Libri > Altro - Sovrannaturale
Ricorda la storia  |      
Autore: Mork    16/07/2011    0 recensioni
[I Ragazzi di Anansi]
Da qualche parte, Anansi si stava facendo delle belle risate; Charlie ne era convinto.
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Charlie si svegliò all’improvviso nella grigia alba londinese. Daisy era coricata al suo fianco, profondamente addormentata, e la luce scorreva sulle lenzuola e sui muri come dita immerse nell’acqua. Cercando di capire cosa l’avesse svegliato, Charlie ritornò con la mente ai suoi sogni, ma si accorse di non averne fatto nessuno. Fu allora che sentì un leggero bussare alla porta.
Scivolò fuori dal letto con un brivido, afferrò la vestaglia e mentre la indossava scese il più silenziosamente possibile le scale che portavano all’ingresso. Aprì la porta che dava su un modesto giardino, delimitato da un modesto muretto e un modesto cancello, ma non vide nessuno. Richiuse la porta e tornò in camera da letto. Daisy aprì un occhio e osservò perplessa il marito che indossava velocemente un paio di jeans e la camicia del giorno prima: «Cosa c’è?», chiese con la voce ancora impastata dal sonno.
«Mio fratello»
Charlie si precipitò giù dalle scale, questa volta senza badare troppo al rumore, e saltellando su un piede mentre si allacciava le scarpe aprì la porta con il gomito. Il viale era ancora deserto, ma uscendo dal cancello Charlie si accorse di un uomo fermo dall’altro lato della strada: un uomo con una giacca di pelle nera e rossa fin troppo familiare, che lo salutò con un gesto e un sorriso altrettanto conosciuti. Nonostante la foga con cui si era lanciato fuori di casa, esitava ad avvicinarlo. Era passato solo un mese dalla sconfitta di Tigre: Charlie era tornato in Inghilterra con Daisy, mentre suo fratello e Rosie erano rimasti a Saint Andrews. Non aveva idea di cosa fosse successo dopo la loro separazione. E le cose accadute prima erano così tante e tanto strane che ripensarci a distanza di poche settimane le rendeva sempre più simili a un film: qualcosa di incredibile e coinvolgente, sì, ma accaduto a qualcun altro, e soprattutto non accaduto nella realtà.
Eppure suo fratello era lì davanti a lui, e lo guardava come non aveva mai fatto prima: la vicinanza al mondo dei mortali lo aveva cambiato radicalmente, e Charlie credeva in meglio. Nel suo viso balenava ancora la scaltrezza e la sicurezza di un tempo, ma l’impudenza se n’era andata senza lasciare tracce. Ora sembrava molto più capace di provare sentimenti terreni, solidi, veri, non quelle sbadate emozioni che in passato lasciava trapelare con sfacciataggine, come qualcosa che non appartenesse veramente a lui. Non che fosse stato una persona – un dio – freddo e distaccato, anzi: semplicemente non era consapevole dell’importanza dei sentimenti, da cui si lasciava attraversare e abbandonare come al passaggio di un temporale estivo.
Ora negli occhi di suo fratello c’erano sincero affetto e felicità, il suo sorriso era irresistibile perché caldo, piuttosto che semplicemente affascinante. In più, ora nessuno avrebbe più potuto confonderli, neanche per effetto della magia: Charlie aveva capelli biondo rossicci ed era più basso, mentre i capelli neri di suo fratello ricadevano in piccole onde lungo il viso scarno e scuro.
«Ragno», salutò Charlie una volta attraversata la strada «Nostalgia di casa?»
«Ogni tanto bisogna pur passare a salutare la famiglia, no?» Ragno prese sottobraccio il fratello e lo guidò lungo le vie addormentate.
«Quanto hai intenzione di fermarti?»
«Sono passato solo per salutare»
«Anche l’altra volta, Ragno», lo sgridò Charlie. Non c’era risentimento nella sua voce, solo un cauto sarcasmo: era ancora difficile prevedere le reazioni di suo fratello.
Ma Ragno sorrise a mo’ di scusa: «Non ho intenzione di fare danni, questa volta. A dire il vero non ce l’ho mai avuta»
«Oh, adesso non dire che non hai nessuna colpa!»
Ragno scosse la testa con vigore: «È per questo che sono venuto a trovarti. Per scusarmi a dovere»
Charlie lo guardò interrogativo, più diffidente che curioso. Ragno si fermò in mezzo al marciapiede e si piazzò davanti al fratello, facendo scivolare la mano nella sua: «Chiudi gli occhi»
Charlie si lascò sfuggire un sorriso ironico: «Niente deserto o Antartide, spero»
Ragno lo rassicurò con uno dei suoi migliori sorrisi e Charlie obbedì; sentì una piacevole stretta allo stomaco, mentre il mondo si dilatava e si restringeva, e ben presto le sue palpebre furono ferite dalla luce.
