A Solitaire
che ha fatto diventare i nessuno qualcuno.
PAUSA CAFFÈ
Ansem uscì dal laboratorio e si sedette sul divanetto
dell’anticamera, deciso a godersi la pausa.
Xehanort lo seguì; aveva già una sigaretta in
mano prima ancora di essere fuori dalla stanza. Lasciò la
porta socchiusa e aprì la finestra, poi si
scaraventò pesantemente di fianco a lui, tirando le prime
boccate di fumo con la foga di uno che stava per annegare.
Ansem gli allungò un posacenere.
-Non ho capito perché Braig, Dilan e Aeleus debbano scendere
al bar in tre per prendere sei caffè e un succo di frutta,
comunque. Si direbbe che persone come loro dovrebbero essere in grado
di portare un vassoio, no?-
Xehanort sospirò, buttando fuori una nuvola di fumo.
Sventolò pigramente la mano nel vano tentativo di mandarla
verso la finestra.
-Perché già che ci sono giocano la schedina,
credo. O forse guardano l’arrivo delle corse. Non so, se non
è l’una, è l’altra.-
Ansem scosse la testa.
-Ma sì, va bene, lasciamo stare… piuttosto, mi
chiedo come mai ci ostiniamo a prendere il caffè anche per
Even. Tanto lui dirà qualcosa tipo “adesso ho da
fare, lasciatelo lì che lo bevo dopo” e poi non lo
berrà mai. Stessa cosa per il prosecchino di stasera.-
-È vero, ma non possiamo non contarlo. Sembra brutto.-
I due tacquero un momento.
Poi si guardarono.
-C’è troppo silenzio in quel laboratorio. Cosa sta
facendo il bambino?-
Ansem si alzò per andare a controllare. Ienzo trafficava
attorno alla gabbia delle cavie, guardava lo schermo di un computer e
prendeva appunti, buono buono. Tornò a sedersi.
-Niente, sperimenta sulle cavie. Chi di voi gli ha regalato quel libro
in cui dicono che le cavie sono gli esseri più intelligenti
dell’universo? Non vorrei che gli venissero strane
idee…-
Xehanort si strinse nelle spalle.
-Gliel’ho regalato io. Mica potevo regalargli quello del topo
vestito di verde che fa il direttore di un giornale e cerca di
insegnare le cose ai bambini, me lo avrebbe tirato nella schiena.-
-In effetti… -
-Che poi mi chiedo: il direttore di un giornale? Ma chi è
che darebbe credito a ciò che dice un topo parlante,
insomma?-
Ansem rise.
-Non saprei… guarda, se mai un topo mi parlerà,
ti assicuro che non lo ascolterò!-
Anche Xehanort rise.
-Questa sì che è saggezza, Ansem il
Saggio… a proposito, non te l’ho mai chiesto. Da
dove viene questo appellativo?-
Inaspettatamente, Ansem rise ancora di più.
-Guarda, io te lo dico, ma tu non dirlo in giro, anzi, dimenticalo
immediatamente! Non è che un soprannome che mi porto dietro
dai tempi dell’università. Bei tempi…
eravamo io, un ragazzo proveniente dal deserto che chiamavamo
“il Bianco” e un tizio obeso detto “lo
Smilzo”. Quanto ci siamo divertiti!-
Xehanort rischiò di strozzarsi dalle risate. Dal laboratorio
Even gli gridò, seccato, di finirla con tutta quella
confusione.
-Cercherò di dimenticare quello che mi hai detto, anche se
temo che dovrebbe succedere qualcosa di davvero molto apocalittico
per rimuovere questa informazione dalla mia mente!-
Sempre ridendo, Ansem si alzò per aprire di più
la finestra, lanciò un’occhiata distratta dentro
il laboratorio, poi qualcosa attirò la sua attenzione.
Piombò dentro il laboratorio come una furia; Xehanort,
incuriosito, spense la sigaretta e gli andò dietro.
-Ienzo! Se ti vedo ancora scambiare i tappi gialli delle provette con
quelli rossi ti estrometto dal progetto! Come te lo devo dire? Gli
esperimenti non si fanno così, alla speraindio, si fanno
dopo ripetuti test, prima su modelli matematici, poi su animali e infine su persone consenzienti!
–
-Ma…- provò a ribattere il ragazzino.
-Niente ma. Rifallo, e puoi dire addio al tuo futuro da scienziato,
sono stato chiaro?-
Per un momento Ienzo guardò Ansem in un modo stranissimo,
sotto la frangia chiara. No, non stranissimo: terrificante. Uno sguardo
che non sarebbe dovuto comparire sul viso di un bambino. Uno sguardo
che diceva qualcosa del tipo “Se mi ostacoli io
andrò avanti comunque, qualsiasi cosa accada, a qualsiasi
costo, e farò cose che voi umani non potete neanche
immaginare”. Ma durò un instante, e Xehanort non
poté essere certo di non essersi ingannato.
