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Autore: L_Fy    12/07/2011    1 recensioni
....Per me, le vacanze estive erano semplicemente Cresta del Gallo, con le sue terrazze ripide, con l’odore di bosco che filtrava dalle finestre la mattina, con il blu del lago a salutare in lontananza… e perché no, con la torretta di Villa Lazzari che svettava vicina, complice della mia solitudine poiché solo io potevo vederla e condividerne la solitaria bellezza.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quid dulcius quam habere, quicum omnia audeas sic loqui ut tecum?
(Cicerone, De Amicitia)

 
Il giorno dopo fui lì lì per non andare a prendere l’acqua alla fonte e delegare l’ingrato compito a una delle mie sorelle. Nonostante le velleità ribelli, fondamentalmente ero una codarda, pigra e tendenzialmente schiva: il pensiero di rischiare sul serio di essere l’oggetto delle attenzioni di qualcuno mi metteva a disagio. Non che Tobia si fosse comportato in modo strano, almeno, non se paragonato a un ragazzo qualunque. Ma i Lazzari non erano ragazzi qualunque, e io non dovevo dimenticarlo. Comunque alla fine decisi di andare: la decisione definitiva la presi quando mi immaginai Sabrina o Rossella intente a riempire il bottiglione che si trovavano davanti Tobia, il quale magari chiedeva educatamente “Lena dov’è?”
Da brivido.
Dopo colazione pensai anche a cosa indossare, ma dopo un quarto d’ora inconcludente davanti all’armadio decisi di infilarmi gli stessi vestiti del giorno prima: una sorta di infantile ripicca nei confronti dell’ignaro signor Lazzari dalle camicie miliardarie. Mentre camminavo sul sentiero mi sforzavo di fischiettare anche se le mani sudavano copiosamente: non mi piaceva essere così agitata, anche perché non capivo se lo ero per proforma o per vero interessamento. Se non fosse stato un Lazzari, Tobia mi avrebbe fatto comunque tutto quell’effetto? Ero quasi certa di no e intuire questo mi dava sui nervi. Se avessi ricambiato l’interesse di Tobia solo per curiosità mi sarei sentita come una sorta di Rossella di seconda mano… Lo ero? Sperai vivamente di no. Ero così concentrata nel pensiero di chi stavo per incontrare che camminavo più velocemente e distrattamente del solito e, arrivata alla fonte, quasi sbattei contro un’alta figura vestita di bianco che sostava al limitare del sentiero.
“Scusa!” risi alzando imbarazzata la testa.
Mi aspettavo di trovare Tobia e il suo sorriso gentile, e invece incontrai un sguardo violento come uno schiaffo improvviso; uno sguardo verde, severo e arrabbiato incastonato nel viso arrogante e fiero di Saverio Lazzari. Il primo istinto fu di arretrare, ma non ci riuscii. Rimasi immobile come se Saverio mi avesse trasformata in una statua di sale, con lo sguardo levato verso il suo bel viso e il bottiglione stretto tra le braccia come un patetico scudo protettivo. Non avevo mai visto un Lazzari così da vicino: anzi, a dirla tutta, non avevo mai visto nessun ragazzo così da vicino. Non ero preparata a recepire con tanta intensità la vicinanza di qualcuno e la presenza di Saverio mi travolse lasciandomi senza fiato. Il suo viso perfetto risaltava ai miei occhi con una definizione quasi irreale, tanto era vicino; avrei potuto sfiorargli la camicia se solo mi fossi sporta di un millimetro e potevo sentire il suo odore. Era buono: un misto di costoso sapone, muschio e pergamena. Ne rimasi avvolta e affascinata molto più di quanto avrei mai osato pensare; prosciugò la capacità di allontanarmi e rimasi catturata da quello sguardo furioso come una lepre dai fari dell’auto che la sta per investire. Non ho idea di quanto tempo rimanemmo così, a guardarci in faccia innaturalmente immobili: poco, probabilmente, perché non ebbi nemmeno il tempo di formulare un pensiero coerente che già un rumore aveva distratto l’attenzione di Saverio, facendogli distogliere gli occhi dai miei e permettendomi di allontanarmi di un passo.
“Lena!” mi chiamò Tobia sbucando da un cespuglio: sorrideva sereno e rilassato,ma poi girò lo sguardo e vide Saverio in pedi accanto a me; di colpo il suo sorriso si spense come se avesse girato un interruttore.
