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Autore: Akemi_Kaires    28/06/2011    5 recensioni
17 anni prima del Bonacciale eterno, Sin arrivò anche a Besaid.
Con sé portò morte, distruzione, desolazione.
E lutto nei giovani cuori di piccole anime innocenti.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lulu, Wakka
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Ventiquattro anni… ripensandoci bene non sono molti, non come credevo.
Eppure posso dire con certezza che i miei sono stati alquanto ricchi di emozioni, sensazioni, ed avvenimenti che hanno cambiato radicalmente la mia vita molteplici volte. Sono stati pieni di colpi di scena, di tristi e tragici avvenimenti, di eventi emozionanti.
Ho provato sulla mia pelle tanti sentimenti differenti, dei quali ho fatto tesoro.
Forse è per questo che oggi ho deciso di vergare ognuna delle tappe che mi hanno segnata. Oppure lo sto facendo per puro capriccio, per far sì che qualcuno si ricordi di me, che faccia del mio nome una storia.
Invece sono partita con un altro intento: vorrei che, un giorno, mio figlio potesse leggere queste parole, per imparare dalle mie esperienze e per non compiere i miei stessi, sciocchi, errori.
Desidererei che anche gli altri potessero usufruire di questo; il mio desiderio è quello di rendere la vita di questi molto più semplice di quanto lo sia stata la mia.
Comincerò proprio da qui, da queste semplici prime pagine, per comunicargli un mucchio di cose che con semplici parole non potrei dire.
Inizierò proprio dal principio, dalla fine che ha segnato l’inizio della mia avventura, e concluderò col giorno dove ho potuto finalmente assaporare gioia pura, quando sono stata ripagata delle mie fatiche.
Il mio nome è Lulu, e voglio narrarvi la mia storia…



Quiete prima della Tempesta


Su Spira aleggiava aria di morte e di tensione. La pace, con la conclusione dell’ultimo Bonacciale, ormai scemava pian piano, sostituita dalla tempesta che preannunciava una guerra ormai imminente. La Milizia era in tumulto e nuovi Invocatori si preparavano ad intraprendere i loro pellegrinaggi.
Ormai tutto era in fermento. Alcune persone, spinte dal desiderio di contribuire alla costruzione di un mondo senza sofferenza, si organizzavano per un possibile scontro col nemico. Altre, in balia della paura, prediligevano una fuga eterna, una vita da nomadi sempre in fuga dalle avversità.
Solo in un piccolo angolo di paradiso la serenità regnava sovrana. A Besaid, le persone conducevano la vita pacifica di sempre e i bambini giocavano in riva al mare. Era come se quel mondo fosse rimasto intaccato da ciò che accadeva all’esterno.
I giorni erano tutti uguali, pacifici. Il mare era calmo, il cielo era sereno e la soffiava una dolce e carezzevole brezza marina. La luce del sole, calda e rassicurante, riscaldava tutto ciò che illuminava.
Perfino la sabbia era bollente. O almeno, Lulu la percepiva così sulla sua pelle candida e pallida come la luna. Con i piedi a penzoloni nell’acqua tiepida, osservava il tramonto con un’espressione di felicità dipinta sul volto infantile. Adorava letteralmente quello spettacolo della natura, specialmente quando la superficie cristallina del mare si tingeva di varie tonalità di rosso e arancione.
Il vento salmastro scompigliò giocosamente i suoi lunghi capelli color ebano, facendoli ondeggiare attorno al suo corpo esile e minuto. I suoi occhi cremisi osservarono a lungo il panorama che si stagliava dinnanzi a lei, godendo di tutta quella bellezza.
- Ehi, sei ancora qui? – disse una voce alle sue spalle, cogliendola di sorpresa e facendola sobbalzare. La voce di quel bambino l’aveva colta all’improvviso, mentre era immersa nei suoi pensieri.
Si voltò di scatto, sorpresa. Sfoderò un sorriso gioioso, non appena riconobbe colui che aveva parlato. Si trattava di un infante, di un anno più grande di lei, dalla pelle ambrata e dai capelli rossicci, simili a fuoco vivo.
- Ciao, Wakka – lo salutò lei, alzandosi in piedi. – Come mai non sei a giocare con gli altri?
- Ho voluto prendermi una pausa – rispose, incrociando le mani dietro alla testa. – E poi, ormai, è ora di andare al Tempio.
