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Autore: FairyCleo    24/06/2011    9 recensioni
"Sentiva ancora la sua voce, quella voce che aveva cullato il suo sonno, ripetendogli per tutto il tempo di perdonarlo.
Sorrideva mesto al pensiero.
Cosa avrebbe dovuto perdonargli, dopotutto?
Non era colpa sua se pativa quelle torture.
Non era colpa sua se era accaduto l'irreparabile.
E questo Castiel lo sapeva bene".
Il seguito di 2014 Champ Chitaqua.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Lucifero, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Quinta stagione
- Questa storia fa parte della serie '2014 Camp Chitaqua'
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono. Non scrivo a scopo di lucro.
 
Remember me
 
Castiel si era svegliato nel cuore della notte, di soprassalto, ancora aggrappato al giubbotto di Dean.
Nel vederlo lì, steso accanto a sé, il suo cuore aveva perso un battito. Per un breve istante era stato certo di trovarsi tra le braccia del proprio aguzzino, ma poi, guardandolo meglio, osservando quel viso così disteso, quel viso non ancora segnato dalla crudeltà del tempo, si era reso conto che quello non poteva essere il mostro che lo tormentava da ormai cinque lunghi anni.

Era rimasto in silenzio a fissare quel volto tanto familiare per diversi minuti.
Era identico al Dean del suo tempo: stesse sopracciglia, stesse efelidi, stesso colore e stesso taglio di capelli, stessa pelle chiara, stesse labbra carnose. Era bellissimo esattamente com'era ancora adesso.
Solo un osservatore attento come lui avrebbe potuto rendersi conto che questo Dean fosse in verità profondamente diverso, che questo Dean conservava ancora la propria dignità, i propri principi, le proprie paure e insicurezze, tutte qualità che lo rendevano una delle creature più straordinarie che Dio avesse deciso di donare al mondo, tutte qualità dipinte sul bellissimo viso che ora aveva davanti.

Stava respirando piano, per paura di svegliarlo.
Non voleva che lo vedesse in quelle condizioni. Era ancora troppo fragile e vulnerabile. Purtroppo per lui, gli effetti di alcol e droga lo avevano abbandonato durante il sonno, lasciandogli addosso una profonda angoscia e il desiderio di perdersi ancora, e ancora. Non poteva permettere che Dean lo vedesse in crisi d’astinenza. Era stato già troppo doloroso farsi vedere in veste di vittima inerme.

Aveva sorriso con mestizia, il nostro Castiel. Continuava a sentire la sua voce, quella voce che aveva cullato il suo sonno, ripetendogli per tutto il tempo di perdonarlo. Cosa avrebbe dovuto perdonargli? Cosa avrebbe avuto da perdonare a quella creatura così perfetta nella sua imperfezione?

Non era colpa sua se stava vivendo come un prigioniero. Non era colpa sua se era accaduto l'irreparabile. Castiel lo sapeva bene, così come sapeva perfettamente che questo Dean non doveva stare lì.
La sua casa non era un posto sicuro per lui.
Aveva saggiato sulla sua pelle quanto il Dean del suo tempo potesse essere crudele, e sapeva che non si sarebbe fatto scrupoli di alcun tipo per averli trovati lì, stretti sulla branda che tante volte aveva occupato insieme a lui, anche se controvoglia, anche se con la forza.

Per questa ragione si era alzato lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, dirigendosi nell'altra stanza. Era ancora troppo poco lucido per decidere il da farsi, ed era ancora troppo spaventato per avere il coraggio di mandarlo via.
Una volta varcata la soglia, era rabbrividito nel trovarsi davanti il tavolo su cui poco prima era stato inchiodato senza possibilità di scampo. Aveva ancora dolori in tutto il corpo, nonostante lui avesse fallito nel suo intento.

Ripensava ancora alle sue parole, sorridendo triste.
'Chi altri ti ha scopato?'  gli aveva urlato con disprezzo.
Nessuno, avrebbe dovuto rispondergli, ma non ne aveva trovato il coraggio.
Chi mai avrebbe osato tanto?
Tutti sapevano quello che lui gli faceva, e nessuno avrebbe mai solo lontanamente pensato di mettersi contro il capo, contro il leader.
Le donne con cui giaceva, stupidi passatempi che gli permettevano di recuperare quel minimo di virilità rimastagli, stavano attente a non guardare i lividi che aveva su tutto il corpo. Non facevano domande se lo vedevano sanguinare e lui, dal canto suo, non aveva mai dato spiegazioni.
Cosa avrebbe potuto dire?
'Il nostro Dean è un bastardo? E' un animale?'. No. Mai.
Dean era l'unico uomo che era stato in grado di infondere loro la forza di lottare, di non crollare, di non abbandonarsi alla crudeltà di quella sorte che gli era toccata, e non avrebbe mai avuto il coraggio di disonorarlo davanti a quella gente forse un po’ meno disperata di prima.
Preferiva subire sul proprio corpo le conseguenze di quella scelta, portare i segni della sua rabbia e della sua frustrazione.
E non lo stava facendo a causa di una sorta di attitudine al martirio. Lo stava facendo perché sentiva di meritare quel genere di trattamento.

