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Autore: FairyCleo    22/06/2011    13 recensioni
"Aveva avuto il piacere di fare conoscenza del se stesso del futuro, scoprendosi molto diverso da com’era.
Quel Dean che aveva davanti era un uomo che aveva completamente perso la speranza.
Quel Dean era diventato cinico e calcolatore, un essere privo di emozioni, un essere che metteva paura.
Per non parlare di Chuck! Chi avrebbe mai detto che sarebbe diventato membro attivo del gruppo? E Castiel...Castiel non era più Castiel.
Cavolo, l'aveva davvero sentito dire a quelle ragazze 'preparatevi per l' orgia' ?. Ancora non ci credeva.
E aveva scoperto che assumeva regolarmente anfetamine e quantitativi di alcol eccessivi anche per un angelo. Che fine aveva fatto il verginello terrorizzato che lo guardava con aria supplice quando l' aveva portato in quel 'covo di perdizione' ?
Era questo a cui stava pensando Dean mentre passeggiava fuori dalla casa in cui viveva il Castiel del futuro.
Pensava a quanto spaventoso e sbagliato fosse quel futuro. Dio mio. Come poteva essere andato tutto a rotoli in così poco tempo?".
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Quinta stagione
- Questa storia fa parte della serie '2014 Camp Chitaqua'
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono. Non scrivo a scopo di lucro.
 
 
2014 Camp Chitaqua
 
Ancora non riusciva a credere che Zachariah gli avesse giocato quel brutto tiro.
Mandarlo nel 2014 così! Come se fosse stato un pacco postale o uno stupido souvenir comprato su di una bancarella durante le vacanze!
Ma per quei bastardi piumati era davvero questo e nulla più, alla fine dei conti. Era solo un oggetto, un contenitore vuoto fatto per ospitare qualcosa che Zac e i suoi simpatici fratellini consideravano grande e prezioso.
Qualcuno lo avrebbe considerato estremamente fortunato. Era il prescelto, alla fine dei conti. Ma a lui non andava a genio l’idea di dover diventare il vestitino cucito su misura di uno di quei gallinacei sacri. Di nessuno. Neppure se questo qualcuno era Michael in persona – o in essenza, ad essere precisi.

Quell’idiota aveva sbagliato i conti se davvero era convinto che spedendolo in quella specie di inferno in terra gli avrebbe fatto cambiare idea.
Dean Winchester non avrebbe mai detto di sì a Michael. Mai.
Doveva solo trovare il modo di tornare indietro da lì, e gliel’avrebbe fatta pagare a quel pallone gonfiato vestito da impresario delle pompe funebri.

"Puoi giurarci Zac! Troverò il modo di farti il culo!".

Ma al momento, purtroppo per lui, non gli restava molto da fare se non trascorrere - senza farsi ammazzare - i tre giorni che gli erano stati gentilmente concessi dalla ditta Zac e Co. a Croatonlandia.
Sì, era stato un pensiero davvero gentile. Un pensiero davvero molto, molto gentile.

 
*

La notte era calata in fretta.
Fortunatamente per lui non faceva molto freddo, e doveva ammettere che il cielo fosse davvero bellissimo.
Peccato che non si potesse dire la stessa cosa del mondo.
La ferita che si era aperta sembrava impossibile da rimarginare, ed essa continuava a sanguinare per quel dolore che era diventando un tutt’uno con quello dei pochi superstiti che avevano ancora la forza di sopravvivere.

Era incredibile quanto le cose fossero cambiate, quanto fossero cambiate le persone.
La guerra, terrestre o divina che fosse, finiva sempre per distruggere ogni cosa nella sua essenza più profonda.

Aveva avuto il piacere di fare la conoscenza del se stesso del futuro, anche se piacere non poteva essere di certo il termine più adatto.
Quel Dean che aveva davanti era un uomo che aveva completamente perso la speranza.
Quel Dean, un Dean cinico e calcolatore, era un essere privo di emozioni, era un essere che incuteva non solo soggezione, ma qualcosa di simile alla paura.