La piccola si portò una mano alla bocca, spaventata. Si era totalmente dimenticata della ricorrenza che cadeva quella giornata, della festa dove, ogni anno, si rendeva omaggio a Yevon e lo si ringraziava per aver protetto l’isola e i suoi abitanti.
- Lo immaginavo – ridacchiò lui, guardandola con i suoi occhi da cerbiatto. – Ah, se non ci sono io…
Ella arrossì visibilmente, incrociando le caviglie. Si morse il labbro inferiore, evitando lo sguardo dell’amico. Si vergognava altamente di quella sua dimenticanza, ancor più se era stato lui a fargliela notare.
Gli era grata, dopotutto. Se non fosse venuto ad avvisarla, a strapparla dalle sue lunghe riflessioni, lei sarebbe rimasta lì, incantata, fino a quando non sarebbe calata la notte.
Inutile dire che, poi, sarebbe stata rimproverata dai suoi genitori per via della sua negligenza.
- Grazie – mormorò timidamente, a voce bassa. In risposta, lui fece un gesto di noncuranza con la mano.
Dopo essersi infilata nuovamente i sandali, si incamminò a passo svelto verso il passaggio che li avrebbe condotti al centro abitato, seguita dall’amico.

Era giusto ringraziare Yevon per tutto quello che aveva fatto per loro, per averli sempre preservati dal male e dal dolore.
Nei suoi cinque anni di vita, Lulu non aveva mai assistito ad una guerra, né ad uno scontro. Non aveva mai avuto l’occasione di vedere dal vivo Sin e la devastazione che portava con sé. Sinceramente, sperò di non incontrarlo mai durante la sua esistenza.
Pregava che la pace restasse sempre intatta nel suo paese natale, anche per ragioni personali. Suo padre, essendo un Miliziano, non avrebbe mai preso in mano la spada se la situazione sarebbe sempre rimasta integra come ora. Ne aveva affrontate altre, in precedenza, dove, fortunatamente, ne era uscito integro.
Non avrebbe mai potuto immaginare come sarebbero state le giornate senza di lui, con la mancanza della sua presenza paterna. Non osava neppure pensarci.
Affiancati, i due bambini raggiunsero assieme l’ingresso del Tempio. Sulla soglia, impaziente, li aspettava una donna sorridente; tra le braccia stringeva uno scricciolo d’infante, avente poco più di un mese.
- Figliolo! – esclamò, sfoderando un’espressione gioiosa, non appena li vide arrivare. – Vedo che l’hai trovata in tempo, allora.
La piccola la conosceva molto bene. Era la madre di Wakka, signora dal carattere solare e determinato, ed il piccolo che aveva in braccio era il suo secondogenito Chappu.
I due fratelli non si assomigliavano per niente, esclusi pochi tratti che li accomunavano come il colore dei capelli e degli occhi. Pochi particolari, difficili da scorgere, li accomunavano. Forse erano così differenti l’un dall’altro per via dell’età. Magari, in futuro, sarebbero diventati indistinguibili.
Inutile dirlo, la piccola provava una gran simpatia per entrambi, nonostante tutto. La maggior parte delle giornate le passava in loro compagnia. Si divertivano molto, assieme, nonostante le varie differenze di età.
- Hanno già cominciato? – domandò il maggiore, indicando la porta chiusa, spaventato.
Lei scosse la testa, entrando. – Tra poco, però, lo faranno. Siete giunti appena in tempo!
Il giovane sospirò di sollievo, alzando gli occhi al cielo. Credeva ciecamente nel suo Dio e per nessuna ragione al mondo si sarebbe perso il rito di ringraziamento. Nessuna… meno una.
- Andiamo? – disse, sorridendo, rivolgendosi alla bambina.
- Wakka, è colpa mia se non sei arrivato presto… - riuscì solo a dire lei, prima che l’altro la prendesse per mano. – So che ci tieni…
Le rivolse uno sguardo carico di gioia e dolcezza, rassicurandola. – Non preoccuparti per questo.

Il Tempio era gremito di persone. I credenti brulicavano ovunque, sussurrando Odi ai Grand’Invocatori e pregando il Dio per rendergli omaggio.
Nella stanza risuonava la melodia dei canti composti in onore della grande Yunalesca, ricordandola e venerandola come la prima Invocatrice che ha portato la pace su Spira.
