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Autore: xla    19/06/2011    7 recensioni
Provava a cercare di resistere alla tentazione di non lasciarsi andare. Ma era davvero, davvero invitante.
[Frerard - The Black Parade]
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: I My Chemical Romance, in questo caso, nello specifico, Gerard Way e Frank Iero, non mi appartengono. La storia è totalmente inventata, non scritta a scopo di lucro. Ed ogni cosa presente nella storia inerente o riferita a fatti o persone o azioni reali è totalmente causale.

Titolo: Parade Phobia
Fandom: My Chemical Romance
Autrice: xla
Beta: Rorò
Pairing: Frank/Gerard
Rating: Arancione
Avvertimenti: Slash, One-Shot
Genere: Malinconico, Triste
Intro: Provava a cercare di resistere alla tentazione di non lasciarsi andare. Ma era davvero, davvero invitante.
Ambientazione: The Black Parade
Note: E’ la mia prima ambientata in questo periodo. È strano che mi sia uscita fuori, perché, sinceramente, non ho un bel rapporto con quella Parata.
Buona lettura <3.
xo-xo

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PARADE PHOBIA
Capitolo unico

-Che senso ha? –
Frank aprì un occhio, per trovarsi davanti il volto candido del suo cantante.
-Uhm? –
Gli occhi verdognoli assottigliati lo guardavano a poca distanza.
-Dico, quello che facciamo: che senso ha? –
-Oddio, Gee, ancora con questa storia? –
Benché avesse fondato lui i My Chemical Romance con un obiettivo ben preciso, ogni tanto si smarriva e qualcuno doveva riportarlo sulla retta via.
Quel qualcuno, da un po’ di tempo, era diventato Frank: era lui che gli ricordava chi fosse, che si occupava delle sue crisi.
-Mhm, va bene Gee - si stropicciò la faccia, cercando di svegliarsi - Vieni, dai. – sospirò, facendogli posto nel piccolo letto, aspettando che l’altro entrasse sotto le lenzuola e gli appoggiasse la testa sul petto. Prese subito ad accarezzargliela, passando le dita tra i corti ciuffi biondi, quasi bianchi a tratti, provando un pizzico di nostalgia non trovandoli lunghi e neri.
-Che è successo? – domandò, e si rigirò nel letto, sentendo il peso del corpo morbido di Gerard sul suo.
-Stavo pensando… - brutto segno quando iniziava una frase con “stavo pensando”, ma lo lasciò continuare, - Se non sto sbagliando, se tutta questa storia col nuovo contratto, la nuova immagine, non mandi a puttane tutto quello che abbiamo fatto fino ad ora. –
Frank cercò di rispondere con un tono rassicurante:
-Gee, sono tre mesi che abbiamo firmato. Come mai ancora di questi dubbi? –
Sentiva le dita del più grande disegnargli i contorni della fiamma che aveva sul pettorale.
-Mhm… mi era venuta in mente l’idea per una canzone, ho iniziato a buttarla giù. Ma poi mi sono fermato. –
Sì, se lo poteva perfettamente giurare: Gerard che scrive freneticamente, tra uno schizzo e l’altro su un foglio, animato da passione. Per poi bloccarsi, fissare il foglio come se, fino a quel momento, non l’avesse mai visto.
-Perché? -
Il biondo stette in silenzio, cercando un modo per trasmettere al suo chitarrista ciò che provava nel modo più chiaro possibile.
- Perché mi sono domandato se la mia musica, le mie canzoni, facciano arrivare un messaggio alle persone. – la voce era flebile, come se stesse confidando un segreto, timida - Se, forse, non faccio capire. –
Dio, sembrava un tenero bambino!
Sul palco poteva essere un terremoto, alle interviste anche una primadonna, ma lì no. Quando era tra le sue braccia, era Gerard.
Solo Gerard; senza etichette o descrizioni.
-Se la gente non capisce, non è colpa tua, credimi. – sperò che, usando un tono calmo, l’avrebbe rilassato, - Ci sono un sacco di scemi lì fuori! –
Ridacchiò, ma si bloccò quando sentì l’altro parlare con un filo di voce;
-Ci sono anche qui dentro… -
-Cosa? –
Gerard alzò la testa, e puntò di nuovo quegli occhioni spauriti nei suoi.
-Cosa mi da la certezza che quello che mi dici è vero? Sì, potrai anche avere ragione. Ma, Frank - quanta disperazione in quel nome - Quando ho iniziato… era tutto più semplice, scrivere lo era. Ed era- ora che tutti si aspettano per forza qualcosa da me io- e poi ora quel contratto! –
Frank rimase un po’ shockato.
Come faceva quel ragazzo davanti a lui ad avere così tanti dubbi ed insicurezze, quando, fino a due ore prima, rideva come un deficiente. Anzi; ci scherzava anche su quella storia!
-Non sei tenuto a tener conto a nessuno, amore. –
