Adventure
Fanfiction
su Metro 2033 scritta da Xmaster117
Oscurità.
Ci sono due piccoli funghi che
crescono all’angolo, dietro una colonna di supporto, i quali
emettono una
leggera ma confortevole luce verde. L’aria è
fredda e umida. Il tunnel è lungo.
Molto lungo. I deboli getti di luce delle torce non ne raggiungono la
fine. Le
sue batterie sono vecchie e fiacche. Nelle vicinanze, non
un’anima viva.
Un uomo eretto
su di una piattaforma di
legno, che un tempo faceva parte di un lungo sistema ferroviario, il
quale si
estendeva per tutta la lunghezza dei tunnel. Era davvero un gran bel
posto, la
Metropolitana russa. Enorme, veloce e con treni d’argento che
sfrecciano lungo
le gallerie ogni giorno... almeno tempo prima. Sono decenni che un uomo
non mette
piede in questi luoghi. Anni di solitudine hanno lasciato il segno. La
metro
non è più un luogo accogliente. Un tempo era
nuova e splendente, ora è vecchia
e arrugginita.
Un uomo eretto
su di una piattaforma di legno.
Sotto i suoi piedi, il terreno è fangoso e sporco, ma le sue
scarpe sono nuove
e pulite e, incredibilmente, dopo quattro giorni ancora asciutte.
L’uomo esita,
i pensieri che affollano la sua mente... da questo punto in poi non
c’è più
alcuna piattaforma di legno su cui camminare, ma andare sui binari di
ferro
sarebbe rischioso. Un passo falso e...
L’aria
peggiora sempre di più. La tanica di
ossigeno della sua maschera è quasi finita, e la maschera
strappata in sé non è
d’aiuto. L’uomo se la sfila... l’aria
è putrida, morta. Molti uomini coraggiosi
hanno perso la vita in questo modo, dicendo: «Tanto non
è velenoso!» ... vero. Ma
sono morti ugualmente.
I binari di
ferro sono l’unica cosa rimasta
di quella che un tempo era un’imponente e lunga ferrovia. Si
riesce anche a
vedere una vecchia e marcia asse, ma in ogni modo il ferro antico
scricchiola
anche avendo un passo da felino.
«D’accordo,
è tempo di sporcarsi un po’»
pensa l’uomo, prima di saltare nel fango, facendo attenzione
a non incappare in
bottiglie rotte.
L’aria
è putrida, morta. Egli si sente come
perso in una giungla. Vorrebbe gridare, chiedendo aiuto. Allungandosi
per
miglia e miglia, i tubi sulle pareti conducono verso ciascun angolo
della
metro... forse qualcuno può sentirlo! Da bambino, spesso
passava le serate con
la testa appoggiata su un tubo del gas, ascoltando i suoni del
sottomondo, e a
volte udiva delle voci. Deboli e distanti, ma senza dubbio voci umane.
Eppure non
poteva rispondere. Urlare nella giungla non è mai una buona
idea, con le bestie
feroci che si nascondono nelle ombre, aspettando le loro prede...
«Mmmh,
meglio rimanere in silenzio» si
disse.
Nelle sue mani,
l’uomo reggeva un fucile. Vecchio
e tenuto insieme con del nastro adesivo, con il caricatore mezzo vuoto,
ma
ciononostante un’ottima arma. Vi si stringe contro, come se
fosse l’unica cosa
a tenerlo in vita, come se fosse l’unica cosa che scacciasse
le ombre dalla sua
mente. Eppure, anche quello presto non sarà abbastanza...
L’aria
è putrida, morta... e non è tutto!
Qualcosa non va bene, per niente! L’uomo si ferma quando i
suoi scarponi affondano
nel fango. Improvvisamente, comincia a sentire un leggero mal di testa,
il suo
cuore batte all’impazzata e le sue orecchie fischiano.
L’aria
è putrida, morta.
Per anni quel
luogo è stato in pace ed ora
quest’uomo, quest’anima persa, osa entrare in quel
posto di cui nessuno vuole
neanche minimamente parlare.
«Avrei
dovuto starmene a casa» l’ultimo
pensiero sano di un ex coraggioso esploratore.
Improvvisamente
il tunnel comincia ad
agitarsi e a rombare, un flusso d’aria lo attraversa, il
terreno si liquefa,
pezzi di roccia e fango cadono dal soffitto e dal muro, i tubi si
agitano e
scricchiolano rompendo le pareti. Tutto comincia a girare e a
deformarsi! Qualcuno
corre verso l’uomo, alle sue spalle! Si gira, ma non
c’è nessuno. Nel panico,
non ricorda più da dove veniva o dove voleva andare.
Vorrebbe urlare, chiedere
aiuto. Se solo ci fosse qualcuno pronto ad aiutarlo! Inciampa, comincia
a correre
fregandosene del fango o del vetro o dei binari di ferro. Sente dei
passi,
qualcuno lo sta seguendo, correndo alle sue spalle, ma non osa
voltarsi. La sua
luce comincia a tremolare, quasi sul punto di spegnersi.
L’uomo si ferma,
afferra il fucile e, girandosi, preme il grilletto...
La squadra di
soccorso trovò il suo corpo
due giorni dopo. Si era sparato. Aveva appoggiato l’arma alla
sua testa e aveva
premuto il grilletto. Dopo quattro giorni di cieco vagabondaggio nel
buio,
impazzì. Purtroppo, non sapeva che si trovava solo un miglio
dal più vicino
avamposto. Corse nella direzione sbagliata, come se fosse stato
inseguito da
qualcosa. Ma non vi erano segni di colluttazione. Tutto in quel tunnel
era così
come lo era stato per gli ultimi vent’anni: vecchio e
arrugginito.
«E
questo è ciò che succede quando si fa di testa
propria, esplorando i tunnel!»
disse il capo della spedizione, indicando il corpo. «E non
voglio vedere
nessuno di voi senza maschera. L’aria è
putrida.»