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Autore: Feel Good Inc    07/07/2011    0 recensioni
[ Vol. IV, Dorothy and the Wizard in Oz ]
« Sai » mormorò, passando una mano sull’ampio dorso della bestia, fino a sfiorargli le dita che stringevano la striglia; « non ho mai cavalcato un Cavallo Vero. »
[ Zeb/Ozma; featuring Jim ]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio , Jim, Ozma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il posto giusto

~ there and back again

 

 

 

 

 

 

 

 

I’m freaking out; where am I now?

 

 

 

Jim sbadigliò, docile. La spazzola procacciata chissà dove dalla buona Jellia Jamb gli massaggiava le lunghe membra ossute, e il mozzicone di peli che aveva per coda si agitava placido, anche se nella corte del palazzo reale non sembravano esserci mosche disposte a infastidirlo. Zeb rideva di cuore di quest’immagine, gustandosi il familiare atto quotidiano della strigliatura quanto il vecchio cavallo dello zio.

« Ti ci voleva proprio, eh, Jim? »

La bestia si limitò a sbuffare. Non parlava quasi più, dalla prima e unica volta che aveva richiamato l’attenzione del padroncino sulle incolmabili differenze che rendevano il Paese di Oz un posto sbagliato per loro. Zeb non sapeva dargli torto. Per natura prendeva tutto sul ridere, e davvero gli piaceva stare con i vecchi amici di Dorothy, e ascoltare le storie dello Spaventapasseri e assistere ai trucchi del Mago e sentire le canzoni del Boscaiolo, e ancor più gli piaceva stare a guardare la Principessa Ozma – anzi, questo forse gli piaceva un po’ troppo. Ma riconosceva la verità nel giudizio del buon vecchio Jim: quando Dorothy si guardava intorno a Oz vedeva una seconda famiglia; loro vedevano soltanto un altro paese irrimediabilmente diverso.

Magari era soltanto quello il motivo per cui, la mattina del loro quinto giorno alla Città di Smeraldo, aveva chiesto a Jellia di procurargli una striglia e si era dedicato a spazzolare il manto scuro del caro amico: era una cosa che gli ricordava la California, che era l’unico posto giusto per loro – anche quando comparivano crepe nel terreno pronte a catapultarti in una serie di altri strampalati mondi.

« Che strano cerimoniale. »

Zeb sussultò al sentire la voce morbida e dolce che gli risuonò alle spalle, nel patio deserto. Si voltò per scoprire la Principessa in persona, bellissima nei suoi abiti più informali, gli occhi scintillanti fissi sulla strigliatura di Jim. Doveva essere uno spettacolo bizzarro, per lei, poiché il suo Cavalletto non aveva alcun bisogno di essere spazzolato, neppure di rado quanto Jim.

Zeb si costrinse a superare l’impaccio che la presenza di lei gli provocava fin dalla prima sera, quando Dorothy l’aveva trascinato al suo cospetto. Coraggio, poteva farcela. Aveva o no giocato i Gargoyle e salvato Dorothy e gli altri da morte certa? Parlare a Ozma era uno scherzo!

Sorrise, alzando la mano munita di spazzola e dando intanto una pacca al fianco scarno del cavallo. « Oh, lo sto solo ripulendo un po’. Il vecchio Jim ne ha passate di tutti i colori, da quando siamo caduti in quel buco, e non vorrei mai che appestasse l’aria di questo splendido palazzo. »

Jim lo guardò di traverso, ma non fece commenti. Il suo recente ammutinamento gli impediva persino di difendersi con sdegno, come suo solito.

Ozma scese con lo sguardo su di lui, e Zeb si sentì arrossire. Fu con qualche difficoltà che sostenne quegli occhi assorti, e accorgendosi di aver stritolato la striglia tra le dita si affrettò ad allentare la stretta.

« Ho la sensazione che presto te ne andrai, Zeb. »

Un po’ perplesso, il ragazzo si voltò a guardare il calesse al quale aveva imbrigliato Jim poco prima. Rise di nuovo. « Oh, questo? Pensavo di fare un giro in città questa mattina... Solo per tenerlo un po’ in esercizio, ecco. »

Jim emise un basso nitrito seccato, ma Ozma non sembrava curarsi del calesse. Scosse la testa, piano, gli occhi sempre puntati in quelli di Zeb.

« Non parlavo di qui e ora. Mi riferisco al Paese di Oz. Vuoi lasciarlo; sento che è così. »

Zeb continuò a sorridere, perché dopotutto non c’era motivo di negare la pura verità. Stringendosi un po’ nelle spalle, riprese a spazzolare il cavallo con maggiore cura, sfuggendo allo sguardo di Ozma.