E Chuck! Chi avrebbe mai detto che sarebbe diventato membro attivo del loro gruppo? Ma lo shock più grande era conseguito all’incontro che aveva avuto con Castiel. Castiel… perché chiamarlo ancora così se non era più lui?
L'aveva davvero sentito dire a quelle ragazze 'preparatevi per l'orgia' ?
Ancora non credeva che ciò potesse essere vero. Per di più, aveva scoperto che assumeva regolarmente anfetamine e quantitativi di alcol eccessivi anche per un angelo. Che fine aveva fatto il verginello terrorizzato che lo guardava con aria supplice quando l'aveva portato in quel 'covo di perdizione' – per citarlo letteralmente?

Era questo quello a cui stava pensando Dean mentre passeggiava a pochi metri dalla casa in cui viveva il Castiel di quel tempo.
Stava pensando a quanto spaventoso e sbagliato fosse quel futuro.
Dio, come poteva essere andato tutto a rotoli in così poco tempo?
Cosa poteva essere accaduto di così sconvolgente da aver mandato tutto a rotoli?
Era quasi un insulto da parte della luna illuminare con così tanto ardore i resti polverosi dell’umanità. Di umano, in quel posto, non c’era davvero più niente.
 
Era stata proprio quella luna beffarda a permettergli di vedere quello che di lì a poco sarebbe accaduto.

Dean aveva visto il se stesso del futuro uscire dalla propria casa senza accendere la luce del piccolo patio, guardarsi intorno con sospetto, sollevare per bene il colletto della giacca e dirigersi a grandi passi verso la modesta abitazione in cui viveva Castiel.
Una volta giunto sulla soglia, aveva bussato violentemente per tre volte, finché il proprietario non aveva aperto la sbilenca porta di legno.
Purtroppo per lui, dalla posizione in cui si trovava aveva potuto vedere chiaramente l'espressione sul viso di Cass, un’espressione che non avrebbe mai potuto dimenticare.

Sapeva perfettamente che quelli non erano affari suoi. Ma non lo erano davvero? Quello era il se stesso del futuro, in fondo! E quello che gli piaceva chiamare ‘sesto senso’ gli stava suggerendo che qualcosa non stava andando per il verso giusto.
Voleva sapere cosa avesse Dean (sì, gli faceva davvero strano rivolgersi a se stesso in terza persona) di tanto urgente da dire a Cass che non potesse aspettare il giorno dopo. E, soprattutto, voleva capire il perché di quell’espressione così contrita sul viso dell’ex-angelo, il perché di quell’espressione che gli aveva quasi fatto gelare il sangue.

Cautamente, si era avvicinato alla finestra che dava sulla stanza più grande della casa, quella dove si trovavano Cass e Dean del futuro, facendo attenzione a non farsi vedere. Calarsi nel ruolo della pettegola del paese non era una cosa che aveva preventivato, ma qualcosa gli stava suggerendo che quel comportamento non era del tutto sbagliato.
E poi, sapere cosa sarebbe potuto accadere gli avrebbe evitato di farlo avverare, no? Il ragionamento era contorto, ma non faceva una piega.

Solo che mai avrebbe pensato di vedere ciò che si stava palesando davanti ai suoi occhi.

Dean stava sussurrando qualcosa ad un Castiel che continuava a tenere il capo chino.
Il se stesso del futuro aveva gli occhi iniettati di sangue, e continuava a fare uno strano movimento con la mandibola, qualcosa di simile ad uno scatto continuo, ad un tic nervoso che era convinto di non aver mai fatto prima di allora.
Era troppo spessa la parete per poter sentire quello che si stavano dicendo. Ma, purtroppo, si era reso conto che non sarebbe stato necessario, che le parole sarebbero state oltremodo superflue.

Il Dean del futuro aveva mollato a Cass un manrovescio talmente forte da rompergli il labbro. Un rivolo di sangue stava colando lungo il mento, morendo sul colletto sporco della camicia. Ma Castiel non aveva reagito. Cass non aveva reagito a quella violenza gratuita.


Aveva portato una mano alla bocca, cercando di pulirsi dal sangue come meglio poteva, ma era stato inutile, perché poco dopo gli era stato mollato un altro ceffone, e poi un altro, l’ultimo talmente forte da farlo cadere rovinosamente al suolo.
Castiel, spaurito, dolorante, aveva cercato di rialzarsi, ma Dean l'aveva afferrato per i capelli, sollevandolo con una forza che non avrebbe dovuto avere, per poi sbatterlo violentemente contro il tavolo. Gli stava schiacciando una guancia contro quel legno scuro e consumato, violento, inesorabile.
Quello che avrebbe visto in seguito, lo avrebbe segnato per tutto il resto della vita.