“Saverio” disse piano in tono monocorde: non sembrava sorpreso, ma solo scocciato “Che ci fai qui?”
Sbirciai Saverio, ora che era a distanza di sicurezza: era evidentemente arrabbiato anche se cercava di contenersi dietro a una facciata altezzosa.
“Che ci fai tu qui, Tobia” rispose seccamente “Non avevamo detto che dovevi andare alla barca?”
Non avevo avuto molte occasioni di analizzare la voce di Saverio e mi accorsi che era molto diversa da quella di Tobia: più profonda, quasi più matura anche se a occhio e croce non doveva essere molta differenza d’età tra i due fratelli.
“Non precisamente” rispose Tobia, piuttosto freddamente “Tu avevi detto che dovevo andare alla barca.”
Anche fisicamente Saverio e Tobia erano diversi: avrei detto il contrario, e invece confrontando i due fratelli da vicino, Tobia risultava leggermente più basso e più solido, contrariamente a tutte le previsioni. Saverio era più alto e più aggraziato, anche se in quel momento evidentemente furibondo.
“Sì, l’avevo detto” commentò Saverio vagamente minaccioso “E mi aspettavo anche che tu andassi.”
“Dopo vado” rispose Tobia alzando leggermente il mento con aria di sfida “Volevo prima salutare Lena.”
Entrambi girarono lo sguardo su di me che dovetti fare appello a tutto il mio coraggio per non mollare per terra il bottiglione e scappare via a gambe levate. Arrossii con forza mentre incrociavo di nuovo lo sguardo di Saverio: sembrava che mi passasse da parte a parte, come se fossi fatta di burro e lui di acciaio rovente.
“Salutala, allora.” ordinò lui tornando a guardare il fratello con aria ostile.
“Certo” rispose Tobia, che sembrava recuperare coraggio ogni secondo che passava “Tu vai pure, ti raggiungo.”
Lo sguardo di Saverio lampeggiò oltraggiato.
“Sei uno stupido” ringhiò sottovoce, mollando definitivamente l’aplomb aristocratico per diventare evidentemente minaccioso “Ci metterai tutti nei guai.”
“No, con lei no.” rispose Tobia immediatamente, persuasivo.
Mi sembrava di assistere a un film surreale: non capivo le frasi criptiche che si erano detti i due fratelli, l’unica cosa che avevo intuito era che stavano litigando e che Saverio ce l’aveva con me. A riprova di ciò, si girò a lanciarmi un ultimo sguardo furioso, poi marciò via, leggero e aggraziato, senza quasi muovere le foglie.
Ci misi un po’ a ritornare alla realtà: un senso di oppressione al petto mi fece capire che stavo trattenendo il fiato da quando mi ero quasi scontrata con Saverio, allora respirai a fondo col cuore che batteva pesante e sordo come un contrabbasso. Tobia, con rapidità sorprendente, era ritornato allegro e solare come se non fosse successo niente.
“Allora, come sta la portatrice sana di acqua?” domandò gioviale sedendosi sul bordo della vasca.
“Bene” risposi con forzata gaiezza facendo appello a tutto il mio sangue freddo “E tu?”
“Qualche battibecco in famiglia” minimizzò con un sorriso “Cose che succedono.”
Misi il bottiglione sotto alla fonte e mi accorsi che mi tremavano le mani.
“Simpatico tuo fratello Saverio” commentai con la voce più neutra possibile “Così affabile e sorridente. Un vero gentleman.”
Tobia colse la pesante ironia della mia frase e sorrise malizioso.
“Non è sempre così orso” si scusò sogghignando “Anzi, di solito è molto diverso. Oggi è un po’… preoccupato.”
Guardò lontano con sguardo remoto e io non riuscii a trattenermi.
“Lo preoccupa che io parli con te?” domandai cercando di mantenere il tono di voce colloquiale.
Tobia spostò lo sguardo su di me: non sorrideva più, anche se i suoi occhi erano di nuovo dolci e malinconici come il giorno prima.
“No” sospirò quasi soprappensiero “Lo preoccupa che io parli con te.”
Proprio non capivo dove fosse la differenza, ma la faccia quasi triste di Tobia mi fece chiaramente capire che la differenza probabilmente era proprio tutta lì.