Sovrappensiero, aveva stappato una delle sue ultime bottiglie di assenzio, vuotandone gran parte tutta d'una fiato.
Voleva solo che l'alcol scorresse nelle sue vene, donandogli quella sensazione di torpore che gli impediva di pensare al peggio e di provare dolore.

Qualcosa, però, gli stava suggerendo che quella volta non sarebbe stato così semplice.
Dean, il suo Dean, era nella stanza accanto.
Come avrebbe potuto dimenticare il calore, la stretta confortante di quel suo abbraccio? Come avrebbe potuto dimenticare l'odore della sua pelle?

A questo stava pensando, quando, improvvisamente, si era sentito toccare su una spalla.
Quel contatto improvviso lo aveva fatto sobbalzare, e la bottiglia gli era scivolata dalle mani. Ma la presa pronta di Dean aveva evitato che si distruggesse in mille pezzi.

"Non dovresti bere così tanto, sai? Questa roba finirà per ucciderti!".

Era in piedi, davanti a lui, e stava fissando distrattamente il contenuto della bottiglia, questo prima di berne un lungo sorso.

"D-Dean...".
Cass era riuscito a stento a trattenere le lacrime.
I suoi grandi occhi blu erano diventati rossi dallo sforzo di ricacciare indietro quelle tiepide gocce salate, e le sue pupille erano diventate liquide.
"Però! Roba forte!" - aveva esclamato, posando la bottiglia sul tavolo.
"Non... non puoi stare qui. Te ne devi andare".
Non aveva avuto il coraggio di guardarlo mentre pronunciava quelle parole terribili, e gli aveva dato le spalle. Aveva cercato di mantenere un tono di voce fermo, composto, di impartirgli quasi un ordine, ma era certo di aver fatto tutt’altro.
L'ultima cosa che avrebbe voluto fare era mandarlo via, ma non poteva fare altrimenti. Era solo per il suo bene se stava andando contro il suo volere, se stava cacciando quel ragazzo con una veemenza che non gli apparteneva. Doveva salvargli la vita. Doveva farlo a costo di rischiare la propria.

Senza ascoltare minimamente l'ordine impartitogli dal suo amico, Dean lo aveva afferrato per un braccio, spronandolo dolcemente a girarsi verso di sé.
Dopo un'iniziale resistenza, Castiel aveva ceduto, ma non era riuscito a guardarlo negli occhi.
Le sue guance erano rigate da lacrime silenziose.

Era una scena straziante. Forse, era anche peggio di quella a cui aveva assistito qualche ora prima.

"Perché Castiel?" - gli aveva chiesto, asciugandogli le lacrime con i pollici, parlando con tono pacato - "Come sono potuto arrivare a tanto?".

Sapeva di non doverlo fare.
Sapeva che non sarebbe stato giusto svelargli come sarebbero andate le cose nel suo futuro.
Non era più un angelo, non faceva più quei giochetti da essere superiore. Ma come poteva ignorare quella richiesta? Quella supplica?

"Come ho potuto farti così tanto male?".
Dean gli aveva afferrato il viso tra le mani, guardandolo dritto negli occhi.
Era come se il mare avesse straripato nei prati di una rigogliosa campagna. Era stato colto da un turbinio di emozioni così grandi che per un attimo aveva creduto che il suo cuore potesse cedere.
Aveva evitato per così tanto tempo di guardare Dean negli occhi che aveva quasi dimenticato quanto essi fossero belli e luminosi. Aveva dimenticato che fossero lo specchio della sua anima, la porta attraverso cui scorgere i suoi tormenti e le sue paure, il canale tramite cui tante volte era entrato in contatto con la sua essenza più profonda.
E, in quel preciso istante, l’anima di Dean stava provando tanta, troppa paura. Paura per lui, per quello che gli avrebbe fatto in un futuro non troppo lontano, paura per l’essere mostruoso che sarebbe diventato.