-Non è questo il punto… -
Si sentiva che era stanco, non fisicamente. Quella era una stanchezza d’altro tipo.
Gerard tornò col viso sul petto del suo chitarrista.
Sapeva di star esagerando, forse, con tutta quella faccenda, ma davvero…
-E allora quale è? –
Cercò dentro di sé la forza per parlare. Per dirlo, una volta per tutte!
-La parata… -
-Cosa? – aveva forse capito male. Sì, doveva essere così. Ne era certo.
-La parata nera-
-Non ti piace il nome? – tentò. Con Gerard si poteva solo tentare, - Bhe, se è tutto qui il problema, basta che domani mattin- -
L’altro lo fermò;
-No, non è il nome. – puntualizzò, - E’ la parata, Frank. –
Il moro diede fondo ad ogni sua risorsa, per provare ad afferrare il concetto, ma era troppo per lui. Era troppo per il suo ragazzo, figuriamoci per lui!
Si arrese.
-Non ti capisco, Gee: spiegati. –
Gli mancavano quei ciuffi lunghi ed ammassati in un informe aggroviglio sulla testa folle di quello splendido ragazzo. Che si trattasse anche di questo?
-Non mi piace - iniziò questi - Sento che non ci appartiene. Come… come se non fossimo più noi… -
Era davvero una questione di capelli? Frank questo si domandava. Da una parte, sperava sul serio che si trattasse unicamente di questo, perché così le cose sarebbero state più facili da risolvere.
Ma con Gerard, nulla era facile.
Frank sorrise;
-Il cambiare look, non comprende cambiare anche l’anima, Gee. Siamo sempre noi. – sottolineo quel noi abbracciandolo più forte e sfregando un po’ le mani, a palmi aperti, sulle sua schiena.
-Sì, lo so –
Il suo tono era arrabbiato. E lo era, ma più verso se stesso per non riuscire a spiegarsi che non per Frank.
-Siamo noi, ma allo stesso tempo, non più – aggiunse, sempre più stanco.
Frank se ne accorse, e provò a far leva lì.
-Gee, penso che la tua sia solo stanchezza… Non vuoi dormire? Dai, eh, dormi qua con me! –
Tentò di convincerlo, ma Gerard insistette.
-Non trattarmi da idiota, Frank – disse, serrando le mani fresche sulla sua pelle, senza stringergliela, solo le mani, senza fargli male.
-Scusa, non intendevo offenderti –
Gerard alzò di nuovo il volto, portando quella stessa mano a carezzare la guancia della sua ragione di vita.
-Tranquillo. Non mi sono offeso. – sorrise mentre lo disse, - Volevo solo farti una domanda- Posso? –
Frank si sentiva soggiogato dal quel fare che era solo di Gerard;
-Dimmi. –
Vide gli occhi sbattere piano un paio di volte, come a scacciare gentilmente in brutti pensieri. A quanto pare non ci riuscì.
-La senti anche tu? –
-Uhm? Cosa dovrei sentire di preciso? – assottigliò gli occhi.
-La musica… - sussurrò Gerard, - Mille persone unite in un unico coro e altre mille che suonano note scoordinate. –
Rispose piano, come se da un momento all’altro dovesse avvertila. Ma l’unica cosa che c’era, era Gerard.
-No, Gee, non la sento. -
Frank vide la paura che s’impossessò degli occhi del ragazzo.
-Avrei preferito che mi acconsentissi come ai pazzi - ansimò - Trattami da folle, Frank, ti prego! - sorrise, isterico - Non lasciarmi solo… -
Lo guardò strano, come se avesse detto un mucchio di autentiche cazzate.
-Di che stai parlando, amore!? Non vado da nessuno parte! –
-Quando mi verranno a prendere, gl’impedirai di portarmi via, vero? Vero Frank che non gli permetterai di unirmi a loro? –
La voce di Frank si fece seria;
-Gee… che cazzo hai preso? –
Stava iniziando a preoccuparsi, ad insospettirsi più che altro.
Pensava che Gerard avesse smesso di farsi male.
-Mio Dio, Frank! Sono pazzo, non drogato! – ringhiò tra i denti.
-Se è uno scherzo, non è divertente, sappilo! –
Gli occhi di Gerard erano traboccanti di paura:
Come faceva?
Come avrebbe fatto per fargli capire che era tutto vero, che non si stava inventando niente?
Mise l’orecchio all’altezza del suo cuore, sentendo il battito un po’ veloce. Era agitato.
Era per colpa sua?
-Mi dispiace... - soffiò fuori, - Ti faccio sempre preoccupare… -
Sentì quella mano gentile che tornava tra i suoi capelli, dopo che se ne era andata, e quella voce gentile che gli penetrava la pelle e sensi.
-No, hai solo un modo strano di parlare – gli baciò la testa.
-Posso restare qui, stanotte? –
Frank sorrise - Certo –
-E restare così, su di te? –
-Mi fa solo che piacere. –
Bene, perché ne aveva proprio bisogno.
Frank aspettò che si sistemasse nuovamente addosso a lui, insinuandogli una gamba tra le sue e che la mano destra tornasse a carezzargli il petto.

