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Autore: habanera    14/06/2011    1 recensioni
Quel lieve languore racchiuso in quelle labbra leggermente discoste le une dalle altre… quella presenza di fronte a sé era davvero il Tiranno?
[Sennar/Aster]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aster, Sennar
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Punto di non ritorno

ovvero Soledad, la bella bambina che danza col cuore infranto

 

Give me a long kiss goodnight

and everything will be alright

Tell me that I won't feel a thing,

So give me Novacaine

 

Quel lieve languore racchiuso in quelle labbra leggermente discoste le une dalle altre… quella presenza di fronte a sé era davvero il Tiranno? Per quanto conoscesse la risposta, una parte della sua mente rifiutava quella realtà. Com’era possibile che un sovrano – perché dopotutto, lo era di fatto: padrone di una terra sempre più piena di cadaveri, di corvi e di puzza di morto, popolata da creature ripugnanti – potesse avere un tale aspetto? Erano anni che conduceva la sua guerra per la conquista delle terre del Mondo Emerso, ma il suo aspetto tradiva tutto quel tempo. Un bambino. Il tanto temuto Tiranno era forse un bambino?

 

Cercava la risposta nei propri ricordi, ma proprio mentre stava per trovarla ecco che si rifiutava di conoscerla: esserne a conoscenza lo spaventava e affascinava al contempo, costringendolo in un limbo cognitivo senza fine.

Lui era bello, punto. Era bello di una bellezza un po’ moribonda e folle, tremula come una candela nell’oscurità e candida come i suoi lineamenti.

Le labbra, pur pallide, risaltavano sulla carnagione lattea del suo volto da eterno fanciullo e – che fosse dannato quel suo pensiero così traboccante di lussuria – per una manciata di secondi desiderò baciarle; una volta ripresosi rabbrividì al solo pensiero. Era quasi crudele  l’immobilità in cui versava  Aster, accovacciato poco più in alto di lui. C’era qualcosa di spietato e di snaturato, che stonava con un aspetto così angelico.

Ed era lì, a guardarlo dritto negli occhi con l’espressione seria, neutra, quasi le emozioni non vi avessero mai fatto capolino neanche una volta nella vita. Chissà com’era quando sorrideva – quando poteva ancora farlo, quando voleva… No! Non appena il ricordo tornò in mente lo scacciò brutalmente. Non gli apparteneva, pertanto doveva evitare di farlo diventare come proprio. Scosse piano il capo, facendo tintinnare appena le catene.

La parola ‘sorriso’ e il nome ‘Tiranno’stonavano alquanto, data la compostezza che Aster ostentava.

All’apparenza così piccolo e indifeso… arricciò il naso. Aveva messo in ginocchio tutto il Mondo Emerso.

Con colui che gli stava davanti era stato così dalla prima volta che l’aveva visto, poche ore prima. Non che attualmente avesse una cognizione del tempo precisa, in quella umida prigione nei sotterranei della Rocca.

Non riuscendo ad accettare che un essere così bello potesse essere la massima minaccia per il mondo in cui era cresciuto ed aveva imparato ad amare, cominciava a farsi domande, a porsi taciti interrogativi che mai avrebbero trovato né risposta né voce, e a dipingerlo con tinte più umane.

Poi tornava in sé e si malediva, malediva Aster e tutto ciò che li circondava. Il Tiranno meritava di essere ucciso da Nihal, meritava questo e nient’altro più.

Un’ombra passò sul volto del bambino, per poi concentrarsi in un unico guizzo delle labbra. La traccia di un sorriso lieve, eppure incandescente come un ferro durante la lavorazione a caldo. Quel lieve spasmo del volto sarebbe potuto certo apparire come una normale sfumatura dell’espressione di un fanciullo, ma dentro al prigioniero era stato come una frustata all’anima.

