le tue manie per i film di fantascienza, ne esce fuori un bel ritrattino”.

“Come fa a non piacerti un manga? Non apprezzi anche tu la cultura giapponese?”

“Solo le arti marziali, che mi ha insegnato mio padre”.

“Sei forte e buona, ma anche così ristretta di mente” replicò Margareth.

“Che cosa?! Brutta… vieni qui!”

Correndo e scherzando, arrivarono fino alla casa di Margareth, un’abitazione dal tetto spiovente con solo il piano terra.


“Zia, sono tornata” annunciò Margareth.

Entrò nella cucina, trovandola deserta. “Strano, di solito è qui che prepara il pranzo”.

“Eccomi, tesoro”.

Dal soggiorno arrivò una vecchina, col bastone e dal passo lento, il volto pieno di rughe con però al centro due occhi assai energici.

“A cosa devo questo cambiamento di abitudine?” chiese la nipote sorridendo.

Il sorriso si spense quando vide che la zia aveva in mano una piccola siringa, e la manica destra del suo maglione azzurrino alzata fino al gomito.

“Zia Anna, quella è la tua siringa d’insulina. Perché…”

Un’espressione di orrore si disegnò sul volto di Margareth: la siringa era ancora piena.

“Dovevi fartela mezz’ora fa! Dov’è quell’idiota d’infermiera? Susan! Susan, dove sei?”

“Non è venuta” rispose la zia.

Prontamente Margareth prese la siringa e fece l’iniezione. “Ma quella… quella strega! Stronza! Vuole farti morire?!”

La zia si strinse nelle spalle. “Chissà come, ha saputo che non avevo i soldi per pagarla oggi e non è venuta. Così mi ha detto al telefono”.

“Stronza! I soldi li manderà papà domani, da Londra. Cosa le costava aspettare un giorno in più! Comunque, tu stai bene? Ti gira la testa?”

“Sto bene, nipotina, sto bene”.

“Ma perché non mi hai chiamato mentre ero a scuola?”

La zia si mise, o almeno tentò, di mettersi dritta. “Per farti venire un colpo e perdere un giorno di scuola? Oh no, signorina, tuo padre compie molti sacrifici per farti studiare. Il tuo futuro è più importante di una vecchietta di ottantuno anni come me. Ho cercato di farmi l’iniezione da sola, come ho fatto per tanti anni, e ci sarei riuscita se avessi trovato i miei occhiali. Li avevo lasciati in cucina e non so proprio dove siano finiti”.

“Zia, sei stata troppo avventata. Cosa sarebbe successo se…”

Margareth scosse la testa. “Lasciamo perdere. Pensiamo al pranzo”.


Dopo il pasto, zia Anna si dedicò alla sua pennichella pomeridiana, mentre Margareth si tuffò sul suo letto per leggere l’ultimo numero di Magister Negi Magi.

I suoi manga, soprattutto Negima, e i suoi film erano un’ottima distrazione: poter volare con la fantasia in un mondo dove il bene vinceva sempre, pieno di creature fantastiche e di vere amiche.

Non che Louise non fosse una vera amica, anzi, ma era l’eccezione che confermava la regola: la regola cioè che le altre ragazze la evitavano come la peste perché non si era ancora piegata all’odiosa Emy. E quindi temevano vendette trasversali. Anche i ragazzi la evitavano, per questa ragione Margareth non aveva un fidanzato, nonostante fosse bella e simpatica.

Louise se ne fregava di questo, con i suoi diciotto anni era più grande di Margareth ed Emy, ed era in quella scuola da prima che arrivasse quest’ultima, che perciò si ritrovava nella posizione di novellina.

Però dopo che Louise avrebbe cominciato l’università, andandosene dalla città, cosa sarebbe successo?

“Meglio non pensarci per ora. In fondo manca ancora un anno” concluse riemergendosi nella lettura, e ridendo all’idea che Negi usasse uno dei suoi starnuti svestenti su Emy e le sue serve.


Il giorno dopo erano per fortuna arrivati i soldi da Londra, permettendo così di richiamare Susan l’infermiera.

Assicurata assistenza alla zia, Margaret andò a scuola stando tranquilla, come pure trascorse tranquillamente il resto della mattinata.

La botta, terribile, arrivò all’intervallo: quando Emy si presentò nella classe di Margaret, tutti ammutolirono e si scansarono, mentre la Frena si dirigeva come un predatore verso la preda, seduta al suo banco.

“Emy” la salutò freddamente Margaret.

“Mia cara, vorrei che leggessi questo” le disse l’altra porgendole un foglietto.

Margaret lesse, e rimase pietrificata.

“Esatto!” riprese Emy “la cara Louise è costretta a fare armi e bagagli. Entro due giorni sarà sparita da qui con tutta la sua famiglia. Mi sa che resteremo solo noi due. Eh, questi trasferimenti per motivi di lavoro sono così imprevedibili. Fammi un favore e vai a dirglielo. Dimenticavo, restituisci questi a tua zia”.

L’altra mise sul banco un paio di occhiali. E Margareth impallidì quando riconobbe gli occhiali della zia.

Quel pallore fu più che sufficiente per Emy, che se ne andò con un sorriso soddisfatto.


“Mi dispiace, mi dispiace veramente”.

Louise sembrò il senso di colpa personificato, quando, dopo le lezioni, l’amica le raccontò cosa era successo.

“L’avevo detto che ieri avevi probabilmente esagerato” costatò Margareth, terrea in volto.

“Sai perché l’ho fatto. C’è solo un modo per trattare con quelle come Emy: abbatterle. Altrimenti non c’è uscita. Se non ti pieghi, ti rendono la vita un inferno. Se ti pieghi, è un inferno comunque, solo che cuoci più lentamente. Ma sempre inferno è.”

“Credi che non lo sappia? E comunque sono io che dovrei scusarmi con te”.

“E perché?”

“La tua famiglia è costretta a trasferirsi. Secondo te nella vostra nuova sede starete meglio o peggio? Il padre di Emy avrà già dato le sue raccomandazioni. Quindi sono io a dovermi dispiacere per te. Con quella stronza… “

Margareth cadde in ginocchio.

“Mia zia… ha messo in pericolo mia zia… ti rendi conto?! Dopo la mamma… non voglio perdere anche lei! E ora, forse trasformerà anche la tua vita in un incubo. Mi dispiace così tanto! Mio Dio, cosa… che cosa devo fare?” esclamò iniziando a singhiozzare.

Louise, con gli occhi lucidi, la abbracciò: “Dannazione! Smettila! Io non mi pento di averti aiutato”.

“Scusatemi, signorine”.

 

  
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