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Autore: ___runaway    09/06/2011    0 recensioni
Doveva essere un giorno normale, invece è stato un giorno speciale.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riuscii a guardarla solo per pochi secondi.
Arrivò veloce, senza che nessuno se ne accorgesse. E con la stessa velocità, se ne andò.
Un semplice ‘ciao’ fece muovere le sue labbra. L’unico contatto fu per una foto.
Ancora non capisco come ho fatto a non fermarla.
Ci ripensai per il resto del pomeriggio.

 
Lo fissai per tutta la giornata.
Era lì, su quel palco, con quel microfono alla bocca. Tutti gli occhi puntati su di lui.
Il suo grosso sorriso mi avvolse e mi fece rabbrividire. L’unico contatto fu per una foto.
Ancora non capisco come ho fatto ad andarmene così.
Ci ripensai per il resto del pomeriggio.

 
“Com’è andata oggi?” mia mamma al telefono.
“Bene, come al solito. C’era tantissima gente!” forse non avrei dovuto più sorprendermi così tanto ogni volta.
“Nessuno di interessante?” ridacchiò. Ormai quella domanda era d’obbligo.
Ci pensai un po’ su.
“No, nessuno.”
Al telefono è sempre più facile mentire, nessuno vede le facce che fai.

 
“L’hai visto?” Diletta emozionata.
“Sì, sì. Ed era bellissimo, come al solito.” Lo sapeva, glielo ripetevo continuamente.
“Lui ti ha visto?” era la classica domanda da bambina, le sue classiche domande.
Ci pensai un po’ su.
“Certo. Cioè, sì.” Non era stato un vero e proprio ‘vedere’, ma più un ‘considerare per educazione’.
“Ah, non mi piacciono i suoi gusti” sghignazzò alzando gli occhi.

 
Avevano intenzione di ripartire il giorno dopo, ormai era sabato sera e nessuno aveva voglia di mettersi in viaggio.
Un po’ di riposo ci voleva a tutti.
Andai a mangiare una pizza con il manager e la stylist. Il posto era tranquillo, anche se nel bel mezzo della vita notturna di quella città. Era un locale caraibico; le pizze erano tutte strane, con degli ingredienti particolari.
C’era da accontentarsi.

 
Quella sera uscimmo, anche se ero stanchissima. Dopo tutto, ero tornata a casa tardi e mi ero dovuta preparare di corsa.
Cosa impossibile per una donna.
Andai a mangiare una pizza con Diletta e gli altri. Per quella sera cambiammo posto: avevano prenotato in un locale tranquillo. Un po’ stravagante, era caraibico. Il vestito da sera non era proprio adatto.
Ma si sarebbero dovuti accontentare.

 
La cameriera ci accompagnò al nostro tavolo. Nel locale c’era poca gente.
Mi tolsi il giubbotto e lo appoggiai su una sedia libera. Mi voltai per mettermi seduto.
E fu come un’illusione, la più bella di tutte.
Strizzai gli occhi, non poteva essere vero. Forse ci avevo pensato troppo, per tutto il giorno.
Non poteva essere proprio lì.

 
Ordinammo la pizza. Non mi piacevano quelle strane, così puntai su una margherita.
“Prendi la macchina fotografica?” mi chiesero. Mi allungai verso la sedia libera dove avevo appoggiato la borsa.
E fu come un sogno, il più reale di tutti.
Strizzai gli occhi, non poteva essere vero. Forse ci avevo pensato troppo, per tutto il giorno.
Non poteva essere proprio lì.
 

Forse sarei dovuto restare a sedere, fare finta di nulla.
Forse sarebbe stato meglio continuare a leggere il menu, con indifferenza.
E continuare a fissarla di nascosto.
Ma non lo feci.
La vidi sbattere più volte gli occhi, toccarsi i capelli, accennare un sorriso imbarazzato.
La vidi sempre più vicina.

 
Forse avrei dovuto fare finta di nulla, restare a sedere.
Forse sarebbe stato meglio continuare a fare foto stupide, con indifferenza.
E continuare a fissarlo di nascosto.
Nessuno se ne accorse. Lo vidi alzarsi in piedi, venire verso di me, sorridermi.
Di nuovo quel sorriso, sempre più vicino.
  
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