Il Dean del futuro aveva strattonato i già logori jeans di Castiel, abbassandoglieli fino alle ginocchia, per poi cominciare ad occuparsi dei propri.
Cass non si muoveva. Piangeva in silenzio mentre stringeva forte i bordi del tavolo con entrambe le mani, fin troppo consapevole di quello che avrebbe dovuto affrontare di lì a breve.
Dean  li aveva visti, aveva visto i lividi sulle gambe e sui glutei nivei di Cass.
Sui fianchi c'erano le impronte delle dita, il marchio che testimoniava la frequenza di quell’orrore.
I suoi occhi si erano sbarrati, sconcertati da quello a cui stavano assistendo.
No, quello non poteva essere lui. Non poteva essere Dean, doveva esserci un errore. Quello non era il futuro, la conseguenza di una sua scelta, era un fottutissimo scherzo di Zac! Non poteva essere altrimenti, perché lui non avrebbe mai potuto commettere un atto così ignobile. Non avrebbe potuto fare del male a Castiel.
 
Cass aveva urlato, prima che il suo aguzzino gli imponesse la sua presenza.
Gli aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola di fermarsi, di lasciarlo andare, che non lo odiava, ma che doveva lasciarlo andare.

Quella bestia continuava a tenerlo ancorato al tavolo, schiacciandolo contro di esso con tutto il proprio peso.
Castiel non riusciva a ribellarsi, non aveva abbastanza forza fisica per farlo. Era così piccolo, così minuto, così stanco che non ci sarebbe riuscito neanche volendo. E le sue suppliche disperate erano state del tutto inutili.
L'aveva completamente sottomesso, riducendolo ad un oggetto. Non un bacio, non un abbraccio, non una carezza, non un sussurro. Niente. Non voleva niente da lui, se non trarre dal suo corpo, dalla sua paura, il più puro e grottesco dei piaceri.

E poi, Dean l'aveva visto: aveva visto del sangue scivolare lungo le cosce di Castiel, aveva visto quel liquido scarlatto scendere e depositarsi sulla stoffa logora saldamente ancorata alle sue ginocchia, e il suo cuore si era fermato per lo sconcerto, per il dolore.
 
Ma non era stato il solo ad aver visto un simile orrore.
L’aveva visto anche quella bestia con cui condivideva il volto.  Anche quel Dean l'aveva visto e, emettendo un rantolo spaventoso, si era allontanato da lui di scatto, proprio come se fosse stato morso da una vipera velenosa, come se fosse stato punto da un’ape.

Si era ricomposto in fretta, disgustato, mentre Cass era rimasto fermo contro il tavolo, come se ci fosse ancora il peso del suo aguzzino a tenerlo immobilizzato, ad impedirgli di muoversi.  
Stava tremando di un fremito incontrollabile, stava tremando dalla paura.

"Ti sbatte qualcun altro?".

Questo, Dean l'aveva sentito chiaro e tondo. Il se stesso del futuro non si era preso la briga di sussurrarlo.

"Rispondi, Castiel. Da chi altro ti fai sbattere?".

L'aveva afferrato di nuovo per i capelli, gettandolo sul pavimento. Una raffica di violenti calci aveva completato quella pura dimostrazione di odio.

"Sei solo una lurida puttana!" - gli aveva urlato, prima di sputargli addosso ed uscire dalla casa come se niente fosse accaduto.
 
Si era diretto a passo svelto verso la propria abitazione, sbattendo violento la porta alle sue spalle.
Non si era reso conto che qualcuno aveva assistito inerme a quella scena.