Aprì cauto gli occhi e strizzandoli si accorse di trovarsi in riva al mare, su una spiaggia deserta che conosceva molto bene. Erano partiti da Londra all’alba, ma nel posto in cui approdarono il sole aveva già percorso un notevole tratto nel cielo e pendeva verso ovest. Sovrastando il placido scrosciare delle onde sulla rena, un grido di gabbiano fendette l’aria e costrinse i due fratelli ad alzare la testa di scatto, terrorizzati. L’uccello volò rapidamente sopra di loro senza degnarli della minima attenzione, e Charlie scoppiò a ridere rendendosi conto che la loro reazione era ormai immotivata. Ma Ragno non sembrava disposto a tranquillizzarsi così presto: si guardò intorno pieno dall’allarme, e una volta visto che non c’erano altri uccelli nei paraggi, si passò una mano tra i capelli, a disagio: «Io le odio, quelle bestie. Le odierò in eterno»
Charlie non sapeva esattamente tutto quello che era successo quando Ragno era prigioniero di Uccello, ma già il semplice fatto che aveva dovuto riportargli la lingua mozzata da quella donna gli sembrava una scusante sufficiente per quella fobia. Strinse forte la mano del fratello con fare rassicurante, e gli sorrise; se si fosse potuto vedere in quel momento, avrebbe notato con sconcerto quanto il suo sorriso fosse diventato simile a quello del fratello, che in passato riteneva ineguagliabile.
Ragno ricambiò la stretta e condusse il fratello in riva al mare; abbandonarono le scarpe in mezzo alla spiaggia, fecero il risvolto ai pantaloni e presero a passeggiare sulla sabbia umida.
Per molto tempo non dissero nulla, ognuno perso nei propri pensieri, poi Charlie lanciò un’occhiata di traverso al fratello; nonostante tutto quello che era successo, per lui le visite di Ragno sarebbero sempre state fonte di sospetto.
«Allora... come va in famiglia?»
Quello era uno dei punti dolenti: sebbene non provasse più nulla per Rosie e fosse convinto che lei sarebbe stata completamente felice con Ragno, tuttavia non riusciva a immaginare quei due come una coppia stabile. Più che altro, non riusciva a immaginare il fratello come un uomo felicemente sposato e sistemato, soddisfatto della sua vita borghese.
«Se per famiglia intendi Rosie, va tutto alla grande. Verrà dimessa tra due giorni. Abbiamo parlato molto ogni volta che la sono andato a trovare – e sono andato a trovarla sempre – e lei sembra determinata a volermi cercare un lavoro fisso»
Charlie riconfermò mentalmente il suo scetticismo, ma Ragno parlava con un tono assolutamente sereno: «Comunque, se dovessi stancarmi, me ne andrò via e la lascerò in pace. Non ti devi preoccupare.»
Charlie riteneva che quel tipo di atteggiamento potesse giustificare non poche preoccupazioni, ma preferì tacere. Era segretamente contento di vedere che suo fratello non era cambiato in modo così drastico.
«L’idea del lavoro sembra divertente però, mi è venuta voglia di provarci»
Ancora una volta, il silenzio di Charlie fu molto eloquente: scetticismo, stupore e una sorta di colpevole felicità aleggiavano sopra il suo capo.
«Se per famiglia invece intendevi nostro padre, non l’ho più rivisto dall’ultima volta»
«È per questo che mi hai portato qui? Ti ricordi quando ci venivamo insieme, io e te – insomma, quando eravamo ancora attaccati – e papà?»
«Certo che lo ricordo, sennò non sarei potuto tornare. Credo comunque che tu ci sia venuto più volte di me»
Erano arrivati a un punto del litorale in cui una serie di bassi scogli interrompeva la spiaggia per buttarsi a capofitto sul mare. Charlie si rese conto di aver tenuto la mano del fratello fino a quel momento solo quando lui gliela lasciò per arrampicarsi sulle rocce. Con un po’ più d’impaccio, Charlie lo seguì.
Si sistemarono su uno scoglio abbastanza largo e piatto, mezzo sprofondato nell’acqua: Charlie si sedette con le gambe penzoloni nel vuoto, mentre Ragno si posizionò alle sue spalle, con le gambe divaricate e il petto appoggiato alla sua schiena. Charlie si voltò a metà per lanciargli un’occhiata sbigottita, ma il fratello era concentrato altrove: «Guarda! Guarda là!», esclamò indicando col dito un punto lontano tra le onde «L’hai vista?»
Charlie, nonostante si fosse girato di scatto e avesse fatto scorrere lo sguardo freneticamente a destra e a sinistra, riuscì a vedere soltanto spuma.
