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Autore: Ariana_Silente    15/07/2011    2 recensioni
"Percepisco l'energia fluire e defluire attraverso mille vie e con mille moti attraverso me per poi essere raccolta e di nuovo trasformata."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zuko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nata fortunata e fortunato a essere nato.

 

“... Mio padre dice che mia sorella è nata fortunata, e che io sono fortunato a essere nato.”

 

C'è sempre stata una sottile ironia in queste parole, talmente sottile che un bambino non poteva coglierla. E per molti anni infatti, non l'ho colta.
Ho sempre creduto che papà fosse un simbolo, un'istituzione, lo è – lo è stato, per lo meno – ai miei occhi di fanciullo, è stato un grand'uomo austero e potente, di una potenza latente che sapeva esprimere solo con lo sguardo.

«Papà è ambizioso e potente. Un calcolatore minuzioso della propria ascesa e di quella altrui con la bilancia dell'ardente avidità che lo ha sempre contraddistinto.»
Lo diceva la mamma ogni tanto, quando era sicura che Azula non fosse nei paraggi.
In quelle occasioni la guardavo smarrito, senza capire se dar più retta al reale significato di quelle parole o al tono sconsolato che ammantava la sua voce.
Di solito mi perdevo nel suo sorriso che era capace di cancellare qualsiasi turbamento, quando lei incrociava il mio sguardo.
Eppure la notte, nella mia sontuosa camera da letto perso nelle profumate coperte del color del fuoco, riflettevo.

Più riflettevo e meno capivo.

Papà era distante, preso dai suoi doveri e dall'adorazione di Azula. A lei era toccato l'onore di portare il nome del Signore del Fuoco, a lei che era così abile nel dominio del fuoco che le riusciva naturale quanto respirare.
A me, il primogenito di un secondogenito, era toccato il nome del nonno materno. Un grande e famoso ministro del Signore del Fuoco e padre di mia madre, certo, ma pur sempre solo un nobile.
Era lei che mio padre teneva accanto a sé più volentieri e dedicava parte del suo prezioso tempo ad osservarla negli allenamenti quotidiani. Gli occhi di mio padre si illuminavano spesso nell'osservarla, lampi di soddisfazione, credo, baluginavano per frazioni di secondo nei suoi occhi altrimenti impassibilmente freddi e neutri, quegli stessi occhi guardavano me quando gli chiedevo attenzione.
Certamente, pensavo, era perché dovevo mostrarmi meno sensibile, dovevo essere più forte, io che ero un uomo. Certamente dovevo impegnarmi di più, perché Azula rispondeva sempre alle domande in modo corretto e non ero così abile nel dominio solo perché non mi impegnavo abbastanza.
Mamma invece era diversa. C'era un'aura dorata attorno a lei, di un caldo invitante e benevolo di cui mi beavo per quanto era possibile. Era piacevole trascorrere con lei il mio tempo, a chiacchierare delle cose che non capivo, ed erano molte, di quelle che avevo fatto durante la giornata. Accanto a lei non mi sentivo a disagio nella consapevolezza di non aver fatto abbastanza, potevo raggiungere il mio obiettivo un passo alla volta, comprendendo appieno ogni tappa del mio percorso. Combattendo e rialzandomi ogni volta, era così che dovevo fare. Era così semplicemente chiaro, quando ero accanto a mamma.
Le ho chiesto spesso perché Azula fosse nata fortunata.
Tutte le volte il suo viso si oscurava e un velo calava sui suoi occhi. Allora raccoglieva un fiore e me lo mostrava con delicatezza.
«Vedi questo fiore? È una parte del tutto, una porzione di natura che sboccia. Solo questo importa.»
«Che sboccia?» scuoteva la testa.
«Una parte del tutto.» ero io a scuotere la testa allora.
«Che cosa significa, mamma?» le chiedevo. Lei alzava lo sguardo malinconico.
«Non è una cosa così facile da spiegare. Potrei dirti che è un po' come camminare. Cosa succede quando inciampi, Zuko?» mi invitava ad alzarmi e mi osservava dalla sua posizione compostamente inginocchiata. La guardavo un attimo poi rispondevo.
«Cado, ma mi rialzo però!» ribattevo con la mia voce da bambino, cercando di nascondere la prima parte della frase con un tono più deciso e convinto. Mamma sorrideva al mio piglio deciso.
«Proprio così. Ci vuole determinazione. E coraggio. A volte è meno semplice di altre, ma è così che si fa, bisogna proseguire sempre perché non siamo noi a decidere quando siamo arrivati alla meta.»
Quindi puntualmente arrivava l'ora della merenda e i miei pensieri viravano esuberanti ai dolciumi.