Castiel aveva chiuso dolcemente gli occhi, prima di prendere entrambe le mani di Dean tra le proprie e scostarle delicatamente dal suo viso.
Con estrema lentezza, aveva afferrato la giacca del cacciatore, sfilandogliela dolcemente, per non spaventarlo, per non farlo indietreggiare. La stessa cosa aveva fatto con la camicia.
Non aveva staccato neanche per un attimo gli occhi dal suo petto, e Dean non aveva fatto domande.
Lo aveva lasciato fare senza lamentarsi, senza chiedere perché.
Una volta rimasto con solo la maglietta addosso, Cass lo aveva guardato finalmente negli occhi per un lungo, intenso attimo, quasi per chiedergli il permesso.
Un timido e imbarazzato sorriso era stato più che sufficiente a fargli capire che poteva procedere senza esitazioni.
A quel punto, Cass aveva preso un lungo respiro, e aveva sollevato la manica sinistra della maglietta di Dean, lasciandogli la spalla scoperta.
Quasi aveva sussultato nel vederla ancora lì, fiera e invadente. Lei c'era. Non era solo un ricordo creato dal nulla. Lei era lì, viva, immanente, l'impronta della sua mano, il marchio che indicava quanto speciale fosse quell’essere umano.

"Stai bene, Cass?".
La voce di Dean era stata un timido sussurro. Era preoccupato e confuso, incapace di comprendere quali fossero le sue reali intenzioni.

E Castiel aveva annuito, tra le lacrime, e aveva preso l’ennesimo profondo respiro prima di procedere, prima di far combaciare perfettamente il palmo della sua mano con l'impronta lasciata su quella spalla in un tempo che ormai sembrava troppo lontano.

                                                                                                  *

Gli era accorso un attimo per rendersi conto che lo scenario attorno a sé era mutato. Dean non si trovava più nella modesta casa del Castiel del futuro.
Era in una piccola stanza di motel, uno dei tanti, squallidi motel in cui aveva vissuto per metà della sua vita.
Si era reso immediatamente conto di essere da solo e, allarmato, aveva cominciato a chiamare Castiel, incurante della penombra presente nella stanza.
Ma l'amico non aveva risposto. Era evidente che Cass non fosse più lì con lui.

Improvvisamente, una luce proveniente dalla porta del bagno appena aperta aveva invaso la stanza, e Dean aveva visto se stesso uscire dalla toilette. Aveva appena fatto una doccia, e aveva addosso solo un asciugamano.
Si era immobilizzato nel vedersi, convinto che quel se stesso avrebbe avuto la stessa reazione del Dean del futuro, ma aveva dovuto ricredersi.
Quel Dean non lo aveva neanche visto. Gli era addirittura passato attraverso, come se lui fosse fatto di fumo.

"Ma cosa diavolo…".

I suoi pensieri erano stati interrotti dall’improvviso squillo del telefono di quell’altro se stesso.
 
"Bobby? Hey! Sì... Sto bene, piantala!" - una lunga pausa aveva seguito quel gentile invito - "Bobby, ti ho già detto che non voglio sentir parlare mai più di Sam. Buonanotte".
Aveva spento bruscamente il cellulare, gettandolo sul comodino e lasciandosi  cadere sul letto.

Era evidente che quei ricordi erano risalenti al periodo da cui lui veniva, di poco successivo, sicuramente. Era una sensazione fin troppo familiare quella che Dean stava provando. Una sensazione che gli aveva fatto venire un tremendo nodo in gola.

"Non dovresti essere così duro con lui".
La voce di Castiel lo aveva scosso. Il suo amico stava seduto malamente sul letto posto dietro di lui.
Era stato talmente impegnato ad occuparsi di se stesso da non essersi reso conto della sua presenza.
L'angelo era ancora avvolto per metà dalle coperte, e dall'aria stranita che aveva doveva essersi svegliato da poco, forse proprio per colpa delle urla dell'altro Dean.
Era stato sconvolgente apprendere che Castiel aveva dormito.
La sua trasformazione da creatura divina ad essere umano doveva essere ad uno stadio ormai molto avanzato.

"Scusa. Non volevo svegliarti".
"Non importa".
Si era alzato, sedendosi sul letto, accanto a Dean.
"Sei ancora stanco?" - aveva visto Cass stropicciarsi gli occhi. Era evidente che tutto quello fosse nuovo anche per lui.
"Sopravvivrò!".