Il cipiglio in cui era stato contratto il volto dell’ostaggio fino ad allora si allentò un poco, lasciando posto all’apatia nell’espressione stremata. Non ne poteva più. Tutto intorno a loro era calma apparente, silenzio artificiale creato per isolare la stanza dai rumori esterni provocati dai grugniti grotteschi delle bestie imprigionate nelle gabbie dei vicini laboratori. E lui?, si chiese, era anche lui una bestia?, una chimera?, una cavia da laboratorio? La bocca si aprì in una smorfia di amarezza, quasi avesse appena mangiato  cibo guasto o respirato fumo. Era come un ghigno sofferente, l’incresparsi delle labbra dell’animale ferito che non vuole diventare il trofeo del suo fiero cacciatore.

Proprio mentre la sua gola stava per lasciarsi sfuggire un roco  grugnito, Aster lo precedette, riempiendo l’assenza di suoni con la sua voce autoritaria, per quanto immatura e dal timbro melodioso. Ascoltarlo era come sentire un inno agli dèi assistendo agli offici divini.

- Ti ho letto la mente, poco fa  – esitò, quasi stesse scegliendo le parole giuste per esprimere un qualcosa che gli era costato la fatica di scendere fin nei sotterranei della Rocca per comunicarglielo. Magari voleva riferirgli che Nihal era già come sconfitta e che le sue speranze erano vane, oppure che…  A dire il vero non riusciva nemmeno ad immaginare il motivo per cui il Tiranno si fosse preso la briga di scendere nei sotterranei di quel castello. Era una cosa tanto impensabile quanto inquietante.

Il tutto divenne ancora più assurdo quando le labbra di Aster si stesero in un qualcosa di molto simile a un sorriso, solo che sulla sua espressione appariva come un grande taglio obliquo e slabbrato sul volto. Il tutto trasudava una dolcezza così sofferente da chiudergli lo stomaco e – quando la voce del bambino tornò a parlare – la sensazione aumentò.

- Sai, credo di invidiarti. – confessò il Tiranno, come se fosse una cosa ovvia, scontata, come se tutti i giorno un carnefice come lui provasse tali sentimenti per un prigioniero e si preoccupasse di recarsi a dirglielo. – Tu… - alzò una mano, fino ad allora poggiata sulle gambe piegate, e nel farlo l’ampia manica della tunica rivelò un avambraccio magro, dalle caratteristiche tipicamente preadolescenziali. Con sua grandissima sorpresa il prigioniero si ritrovò l’indice teso di Aster a contatto della propria fronte; non lo seguì quando quello dalla fronte tracciò il profilo del naso dritto, delle labbra carnose, del mento coperto di barba incolta, del collo scorticato dal collare che gli era stato messo assieme ai ceppi ai polsi, fino ad arrivare al petto, in corrispondenza del cuore, dove premette strappandogli un mugugno roco. - …Tu ami, Sennar. -

Nel sentir pronunciare il proprio nome, il prigioniero sussultò. In quel momento il Tiranno non era il Nemico Supremo, no; il dodicenne di fronte a lui era una persona terribilmente sola, ferita, sentimentalmente insicura – tanto da nascondersi dietro a maschere di indifferenza e di affettata crudeltà. Eppure in quel momento gli stava rivelando il suo lato ancora umano, quello che dopotutto fino a poco prima aveva tentato di trovare a tutti i costi. D’improvviso la potenza del ricordo di ciò che aveva trovato nella mente dell’altro lo travolse.

Dolore. Solitudine. Emarginazione sociale. Discriminazione. Comprendeva il suo dolore, per quanto non fosse parte della sua esperienza personale: lo sentiva su di sé come se gli appartenesse poiché quando Aster gli aveva letto la mente anche lui aveva letto quella del mezz’elfo.

