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Autore: Anshiko    04/03/2006    5 recensioni
Prendete tutti i le caratteristiche principali dei personaggi, aumentatele fino all'inverosimile ed otterrete un coktail micidiale per una spettacolare parodia!
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seto Kaiba, diciannovenne proprietario della Kaiba Corporation, fabbrica miliardaria di giocattoli, si aggirava guardingo per

“Da qualche parte si inizia sempre”

 

Seto Kaiba, diciannovenne proprietario della Kaiba Corporation, fabbrica miliardaria di giocattoli, si aggirava guardingo per i corridoi vuoti della sua azienda.

-Eccola, signor Kaiba!-

Spaventato dalla voce familiare del tuttofare Roland, Seto si girò di scatto e, dal soprabito bianco troppo inamidato, estrasse un filo con un pulsante rosso, che spinse facendo uscire due razzi propulsori dalla schiena, che lo sollevarono da terra e lo portarono fuori dalla finestra aperta del corridoio, fra i palazzi di Tokyo.

-Ma signore… Ecco, quando arriva il ventisette del mese, giorno di paga, lui fa sempre così. Va bè lo vedrò a casa-

L’uomo, sconsolato, si diresse verso la limousine per tornare a casa Kaiba, dove doveva fare da segretario personale, autista, cameriere, lavapiatti e ogni altra sorta di mestiere che potesse esistere.

 

-Mokuba! Mokuba!-

Il bambino scese al piano terra quando sentì la voce del fratello maggiore che lo chiamava.

-Eccomi… Ma dov’è Roland? Ah, è vero, oggi è il ventisette…- disse scuotendo leggermente la testa e appoggiandosi alla ringhiera della scala.

Seto lo guardò e sospirò -Meno male, pensavo che l’avessero di nuovo rapito…- pensò il ragazzo, dato che non l’aveva visto subito in salotto. Considerando i precedenti del fratello, lo temeva ogni volta che non lo vedeva per cinque minuti e il pensiero dell’assicurazione sulla vita che gli aveva fatto, lo spingeva sempre a cercarlo.

-Se arriva Roland io non ci sono-

-Ma Seto, non puoi fare così ogni fine mese…-

-Uff, non dovrebbe proprio esistere il ventisette!- si lamentò il ragazzo sbattendo per terra il soprabito e creando una leggera crepa sul parquet per il troppo peso dell’amido –Ho un’idea! Toglierò dai calendari il giorno ventisette, così non esisterà più il giorno di paga… AHAHAH!-

Mokuba lo guardò quasi spaventato e fece due passi indietro.

-Almeno risparmierò anche sulla carta e sull’inchiostro…- aggiunse il ragazzo aprendo la porta del suo studio -Ascolta, se mi cerca qualcuno dì che non ci sono- gli disse prima di sparire.

-Va bene…- Il piccolo era abituato a stare da solo: di certo il fratello non avrebbe mai speso un centesimo per una baby sitter e l’alternativa che gli aveva dato era passare le giornate insieme ad un gruppo di liceali suoi amici poco intelligenti, ma che l’avrebbero fatto gratis pur di stare nella sua lussuosa villa.

-Signorino Mokuba?- Roland entrò in casa con l’aria sconsolata.

-Roland, mio fratello è nello studio, ma non vuole essere disturbato…-

-Me lo aspettavo… Comunque, ha fatto merenda?- gli chiese dirigendosi verso la cucina.

-Sì, non ti preoccupare- Il piccolo era molto più indulgente col segretario dell’erede Kaiba e spesso si divertiva a prendere in giro il fratello con lui –Roland, hai sentito dell’idea di mio fratello?-

-Quale? Quella che riguarda la conquista del mondo o quella sul suo arcinemico Muto?-

-No, nessuna delle due, è una nuova. Perché non vai a chiederla direttamente a lui?- gli propose Mokuba prima di tornare nella sua stanza a leggere il libro ‘Come rubare i soldi al proprio fratello in cinque mosse senza che questo se ne accorga’, edito dalla casa editrice Ricchi.

Roland asserì e bussò piano alla porta dello studio, sperando che il suo datore non si lamentasse ancora del fatto che così facendo rovinava la vernice delle porte.

-Avanti…- disse Seto con un filo di voce.

Roland entrò, trovandolo davanti al computer fisso di casa, collegato a diversi fili che scorrevano fin fuori dalla finestra dove c’erano degli schiavi su delle ciclette che produceva energia alternativa.