Aveva visto se stesso sorridere.

"Dovresti chiamarlo".
"Cass, ne abbiamo già parlato. Non voglio litigare anche con te".
"Sai che stai commettendo un errore".
Si era seduto sul letto, guardandolo dritto negli occhi, assumendo la sua tipica posizione da ‘la conversazione finirà ancora prima di iniziare’.
"Non sono io ad aver sbagliato per primo. Ora, se permetti, sono stanco e vorrei andare a dormire".

Non aveva avuto il coraggio di negarlo: a volte sapeva essere davvero un grandissimo bastardo.

                                                                                                      *

Lo scenario era cambiato nuovamente.
Stavolta si trovava in una tavola calda semideserta, nonostante fosse pieno giorno.

Suo fratello, il suo enorme, geniale fratellino, era seduto ad uno di quei piccoli tavoli, visibilmente impaziente.
Era come se stesse attendendo l'arrivo di qualcuno.
Gli aveva fatto più male del dovuto vedere Sam in quello stato. Era molto dimagrito, e il suo viso era stanco, solcato da profonde occhiaie.
Sembrava invecchiato di qualche anno, almeno a giudicare dalla lunghezza della sua capigliatura. Chissà da quanto tempo avevano smesso di parlarsi. Chissà da quanto tempo avevano smesso di essere fratelli.

"Cass!".
 
La sua esclamazione aveva fatto sussultare Dean.
Quello era Castiel. Era proprio lui.

Sam era balzato in piedi, correndo nella sua direzione e abbracciandolo con forza. Castiel non si era opposto a quella dimostrazione così esplicita di affetto. Doveva essere una pratica a loro comune. Ma perché, allora, l’espressione sul volto di Sam sembrava quasi affranta?

"Sei qui da molto?".
"Sono appena arrivato! Cass, non sai quanto mi sei mancato".

Era rimasto di sasso. Aveva sentito bene? Suo fratello aveva appena detto a Castiel che gli era mancato?

"Sai che non posso lasciarlo, Sam. E se tu lo chiamassi, potremmo tornare a cacciare tutti insieme! Potreste tornare ad essere una famiglia".
"Sei tu la mia famiglia".
"Non dirlo, ti prego. Sai bene che non è così".

Sembrava che quelle parole avessero infranto il cuore di Sam. Dean lo conosceva troppo bene per non rendersi conto che lo aveva scritto in faccia.

"Sam, credo di aver capito come siete fatti. So quanto state soffrendo. Vedo Dean distruggersi ogni giorno per la tua assenza. Sono costretto a mentirgli per vederti. E questa cosa distrugge me. Siete diventati tutti il mio mondo. Non riesco più a sopportare di vedervi separati. Questo non è vivere, Sam. Non lo è per nessuno".

Sam era diventato ancora più buio in viso. Era ferito. Ferito e deluso.

"Vorrei solo che tutto tornasse come prima, Sam. Vorrei che voi tornaste a comportarvi come i fratelli che siete. Siete stati voi ad avermi insegnato cosa significa famiglia. So che nel tuo cuore c’è ancora posto per Dean. So che non potresti dimenticarlo neppure se volessi”.
 
Castiel aveva parlato a Sam col cuore in mano, con voce pacata, ma seria, con un tono che poteva appartenere ad un padre, o ad un fratello maggiore.

"Ora devo andare".
"Cass, ti prego, resta ancora un po'...".
Lo aveva afferrato forte per la manica del trench, cercando di impedirgli di andare via.
"Mi dispiace Sammy..." – aveva bisbigliato – “Mi dispiace davvero”.

                                                                                                           *

Si era ritrovato in un campo aperto.
Non avrebbe saputo dire dove fosse esattamente ubicato . Probabilmente non aveva nessuna importanza.
L’unica cosa che contava, al momento, era l’aver capito che quelli che stava vivendo erano i ricordi di Castiel.

E i protagonisti del ricordo in cui si era ritrovato in quel preciso istante erano lui, Castiel, Sam e Lucifer.
Temeva di aver compreso quale tragico evento fosse quello che stava per palesarsi davanti ai suoi occhi.
Era convinto che quello fosse solo un bene. Ora che sapeva cosa sarebbe accaduto, l'avrebbe evitato ad ogni costo, una volta tornato nel suo tempo, l’avrebbe evitato come una persona sana evita di prendere la peste.
 
Quello a cui stava assistendo era un momento cruciale, un momento che non avrebbe mai potuto dimenticare.