Con un movimento che gli costò uno sforzo enorme posò la mancina sul braccio teso del Tiranno, spezzando il silenzio che era nuovamente calato col suono metallico delle catene che lo imprigionavano al muro. – Potresti riuscirci anche tu, se volessi – la sua voce sembrava finta, non la riconosceva quasi tanto era rauca, ma a quelle parole il ragazzino fece per ritrarre la mano. Sennar la bloccò stringendola nella sua e avvicinandola a sé con molta fatica; stranamente non ricevette reazioni negative: il ragazzino che gli stava di fronte si stava facendo tenere la mano da lui, anche se i suoi occhi di foresta erano lontani, rivolti ovunque tranne che in quelli blu del mago suo prigioniero. – Devi volerlo – ripeté, incoraggiato da quella manifesta debolezza che gli era mostrata. Era come se dentro fosse veramente tornato bambino e non fosse un vecchio tiranno che ha regnato per troppi anni, portando avanti una guerra di conquista cruenta e non priva di genocidi; doveva battere il ferro finché era caldo. Lo chiamò per nome, cercando di attirare la sua attenzione su di sé, ma fallì. Era come se Aster fosse altrove, come se il turbamento fosse così profondo da alienarlo dalla realtà.

Quando Sennar si arrischiò a pronunciare nuovamente il suo nome, cominciò a tremare; per tutta risposta il prigioniero strinse più forte la mano, fino a quando il mezz’elfo non uscì dal suo improvviso mutismo, pur senza smettere di tremare. Era come se stesse avendo un attacco di panico ben contenuto, quasi stesse regolarizzando il respiro con la magia, impedendosi di iniziare a piangere e strapparsi capelli e mangiarsi le mani. Infine venne la sua voce in un sibilo così incomprensibile che il mago dovette chiedergli di ripetere, forte della sua nuova sicurezza: ciò che Aster aveva visto nella sua testa lo aveva così turbato da portarlo a una situazione del genere.

- Non sono cose che mi è concesso provare. - Era comunque un sussurro come il precedente, ma le parole erano state scandite meglio e da esse Sennar vide sgorgare una sofferenza senza fine, una ferita così profonda che una volta rimarginatasi era diventata cheloidiforme, brutta, ripugnante, mostruosamente rigonfia. Aveva trasformato il suo dolore in un’arma di pacata freddezza, l’aveva reso simile a una lama perfetta e affilata, che andava a completare gli armamenti di un guerriero pronto allo scontro di un nemico. Eppure il Tiranno appariva come il fanciullo che ha smarrito nel bosco la palla fatta di stracci che la madre gli ha regalato e piange in grembo alla medesima, solo dimostrando più contegno. Perché lui nel bosco aveva perso il perfetto equilibrio che aveva reso la sua esistenza asettica dal momento in cui era stato trasformato in infante a quando poco prima aveva varcato la soglia di quella cella per la seconda volta.

- Sì che puoi – aveva ribattuto Sennar, lasciando che anche la destra abbandonasse lo stato di mollezza in cui versava e andasse a posarsi sulla mascella dell’altro, cercando di farlo voltare. Magari si stava prendendo un po’ troppe libertà, ma doveva approfittarne finché durava. Probabilmente il destino del Mondo Emerso dipendeva da lui, in quel momento; fortunatamente Aster si lasciò docilmente voltare e lo guardò con la sua solita aria di dolce rassegnazione. Il mago della terra del Mare stava per dire qualcosa, ma il dodicenne lo precedette, quasi più che una casualità il suo stroncare le frasi altrui sul nascere fosse un vizio. – Hai visto qualcuno finora nella Rocca disposto a concedermi un amore disinteressato? –

Aveva ragione: chiunque in quel posto avrebbe amato non la persona che era sotto la dura corazza che il dolore gli aveva creato, ma solo l’immagine del Tiranno crudele che dava di sé. E quell’eventualità significava una sola cosa: il Mondo Emerso era perduto.

- E cosa sei venuto a fare qui? –

-Te. Sono venuto per te. – Silenzio. Silenzio come polvere che impasta lingua e bocca, che secca la gola, che mozza il respiro. Sennar capì, comprese quelle parole non dette, celate da strati di orgoglio e vergogna. Fu come se gli avesse appena detto ‘ti voglio’.

Lo fissò spaesato, come un cane abbandonato che non sa dove andare. Le parole gli vennero meno, perché ne avrebbe avute così tante da pronunciare che queste scomparvero dalla sua mente, lasciandosi dietro una serie di frasi mutile.