-E anche tu, Even, non potresti dargli un’occhiata?-
proseguì Ansem. Forse anche lui ha notato quello sguardo,
pensò Xehanort.
Even sollevò la testa dal microscopio. Ma lentamente. Con
una lentezza talmente ostentata da rendere chiaro cosa pensasse della
richiesta prima ancora di aprire bocca.
-Io sono qui per lavorare, non per badare al bambino. Se volete una
baby-sitter assumetene una, io non ho tempo da perdere dietro a queste
sciocchezze.-
Xehanort sospirò. Non invidiava Ansem. Per nulla al mondo
avrebbe voluto ritrovarsi a capo di individui del genere: sarebbe
finito a fare cose assurde tipo mettersi su un balcone a monologare
alla luna, se lo sentiva.
-Even, se Ansem te l’ha chiesto è
perché sa che sei perfettamente in grado di fare entrambe le
cose. E poi tu hai molta più esperienza di lui, potrebbe
imparare tantissimo da te, non credi?-
Even borbottò qualcosa, il che era un buon segno,
perché significava che stava cedendo. Chiamò
Ienzo e lo mise al microscopio, spiegandogli seccamente quello che
stava facendo.
I due uscirono di nuovo dal laboratorio. Xehanort si accese un'altra
sigaretta.
-Non sei un po’troppo severo con Ienzo? È uno
scienziato; lo sei anche tu, dovresti capirlo.-
-Ah, no, eh? Non cominciare. Sarà anche un genio, ma
è solo un bambino; vorrei vedete te, alle prese con un
ragazzino iperdotato che non capisce la differenza tra bene e male!-
Xehanort diede un paio di tiri alla sigaretta.
-Perché, tu la capisci? Qualcuno di noi la capisce? Cosa
sono Bene e Male?-
-Senti, adesso risparmiami i tuoi monologhi pseudo-filosofici. Se mi
verranno dei dubbi chiederò a un topo, va bene? E se
sbaglierò chiederò scusa, come mi ha insegnato
quella santa donna di mia madre!-
Risero entrambi, poi tacquero, aspettando che arrivassero i loro
compagni con il caffè; li sentirono arrivare dalle scale.
Braig e Dilan, perché Aeleus come al solito era in silenzio.
-Guarda che ho ragione io, Dilan. La barista ti stava smaccatamente
guardando il culo!-
-Zitto, Braig. Sei fissato con questa storia. Oltretutto guardavi le
corse, come fai ad aver visto che mi guardava il culo? Non hai nemmeno
tutti e due gli occhi!-
-Fottiti. È che io ho il senso dello spazio e delle
dimensioni. Se tu sei limitato sono cazzi tuoi, perché la
barista ci starebbe e invece perdi tempo a scrutare la gente in modo
truce. Ma offrirle una rosa, ad esempio, no?-
-Detesto le rose.-
Aeleus arrivò per primo. Il vassoio lo portava lui, come al
solito.
-Signori, c’è il caffè. Chiamate Even e
Ienzo.-
Come previsto, Even fece sapere che sarebbe arrivato, un momento solo.
Anche Ienzo lasciò lì il suo succo, quel
pomeriggio.
Xehanort si rilassò, fissando il suo caffè. Non
lo beveva subito: lo teneva tra le mani, ne respirava
l’odore, escludeva per un attimo dalla mente Ansem, il
laboratorio, le chiacchiere dei colleghi. Il caffè era la
sua tranquilla, rilassante pozza di nulla.
Quel giorno la schiumina, disfacendosi poco a poco, si era disposta in
modo davvero strano: sembrava avere la forma di un cuore.
Note:Temo
di aver fatto un macello. E il motivo è semplice: non ho mai
giocato a KH in vita mia. Tutto ciò che so, lo so grazie a
“Exuviae” di Solitaire e i riassunti di Wikipedia.
Ora, dato che in “Exuviae” i protagonisti (dei
quali mi sono innamorata, di Vexen in special modo) sono i Nobody, io
tendo a considerare secondari personaggini come ad esempio Sora, o
Riku. O DiZ. Sul quale ho chiesto informazioni a Solitaire, con parole
sue, e lei mi ha raccontato di Ansem, con parole sue.
Ansem il Saggio.
Ma voglio dire.
E quindi è nata questa scenetta. Tutta per lei.
Special guest il culo di Xaldin, che sappiamo essere niente male.
I libri di cui si parla sono “Guida galattica per
autostoppisti” e “Geronimo Stilton”, che
non so se siano disponibili nelle migliori librerie di Radiant Garden,
ma facciamo di sì.
Grazie a chi leggerà, si farà due risate, si metterà le mani nei capelli, ma soprattutto grazie a Solitaire per avermi presentato tutti questi biscioni!