Finalmente, dopo qualche istante, Gee si addormentò, cullato dall’odore, il calore e il respiro di Frank, ma soprattutto dal suo cuore.
Frank tirò un sospiro di sollievo, ma neanche poteva immagine cosa sarebbe accaduto.
Intanto, nella mente di Gerard, si erano ultimati i preparativi. Tutto era pronto.
Si poteva dare inizio!
Uno scheletro con un buffo cappello, era salito su una piattaforma mobile, indossava un completo da cerimonia ed aveva in mano un bastone da passeggio con alla cima un ragno.
Dietro di lui, altri scheletri presero posizione.
Attorno a loro, in uno spazio triste e sconfinato, c’erano le più strane creature che si fossero mai viste. Forse un tempo erano state umane, ma ora erano solo l’ombra di loro stessi.
Il sonno di Gerard cominciò a farsi agitato: delle smorfie dolorose appena accennate gli erano comparse sul volto.
Cercava invano di scacciarli.
Una cornacchia con un monocolo e un fiocchetto sul becco, gli si posò su una spalla.
Una donna gli passò accanto ballando il valzer con uno scheletro vestito in modo impeccabile.
Le tempie gli sudavano, cercava di non provare a lasciarsi andare, anche se tutto quella musica, quelle creature votate a festa, quell’atmosfera fredda e viva, era davvero, davvero invitante.
Frank si svegliò di colpo, sentendolo agitarsi troppo, e lo scoprì ricoperto di sudore e con un’espressione sofferente in volto.
Ma Gerard non ci fece caso.
Stava guardando mentre tutti si riunivano attorno a quel carro pieno di coccarde bianche e nere.
Quello scheletro col bastone in mano stava per parlare a tutti loro.
Inciampò.
Qualcuno, in mezzo a tutta quella confusione, l’aveva spinto.
Frank aveva intanto preso a scuoterlo. Dapprima leggermente, per evitare di fargli prendere un colpo, ma quando notò che non si svegliava, prese quasi a schiaffeggiarlo, perché, cazzo, il colpo stava per averlo lui!
E il teschio iniziò a parlare, anzi, a cantare.
E tutti tornarono a ballare, seguendo quella piattaforma che si stava muovendo.
Era una melodia meravigliosa, e orribile al tempo stesso.
Ti diceva di andare avanti, di continuare a camminare. Perché non c’è alcuna paura nel camminare da soli.
E lui si era ritrovato a ballare in mezzo a tutti gli altri, seguendo quel carro.
Si stava lasciando andare.
-Gerard! GERARD! Mi senti? Oh, cazzo! Svegliati! –
Non poteva essere un semplice incubo: non lo vedeva in quello stato dal periodo in cui non faceva altro che ingurgitare alcool e pillole, appena lui si girava.
Iniziava a temere che non scherzasse, prima.
Si sentiva a casa, Gerard, e lì c’era una festa.
Sembrava carnevale o halloween, messe assieme, ma molto più chiassosa.
Era stato invitato? Era l’ospite d’onore? Oppure il reietto, l’unico, che non ne faceva parte?
Quale storia volete che vi racconti, cantava lo scheletro, quella del ragazzo spossato, pazzo, ma felice, oppure quella di quel ragazzo allegro ma triste? Di quello che passa ogni attimo strozzandosi al pensiero di cosa fare. Di quello che ha scritto della sua vita dicendo che non stava bene, oppure… di chi, nel dormiveglia, pensa al modo più discreto per uccidersi…
Basta chiederlo. Basta volerlo.
E sarai dei nostri e balleremo in un limbo.