Innanzitutto un fatto assiomatico e non obiettabile era il suo amore per Nihal; la amava da così tanto tempo che questo si era radicato in lui come una quercia secolare. I ricordi di quando avevano fatto l’amore erano ancora così vivi in lui – i suoi seni, la sua pelle bianca, le sue braccia, le sue cosce. Portava tutto questo dentro di sé e pregava gli déi di poterla riabbracciare, un giorno. Non avrebbe mai avuto la forza di tradire quel sentimento, era completamente fuori discussione, neanche per un fine nobile come quello di far desistere il Tiranno dalla sua sanguinosa guerra di conquista.

Di conseguenza, nel malaugurato caso in cui avesse assecondato Aster, la sua recita sarebbe risultata così chiara da farlo incorrere nelle ire del mezz’elfo. Capire che l’amore che avrebbe mostrato al ragazzino sarebbe stato finto e pieno di interessi  era un gioco da ragazzi.

Doveva rifiutare subito; e così fece. –Non posso.-

- Sei intelligente. Non ne dubitavo. –  Stavolta sul volto del despota si stirò un’espressione da vecchio, stanca, affranta, amareggiata dalla vita. Un bambino anziano, eremita senza età, oracolo infante. – E’ per questo che devi essere tu: non sei così ottuso da fingere. –

Sennar scosse il capo, i capelli rossi ondeggiarono. I suoi occhi erano oceani distanti che rimasero lontani anche quando il Tiranno se ne andò, il volto contratto nella sua solita espressione austera, in quella rigidità composta che aveva indossato come una maschera entrando nella cella, la stessa che teneva indosso da circa una vita.

Il mago della Terra del Mare si sentì come morto, percepì una parte di sé scomparire. Dunque finiva così? Aveva perso la sua occasione per fermare il Tiranno? Si sorprese a singhiozzare.

Era un dolore di polvere, un dolore sporco, antico. Fu come se una parte di Aster avesse cominciato a vivere in lui.

 

~

 

 

- Dov’è Sennar? –

Ancora quell’amore. Quell’odioso amore che si rivelava a tutti tranne che a lui. Quell’amore che lo aveva tradito.

Ripensò al rifiuto del mago. –E’ stato solo per pietà che l’ho ucciso.* – Una piccola bugia, dettata dalla stizza e dall’invidia. Perché lui non poteva avere qualcuno come Sennar?

Perché quei due oceani non lo avevano guardato con lo stesso sguardo che riservavano a Nihal?

Si sentiva solo.

- Non è vero! - Si morse il labbro inferiore, arricciando il naso. – Credici: è più che morto.–

~

Sentì quella lama affondare nel suo corpo e si disse:  dunque finisce così?

Pensò a Sennar. Pensò a quel suo naso, ai suoi occhi, a quelle labbra. Perché non poteva averlo? Perché una persona così meravigliosa si era innamorata di quella bestia assetata di sangue e odio, la Sheireen? Se solo glielo avesse concesso, gli avrebbe dato il mondo. Aster voleva solo amore, dopo una vita di solitudine.

Era tempo di andare, di seguire la sua strada: era tempo di morire, ormai.

Invecchiò, scomparì e in quello stesso istante morì anche una parte di Sennar.

Aster il Tiranno era stato definitivamente sconfitto.