Cambiando discorso con forzata leggerezza, Tobia mi disse che dopo pranzo avrebbe fatto sci nautico e mi chiese se ero intenzionata a scendere al lago, quel pomeriggio: risposi di no per due motivi, il primo era che avevo già deciso di rimanere spaparanzata sul prato antistante casa a leggere, il secondo, appena coniato, era che per quel giorno di Lazzari ne avevo già avuto abbastanza. Naturalmente, mi limitai a esporgli il motivo del libro, ma lui sembrò intuire lo stesso anche l’altro. Sembrò ancora più triste e anche vagamente arrabbiato.
“Devo andare” mi affrettai a dire quando il bottiglione fu finalmente pieno “Ci vediamo domani?”
Almeno questo glielo dovevo. Il sorriso ritornò sul suo viso, repentino e scintillante.
“Certo.” rispose di nuovo affabile e mi salutò con la mano mentre io mi allontanavo lungo il sentiero.
*    *       *
Più ci pensavo e più ero sicura di dovermi offendere a morte per il comportamento villano di Saverio Lazzari, eppure non riuscivo a fare altro che dispiacermi. Non mi ero mai ritenuta particolarmente permalosa e in genere non suscitavo simpatia immediata nelle persone, ma di certo nessuno mi aveva mai trattata con tanta sfacciata scortesia. E poi, quegli incomprensibili discorsi a pera… cosa aveva voluto dire? C’era sempre di mezzo la storia della plebaglia? Comunque, che fosse puzza sotto il naso o autentica antipatia, il suo comportamento mi aveva toccato molto. Decisi, nella remota ipotesi che il principino si decidesse a rivolgermi magnanimamente la parola, che lo avrei ripagato con la stessa moneta.
Ero così di cattivo umore che la sera mi lasciai convincere da Rossella a scendere in paese. Fu un errore: appena arrivata avevo già voglia di tornare a casa. I ragazzi mi accolsero entusiasti come al solito ma io non riuscii a rilassarmi, seduta rigida sulla panchina con la faccia corrucciata. Pensavo con ansia a cosa avrei fatto se fosse arrivato Tobia a salutarmi cordialmente in mezzo a tutti quanti… o, peggio ancora, se fosse arrivato Saverio a strapazzarmi di nuovo con quegli occhi di brace. Pensieri oziosi, dopotutto, perché fondamentalmente ero certa che nessuno di loro si sarebbe presentato di nuovo in gelateria… non era uno dei luoghi dove abitualmente bazzicavano gli augusti Lazzari. Rimasi quindi completamente di stucco quando vidi la Maserati lucida parcheggiare bellamente in seconda fila davanti alla gelateria.
“Vado in bagno.” mormorai con voce strozzata prima ancora che gli altri si accorgessero dell’automobile.
Più velocemente che potei, mi fiondai dentro la gelateria, decisa a infilarmi in bagno per uscirne approssimativamente dopo un millennio. Sfortunatamente però il bagno era già occupato.
“Una turista tedesca” mi spiegò Antonio quando gli rivolsi uno sguardo angosciato “Mi sa che ne ha per un po’.”
Rimasi radicata davanti alla porta, maledicendo gli antidiluviani bagni unisex del locale mentre alle mie spalle la porta a vetri si apriva e una voce ben nota trasudante cortesia articolava una frase.
“Un chilo di gelato da portar via, grazie.”
Saverio Lazzari.
Maledizione. Oltre alla voce riconobbi immediatamente anche l’odore sottile che mi arrivò alle narici sulla scia dei suoi passi. Ci mancava solo la persecuzione olfattiva, mi lamentai allarmata; Saverio era proprio l’ultima persona che speravo di vedere quella sera! Rimasi ostinatamente girata verso il bagno come se dovessi pregare contro il muro del pianto, sentendo Antonio che si affrettava a preparare l’ordinazione. Un sospetto formicolio alla base della nuca mi avvisò che lo sguardo di Saverio si era posato su di me e, se possibile, mi irrigidii ancora di più. Passarono dieci secondi durante i quali i muscoli cominciarono a dolermi per la rigida immobilità a cui li avevo costretti, ma non mi mossi di un millimetro per paura di scatenare le ire funeste del principino Saverio-PuzzaSottoIlNaso-Lazzari. Dietro le mie spalle, sentivo i fruscii di Antonio che riempiva con zelo la vaschetta di gelato. Non sentii Saverio muoversi: per poco non strillai di paura quando me lo ritrovai di fianco, lo sguardo puntato dritto sul mio viso con una strana espressione determinata sulla sua bella faccia patrizia. Era di nuovo troppo vicino, il suo braccio quasi toccava il mio. E il suo odore era buonissimo, insolente e penetrante proprio come il proprietario. Maledizione.