Non sentirai mai più dolore, perché non sarai più vivo. Non sentirai mai più nulla, perché non sarai morto. L’unica cosa che sentirai, sarà ciò che ti sentirai.
Si ritrovò la faccia dello scheletro davanti.
Vieni. Vieni con noi.
Continuava a ballare, a cantare, assieme a tutti gli altri. Sentendosi bene. Sentendosi libero.
Poi uno sparo, un urlo agghiacciante di una donna: cosa era successo?
Era Frank che lo cercava, doveva andare! Ma c’era qualcosa che lo tratteneva; la musica non aveva mai smesso, le urla si erano fatte più forti.
Gli girava la testa e aveva una gran voglia di vomitare. Non riusciva a muoversi, gli mancavano le forze.
Si accasciò a terra, respirando a fatica.
L’ultima cosa che vide fu quel volto osseo che gli sorrideva.
Benvenuto alla Parata Nera.
Altro sparo. Occhi spalancati. Altro urlo. Il suo. No, sì: ma anche un altro.
Aprì di scatto gli occhi, sudato e in preda ai tremori. Frank che lo guardava come se, da un momento all’altro gli sarebbe venuto un colpo secco! Anche lui aveva il fiato corto.
-Gerard! Porco troia! Mi hai fatto prendere un accidente! Ma si può sap- -
-Sono arrivati! – ansimava, - Mi hanno; oddio, no, mi hanno preso! –
-Ma di cosa stai parlando!? –
Il suo istinto gl’impediva di lasciarlo anche solo per andare a chiamare un dottore, Brian, Mikey, Bob, Ray o- chiunque altro.
-La parata, Frank! È viva, è vera, io l’ho vista! La vedo sempre. È reale, non smette mai. Non mi lascia mai! – la voce gli tremava ancora di più del suo corpo.
-Cistosanto, Gee! Non è venuto nessuno! Ti vuoi calmare? –
Vedeva che tremava, ma era troppo arrabbiato e preoccupato per notarlo bene. Ma quando il biondo gli gettò con uno scatto le braccia al collo, la sua incazzatura scese tutta d’un botto.
-Non mi lasciare, Frank! Ti ho visto, eri lì. Mi hai cercato: non hai lasciato che mi portassero via! Oh, grazie, grazie amore mio. Grazie! –
Frank non poté fare a meno di abbracciarlo, le braccia si mossero da sole, in automatico, stringendoselo al petto. Sperando che così gli incubi non lo perseguitassero più.
-Non voglio andare con loro… -
Gee glielo sussurrò nell’orecchio, come se lo potessero sentire.
-Stai tranquillo, non permetterò che ti facciano del male… - gli baciò una tempia.
-Se ci riprovano? – il solo pensiero lo fece sobbalzare. No, non voleva!
Frank sorrise; - Ti proteggerò io. –
Gerard spostò il volto dal rifugio dell’incavo del collo di Frank.
-Davvero? –
-Si. –
Gerard alzò il volto, e lo avvicinò al suo, baciandolo.
-Ti amo, Frank. –
Frank rispose al bacio: - Anche io, Gee, tanto. –
Il cantante sorrise nel bacio.
E, per la prima volta dopo mesi, si sentiva finalmente tranquillo.
Ma cosa sarebbe successo in quegli attimi in cui Frank non ci fosse stato per lui? La cosa lo preoccupava, perché la parata era difficile da distruggere. Non si poteva scappare per sempre.
Primo o poi, l’avrebbe dovuta affrontare.
Ma ora no. In quel momento, solo quelle labbra che gli baciavano il collo e quelle mani che gli saggiavano i fianchi avevano importanza.
Per il resto, la parata nera era solo un lontano rumore sfumato tra i suoi gemiti.
Ma lei, era sempre lì.

FINE

   
 
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