Autore: Any Ikisy
Titolo:
Qualcuno fermi quell'idiota
Link della storia:
La stai leggendo~
Personaggi e Pairing: Kakashi,
Altri
Genere:
Sentimentale, Malinconico, Slice of Life
Rating:
Arancione
Avvertimenti:
One-shot, Non per stomaci delicati, Missing Moments
Introduzione:
Ai tempi dell'Accademia, Kakashi frequentava Obito, Rin e Minato
perché suo padre poteva insegnargli qualche tecnica a tempo
perso, ma non dedicargli le giuste attenzioni.
Da loro, pensava, avrebbe imparato come gestire le situazioni che un
Team poteva presentare. Solo perché nessun altro avrebbe mai
potuto insegnarglielo.
Note dell'Autore:
La storia è ambientata prima della serie, più
precisamente la generazione di Minato e del suo Team: Obito, Rin e
Kakashi.
Ai tempi dell’Accademia, era difficile pensare che deragliare fosse parte dell’abilità di un ninja: saper improvvisare quando la missione ormai è stata annullata e il nemico chiude ogni via di fuga è una dote preziosa quanto uscire dai binari e crearne di nuovi.
Non
per niente, era il figlio di Sakumo
Hatake: “Zanna Bianca,” il tanto
decantato eroe di Konoha.
«Kakashi-san,
da questa parte!»
Lo
richiamò Minato-sensei, prima di accodarsi a Rin e Obito
nella noiosa ricerca
di un gatto “dal sonaglio legato con un nastro rosa al
collo”, come lo
descriveva l’anziana signora che lo aveva perso. Si chiese
quanto a lungo
avrebbero continuato ad affibbiargli missioni tanto superflue.
Ad ogni modo, non era neccesario che esprimesse ad alta voce le proprie
perplessità: era Obito a porre per lui le domande.
«Dove
possiamo trovarlo?»
«Ci
ha dato una foto?»
«Cosa
facciamo quando abbiamo finito con questo… sul serio come si
fa a chiamare un
gatto Grimilde?»
A
quanto sembrava, Rin aveva una particolare predilezione per i felini ed
i gatti
in particolare, come testimoniavano i graffi sulle sue braccia esili e
i resitui di pelo sulle sue
magliette sgualcite: per questo era lei a portare la
gabbietta con
cui avrebbero trasportato l’animale, una volta catturato.
«Sensei,
perché hanno abbassato nuovamente il livello delle
missioni?» chiese Kakashi a
un tratto.
«Non
sei felice? Significa che è un periodo di pace. Siamo
semplicemente in una fase
di stallo.»
«Quindi
le unità di spionaggio saranno in
fermento…» ne dedusse, ricordando che a
suo
padre era stato momentaneamente affidato un incarico del genere in quel
periodo.
«Ma
come siamo perspicaci, Kakashi…»
replicò il
maestro, poggiando una mano sulla
sua spalla e sorridendogli cordialmente; percepì comunque
una certa indifferenza da parte sua.
«Perché
non ti ingegni per la ricerca di questo gatto, anziché
pensare alla prossima
missione?» urlò invece il suo compagno
dall’altra parte della strada,
ingelosito dalle attenzioni che il Maestro sembrava serbargli.
Obito
aveva subito preso in simpatia Minato-sensei, col suo modo spontaneo ma
contenuto di porsi; sembrava piuttosto distante dalle persone che
spartivano
con lui il quartiere Uchiha.
Kakashi
lo trovava poco serio a volte, ma tutt’al più lo
infastidiva la poca
serietà che metteva nel comunicare coi suoi compagni di
Team, lui compreso
ovviamente.
Si
diressero verso l’abitazione dove viveva l’anziana
proprietaria del felino per iniziando le
ricerche dal territorio che era solito frequentare, con
l’aiuto di un unguento
usato da Rin per rintracciare le impronte olfattive lasciate dai gatti
nel
periodo di caccia.
«Sei
piuttosto preparata, non è vero Rin?» le chiese
Minato, intento ad approfondire
quella peculiarità dell’unica componente femminile
del gruppo.
«Sì,
sense’! Vorrei diventare una veterinaria, un
giorno!» gli rispose con un
contagioso sorriso, parlando delle proprie aspirazioni e del sogno che
Minato
la stava aiutando a realizzare, in un certo senso.
Contrariamente a lei, l’unico
desiderio di Kakashi era una morte onorevole, fonte di decoro per il
cognome
che portava. Non era mai riuscito a vedere oltre.
Imparare
cosa fosse la dignità era l’unico motivo per cui
perdeva tempo con quei
ridicoli compagni che non sembravano prendere niente sul serio,
specialmente quando
parlava di
‘rigorose regole da rispettare per divenire un ottimo
ninja’, come non fosse
figlio di suo padre.
Le
tracce sembravano stranamente portare verso nord, in una zona
più trafficata e
movimentata economicamente della città. Forse
l’animale si era perso.
A
pensarci bene, erano molte di più le possibilità
che stessero sbagliando tutto,
considerando che avevano puntato tutto su Rin e sulle sue
abilità in materia,
ma scelsero comunque di compiere quell’errore insieme, se si
fosse dimostrato
tale.
La
trovarono, infine. Grimilde.
Aveva
un vistoso fiocco rosa dietro al collo, ma il sonaglio non accennava a
tintinnare.
La
kunoichi²
si coprì gli occhi per impedire alle lacrime di scendere,
Obito si
voltò abbassando lo sguardo; Kakashi assistette alla
lenta ed
agonizzante morte di quell’animale che, probabilmente pochi
minuti prima, si
era accasciato sul ciglio della strada.