Gli lanciai un’occhiata di striscio deglutendo a secco un paio di volte mentre i muscoli delle gambe si trasformavano in blocchi di pietra lavica bollente. Dalla sua aria minacciosa mi aspettavo quasi che mi sibilasse all’orecchio una minaccia cinematografica, tipo “Stai lontana da noi, sporca mezzosangue” oppure “Ti ucciderò se tornerai a parlare con mio fratello”: di nuovo fui invasa dalla sorpresa quando invece sentii la sua voce cortese e normalissima.
“Ciao.”
Nemmeno girai la faccia nella sua direzione: sapevo di essere arrossita e poi la sorpresa mi aveva davvero paralizzato.
“Ciao.” risposi senza quasi muovere le labbra: dietro le mie spalle, i fruscii di Antonio continuavano imperterriti e io sperai vivamente che non stesse origliando.
“Bella porta.” commentò Saverio con un vago sottofondo divertito nella voce quando si accorse che non avrei schiodato gli occhi dal bagno.
“E’ occupato.” risposi con un ringhio molto poco amichevole.
“Capisco.” mormorò lui molto serio: gli lanciai un’altra occhiata e mi accorsi che era ancora divertito.
“Scusami se oggi sono stato antipatico” mormorò in fretta subito dopo con voce bassissima e di nuovo seria “Tobia mi ha detto che ci sei rimasta male.”
Io arrossii furiosamente, primo perché le parole contrite di Saverio sembravano anche vagamente sarcastiche e secondo perché Tobia aveva parlato di me a Saverio. Chissà come quel damerino spocchioso aveva tentato di demolirmi agli occhi del fratello, meditai aggressiva e vergognosa allo stesso tempo.
“Non fa niente” risposi in fretta ma sottovoce in modo che Antonio non sentisse “Sono abituata a trattare con i cafoni; a Milano si sprecano.”
Era una frecciata pesante e mi aspettavo come minimo un’espressione oltraggiata o un commento sferzante: quando sbirciai e vidi sul viso di Saverio nient’altro che un sogghigno divertito, ci rimasi quasi male dalla sorpresa.
“E va bene” sospirò lui cercando di tornare serio “Me lo sono meritato. Però avevo i miei motivi e tu… è meglio che tu e Tobia non vi frequentiate.”
Non era proprio “Ti ucciderò se tornerai a parlare con mio fratello”, ma il succo era quello. Misericordiosamente, in mezzo a tutta quella confusione che mi bloccava le meningi, sentii la rabbia montarmi dentro come un air bag: così il principino pensava che non fossi abbastanza nobile per frequentare il suo degnissimo fratello?
“Non sapevo che per scambiare qualche parola con voi fosse necessario un pedigree.” sibilai furiosa contenendo però il tono sempre ad uso e consumo di Antonio.
“Pedigree?” domandò Saverio: sembrava stupito. Gli lanciai un’occhiata il più possibile altezzosa, tenendo conto del fatto che lui era due spanne più alto di me e bello come una statua di Apollo mentre io ero inchiodata davanti alla porta di un bagno unisex.
“Non ho intenzione di inquinare la divina atmosfera di Villa Lazzari con la mia presenza, se è di questo che hai paura” aggiunsi in fretta prima che mi mancasse il coraggio  “Ma la fonte è ancora sul terreno della famiglia Mercati e lì siete voi a essere ospiti, non io.”
A dire il vero, non ne sapevo molto di confini di proprietà, ma confidavo nel fatto che nessuno sarebbe mai andato a indagare. Saverio tacque, blandamente sorpreso e irritato.
“Guarda che non è come pensi.” borbottò sulla difensiva.
“Oh, certo” risposi sperando di risultare sufficientemente offesa “Ha parlato il socio onorario tesserato Ku Klux Clan. Razzista del cavolo!”
Questa mi era proprio scappata di bocca: prima che mi venisse in mente di profondermi in scuse, girai i tacchi e uscii dalla gelateria, lanciando un breve saluto ad Antonio.