-Signore…-

-Roland, da quant’è che non ci vediamo- disse atono il ragazzo senza staccare gli occhi dal monitor. -Senti, dovresti andare alla mia casa editrice, voglio che apportino delle modifiche alla catene di calendari…-

-Ma signore, a dire la verità ci siamo visti poco fa e lei è scappato…-

-Non dire assurdità!-

-Sì, signore… Comunque la casa editrice è dall’altra parte della città e scommetto che non vuole che prenda la macchina… Non potrebbe telefonare?- Roland azzardò la soluzione più ovvia e comoda che potesse esistere, ma naturalmente Seto ebbe da ridire.

-Telefono? E chi lo paga? Tu per caso?!-

-Bè, se mi desse i soldi potrei anche farlo…-

Kaiba non percepì la frecciatina e si limitò a fissarlo inespressivo. Poi disse -No- e tornò a lavorare.

-Allora vado, prendo la bicicletta- Il segretario si voltò ed uscì dalla stanza.

-Ah, Roland!-

-Sì, signore?- L’uomo si voltò di scatto, con gli occhi lucidi, sperando che una botta di compassione avesse riscaldato un po' il cuore gelido del ragazzo.

-Senti, la prossima volta bussa più piano, non vorrei essere costretto a riverniciare il legno della porta…-

-Certo signore…-

 

Verso le sette e mezza qualcuno suonò il campanello della villa Kaiba.

-Ciao Roland!- Anzu, una ragazza alta con i capelli mori a caschetto salutò l’uomo che era andato ad aprire.

-Salve, voi siete i nemi… Ehm, gli amici del Signor Kaiba-

Davanti alla porta c’era un gruppetto di ragazzi formato da un biondo dalla faccia non troppo sveglia, che rispondeva al nome Jonouchi, un ragazzo dai capelli strani chiamato Honda e un nano con circa cinquanta centimetri di capelli viola-giallo-nero, che si girava solo se sentiva chiamare Yuugi.

-Sì, è in casa Seto, vero?- rispose proprio quest’ultimo.

-Ehm… Sì, ma…-

-Allora entriamo!- Jono sorpassò il maggiordomo e si diresse verso il salone.

Seto era seduto davanti alla televisione a vedere programmi come ‘Chi vuol essere miliardario’ e ‘L’eredità’ dove poteva studiare le domande fatte ai concorrenti per poi andarci e portarsi a casa il montepremi che ogni programma metteva in palio.

-Cosa ci fate voi qua?- chiese al gruppo saltando in piedi.

-Siamo venuti a tenerti un po' compagnia, perché si sa che i migliori amici….- La ragazza iniziò a parlare, ma non fu ascoltata da Seto, che si avvicinò a Yuugi, superandola.

-Vuoi duellare, è così vero?-

-Bè, a dire la verità no… Siamo qui solo per farti compagnia!-

-…Yuugi ha ragione, come stavo dicendo, i veri amici si vedono nel momento del bisogno e…- Anzu, la ragazza che parlava sempre a sproposito, continuò il suo monologo.

-Non ci credo, perché mai doveste voler fare compagnia a me?-

-Ok, Sherlock Holmes, se lo vuoi sapere siamo qui per cenare. Per cui basta parlare e mangiamo!- Jono si era già rotto di sentire le lagne di Seto.

-Che cosa? Casa mia non è mica una mensa per i barboni!-

Honda si sedette sul divano con i piedi sul tavolinetto di fronte -Andiamo, non fare il tirchio!-

-…caro Seto, devi sapere che gli amici che mangiano insieme si relazionano meglio fra loro e…- Le parole della ragazza continuavano ad uscire dalla sua bocca che non si era ancora fermata un momento, senza però che nessuno la cagasse.

-Se ci ospiti per un po' poi magari possiamo anche giocare…- Una voce profonda e calma azzittì tutti. Il nanetto si era trasformato nel suo alter ego di nome Atemu, antico faraone del popolo egizio.

Tutti i ragazzi si girarono a guardarlo.

-Faraone…- sussurrò languida Anzu, iniziando a far scendere “per caso” la spallina della maglietta che portava.

-Ehm, da quando hai quella voce, Atemu?- gli chiese Honda.

Atemu, che era fermo con lo sguardo serio e le mani in tasca, si destò come se fosse stato imbambolato e tossendo disse -Oh scusate, ho fumato troppe marlboro prima…-

-Ah ecco!- dissero gli altri, tornando a fare ognuno i cavoli propri.