Niente di quello che mi successe in seguito però mi scosse tanto quanto quello che successe nella notte cupa e ventosa, quando il nonno morì e la mamma scomparve.
Ricordo di aver visto i suoi occhi e ascoltato la sua voce nella notte, quasi fosse un sogno. Credo che una parte di me fosse rimasta in quella dimensione. Ricordo quello che mi disse, ma non riuscirono a lenire l'abisso che la sua scomparsa spalancarono dentro di me.

Nessuna spiegazione.
Nessuna risposta.
Soltanto quel fatto ineluttabile.

Scomparsa.

E subito dopo papà venne acclamato Signore del Fuoco, secondo il volere di Azulon.
Non capivo ed ero confuso.
Azula invece sembrava fremente d'emozione e sicuramente capiva più di me.

Non c'era più la mamma.

Soltanto ora, in questo spettacolo incredibile, riesco a vedere chiaramente molte cose, non tutte, non ancora, ma l'ansia che prima mi consumava come fiamma maligna si è estinta adesso che sono spettatore di questo evento che non immaginavo potesse esistere.
Partecipe di quest'insieme di luce e calore, di vita ed energia, nel turbine del vento che mi inebria i sensi, i miei occhi vedono chiaramente, non ci sono più veli od ostacoli alla mia visuale, mentre seguo la danza dei draghi imitandola impacciato col mio minuscolo corpo. Percepisco l'energia fluire e defluire attraverso mille vie e con mille moti attraverso me per poi essere raccolta e di nuovo trasformata.
Le fiamme mi lambiscono il corpo, la presenza degli antichi draghi mi sfiora l'anima facendola vibrare. 

Una parte del tutto.

Un componente del ciclo che muore e rinasce in infinite forme e dimensioni, un passo dietro l'altro, il precedente che segue il successivo con armonia ed eleganza.
Cenere, fiamma, fumo. Cos'altro sono se non questo? 

È un po' come camminare.

Non avevo perso niente, perché nulla avevo da perdere.
Finalmente ho qualcosa.
Lo possiedo, perché è un guizzo indescrivibile che mi percorre rendendomi consapevole di ogni parte del mio corpo e dell'energia che mi circonda.

Solo questo è importante.

Da me dipende tutto ciò che posso aiutare a trovare la propria via, la propria realizzazione.
Dal piccolo seme, al bambino smarrito.
Questo è il mio compito. Nessuna rincorsa all'irraggiungibile, solo un passo alla volta, un mattone dopo l'altro.
Incontro lo sguardo dei draghi.
Non abbasso gli occhi, ho appreso la lezione. 

Ho capito.

E quanto ho fatto in precedenza, pur nell'errore mi ha permesso di giungere a questo momento, non ho più rimpianti e il solo rimorso che sento sono io stesso a potervi porre rimedio.
Con l'ultimo turbine d'aria i maestri draghi tornano nelle loro tane sicure e sconosciute.
All'orizzonte saluto il sole, col quale il mio dominio sorge e tramonta in un equilibrio più vecchio del mondo intero.

Mio padre usava molta ironia, distorcendo il millenario potere del fuoco. Ma aveva torto e ora conosco qual è la vera ironia delle sue parole.

   

Non sono nato fortunato, sono fortunato a essere nato.   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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