“Puoi provare al bagno pubblico in piazza Dante!” mi ululò dietro il gelataio, evidentemente convinto che la mia fuga fosse da attribuire a imbarazzanti movimenti intestinali. Effettivamente, d’un tratto mi faceva male la pancia e l’unica cosa che volevo era tornare subito nel rassicurante nido di casa mia.
“Che succede?” mi domandò Rossella avvicinandosi allarmata: era in piena fase rimorchio con Marco il figlio del macellaio e si sarebbe parecchio arrabbiata se le avessi detto che volevo andare via. E poi, non volevo far capire a Saverio quanto mi avesse sconvolto parlare con lui: fuggire via come una lepre non era di sicuro l’atteggiamento più adatto alla situazione.
“Niente” risposi quindi cercando di sembrare naturale “Il bagno è occupato.”
Mi sedetti sulla panchina cercando di mimetizzarmi tra Martina e Filippo.
“E’ entrato Saverio Lazzari” mi informò Martina eccitata “L’hai visto?”
“Sì.” borbottai avvicinandomi a Filippo a braccia incrociate: la mia intenzione era nascondermi meglio ma lui evidentemente capì tutta un’altra cosa.
“Hai freddo?” domandò premuroso mettendomi un braccio intorno alle spalle: se l’avessi scostato come volevo avrei attirato ancora di più l’attenzione, così rimasi lì, rigida e infuriata mentre Saverio Lazzari usciva con passo armonioso dalla gelateria senza nemmeno degnarci di uno sguardo.
“Accidenti, s’è bello.” mormorò Martina esprimendo anche il mio inconscio, riluttante pensiero. Sara sospirò e Marco fece una pernacchia, scatenando l’ilarità generale.
“Strano, però” tubò Rossella lanciandomi un rapido sguardo in tralice “I Lazzari si sono fatti vedere in gelateria due volte in due settimane… un vero record!”
“Si vede che amano il gelato.” meditò Sara rapita.
Rossella mi guardava ancora: sostenni il suo sguardo senza battere ciglio.
“Già, sarà proprio così.” risposi, sperando remotamente che tutto quel gelato andasse di traverso se non a tutti, almeno a un componente della famiglia Lazzari.    
*    *       *
Il giorno dopo, mentre andavo alla fonte col mio inseparabile bottiglione, decisi di fare un’analisi fine e dettagliata di quello che stava accadendo (evitando di ricordare a me stessa che non avevo fatto altro durante tutta la notte precedente…). A conti fatti, le cose da prendere in considerazioni non sembravano gravi, ma sommate insieme stavano assumendo contorni inquietanti; primo, Tobia Lazzari sembrava interessato a stringere amicizia con me (amicizia sulla natura della quale era molto meglio non indagare) e già questo di per sé era molto inquietante, vista la consueta riservatezza della famiglia; secondo fatto da considerare, il suo degnissimo  fratello Saverio non era d’accordo, probabilmente per aristocratici motivi di rango; terzo, il suddetto fratello era anche un prepotente, maleducato, insolente snob; quarto, sempre il nobile fratello antipatico era il possessore di un profumo irresistibile in maniera davvero irritante; quinto, l’intera famiglia sembrava aver sviluppato una repentina dipendenza da gelato.
Risultato dell’analisi fine e dettagliata: stavo pensando decisamente troppo ai Lazzari. Che mi stessero contagiando le manie snobistiche di Rossella? Mia sorella, a dire il vero, sembrava molto interessata a concludere alla svelta il love affaire con Marco e questo era piuttosto irritante per la sottoscritta, poiché a seguito di Marco c’era sempre il fratello Filippo. Non che mi fosse antipatico, intendiamoci: era un ragazzo simpatico, socievole, un po’ petulante e rumoroso per i miei gusti, ma a posto. Ed era anche carino: Martina e Sara si contendevano sempre la sua attenzione e lui sembrava gradire parecchio l’interessamento. Forse, rimuginai scoraggiata, avrei dovuto lasciar perdere i miei pomeriggi solitari nel bosco a leggere e sognare a occhi aperti e cominciare a condividere un po’ di più le attività vacanziere di Rossella. Se avessi avuto un minimo di sale in zucca avrei smesso di incontrare di nascosto Tobia Lazzari alla fonte, anche se erano incontri innocenti e molto brevi; avrei dovuto smettere di ostinarmi a pensare ai Lazzari e alla loro snervante spocchia; avrei dovuto cercare di conoscere meglio Filippo per sentire se il suo odore era buono come quello di Saverio Lazzari… non che credessi davvero che fosse possibile, però almeno avrei potuto tentare.