Il viso del tramite di Lucifer, un viso corroso dall’essenza demoniaca che portava in sé, era spaventoso. Era come se stesse bruciando lentamente dall'interno. Il suo sguardo gelido non riusciva a celare la sua brama di potere, e il suo sadico sorriso ricordava quello di un rapace che aveva messo in trappola le sue prede.
Raramente Dean aveva provato così tanto timore. Ma quella era pur sempre la prima volta che si trovava davanti a Satana in persona.

"Vedo che siamo arrivati alla fine dei conti... E vedo che siamo al completo!" – aveva commentato.
"Sta zitto lurido bastardo!".
"Dean... Ancora non hai capito che devi rivolgerti a me con rispetto?".
"Fottiti, puttana!".

Era sempre stata quella la sua tipica reazione alla paura. Aveva sempre cercato di sembrare più duro e cattivo del suo avversario. Dubitava, però, di aver anche solo lontanamente intimorito chi gli stava di fronte in quell’occasione.
Vedersi all’opera da lontano era a dir poco paradossale. Era come se stesse vivendo in uno di quei sogni in cui osservava se stesso dal punto di vista di uno spettatore. Il non poter intervenire lo stava logorando dall’interno.

Castiel continuava a rimanere al suo fianco, in silenzio. Era spaventato almeno quanto lui, ma cercava di non darlo a vedere. Era lì per supportarlo, e lo avrebbe fatto fino alla fine.

"Sammy... E’ bello rivederti... Dunque, alla fine dirai di sì?".
"Puoi scordartelo".

Sam Winchester sembrava davvero convinto della propria decisione. Non sapeva ancora come sarebbero andate le cose di lì a poco.

"Castiel, ci sei anche tu..." .
Il demonio lo stava guardando, curioso. L’ormai ex-angelo si era irrigidito, nel disperato tentativo di mantenere la calma.
"Allora, hai finalmente fatto la tua scelta? "Dimmi Castiel: hai scelto Sam, o Dean?".

I due fratelli avevano esitato per un lungo istante, prima di rivolgere entrambi lo sguardo verso il loro amico.
"Che significa, Castiel?".
"Oh, Dean...” – il demonio era intervenuto, ironico – “Non lo sapevi? Castiel, non hai detto niente al tuo caro amichetto Dean?".

L'angelo lo stava osservando, sconvolto. Era evidente che non avesse capito a cosa Lucifer si stesse riferendo.

"Sai Dean, Cass ha fatto il doppio gioco per tutto il tempo... Si è finto tuo amico, si è finto amico di Sam. E non ti ha mai detto il perché ogni tanto avesse bisogno di fare quelle lunghe passeggiate".
"Cosa?" – Dean era incredulo. Di che diavolo – era proprio il caso di dirlo – stava parlando?
"Non è vero Dean… Non credergli!".
"Ma come no, Cass? Però sentiamo, perché sono davvero curioso, come giustificavi a Dean le tue sempre più frequenti assenze? Gli dicevi che andavi a puttane?".
Il Dean del ricordo era sbiancato.
"Che significa, Cass?".
"Significa che la puttana in questione era tuo fratello, stupida scimmia senza peli!".

Il diavolo si era avvicinato pericolosamente a Castiel, afferrandolo forte per i capelli. Questi aveva trattenuto a stento un grido di dolore.
 
“LASCIALO STARE!” – aveva urlato Sam, ormai in preda al panico.

"Allora, hai scelto o no, Castiel?" – i suoi occhi crudeli lo stavano osservando, la sua bocca sembrava volerlo divorare.
"Lasciami stare Lucifer".
"Ma guarda! Leggo indecisione nei tuoi occhi... Chi l’avrebbe mai detto… Vediamo se questo ti aiuterà a scegliere!".

Con uno scatto quasi ferino si era allontanato da lui, posizionandosi fra Sam e Dean, e aveva scagliato contro ognuno di loro una sfera di fuoco ad una velocità tale da non aveva concesso a nessuno dei due neppure il tempo di gridare.

E allora Castiel l'aveva fatto. Messo alle strette, aveva scelto. Aveva scelto di salvare Dean.
Con uno sforzo che andava ben oltre le sue capacità, aveva raccolto le ultime energie angeliche rimastegli e si era teletrasportato davanti a Dean, facendogli da scudo col proprio corpo.
Erano crollati al suolo, l'uno sull'altro. La schiena ustionata di Cass odorava di stoffa e di carne bruciata.