 

~~~

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Out of body and out of mind

Kiss the demons out of my dreams

I get the funny feeling, that’s alright

Jimmy says it's better than here,

I’ll tell you why

 

Lo vide, il fiato gli si ruppe in gola. È lui, è qui.

 

 

- Aster. –

In quello spazio bianco, in quella dimensione surreale, così simile al sogno da fargli dubitare di essere sveglio. La giovane figura del Tiranno stava là, ferma. C’era calma, sul suo volto. Un nuovo pudore, la timidezza dei morti.

Non si mosse, lo osservò e basta; lo sguardo austero scomparso, la sue espressione trasudava pace. Pure da morto lo spirito del mezz’elfo aveva mantenuto l’aspetto di quando l’antico despota era in vita – o forse era lui che voleva vederlo con l’aspetto di sempre, con quelle fattezze da bambino? Si sentì più che mai attratto da quello sguardo penetrante.

Foresta e mare si incontrarono, danzarono insieme, si riconobbero. Si separarono.

Poi, una consapevolezza: non era la sua testa. Aster non era invecchiato, ma il tempo non era stato altrettanto clemente con  Sennar, il cui spirito appariva fiaccato e stracco di fronte alla fulgida presenza dell’altro, alla freschezza della sua essenza, così simile a quella di un dio.

Come era bello. Eletto ormai da anni divinità del suo passato, adesso gli sembrava di assistere a un santino, una statua celebrativa, un’apparizione sacra. Simulacro di eternità.

Tutto era cambiato dall’ultimo loro incontro, e il mago desiderò riportare alla vita quell’anziano nel corpo di infante, desiderò tornare indietro nel tempo e desiderarlo quanto lui venne desiderato. Col senno di poi è facile parlare.

Aster era una personalità della storia del Mondo Emerso, un santo dall’anima nera, martire dell’amarezze e della ragione spietata. Distruttore d’odio, folle dall’immensa dolcezza.

Si scoprì a pensare che gli mancava veramente da morire, e di non aver dimenticato ogni sua singola parola del loro ultimo incontro. Queste erano ormai un mantra continuo che si ripeteva ogni mattina, ogni sera. La sua testa sgranava parole e lui, negli attimi in cui si fermava e si raccoglieva in sé stesso, le ripeteva come una preghiera: fermati. Fermati, tempo: fermati e torna indietro, fammi tornare a quel momento. Ma si sa che se neanche il dio più clemente è in grado di fare queste cose, il tempo di sicuro – spietato com’è – non le concede.

Voleva sentire Aster scavare dentro sé con la sua voce da ragazzino, voleva sentire quell’indice premere sul suo cuore, desiderava la mano fresca dell’altro sul proprio profilo.

Aveva rifiutato Aster per paura, per l’amore cieco che provava per Nihal, perché erano nemici. Ora non era più pavido, e il resto non contava più, sepolto da nuove guerre per la conquista del potere. Cosa sarebbe accaduto se fossero stati dalla stessa parte?

Non lo sapeva, non voleva saperlo. Si lasciò cadere in ginocchio, un singulto in gola. Perché tutto quel dolore?, quel rimorso? Era forse la traccia che il Tiranno  aveva lasciato su di lui, rimasta per tutto quel tempo, che lo spingeva verso la sua fonte?

Guardò quel corpo, quel pallido ragazzino, e si sentì polveroso e sporco.

Si sentì peccatore.

- Sei invecchiato. – Piccolo sorriso, mentre si avvicinava al mago. L’unico suono presente in quel mostruoso silenzio era il fruscio della veste nera di Aster, accompagnato dai singhiozzi di Sennar.

Stette di fronte a lui, come quella volta. – Ti ho già detto che ti invidio? –

Era la prima volta che lo sentiva scherzare; sentì il cuore così gonfio di emozioni da poter morire in quello stesso istante. Attraverso gli occhi umidi di pianto riconobbe quel volto pallido e quelle labbra carnose che gli avevano tenuto compagnia per tutte le sue notti di abbandono totale fino a quel giorno. Quelle labbra da bacio.

- Non voglio farti andare via, non… -

- Lascia che i morti abbiano il loro degno riposo.-

Parole sagge, mormorate in un orecchio mentre delle braccia di ragazzino cingevano le spalle di quel vecchio. Dopo una vita passata a fare la cosa giusta per il mondo intero, il mago desiderò essere egoista. Voleva che Aster tornasse.