« Noi non siamo creature speciali, Principessa » disse, « veniamo dal posto più comune del mondo. Il Paese dei Mangabù era una prigione senz’anima; la Valle di Voe era una terra d’inganni. A Oz è tutto meraviglioso, certo, ma... » Rimase per un attimo pensieroso, e poi scosse la testa. Le parole che Jim aveva usato con lui gli sembrarono le più adatte. « Noi due qui non c’entriamo niente. »

Questa volta Jim annuì, convinto, chinando il lungo muso fin quasi a terra. Zeb si voltò di nuovo a guardare Ozma.

La tristezza che vide nei suoi tratti delicati lo turbò, tanto da spingerlo a cercare qualche parola con cui rimediare.

« Potrei tornare, qualche volta » suggerì speranzoso. « Potresti guardarmi nel tuo quadro magico e farmi tornare, come fai con Dorothy. Non dovrai neppure aspettare di vedermi nei guai... Sono sicuro che in qualunque momento sarei felice di rivederti. »

S’interruppe di colpo, temendo di avere osato troppo. Andava bene superare l’imbarazzo – ma magari senza esagerare!

Sperò che la fanciulla non lo giudicasse troppo sfrontato, e la fissò col fiato sospeso; ma sorprendendolo – come sempre – Ozma gli sorrise con una dolcezza inaudita e si avvicinò al punto in cui Zeb era ancora rivolto per metà verso il cavallo dello zio Hugson.

« Sai » mormorò, passando una mano sull’ampio dorso della bestia, fino a sfiorargli le dita che stringevano la striglia; « non ho mai cavalcato un Cavallo Vero. »

Zeb non rispose, poiché il contatto della sua pelle e la vicinanza del suo respiro e del suo profumo l’avevano stordito parecchio. Ma Jim drizzò le orecchie e finalmente ruppe il suo silenzio volontario.

« La cosa potrebbe non piacere al vostro Cavalletto, giovane Maestà » obiettò, scettico. Non aveva mai superato la sconfitta che il reale destriero di legno gli aveva inferto nella corsa.

Ozma rise, e quel suono svegliò Zeb come l’alba di un nuovo giorno. Subito abbandonò la spazzola al suo destino e offrì aiuto alla fanciulla per arrampicarsi sul vecchio Jim, che certo era ancora abbastanza forte da trasportare una figurina così esile. Quando ebbe adagiato le gambe su un fianco del cavallo, Ozma guardò in giù verso di lui e gli sorrise con grazia.

Poi, consapevole di quanto Jim fosse compiaciuto della cosa, il ragazzo corse a districarlo dal carretto, e gli assestò un’altra pacca per incitarlo a muoversi.

« Gid-dap! » esclamò; e il cavallo trottò nel cortile del palazzo reale della Città di Smeraldo, con Ozma che si teneva alla sua criniera disordinata e sorrideva al vento, e Zeb che li seguiva con gli occhi.

Forse Oz non sarebbe mai stato il posto giusto per lui e Jim; però, rifletté quando la Principessa si volse a guardarlo con quello stesso sorriso sulle labbra, forse c’era qualcosa di Oz che in California gli sarebbe mancato da morire.

E adesso, oh, adesso capiva perché Dorothy fosse stata così felice di tornare.

 

 

 

I found myself in Wonderland.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Fin da quando – subito, all’incirca – sono rimasta incantata dal personaggio di Zeb, così solare e allegro ma anche così impaurito di fronte a ciò che è più grande di lui, ho sempre pensato a un suo eventuale affetto per Dorothy. Perché, andiamo, si compensano in un modo incredibile: sognatrice lei, realista lui; timoroso lui, coraggiosissima lei. Non per niente è stato solo per Dorothy che Zeb, avanzando nella storia, è stato in grado di tirar fuori un grande coraggio – che culmina con l’episodio del furto delle ali dei Gargoyle – e di aprirsi a possibilità nuove e inesplorate.

Ma poi sono arrivata a leggere del primo incontro tra Zeb e Ozma, e lì è scattata un’altra scintilla. Vi dirò, Ozma mi dice pochissimo come personaggio – e la preferivo di sicuro quand’era ancora Tip; ma la timidezza di Zeb davanti a lei mi fa letteralmente sciogliere.

Anche qui lascio una lista di note che spiegano i dettagli più insignificanti: Jim è un cavallo ordinario della California, ma pare che nelle terre incantate anche gli animali provenienti da mondi non magici possano parlare; ho preferito scrivere ‘Mangabù’ piuttosto che la forma originale Mangaboos perché comunque il suono è quello, e mi è sembrato meglio così che non inserire nel testo una parola tanto americana; l’ultima frase si riferisce al fatto che chiunque, come Dorothy, sarebbe felice di tornare a Oz, sapendo che anche in un posto così strano ci sono persone di cui si sente la mancanza. Ok, questo è un altro riferimento Spaventapasseri/Dorothy. Uccidetemi xD

I versi in corsivo sono tratti da Alice (Underground) di Avril Lavigne. Il sottotitolo è un voluto omaggio a Lo hobbit di John Ronald Reuel Tolkien.

... Mi sento così insopportabile. xD

Aya ~

   
 
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