 
*
 
Non riusciva a crederci. Non riusciva a credere che un giorno sarebbe stato capace di fare una cosa simile, così come non riusciva  a credere di non essere intervenuto per fermare quella bestia nonostante ne avesse avuto l’opportunità.
La paura di scoprire cosa sarebbe stato capace di fare lo aveva terrorizzato, paralizzandolo letteralmente, impedendogli di fare qualsiasi cosa, dal fermare il mostro allo spaccargli la testa con un ciocco di legno. Sarebbe stato suicidio? Non lo sapeva. E forse, non avrebbe neppure dovuto importargli, perché quello che stava guardando attraverso il vetro sporco, rannicchiato su un fianco, sanguinante e col volto segnato dalle lacrime era Cass, e nessuno meno di Cass meritava di subire una cosa del genere.

Senza rifletterci troppo, aveva aperto la porta di scatto, rimanendo ad osservarlo a lungo sulla soglia, prima di avvicinarsi a lui.

Cass si era accorto di non essere più da solo, ma non aveva avuto il coraggio si muoversi. Sembrava un cucciolo smarrito, un cucciolo dai grandi occhi blu diventati lo specchio del dolore e del terrore che stava provando la sua anima.
Ma non poteva starsene lì ancora a lungo, inerme. Non voleva che lo vedessero così. Per questo, si era girato quanto bastava per guardare quel visitatore sconosciuto negli occhi, supplicandolo in silenzio di andare via, di lasciarlo in pace, solo con il suo sangue e la sua disperazione.

Ma Dean non lo avrebbe fatto. Non poteva tirarsi indietro, non poteva scappare. Non lo avrebbe fatto nemmeno se Cass glielo avesse urlato con tutto il fiato che aveva in gola.
Si era inginocchiato di fronte a lui, posandogli dolcemente una mano tra i capelli, convincendolo a sollevare il bel viso rigato dalle lacrime.

"Cass... sono io... guardami... Cass. Sono io... Sono Dean".
 
E, quella semplice verità, gli aveva permesso di farlo, gli aveva permesso di fidarsi.

"D-Dean..." – aveva balbettato, guardandolo per un istante negli occhi, nello sforzo di vedere oltre – “Dean”.
 
E poi aveva capito.
Si era abbandonato sul suo petto, piangendo tutta la rabbia e tutto il dolore che aveva in corpo, sentendosi finalmente libero. Libero di essere se stesso, libero di esternare i propri sentimenti, libero di mostrare a Dean, al vero Dean, i sentimenti che si agitavano nel suo cuore.

Il maggiore dei Winchester lo stava stringendo come non aveva mai stretto nessuno prima di allora, facendo sparire il naso tra i suoi capelli corvini, respirando forte il suo odore: l'odore di Castiel.

Senza dire altro, lo aveva sollevato da terra prendendolo tra le braccia, meravigliandosi di quanto fosse leggero, per poi stendersi accanto a lui sulla piccola e scomoda branda che gli faceva da letto.

Cass, stanco, provato, si era addormentato immediatamente, senza asciugare le lacrime che gli rigavano il viso, stringendo con forza la stoffa del giubbotto di Dean, del suo Dean, di quel Dean per cui era caduto tanto tempo fa rinunciando a tutto, quel Dean per cui  aveva lottato da semplice essere umano quale era diventato.

E quello stesso Dean ora lo stava stringendo a sé, chiedendogli perdono per qualcosa che neanche aveva fatto, per un reato che non aveva commesso.
Perché Cass lo sapeva, sapeva che quello era il suo Dean, e sapeva che finché sarebbe stato lì, fra le sue braccia, tutto sarebbe stato perfetto.



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Salve *Cleo si intrufola come una ladra*.
Ok... non avevo mai scritto storie come questa e mi auguro di non aver fatto un pasticcio!
Vedete, questa scena frullava nella mia testa da un po', e prima che diventasse un ricordo sbiadito ho deciso di buttarla giù.
Non so bene come mi sia venuta in mente, e sono consapevole del “lievissimo” OOC dei personaggi. Il Dean del 2014 mi fa paura. Mi fa tanta, tanta paura. Ha mandato i suoi amici a morire, e a mio parere poteva DAVVERO essere capace di fare una cosa del genere.

Questa è la prima storia di una serie sul 2014… Credo che in tutto saranno tre storie, ovviamente l’una sarà il susseguirsi dell’altra.
Che altro dire?

Spero di aggiornare presto!
Per ora, mi limito a mandarvi un grande bacio e a ringraziare chiunque l’abbia letta.
A presto!
Cleo

 
   
 
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