-Non se ne parla nemmeno, avete una baracca ciascuno dove andare e allora andateci!-

-Ma abbiamo detto che andavamo a casa di un amico e…-

-Jono, non dire quella parola!- Honda provò a fermarlo, ma ormai il danno era fatto: infatti, Anzu, che era rimasta a guardare Atemu, ri-iniziò con le sue cazzate sull’amicizia.

-Gli amici si ritrovano spesso a magiare insieme e…-

Atemu scosse la testa sbuffando e sedendosi sulla poltrona disse –Dai, Kaiba, per una volta tanto facci rimanere…-

-Maledetti… Comunque dovrete pagare lavando i piatti- Seto andò in cucina a dire di aggiungere un po' di acqua al brodo visto che avrebbero avuto ospiti a cena.

 

Dopo il pasto non proprio succulento, dove il padrone di casa era stato attento a tenere d’occhio gli ospiti per impedire che qualcuno si intascasse l’argenteria, salirono tutti insieme al piano superiore della casa, nella camera da ricevimento degli ospiti.

-Senti Kaiba, toglici una curiosità, come puoi chiamare questa camera “stanza degli ospiti” se è completamente vuota?- chiese Honda, facendo il giro del locale.

-Chiunque entri in casa mia è tenuto a rispettare le mie regole, che sono appese nell’atrio a disposizione di chiunque voglia leggerle…- rispose Seto, senza neanche guardarlo.

Mokuba che li aveva seguiti, disse -In poche parole mio fratello non vuole sprecare fiato e v’invita ad andarvele a leggere!-

Il gruppetto scese le scale e davanti alla porta d’ingresso vide il cartellone, che ad una più attenta occhiata si rivelò essere fatto di tanti pezzi di carta.

-Mi scusi- disse Anzu rivolgendosi a Roland. -Ma di cos’è fatto questo cartello?-

Il maggiordomo sospirando rispose -E' composto da tanti volantini raccolti per terra. Avete presente quelli che danno in giro per la città?-

-Sì, quelli che poi regolarmente vengono appallottolati e gettati a terra!- disse un po' sconsolato Jounouchi, che aveva lavorato nel volantinaggio per pagarsi i “puttan tour”.

-Esatto. Il signore mi manda, nei fine settimana, a raccoglierli a notte inoltrata, così dopo una leggera stirata sotto una pila di libri, li ricicla per scrivere…-

-Pensate che una volta volevano arrestare Roland perché l’avevano scambiato per un maniaco che raccattava tutti i volantini di un nuovo sexy shop…- aggiunse Mokuba, lanciando un’occhiata comprensiva al tuttofare.

-Guardiamo le regole…- Yuugi, tornato il nano di sempre, si avvicinò al muro.

  1. Respirare poco per non sprecare ossigeno e non parlare se non è strettamente indispensabile.
  2. Bussare piano alle porte per non rovinare la vernice.
  3. Mangiare lo stretto necessario e non fare tanto movimento per non sprecare le energie.
  4. Non accendere le luci, se non nel caso che gli schiavi siano sulle ciclette a produrre energia.
  5. Se si vuole telefonare pensarci almeno mille volte, così che il momento giusto sia passato e non si abbia più il bisogno di farlo.
  6. Camminare con le apposite pattine imbevute di acqua e sapone, così da lavare il pavimento senza il bisogno di una domestica.
  7. Non sedersi sulle sedie, che poi rimane il segno e si consuma il rivestimento.
  8. Firmare l’apposito contratto scritto in aramaico che esula da ogni responsabilità il padrone di casa riguardo incidenti o furti all’interno della casa.
  9. Non usare acqua o altre risorse non rinnovabili se non attraverso contratti che hanno attinenza con società che richiedono soldi per erogare i servizi.

Questi erano solo alcuni dei tanti comandamenti scritti sul foglio.

-Ma che razza di persona è Kaiba? Come si può essere così spilorci? Gli amici dovrebbero…- Anzu partì con il suo monologo sull’amicizia.

-Non ho parole, scommetto che ha risparmiato pure sulla colla e sull’inchiostro…- azzardò Jounouchi, avvicinandosi al muro.

-Ehm… Lì non c’è né colla ne inchiostro, ma solo sostanze naturali…- sussurrò Roland.

I ragazzi si guardarono tra loro e fecero un salto indietro: nessuno voleva sapere cosa aveva usato Kaiba per scrivere e attaccare quel cartellone.