Ma non mi andava, ammisi quando ormai ero in vista della fonte. Tobia era già là che mi aspettava e aveva tra le mani un libro.
“Ciao.” mi salutò con il suo bel sorriso allegro.
“Ciao” gli risposi gioviale posando subito il bottiglione sotto l’acqua “Ti sei portato qualcosa da leggere oggi?”
“Per ingannare l’attesa.” rispose con dolcezza velatamente allusiva.
Arrossii, già in imbarazzo.
“Ieri sera ho visto tuo fratello in gelateria.” mi affrettai a dire per riportare il discorso verso terreni più sicuri.
Tobia smise di sorridere, vagamente irritato e preoccupato.
“Oh” disse con voce controllata “Ti ha detto qualcosa?”
Valutai per bene la possibilità di dirgli la verità, ma non volevo diventare la causa scatenante di un nuovo litigio fraterno.
“No” risposi con leggerezza “L’ho appena incrociato. Stava aspettando che si liberasse il bagno.”
L’ultima era una frecciatina, speravo che Tobia la riferisse all’insigne fratello. Lui mi guardò a lungo in viso con espressione seria.
“Saverio non ti piace, vero?” domandò lentamente.
Era troppo serio per potergli dare una risposta leggera: e comunque, mi sorpresi a pensare che se avessi risposto affermativamente avrei detto una mezza bugia.
“Mi irrita a morte” ammisi sinceramente “E lo trovo tremendamente snob e arrogante.”
Ma adoro il suo profumo, pensai tra me e me e arrossii furiosamente.
“Che differenza di età c’è tra voi fratelli?” domandai in fretta sempre in tono salottiero.
“Saverio ha diciannove anni e io diciassette.” rispose prontamente Tobia come se esponesse una lezione imparata a scuola.
“E tuo padre?” domandai noncurante.
Tobia non rispose subito e sembrò di colpo troppo allarmato.
“Bè, ecco…” balbettò “Così, su due piedi…”
Io scoppiai a ridere gaiamente.
“Che faccia!” lo canzonai “Non ti preoccupare, nemmeno io mi ricordo mai quanti anni hanno i miei genitori. E scommetto che a loro va molto meglio così.”
“Già” rispose sollevato e di nuovo sorridente “Troppi compleanni, poi si perde il conto.”
“Il tuo compleanno quand’è?” gli chiesi e di nuovo lui sembrò in difficoltà.
“In agosto.” borbottò ma sembrava restio a parlarne: ecco perché decisi di indagare.
“Ah, agosto” commentai guardandolo fissamente negli occhi “Di solito festeggi?”
Ora era decisamente teso: proprio non ne capivo il motivo.
“Bè, sì.” rispose evasivo e spostò lo sguardo con insistenza sul bottiglione pieno.
Capii al volo che era meglio concludere l’argomento: presi il bottiglione in braccio e feci per salutare quando Tobia buttò fuori una domanda a bruciapelo.
“Saverio non ti ha detto qualcosa di strano ieri sera, vero?”
Lo guardai a lungo, sorpresa dal suo palese nervosismo.
“No” risposi alla fine con un sospiro “Te l’ho detto, ci siamo appena incrociati.”
“Oh, bene.”
In un attimo era di nuovo allegro e sorridente.
“Ci vediamo domani, allora?”
Aspettava la mia risposta e sembrava vagamente ansioso: interessato, mi rimbombò nelle orecchie la voce di Martina. 
“Ma certo.” risposi gioviale.
Lo salutai con la mano e mi allontanai in fretta: continuavo a ripetermi che i nostri brevissimi incontri erano innocenti e che non c’era niente di male a scambiare due parole con il proprio vicino di casa, eppure mi sentivo lo stesso inquieta e confusa. Il comportamento di Tobia e Saverio era strano persino per me che nelle stranezze ci sguazzavo.
Eppure, nonostante la ragione mi suggerisse di scappare via il più velocemente possibile dai Lazzari e dai loro nebulosi misteri, non avevo nessuna voglia di lasciar perdere.
  
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