"Cass..." – Dean non riusciva a crederci.
"Mi-mi dispiace Dean... Mi dispiace tanto".

Sam non era stato colpito da quella sfera demoniaca. Essa si era dissolta poco prima di entrare in contatto con il suo corpo.
Il ragazzo, però, sembrava essere stato investito da qualcosa di molto più potente di una palla infuocata. Sam era stato investito da un dolore così grande da averlo fatto crollare in ginocchio, con le fauci spalancate in un urlo silenzioso e gli occhi ricolmi di lacrime.

"Hai visto, Sam? Alla fine Castiel ha scelto. E, purtroppo, non ha scelto te".
Lucifer si era materializzato dietro di lui, posandogli una mano sulla spalla, sussurrandogli piano nell'orecchio. Sam lo stava ascoltando in silenzio, senza ritrarsi.
"Non sei stanco di essere abbandonato da tutti? Di essere sempre trattato come uno scartato? Non hai voglia di vendicarti, Sam? Non ne hai?
Puoi farlo, Sam. Puoi vendicarti di Castiel e di Dean, puoi vendicarti di coloro che ti hanno fatto soffrire!".
Il giovane aveva girato il capo quanto bastava per incrociare il suo sguardo così seducente, il suo sguardo portatore di promesse che aspettavano solo di essere mantenute.
"Dimmi di sì e avrai la tua vendetta".

"SAMMY! NO!".
Dean si era scrollato di dosso il corpo ferito di Castiel come se fosse stato un peso morto, ed era balzato in piedi, cercando di fermare il fratello dal commettere il più grande errore della sua vita. Aveva messo da parte le loro divergenze, aveva dimenticato che avessero smesso di parlarsi da anni.
Voleva solo salvarlo, voleva solo impedirgli di commettere un errore madornale.
 
Peccato solo che il Diavolo non sembrava della stessa opinione.

"Non ascoltarlo Sam! Lui vuole solo impedirti di ottenere quello che desideri! Vuole illuderti per poi abbandonarti nuovamente!
Dimmi di sì, e potrai punire tutti coloro che ti hanno fatto soffrire!
Dimmi di sì e avrai la tua vendetta!".

Il Dean ospite del ricordo e il Dean protagonista del ricordo stesso avevano urlato al fratello con tutte le loro forze di non farlo, ed entrambi erano corsi contro di lui nel disperato tentativo di fermarlo, di impedirgli di commettere quella sciocchezza. Ma tutto era stato vano.
Perché dopo aver rivolto un ultimo, ferito sguardo all’angelo che disperatamente aveva cercato di rimettersi in piedi, Sam aveva detto di sì. Sam aveva detto di sì a Lucifer.

Un luce intensissima li aveva costretti a chiudere gli occhi, impedendogli di assistere al passaggio di entità che aveva interessato il corpo di Nick e quello di Sam. Era durato tutto un lunghissimo, straziante attimo. Poi, così com’era iniziato, tutto aveva avuto fine.
Lucifer aveva vinto.
Aveva ottenuto il corpo del suo vero tramite con l’inganno, aveva convinto Sam a dire di sì sfruttando il bene che Castiel voleva ad entrambi. Aveva ottenuto quello che voleva, ed ora sarebbe stato impossibile fermarlo.

Con un piccolo cenno della mano, quel nuovo, potentissimo Lucifer aveva scaraventato Dean al suolo, ancorandolo ad esso con la sola forza del pensiero.
"Lasciami stare lurido bastardo!".
Non voleva che quel mostro lo toccasse. Non poteva accettare che quella bestia avesse l’aspetto di suo fratello.
"Sta tranquillo Dean...” – lo aveva ironicamente rassicurato Lucifer – “Io e Sammy abbiamo altro di cui occuparci".

Ridendo, si era diretto verso un Castiel che non si era davvero reso conto di quello che era appena accaduto.
Era ancora stordito, e in un primo momento non si era accorto di essere stato sollevato di peso, per poi essere sbattuto di schiena al suolo, producendo un tonfo spaventoso.
Il suo urlo di dolore e di sgomento era riecheggiato nell'aria fino ad arrivare alle orecchie di un Dean rimasto impassibile a quel suono, di un Dean che non sembrava neanche più lui.

"Ora, mio piccolo Castiel, facciamo divertire un po’ il nostro Sam!".

Senza dargli neppure il tempo di capire, il diavolo aveva cominciato a picchiarlo selvaggiamente.
Pugni, calci e schiaffi pesanti come macigni avevano raggiunto qualunque parte del corpo, frantumandola, riducendolo ad un ammasso di ossa informi e di sangue incapace di scorrere.