I bambini fecero la reverenza, inchinandosi dinnanzi alla grandezza della loro divinità.
Si guardarono attorno, spaesati, alla ricerca dei loro genitori.
- C’è mancato poco – sussurrò una voce accanto a loro, irata. – Siete arrivati appena in tempo.
Si voltarono, cercando colui che aveva appena proferito parola. Si trattava di un bambino, di sei anni circa, dai capelli rosso vermiglio e dagli occhi scuri. A braccia incrociate al petto, li guardava furente.
- Luzzu… - disse sotto voce Wakka, serenamente. – Tanto i grandi non hanno cominciato, no? Ora ci siamo tutti.
- Scommetto che Lei – mormorò l’altro, ridacchiando, indicando la piccola – era ancora in spiaggia a giocare con il suo stupido pupazzo.
- Non è stupido – ribatté lei, sbuffando, fulminandolo con lo sguardo, abbracciando la sua bambola di pezza. – Moguri è sensibile, e non devi offenderlo. Chiedigli scusa, altrimenti mi arrabbio!
Adorava e stravedeva per il suo giocattolo. Era il suo preferito, dopotutto, ed era un regalo confezionato proprio da sua madre stessa. Non andava mai in giro senza, se lo portava sempre appresso dovunque lei andasse.
Sotto un certo aspetto era diventato il suo amico immaginario. Ella stessa, ogni giorno, continuava a ribadire che, prima o poi, “avrebbe preso vita”.
L’altro la guardò con superficialità, sbuffando. – E va bene. Scusami.
Tralasciati questi infantili battibecchi, il loro era un gruppetto davvero molto unito. Amici sin dalla nascita, non si erano mai separati.
Amavano, durante ogni giornata, intraprendere nuove avventure sull’isola, facendo incetta di nuove ed entusiasmanti emozioni, alla ricerca di tesori. Inventavano leggende sui vari luoghi esplorati, alle quali tenevano continuamente fede.
Inutile dire quanto i loro genitori fossero sempre contrari a queste loro scorribande, perché ritenute pericolose. Nonostante tutto, però, anche a loro faceva piacere vederli così uniti e affiatati.
A Lulu, specialmente, piaceva la loro compagnia. Erano gli unici ad averla accettata com’era, per il suo carattere e per il suo essere stravagante. Lei si divertiva un mondo assieme a loro.
Li osservava giocare a Blitzball e i bambini, dal canto loro, cercavano di farle imparare qualche nozione base. Ignoravano totalmente il fatto che ella fosse imbranata e impacciata: la prima regola d’oro, per loro, era divertirsi.
Restavano sempre sulla spiaggia fino a notte tarda dove, sdraiati sulla sabbia, contemplavano la bellezza delle stelle.
Nessuno di loro provava ad immaginare come sarebbero state le loro vite senza la pace che regnava su Besaid. Sicuramente avrebbero dovuto rinunciare a tutta quella felicità.
- Stanno per cominciare – esclamò, infine, lei, vedendo uscire il Sacerdote dalla sua stanza.
- Io vado dalla mia famiglia – disse Wakka, facendo un cenno verso i suoi genitori. – Dopo torniamo.
La piccola fece lo stesso. Cercò i suoi con lo sguardo, scrutando con attenzione ogni gruppo di persone, alla loro ricerca.
Eccoli. Erano vicini alla scalinata che conduceva al Naos dell’Intercessore, l’uno accanto all’altra. Mancava solamente lei.
Li raggiunse, trotterellando, sfoderando un sorriso gioioso. Non vedeva l’ora di potergli raccontare, come faceva ogni sera, dopotutto, quanto era stata divertente la giornata passata assieme alla banda. Erano discorsi molto infantili, ma che loro, nonostante tutto, ascoltavano volentieri.
Non passando molto tempo assieme alla figlia, dati i loro impegni, era il minimo che potevano fare. Non l’avrebbero mai privata della soddisfazione di poter descrivere accuratamente ogni esperienza fatta.
Ma quella sera avrebbe dovuto aspettare la fine del rito per potersi togliere quello sfizio. Giusto un’oretta e poi avrebbe potuto narrar loro ogni cosa.
Bastava solo pazientare un po’ e cercare di capire la parola di Yevon.