-Allora, avete finito di impicciarvi dei fatti miei?- Seto comparve sulla scala, con le mani appoggiate sui fianchi e il viso corrucciato.

-Sì sì…- rispose Yuugi distogliendo l’attenzione del padrone di casa dagli amici che vomitavano appoggiati al muro, i quali, quando avevano finito di farlo, guardando la loro mano e pensando a cosa aveva usato Kaiba per dipingere le pareti, ri-iniziavano subito a farlo. Così, il nano prese coraggio e avvicinandosi alla scala continuò a parlare –Senti, Kaiba…-

Seto fece una smorfia di disgusto e sbuffò leggermente; probabilmente, pensava che stare ad ascoltare ancora quel gruppo di rompi scatole non gli avrebbe giovato per niente alla salute, ma si astenne dal dirlo per non sprecare fiato e consumare prezioso ossigeno.

-C’è un piccolo problema- continuò Mister Altezza Al Contrario grattandosi la testa, che sembrava contenere un qualche nido di porcospini in letargo. -Ci sono due nostre conoscenze che hanno deciso di tornare alla ribalta e…-

Non ci fu il tempo di finire la frase che un forte rombo e un terremoto spezzarono la pace della casa. La parete portante della casa a due piani andò in frantumi e un robot alto tre metri spuntò dalla macerie.

-Ma è un Kuribo gigante!- urlò Jono togliendosi dei detriti di dosso.

Honda aiutò Anzu ad alzarsi facendo leva sul seno della ragazza -No, non vorrete mica dire che sono…- Le parole morirono in bocca al ragazzo, quando, dalla bocca del robot si aprì un vano e fecero la loro comparsa due strane figure, che fra le polveri delle macerie iniziarono a parlare.

-Preparatevi a passare dei guai- fece il primo con le mani sui fianchi e lo sguardo rivolto a terra.

Portava una tuta bianca con le rifiniture rosse e aveva i capelli argentati mossi leggermente dal vento proveniente dal sistema di raffreddamento del robot Kuribo.

-Dei guai molto, moooolto grossi- continuò il secondo, di poco più basso del compare, chiudendo gli occhi e lasciando che la frangetta si appoggiasse delicatamente sulla fronte.

-Proteggeremo il mondo della devastazione- il primo alzò la mano verso il cielo.

-Uniremo tutti i popoli nella nostra nazione- il secondo chiuse il pugno portandolo al cuore.

-Denunceremo i mali della verità e dell’amore- il primo fece tintinnare una strana collana a forma di anello.

-Estenderemo il nostro potere fino alle stelle- il secondo estrasse una asta che rifletté la luce del lampadario mezzo rotto.

-Bakura!- il ragazzo dai capelli argentati fece un passo avanti mostrando gli occhi color nocciola carichi di energia.

-Marik!- il ragazzo con l’asta in mano si portò al fianco dell’amico sorridendo e aprendo gli occhi blu.

-Team Yami pronto a partire alla velocità della luce!- Bakura saltò giù dal robot e si mise in posa, incrociando le braccia.

-Arrendetevi subito oppure preparatevi a combattere- Marik schioccò le dita e scesero dei coriandoli dal Kuribo, poi raggiunse l’amico e, appoggiandosi alla spalla del compare lo imitò nella postura.

-Già, è proprio così!- una piccola testa scura sbucò da dietro i ragazzi, inginocchiandosi in mezzo ai due come se stesse facendo una serenata all’amata.

-MOKUBA!!!!- esclamò all’unisono tutto il gruppo che era rimasto a bocca aperta davanti alla pantomima del duo.

Il bambino si riprese dall’euforia e alzandosi da terra bisbigliò -Oh… Scusate, ma mi ero fatto prendere dal motto…-

Seto Kaiba, che era rimasto sulla scala ancora integra a metà, riprese fiato e con un filo di voce disse -Voi… Due… Casa… Mia… Distrutta… Soldi…- Il ragazzo era impassibile e guardava tutti con gli occhi socchiusi.

-Kaiba…- Yuugi provò a chiamarlo con la voce rotta -Ehm, questo è il piccolo problema di cui stavo parlando prima…-

Jonouchi saltò su di scatto e disse -Mi ricorda qualcosa quel motto…-

-Già, anche a me…- asserì Honda, che, nel trambusto, stava ancora palpando Anzu, che non sembrava accorgersi di niente.