Cass stava urlando e piangendo. Non era abbastanza forte per potersi difendere, e stava subendo passivamente quella punizione che non meritava. Perché Sam lo aveva tradito? Perché aveva detto di sì?

Dopo un tempo che gli era parso infinito, il demonio aveva posto fine a quella indicibile tortura, ricominciando a guardarlo, divertito.
Era come se stesse pensando a quale potesse essere il modo più divertente per farlo soffrire. E, anche se si trattava del Diavolo, della crudeltà fatta persona, continuava a non comprenderne la ragione.


D'improvviso,  Lucifer si era inginocchiato accanto a lui e aveva cominciato ad accarezzargli languidamente il petto, facendolo ritrarre e gemere ad ogni tocco.

"Ah, Cass... Se solo sapessi quello che Sam avrebbe voluto fare con il corpo di questo tuo bel tramite..." - aveva detto, mentre cominciava a spogliarlo con estrema lentezza - "Non riesco quasi a credere che un ragazzino così innocente come Sam potesse fare simili pensieri...".

Gli aveva sfilato il trench logoro, la giacca, la cravatta e la camicia macchiata di sangue.
Il suo torace era devastato dalle percosse: lividi e tagli profondissimi si stagliavano per tutta la lunghezza del suo piccolo busto.
Aveva solo i pantaloni addosso, e il diavolo aveva iniziato a sbottonargli anche quelli. Cass aveva gli occhi lucidi dal pianto, era confuso, incapace di capire quello che sarebbe potuto capitargli di lì a poco.

Dean non poteva credere di dover assistere ad una simile scena senza poter fare nulla.
Aveva visto poco prima il se stesso del futuro cercare di usargli violenza, ed ora l'avrebbe fatto Lucifer dopo essersi impossessato del corpo di Sam.
Era sconvolto.
Perché il se stesso di quel ricordo non era intervenuto? Perché Dean continuava a rimanere steso al suolo, immobile, quasi come se quello che stava per accadere non fosse affar suo?
Lucifer non esercitava più potere su di lui, lo aveva lasciato libero di agire. Perché allora lui non aveva almeno provato a soccorrerlo?

"Cass... Sam ha ragione... Sei davvero meraviglioso... E c’è da dire che lui si è limitato a vedere solo questo tuo tramite!
Non ha idea di quanto tu fossi stato splendido nella tua reale forma... Peccato che nessuno potrà mai più rivederla".

Il corpo di Castiel era rimasto ormai coperto solo dai boxer. Sarebbe bastato uno strattone neppure troppo forte per lasciarlo completamente nudo. Ma, poco prima di sfilarglieli, il demonio aveva esitato.
Le sue mani avevano mollato la presa sull'elastico, e Lucifer si era chinato maggiormente su di lui, avvicinando le labbra al suo orecchio.
"Sai, mi piange il cuore a dovermi fermare. Ma non tocca a me privarti dell'ultima cosa che ti è rimasta".
Crudele e inesorabile, aveva posato un bacio sulle labbra, forzandole ad aprirsi. Castiel, impossibilitato a muoversi, aveva dovuto cedere, gemendo dal dolore e dal disgusto allo stesso tempo.


Lucifer aveva esplorato a lungo la sua bocca, saggiando il sapore di quella purezza inesplorata, facendola sua. Solo dopo diversi minuti si era staccato da lui, ghignando famelico.

"Credo che, dopotutto, non mi dispiacerà starmene in disparte a guardare.
Ora, divertiti fratellino mio... E sta tranquillo... Sono certo che presto vivrai un momento davvero indimenticabile" – aveva detto. E, poco dopo, era sparito nel nulla.

Castiel era troppo stanco e provato per poter comprendere il vero significato delle parole di Lucifer.
Non sapeva perché gli avesse detto quelle cose, ma non gli importava. Voleva solo che lui e Dean andassero via da lì il più presto possibile.

Con uno sforzo disumano, ignorando il dolore che aveva invaso il suo corpo, era riuscito a girarsi su di un fianco, pentendosene subito dopo. Il male provato era insopportabile, era così forte da avergli fatto desiderare la morte.

"D-Dean..." - aveva sussurrato più volte, sperando che il cacciatore lo sentisse.