In
quella parte di Konoha, avevano il sonno leggero evidentemente.
Probabilmente
il mattone sporco di sangue che giaceva in parte al suo corpo
sanguinante apparteneva
a qualcuno del condominio lì di fronte.
Una
città di ninja stanchi e pronti alla morte, ma coi nervi a
fior di pelle e
la crudeltà del più
spregiudicato degli assassini.
«Che
facciamo, sensei?» chiese diligentemente Kakashi, sicuro che
fosse l’occasione
giusta di imparare da quell’uomo, per una volta.
Ci fu
comunque silenzio, mentre Rin iniziava a singhiozzare piano, suscitando
sprezzo
nel compagno che pocanzi aveva parlato.
«Kakashi-san…»
«Tsk.»
Obito
precedette qualunque comando stesse per essere loro
impartito, quando
afferrò saldamente un kunai nella sacca appesa alla sua
cintura e si avvicinò
alla salma immobile del loro obiettivo.
«Che
vuoi fare, Obito?»
«E me
lo chiedi anche?»
«Non
abbiamo ancora ricevuto l’ordine!»
Totalmente
disinteressato e privo di alcuna remora, afferrò il capo
peloso e lo sollevo
lievemente, con delicatezza, quel tanto che bastava per affondare con
un colpo
secco la lama nel cranio e vederne l’estremità
uscire dalla parte opposta.
«Fermo!»
Urlò
sconcertato Hatake, attendendo dal maestro una qualunque
reazione;
avvertì il pianto di Rin farsi più intenso, per
un animale
che lui stesso
vedeva poco diverso da un oggetto. Minato strinse semplicemente le
spalle alla
ragazza, lasciando che Obito perdurasse nello sfregio. Sembrava essere
l’unico
in grado di muoversi tempestivamente in una situazione simile.
Kakashi
non ne capiva il motivo.
«Qua-
qualcuno lo fermi!-» si rivolse al diretto interessato,
stavolta
«-Che stai facendo, idiota?»
Era
riuscito a non sporcarsi col sangue degli schizzi, ma purtroppo il
laccetto
rosa aveva assunto delle tinte amaranto che lasciavano ben poco
all’immaginazione. Con un ultimo colpo netto, Uchiha lo
tagliò ed intascò,
evitando che tintinnasse tra le stoffe dei suoi pantaloni.
«Lo
riporto alla sua padrona.» rispose con amarezza.
«Ma
che dici?! Era ancora vivo, dovevamo portarlo indietro, senza
preoccuparci di
finirlo!»
«Ho
preferito evitargli ulteriori sofferenze. Me ne prendo le
responsabilità.»
Attesero
entrambi che Minato lo radiasse, lo esonerasse per un certo periodo
dalle
missioni o quantomeno lo rimproverasse sul momento. Eppure non avvenne
niente
di tutto ciò: si voltò semplicemente verso di lui
e disse: «Hai preso la tua
decisione; per stavolta, va bene così.»
Lungo
il viaggio di ritorno, si decise che fosse Obito a dare la
spiacevole
notizia alla proprietaria. Obito non la considerò come
l’ennesima equa
punizione del Maestro.
Era
usanza di Minato accompagnare i suoi allievi a casa, a fine giornata:
ne
approfittavano per gli ultimi confronti o per saldare maggiormente il
rapporto tra i componenti del Team,
ma Kakashi quella sera non riusciva a darsi pace per il fallimento
della
missione.
«Sensei,
dove ho sbagliato?»
«Direi…
poca serietà-»
«Dico
sul serio.»
Una
mano volò con leggerezza ad accarezzargli i capelli,
scompigliandoli appena. «Forse,
se ci avessi messo più convinzione anziché
rallentare il passo, saremmo
arrivati in tempo e non avremmo dovuto finirlo, Kakashi.»
La
camminata svogliata, i piedi trascinati, l’attenzione sempre
altrove; la
consapevolezza di aver pesato sulla marcia del gruppo intero, anche se
di poco,
pesò come un
macigno sulle sue spalle. Si chiese se anche i suoi compagni, sempre
con gli
occhi puntati verso di lui mentre correvano qualche metro
più avanti, se ne fossero
resi conto e avessero comunque taciuto.
Una
sua valutazione errata… aveva ucciso Grimilde?
«Ma
Obito-»
«Obito
ha capito che c’è qualcosa di molto più
importante del fine stesso della
missione; dovresti sapere quando è necessario il tuo
sacrificio e quando invece
è più importante quello di qualcun altro. Per il
suo bene, soprattutto.»
L’irritazione
di Kakashi risuonava attraverso quei silenzi vuoti, pesanti; piuttosto
che
rispondere a tono, pensava, sarebbe riuscito a manifestare il proprio
risentimento in quel modo.
Ai
tempi dell’Accademia, era davvero dura.
Troppa inesperienza.
Note:
Questa storia si è classificata quinta al contest delle
storie edite indetto da Mokochan, con i premi speciali Giuria e Miglior Slice of Life,
ma il banner che vedere qui sopra lo ha offerto generosamente Shurei,
che ovviamente ringrazio molto calorosamente.
In ogni caso, è la prima volta che mi cimento seriamente in
un esperimento come questo: Kakashi da giovane, assieme ai compagni di
banco…
potrei fare di meglio ma, partendo da un titolo degenere come quello,
mi reputo
abbastanza soddisfatta.
Quand’è che andiamo
in vacanza insieme, Sense’? C’è il
Rimini tra poco, mi prometti che ci andiamo?
La
piccola, stronza, inutile kouhai di cui mai ti libererai;
anzi, scusa il ritardo!
Any Ikisy