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Autore: Kuchiki Chan    01/07/2011    2 recensioni
Rukia Kuchiki sta affondando piano nel nulla, dopo la morte della persona a cui si era tanto aggrappata.
C'è un'unica persona, capace di tendere la mano e salvarla.
Un ragazzo che porta nel cuore le sue stesse pene.
Un umano di nome Ichigo Kurosaki.
[IchiRuki] [Missing Moments]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~ Let me light up your sky
 

Premessa:

Eccomi di ritorno *-* 
Lo so, è un pò presto per i miei standard, per non parlare del fatto che dovrei impegnarmi a scrivere la mia Long Fiction, ma sentivo il bisogno di scrivere questa cosa.
Avendo pubblicato una One-shot Gin/Ran e una UlquiHime, non poteva certo mancare, per la gioia della fangirl, una IchiRuki *Q*
La storia è ambientata prima della saga dell'Hueco Mundo, ma dopo il ritorno degli Shinigami a Karakura. Per farla breve, Rukia dorme ancora nell' armadio xD
E' una Fic prettamente introspettiva. Ho cercato di rendere come meglio potevo i motivi dell'attrazione che prova Rukia verso Ichigo, i motivi per i quali penso che sia una coppia estremamente bellissima *-*
Ah, è centrata totalmente su Rukia. Il titolo è tratto dalla canzone Light Up The Sky, degli Yellowcard.
Spero che vi piaccia ^^

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Kuchiki Rukia si svegliò dolcemente, cullata dall’oscurità assoluta che ancora avvolgeva l’ambiente circostante come un sudario.

Strano, non le capitava spesso di abbandonare il sonno così tranquillamente: frequentemente, le capitava di svegliarsi di scatto, in seguito a qualche incubo che doveva aver avuto. Non ricordava molto, di quei sogni ricorrenti, solo il volto di Kaien-dono che la guardava, malinconico e supplichevole, come se la stesse implorando di salvarlo. Lei tendeva la mano verso di lui, ma, puntualmente, non faceva in tempo a raggiungerlo: un attimo prima che le sue dita lo sfiorassero, i lineamenti di Kaien-dono si trasfiguravano in quelli dell’Hollow che l’aveva posseduto.
L’ultima cosa che Rukia vedeva, prima di svegliarsi gridando di terrore, erano quegli enormi occhi color catrame, liquidi e vuoti.
Quegli occhi strazianti, in cui non c’era più traccia del suo tanto amato maestro. 

La ragazza si mise faticosamente a sedere, aspettando pazientemente che i suoi occhi si abituassero all' oscurità e la aiutassero a mettere a fuoco l’ambiente intorno a sè, anche se in fondo sapeva perfettamente dove si trovava.
La stanza di Ichigo era impeccabile come al solito, con le sue anonime pareti bianche, l’armadio a due ante che conteneva i Fuuton di tutta la famiglia, la scrivania e gli scaffali con i pochi effetti personali del ragazzo: qualche libro, soprattutto Shakespire, e qualche CD punk, in particolare Bad Religion e Social Distortion.
Era un ragazzo dai gusti semplici, Ichigo.
Non amava gli oggetti e le persone appariscenti, così come non amava risultare appariscente agli occhi degli altri.

Esattamente come lei.

Rukia sorrise dolcemente nel buio della notte, mentre la piacevole consapevolezza di non trovarsi nell’armadio come ogni notte la invadeva come cioccolata calda.
Incredibile ma vero, stava dormendo su un letto.
E, ancora più incredibile, il letto era quello di Ichigo.

Ma la cosa che in assoluto la rendeva più felice non era la morbida consistenza del materasso sotto la schiena, né la pallida penombra della stanza, così diversa dal buio totale dell’armadio.
No, quella sensazione di benessere così forte da farle girare la testa scaturiva interamente dall’altro corpo disteso su quel letto, accanto a lei.
La serenità proveniva da quella zazzera di ispidi capelli arancioni, da quel volto sempre corrucciato che solo in quel momento, durante la pace del sonno, si distendeva.
Proveniva da quelle mani grandi e bollenti, da quel corpo caldo che la sera prima l’aveva riscaldata così dolcemente.

Proveniva dall’anima di quell’umano che in pochi istanti le aveva cambiato la vita.