- Lulù – disse sua madre, prendendola in braccio. – Dove sei stata?
Era sempre così. Per vizio, la donna storpiava sempre l’accento del suo nome. Lo faceva per vezzo, per trovarle un nomignolo che, pur non ammettendolo, la piccola detestava con tutte le sue forze. Eppure adorava sua mamma per quello, per la sua semplicità e il suo strano carattere.
- Dove vuoi che sia andata? – bofonchiò affettuosamente suo marito, accarezzando la testa della piccola. – Scommetto che questa sera avrai un mucchio di cose da raccontarci, vero, Lulu?
Lei saltellò dalla gioia, fremendo dall’emozione. Non vedeva l’ora.
Quanto desiderò che la celebrazione si concludesse in fretta!

Il rito si era concluso piuttosto velocemente, seguito da canti e da inni di ringraziamento nei confronti di Yevon. Tutti i presenti, più e più volte, resero omaggio attraverso la reverenza e doni posti ai piedi delle statue.
Era oramai giunta l’ora, per tutte le famiglie, di rincasare per cenare e godersi il meritato riposo dopo una lunga ed estenuante giornata di lavoro. Lentamente, ognuno uscì dal Tempio, avviandosi verso le proprie abitazioni.
Per la piccola, finalmente, era quasi arrivato il momento che tanto bramava. Non vedeva l’ora di poter narrare ai suoi familiari le vicende e le avventure intraprese durante il giorno, esprimendo tutte le emozioni provate e le belle sensazioni delle quali aveva fatto tesoro.
Trotterellò allegramente, seguita dai suoi genitori, verso casa sua.
La sua euforia fu interrotta improvvisamente da un richiamo inaspettato, da un grido che richiamò immediatamente la sua attenzione. – Lulu! – la chiamò qualcuno dall’altro lato del paese.
Lei si voltò di scatto, rivolgendo uno sguardo stupito verso il luogo dal quale proveniva la voce. Notò, con gioia e sorpresa, che era stato il suo amico Wakka a chiamarla. Teneva in braccio, impacciatamente, il suo fratellino, in quale si dimenava insistentemente.
- Dimmi! – esclamò in risposta, sorridendo a quella buffa scenetta.
- Luzzu si è dimenticato di dirti che voleva fare un piccolo ritrovo adesso, prima di cena – annunciò lui, cercando di tenere a bada il piccolo. – E’ al campo, adesso, vicino al luogo dove si prega prima di partire.
La giovane era a dir poco entusiasta della bella notizia ricevuta. Non vedeva l’ora di partecipare ad un’altra bella “riunione”, ossia ad un’altra avventura alla ricerca di qualcosa di prezioso localizzato in luoghi citati dalle leggende del posto.
- Chiedo ai miei se posso venire! – disse, decisa, abbracciando il suo moguri con gioia. – Intanto voi andate! Se mi lasciano, vengo tra poco.
Il bambino non se lo fece ripetere due volte. Iniziò, a passi veloci, ad incamminarsi verso l’uscita del villaggio, ridendo gaudioso. Vederlo così felice fece nascere un sorriso sulle labbra morbide e rosee della piccola. Per un attimo si chiese, inoltre, che necessità aveva di portarsi appresso anche Chappu. Sicuramente, per sua immensa gioia glielo avrebbero affidato con la solita scusa "Le femmine sanno come fare con i bambini" ignorando le sue proteste. Preferì non pensarci, concentrandosi sul suo nuovo obiettivo: convincere la sua famiglia.
- Posso andarci…? – domandò ai suoi genitori, con sguardo implorante. Pregò con tutto il cuore che acconsentissero.
- E va bene – rispose suo padre, sospirando. – Però devi promettermi che non vi caccerete in nessun genere di guaio.
- Lo giuro! – urlò Lulu, felicemente, saltellando.
Correndo il più velocemente che poteva, canticchiando tra sé e sé, si avviò verso la porta che separava e delimitava i confini tra il paesino balneare di Besaid e il passo che conduceva alle alture.
Si trovava proprio sul limitare, pronta ad affrontare la salita che conduceva al monile, quando un rombo assordante spezzò la quiete del posto.
Spaventata, si guardò alle spalle. Con orrore, notò che il cielo si era fatto improvvisamente scuro e che il mare, tinto di nero, si stava agitando sempre più. “Una tempesta?” pensò lei, sgranando gli occhi. “Che strano. In questa stagione il tempo non fa mai i capricci…”.