Non poteva ricambiare l’abbraccio di un essere senza corpo materiale, desiderava di più. Voleva svegliarsi al mattino accanto al suo corpo caldo e profumato, voleva vederlo sorridere, tenerlo lontano da quella sofferenza che per anni l’aveva perseguitato.

In quegli anni di attesa trepidante che accadesse qualcosa, che venisse un segno dall’aldilà aveva pensato molto alle ultime parole di Aster; la verità stava tutta lì. Però: non era giusto che finisse così. Si sentiva truffato dalla vita stessa.

Non era un finale corretto, non lasciava spazio alla redenzione; non era onesto ne confronti di Sennar, che a causa di quella stupida guerra aveva perso cose ben più importanti di ciò che aveva acquisito successivamente.

Prese il volto di Aster tra le sue mani vecchie, adulte. Il segno del tempo che va, il piede di un neonato in mezzo ai due del padre.

Era un santuario, il suo. Posò le labbra su quella fronte, su quel nasino piccolo e aggraziato. Lasciò che le mani dell’altro si posassero a loro volta sulle sue gote, lasciò che le labbra del Tiranno si posassero sulle sue. Un bacio breve, casto, cauto. Infantile  e paradossale.

- Tutto questo sarebbe dovuto accadere quella volta… - mormorò il mezz’elfo, posando la fronte contro quella dell’uomo della Terra del Mare.

- Mi spiace. –

- Non importa. Amavi lei… vi amavate così tanto. –

Amarezza. La sente calare tra loro, la sente banchettare con le cose non dette. Sennar passò una mano tra quei capelli color notte, seguì il buffo profilo di quelle orecchie da pipistrello.

Avrebbe tanto voluto riportarlo indietro, sarebbe voluto tornare giovane per baciare allora quella pelle, per poter lasciare segno del suo passaggio là. Come per dire ‘lui è mio’, per poter stabilire il proprio possesso su quella bellezza senza tempo.

- Le cose cambiano, lo sai! –

Aster sorrise, stanco. – Stavolta lo hanno fatto troppo tardi. –

E di nuovo il sorriso da anziano, da morto. Da divinità che ha visto già abbastanza dei tumulti degli uomini. Sciolse quell’abbraccio, lisciò la veste, si alzò. Sennar sentì un intenso senso di soffocamento, una disperazione neonata nascergli nel petto. Era passato troppo tempo, il suo amore era diventato sabbia, il suo cuore una polveriera.

Lo guardò allontanarsi, mentre nello spazio bianco arrivò un’altra presenza. Lonerin.

- Lasciatemi al riposo dei morti. Mi è dovuto. –

La voce stavolta era ferma, austera come un tempo. Tremò solo l’attimo prima di spegnersi, dunque tacque.

Sennar chinò il capo alla sua volontà e cercò quella voglia di alzarsi che non aveva per davvero. E sia, pensò. Si tirò in piedi, le spalle incurvate dal rimorso. Mormorò un addio, fece un cenno all’altro mago, che pronunciò l’incantesimo.

La dimensione di sogno scomparve, il mondo tornò al suo posto; vide lo spirito di Aster estinguersi di fronte a sé, allungò una mano, cercò un ultimo contatto. La mano cadde nella polvere.

Urlò, in quella stanza angusta e male illuminata, gridò il suo lutto.

Poi tutto finì, come era iniziato.

Cosa era accaduto? Nente. Il male era stato nuovamente sconfitto, il Mondo Emerso era nuovamente salvo.

Sennar si odiò.

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 Prima fic nel fandom... Spero piaccia <3 Ah, il pair non è inteso come shota, visto che Aster in realtà sarebbe più anziano di Sennar. Non ci dovrebbero essere problemi, no?
Oltretutto: non venitemi a dire che Ast ama Reis e sticazzi. Se si legge attentamente si nota che il Tiranno vuole solo qualcuno da amare, e non vuole rimanere solo. Sennar si crede innamorato di lui perché il rimorso per non averlo salvato - lui, l'unica persona che ha dato giusto un'occhiatina nella testa di Aster - è troppo forte, e lo lega al fantasma del puffo con gli occhioni. Ecco.

Perdonate ogni sprecisione nella seconda parte, quando Sennar incontra lo spirito di Aster e arriva anche Lonerin dopo :\

 

*citazione necessaria <3 -ama

 

   
 
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