Non era passato molto tempo che aveva visto un'ombra pararsi davanti a sé. Quest’ombra era Dean.
Cass lo stava osservando, speranzoso e rasserenato. Finalmente sarebbero andati via da quel posto maledetto, e insieme avrebbero trovato un modo per rimediare al danno fatto.
Ma Dean sembrava di tutt'altro avviso.
Lontanamente da ogni suo pronostico, il cacciatore gli aveva dato un calcio nello stomaco talmente forte che gli aveva fatto sputare sangue. Pesante come un macigno, si era gettato su di lui, afferrandolo saldamente per i capelli.
"Dean..." - Castiel aveva sussurrato il suo nome, incredulo. Cosa stava accadendo?
Quello non era Dean, non poteva essere Dean.

"Tu... maledetto bastardo, tu facevi il doppio gioco!".
"Cosa? No... Dean, io..".
"Sta zitto maledetto bastardo! ZITTO!" - e gli aveva mollato un pugno nello stomaco, e poi un altro, e poi un altro ancora.
"E' colpa tua! E' solo colpa tua se Sammy ha detto sì a quel mostro! E' TUTTA COLPA TUA!".

L'aveva schiacciato violentemente contro il suolo, facendogli battere violentemente la testa. Il sangue si era mischiato alla terra, macchiandogli irrimediabilmente i capelli corvini.

"Ti piaceva fare la puttana Castiel, eh? Ti piaceva! Vediamo se ti piacerà farla anche adesso!".

"NO!!! FERMO! FERMO!".

Ma era inutile urlare.
Il se stesso del ricordo di Cass non lo avrebbe mai potuto sentirlo.

E, alla fine, lo aveva visto: aveva visto quel Dean, quell’essere senz’anima strappare via quello che restava degli abiti sporchi di sangue del suo unico amico, del suo angelo, e spogliarsi a sua volta. Castiel non poteva sapere, non poteva capire quello che Dean volesse fargli.
Era talmente puro e innocente da non essersi reso conto dell’onta indicibile a cui un se stesso in cui non si riconosceva stava per sottoporlo.
Come poteva aver perso il senno in quel modo? Come poteva aver accusato Cass di tradimento? Come?

E poi, non solo aveva visto, ma l'aveva sentito. Aveva sentito Castiel urlare.
Si era aggrappato con tutta la forza che gli era rimasta alla camicia del suo aguzzino, cercando di allontanarlo da sé, di far cessare quel dolore così forte che lo stava devastando.
 
Ma Dean non l'avrebbe fatto. Dean non l' avrebbe lasciato andare.

Aveva dovuto guardare mentre una creatura pura come l’aria veniva privata della propria innocenza, mentre chi era alle stregue di un bambino veniva sporcato da chi avrebbe dovuto proteggerlo.

Sconvolto da quell'atrocità, era scoppiato in lacrime. L’unica cosa che gli era rimasta da fare, era sperare che Cass lo facesse uscire da quel ricordo il più presto possibile.

                                                                                                       *

Era crollato in ginocchio, singhiozzando disperatamente, aggrappandosi con tutta la forza che aveva al corpo che lo stava reggendo, aggrappandosi all'esile e provato corpo di Castiel.

Non c'erano parole da dire o cose da fare. Nulla avrebbe potuto porre rimedio a quell'orrore, a quell’onta così grande.
Gli mancava l’aria, e non aveva idea di come fare per poter tornare a respirare.

Come poteva permettergli di toccarlo? Come poteva ancora permettergli anche solo di stargli accanto?
Come poteva trovare la forza di sorridergli?
 
“Va tutto bene, Dean, non preoccuparti…” – gli aveva sussurrato, sereno – “Va tutto bene”.
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*Cleo vi dà nuovamente il benvenuto*
La seconda parte di questa serie è giunta al termine.
Non so se la cosa possa considerarsi plausibile o meno. Bè, per me lo è (Cavolo, certo che lo è! Non l’avrei scritta, altrimenti).

Scrivere Destiel ultimamente mi porta a pensare a cose molto tristi. Certo, vivo di Angst da una vita, ma credo di aver seriamente toccato il fondo (?) con questa fic.
Sono realmente in pena per Cass… Così come lo sono anche per Dean.
 
Bene, perdonatemi per il leggero Sastiel (a me non dispiace del tutto, anche se tiferò Destiel tutta la vita).
Se sopravvivrò, credo proprio che ci vedremo al prossimo capitolo. L’ultimo.
Grazie a chiunque abbia letto questo e il precedente capitolo.
 
Un bacio.
A presto!
Cleo

 
   
 
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