Una violenta scossa di terremoto le fece perdere l’equilibrio. Cadde a terra, gridando spaventata, coprendosi la testa con le mani e serrando con terrore le palpebre. Tremava, spaurita, mentre la terra sotto i suoi piedi continuava a vibrare furiosamente.
Non trovò neppure il coraggio di alzarsi e tornarsene a casa. Immobile, restò accucciata lì, con la speranza che tutto cessasse il più presto possibile.
Urla disperate giunsero alle sue orecchie. Provenivano dal villaggio. Attorno a lei, miriadi di persone, in preda al panico, presero a fuggire, impazzite, alla ricerca di un luogo sicuro.
Scappavano, sì, ma da cosa? La bambina non riusciva a darsi risposta.
Lo venne a scoprire troppo presto.
- SIN!!! – strillò qualcuno, disperato.
L’innominabile. Colui che portava morte e lasciava lutto e desolazione al suo passaggio.
Colui che, alla sua venuta, lasciava in ginocchio interi popoli. Alcuni, sopraffatti dalla sua immensa ed infinita forza, ne restavano vittime.
Lulu trovò il coraggio di alzare lo sguardo. Alla vista di quell’atroce spettacolo, il suo cuore cessò di battere.
Eccolo, dinnanzi ai suoi occhi, ormai vicino.
Viaggiava a pelo d’acqua, avvicinandosi alla spiaggia a velocità spaventosa.
Era giunto anche da loro. Era arrivato anche nell’isola, dove da anni, regnava la pace. Ironia della sorte, era arrivato proprio nel giorno dove si festeggiava la pietà di Yevon nei loro confronti.
Ma lui era lì, era arrivato lo stesso, ignorando la potenza e la magnaminità del loro Dio.
E non li avrebbe risparmiati.
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L'Angolo della Magia Nera:
Finalmente ho dato inizio alla mia serie. E' da giorni che ci lavoro su e, prendendo il coraggio a due mani, ho deciso di postare il primo capitolo di una delle tante fic che la comporranno.
Sinceramente mi è piaciuto molto scriverlo, nonostante l'ultimo e cruento pezzo... però ammetto, sinceramente, che non ho dato il meglio... cioè, a volte mentre lo rileggo mi sembra uno schifo.
L'inizio, la prefazione scritta in prima persona di Lulu, mi è risultato piacevole. Ho fatto in modo che fuoriuscissero i suoi tre desideri: quello di ricordare, quello di essere ricordata e quello di essere una buona madre. Insomma, ho voluto far trasparire il suo lato umano, ignorando il suo essere fredda.
Ho fatto in modo che, durante il capitolo, Lulu incontrasse varie persone, descrivendole in modo diverso. Un occhio attento avrà sicuramente colto come la descrizione di Wakka e Luzzu fossero dettagliate anche nel carattere, a differenza di quelle scarne dei suoi genitori.
Come mai? Beh, è molto semplice. Questa storia... è praticamente scritta da lei. Ho voluto fare in modo che scrivesse ciò che ricordava con certezza. Wakka e Luzzu, infatti, sono stati descritti dettagliatamente. Riguardo ai genitori, invece, ho detto poco a riguardo. Mi sono affidata alla sua affermazione in FFX "Non posso dire di odiarli. Non li ricordo molto bene... avevo 5 anni quando erano morti".
Riguardo il titolo... si capisce a cosa mi riferisco!
Non ditemi che Lulu è OOC. Un bambino non è mai troppo chiuso con gli altri, non è mai impassibile ad ogni cosa. Da adulto magari sì, ma da piccoli si è tutti più o meno simili.
Se qualcuno ha cominciato a chiedersi come mai Wakka si è trascinato dietro il piccolo Chappu... beh, potete già intuire quanto sia stata provvidenziale la sua mossa.
Inoltre ci tenevo ad aggiungere che... Wakka, all'inizio della fic, ha sbagliato apposta un vero. Ha messo "sono" al posto di "fossi". Come mai? Beh, un bambino di sei anni che usa i congiuntivi mi sembra troppo eccessivo!
Detto questo... spero vi sia piaciuto!
A presto con il prossimo capitolo!
Akemi, the Black Mage ^^
  
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