Vivere accanto a quello stolto dalla testa arancione l’aveva aiutata a maturare, e non di poco.
Al pensiero di quello che avevano fatto la sera prima, la Rukia pre-Ichigo sarebbe subito diventata paonazza, si sarebbe arrabbiata con sé stessa e con la propria debolezza, avrebbe iniziato a sbraitare che lei era un Shinigami e questi blandi sentimenti umani non dovevano toccarla.
La Rukia che era diventata, invece, era tranquilla.
E felice.

Si sentiva bene, come lo era stato poche volte nella sua vita.
Già perché nelle vene non le scorreva semplicemente “allegria”, quel sentimento effimero che erano soliti provare spesso gli umani, quell’eccitazione del momento che si sarebbe spenta velocemente come si era accesa.

No, Rukia era felice.

Felice perché, per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva in pace con sé stessa.
Felice perché aveva finalmente smesso di negarsi la felicità.
Felice perché, grazie all’aiuto fondamentale di un’altra persona, era riuscita ad accettare i propri sentimenti.

Scivolò nuovamente sotto le coperte, con calma, facendo attenzione a non svegliare Ichigo.
Le era sempre piaciuto guardarlo mentre dormiva. Sembrava più piccolo di quello che era: le responsabilità che di giorno gravavano sulla sua schiena, di notte decidevano di dargli una tregua, e la sua fronte perennemente corrucciata poteva finalmente rilassarsi.
Rukia lo trovava estremamente buffo, con quell’aria da bambino, sdraiato a pancia in giù sul letto. Le braccia allargate ne riempivano più della metà, e la ragazza avrebbe provveduto sicuramente a lamentarsi, appena si fosse svegliato. Non perché avesse bisogno di tanto spazio, in fondo era sempre stata piccola, cosa che Ichigo non mancava mai di farle notare.
Semplicemente, per una questione di principio.
Per quell’orgoglio personale che Rukia, da buon membro della famiglia Kuchiki, emanava da ogni poro del suo corpo.

Certo che Ichigo, con quest’aria tranquilla, è davvero identico a Kaien-dono  si ritrovò a pensare la ragazza, allungando una mano per scostargli dagli occhi uno dei suoi ribelli ciuffi arancioni.

Aveva sempre pensato che l’unica cosa che differenziava il ragazzo dal suo amato maestro fosse quella ruga in mezzo alla fronte. Shiba Kaien era un uomo spensierato, forte, perdeva raramente la calma ed era gentile e cortese con tutti. Non le era quasi mai capitato di vederlo preoccupato, o ansioso. Persino quando era turbato, leggeva nei suoi occhi solo determinazione. Anche quando era morta sua moglie, aveva fatto il possibile per sconfiggere il dolore con la rabbia.
Una persona veramente straordinaria.

Ma soprattutto, un individuo all’apparenza indistruttibile.

La Rukia di quel periodo, fragile ed in cerca del proprio posto nel mondo, si era aggrappata a lui con disperazione.
Kaien-dono era stato il suo sole, colui che le aveva mostrato la strada da seguire e l’aveva aiutata a capire perché combatteva. Nel profondo, la persona che aveva amato con tutta sé stessa, a cui aveva riservato il centro dei propri pensieri.

Per questo, quando era morto, si era sentita crollare la terra sotto i piedi.
La roccia a cui si era aggrappata per tanto tempo non esisteva più, aveva perso il centro del suo mondo.
Ora che il sole era stato distrutto, come poteva lei, un pianeta che riusciva solo ad orbitare intorno a lui, sopravvivere?

Si stava spegnendo.
Le giornate si susseguivano, sempre uguali, sempre insapori.
E Rukia, piano piano, perdeva la voglia di vivere.

Si, c’erano delle persone che avevano cercato di starle accanto.
Prima di tutti, veniva il suo caro amico Renji, sempre pronto ad incoraggiarla, ad offrirle una spalla su cui piangere, anche a prenderla in giro se ne aveva bisogno. Ma non era la persona di cui Rukia necessitava, non era capace di sostituire Kaien-dono: Renji era fragile, fragile come lei. Ormai lo conosceva troppo bene, sapeva che non avrebbe potuto aggrapparsi a lui come faceva con il suo maestro, perché sarebbero crollati entrambi.

Forse, fu proprio la perdita della voglia di vivere che la spinse a buttarsi tra le fauci di quell’Hollow per salvare quel ragazzino umano dalla testa arancione.
Ragazzino che, oltretutto, l’aveva colpita dalla prima volta in cui era entrato nel suo campo visivo.
Già, da quando l’aveva buttata per terra con un calcio.