Marik portò la mano dietro alla nuca e sogghignando disse -Bè, è iniziata da poco la nuova serie di Pokémon e…-

-Noi, non sapendo cosa fare a casa, stiamo sempre davanti alla tv e per puro caso abbiamo guardato un paio di puntate… -aggiunse Bakura, abbastanza in imbarazzo.

-Voi guardate Pokémon, dite la verità!- urlò Jounouchi, agitando il pugno chiuso.

-Anche voi, visto che avete riconosciuto il motto!!!!- sbraitò Marik.

-Ragazzi, ora non litigate, dobbiamo essere amici…- Anzu spostava lo sguardo dalla mano di Honda al viso del ragazzo, che faceva finta di niente.

Il tuttofare di casa Kaiba, e anche dell’azienda, si avvicinò al padrone, che stava imbambolato con gli occhi fissi nel vuoto -Signore…- provò a risvegliarlo, ma con scarso successo.

Nel frattempo Mokuba s’era messo al riparo dietro un detrito di quello che un tempo era un muro; l’esperienza gli insegnava che era meglio tenersi alla larga da certa gente, per evitare l’ira di suo fratello che non sopportava quando lo rapivano.

Una leggera vena si gonfiò sulla fronte di Marik -Allora, veniamo al dunque, che non abbiamo tempo da perdere!-

Roland balzò indietro quando vide che Seto non rispondeva “Che il tempo è denaro” come era suo solito fare. Ciò non presumeva nulla di buono.

Il proprietario di casa scese piano le scale, o quello che ne rimaneva e arrivato davanti ai due guastafeste mormorò -Vi rendete… Vi rendete conto di quello che avete fatto?-

Jonouchi s’intromise dicendo -Va , Kaiba, almeno tu hai i soldi per ricostruire tutto, fosse capitato a noi…-

Questo fu uno dei più grandi sbagli del biondo: parlare di spesa e di soldi a Seto era come parlare di pace e fraternità a Bush.

-CHE COSA?! SECONDO VOI IO DOVREI SPENDERE DEI SOLDI?!- Tutto il savoir faire del ragazzo andò a farsi un giro -BAKURA, MARIK!!!- chiamò i due ragazzi, che intuita l’aria che tirava stavano cercando di tornare sul Kuribo.

I due inchiodarono e senza girarsi guardarono con la coda dell’occhio di trovare una qualche via di fuga -Te l’avevo detto che era meglio un’entrata con meno effetto…- Marik rimproverò il compagno, che di tutta risposta alzò il dito medio.

-Come puoi pretendere che ci prendano sul serio se bussiamo alla porta, dai, dovevamo farci notare! E poi, mica abbiamo paura di quel miliardario da strapazzo!!!- Bakura indicò Kaiba che nel frattempo si era un po' calmato, ma li guardava sempre con aria furente.

Marik improvvisò un sorriso di circostanza, che però non gli venne molto bene -Ehm… Io non ho paura di lui, ma dei suoi avvocati sì. Lo sai che ci devono ancora processare per detenzione illegale di sostanze stupefacenti…-

-Non è colpa mia se invece del cianuro per il Faraone ho preso la cocaina che stava nella credenza!-

Il ragazzo dagli occhi nocciola non rispose, gli sembrò inutile sprecare fiato per sottolineare la stupidità del compare.

-Allora- li interruppe Seto -voi avete distrutto la mia casa e se dovessi fare il conto dei danni che avete apportato non vi basterebbe l’eternità per ripagarmi- Un brivido freddo percorse la schiena di tutti i presenti -per cui, ad occhio e croce direi che dovete pur fare qualcosa per me, no?- Il tono era passato da freddo e cinico a freddo e “se non rispondete affermativamente vi uccido”.

-Kaiba, senti…- Il nano era passato alla modalità “faccio il figo e batto tutti”. -A tutti noi dispiace per la tua casa, ma…-

-Oh, il Faraone è uscito dal suo guscio, ma non mi interessa ora. Come stavo dicendo prima che qualcuno mi interrompesse, per prima cosa devo raccogliere le mie cose… Roland, vai a fare la valigia. Poi, visto che da qualche parte si inizia sempre, direi che stavolta si deve cominciare col fare il tour delle vostre catapecchie. Dovrò pure stare da qualche parte, no?-

-COSA?!- esclamarono all’unisono i presenti, ma prima che qualcuno avesse il tempo di ribattere, Seto Kaiba aveva già mandato il fratello a prendere la sua roba e stava uscendo dalla porta principale, che per miracolo era rimasta in piedi.

  
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