Per prima cosa, l’aveva molto impressionata la somiglianza esteriore con Kaien-dono.
La sua determinazione nel proteggere la sua famiglia, il modo in cui aveva spezzato il suo Kido, le parole con cui aveva incitato l’Hollow ad attaccarlo...Tutti caratteri che l'avevano colpita in modo particolare.

Non merita di morire aveva pensato Rukia, un attimo prima di gettarsi tra le fauci del mostro. Era stato davvero un gesto strano, da parte sua. Lei, che era sempre stata protetta da Renji, da suo fratello e da Kaien-dono, si sacrificava per proteggere qualcuno. Forse, il gesto migliore che avesse fatto in tutta la sua vita, anche se non la considerava un’azione altruista.

No, Rukia era perfettamente consapevole di averlo fatto solo per sé stessa.

Furono quelle rocambolesche circostanze, a farle conoscere Ichigo Kurosaki. Già da subito, si installò tra loro uno strano rapporto. Rukia aveva un carattere abbastanza cortese, soprattutto con le persone che conosceva da poco, ma con lui proprio non riusciva ad esserlo. Non poteva evitare di punzecchiarlo ogni volta che ne aveva l’occasione, le piaceva troppo farlo arrabbiare. Forse, voleva solo spezzare l’aria da tenebroso che Ichigo tesseva intorno a sé, e che Rukia aveva subito individuato come uno scudo, un mero travestimento per proteggersi da mondo. Vederlo perdere le staffe la riempiva di soddisfazione, le serviva per ricordarsi che il ragazzo, nonostante la sua apparente sicurezza, aveva molte debolezze.

Con il passare del tempo, Rukia si era piano piano resa conto di quanto in fondo le somigliasse.
Come lei, aveva perso il centro del suo mondo.
Come lei, aveva costruito una barriera attorno a sé per celare la sua reale fragilità.
Come lei, cercava continuamente nel prossimo il volto della persona che aveva perduto, cercava qualcuno che potesse riempire il vuoto che aveva nel cuore.

Diventarono compagni. Vivevano gomito a gomito e combattevano gomito a gomito. Lui si recò fino alla Soul Society per salvarla dalla morte, lei tornò nel mondo reale per salvarlo da sé stesso. Così, Rukia iniziò piano piano a comprendere quanto si fidasse di lui, quanto era forte il bisogno fisico di stargli accanto, quanto fosse piacevole la sensazione di completezza che la invadeva quando stavano insieme.

Già, Rukia si sentiva completa.
Come se i vuoti della sua anima, le sue paure, le sue debolezze, si dissolvessero solo alla vista di quella testa arancione.
Una sensazione che non aveva provato nemmeno con Kaien-dono.

Nel suo maestro, aveva cercato solo un’ancora di salvezza, qualcuno che fosse in grado salvarla dal nulla in cui stava affondando giorno dopo giorno.
Ichigo era di più.
Ichigo era un compagno, qualcuno con cui dividere tutto.
Qualcuno che aveva bisogno di lei quanto lei aveva bisogno di lui.

Lo aveva compreso quella sera, leggendo il desiderio negli occhi del ragazzo, sussultando ogni volta che le dita di lui toccavano la sua pelle.
Lo aveva compreso in ogni suo gesto.

Nel buio della notte, Rukia si spostò sul materasso, avvicinandosi ad Ichigo e poggiando piano la testa sul suo petto.
Non si era mai sentita così bene.
Non si era mai sentita così in pace con sé stessa, e con il mondo.

Il futuro continuava ad essere un mare oscuro, senza neanche un piccolo lampo di luce: Arrancar a piede libero, lo spietato piano di Aizen che incombeva sulle loro teste, lo scorrere dei giorni che mancavano alla battaglia finale.

Ma Rukia non si sarebbe persa d’animo.
Avrebbe lottato, fino alla morte, per lei e per le persone che amava.

Accanto a Kaien-dono, aveva imparato ad utilizzare al meglio la propria vita.
Accanto ad Ichigo, invece, aveva imparato a sperare.
Aveva imparato cosa significa credere in un futuro.

Rukia alzò piano una mano, poggiandola sul petto del ragazzo, dove il suo cuore umano batteva vigoroso.
Farò l’impossibile, per salvare questo battito promise al buio, con un lieve sorriso stampato sulle labbra.

In una tiepida notte di primavera, mentre nel mondo esterno la vita scorreva monotona e piatta come sempre, Rukia Kuchiki aveva finalmente ritrovato sé stessa.
 
 
 
  
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