«No», ammise amaramente «Non ho mai avuto fortuna con le sirene»
Ragno poggiò delicatamente il mento sulla sua spalla, e cominciò a cantare con la sua voce scura, piena, traboccante sicurezza, entusiasmo, sensualità. Charlie riconobbe la canzone: era Yellow Bird. Allora, dapprima timidamente, poi con crescente fiducia, mescolò la sua voce, dolce e vibrante, a quella del fratello. Il canto proseguì anche dopo la fine della canzone, una melodia che a volte aveva parole, a volte era solo puro suono, e mai aveva un senso compiuto. Perlomeno all’apparenza. Cantarono il mare, il tramonto, l’aria fresca e ricca di salsedine, gli spruzzi che ogni tanto gli arrivavano a bagnare il viso, i loro corpi che si toccavano, le sfumature delle nuvole, catturarono il ritmo delle onde e del battito delle ali dei gabbiani; senza lasciare la nota, Ragno strinse il braccio del fratello, e questa volta Charlie la vide: una gran massa di capelli ramati, torbidi occhi verdi, spalle esili, pelle diafana.
La Sirena nuotò verso di loro, con un guizzo della coda argentea. Le voci dei figli di Anansi vibrarono e si spensero nello stesso istante.
«È bello rivederti» disse la Sirena a Charlie in tono sognante «Sei diventato grande ormai»
«Ti ricordi di me?»
«Certo. E mi ricordo anche di te» rispose la Sirena rivolgendosi a Ragno. Lui le fece un cenno con la testa e sorrise.
La Sirena posò con grazia le braccia sulla parte semisommersa dello scoglio, e ripeté con la sua voce ultraterrena la melodia cantata dai fratelli. È impossibile rendere giustizia sulla carta alla voce di una Sirena, così come è impossibile descrivere le sensazioni che suscita il suo ascolto. Charlie reclinò la testa sulla spalla di Ragno, ebbro di gioia, sebbene non avrebbe saputo dire da dove gli proveniva. Il fratello lo abbracciò mollemente. La Sirena si allontanò, ritornando nella sua dimora subacquea, con tanta delicatezza e soavità da rendere i suoi movimenti quasi impercettibili. Anche dopo che scomparve sotto le onde, la sua voce continuò ad aleggiare nell’aria, avvolgendo i due fratelli.
«È la prima volta che ne vedo una», mormorò Charlie trasognato. Ragno annuì sorridendo: «Sei felice?»
«Sì»
«Anche io», dichiarò Ragno rafforzando la stretta intorno alla vita del fratello «Mi sei mancato da morire. Ci sono stati giorni in cui mi svegliavo di soprassalto e mi chiedevo perché tu non fossi sdraiato al mio fianco»
«Non esagerare», rise Charlie, imbarazzato «È passato solo un mese, e comunque potremo vederci tutte le volte che vorrai»
«È strano», continuò Ragno, come se non avesse sentito la risposta del fratello e proseguisse un ragionamento tutto suo «Per tanti anni ho vissuto senza di te e non mi interessava nemmeno conoscerti, o almeno l’interesse non durava abbastanza a lungo da farmi prendere un biglietto per l’aereo. Ora che ti ho incontrato mi chiedo come sono potuto sopravvivere senza la metà migliore di me»
«A dire il vero credo che tu sia metà di me, sai?», lo interruppe Charlie con poca speranza di essere ascoltato, «L’identità originaria dovrei essere io»
Con sua sorpresa, Ragno lo guardò dritto negli occhi e tacque. Charlie stava per dirgli “Non te la sarai presa, vero?”, quando suo fratello, dopo aver deglutito, gli sussurrò: «Non mi dispiacerebbe essere di nuovo parte di te. Sei la persona che amo di più al mondo, Charlie»
Era la prima volta che lo chiamava per nome: di tutta quella frase, Charlie riuscì a cogliere immediatamente solo questo particolare. Il resto gli sembrava così assurdamente nobile e romantico che avrebbe pensato a uno scherzo se non fosse stato che Ragno era solito sorridere quando prendeva in giro qualcuno, mentre in quel momento era mortalmente serio. Charlie pensò di dover rispondere qualcosa, ma non riusciva a trovare nulla di intelligente da dire. Ragno lo sollevò da quel penoso onere alzandosi in piedi e tendendogli la mano; quando furono di nuovo faccia a faccia, gli strinse entrambe le mani e iniziò a parlare a raffica: «Mi dispiace di essermi comportato come un perfetto idiota ed averti rovinato la vita, ma tu sei una persona tanto migliore di me da essere riuscito a rimettere tutto a posto ed essere comunque felice e avermi salvato la vita e per questo ti ammiro tanto. Ti ammiro perché non riesco a credere che una persona meravigliosa come te possa essere in qualche modo legata a me»
Si interruppe, riprese fiato e sorrise: «Chiudi gli occhi»
«Aspetta, Ragno, stai dicendo una scemenza dopo l’altra: io non ho fatto nulla di così straordinario e...»
«Chiudi gli occhi», ripeté Ragno, leccandosi le labbra e continuando a sorridere.
Charlie lo guardò corrucciato, ma si arrese; sospirò e chiuse gli occhi, pronto a sentire la familiare stretta allo stomaco provocata dal teletrasporto. Invece tutto quello che sentì fu una leggera pressione umida sulle labbra, e quando finì e riaprì gli occhi capì che il fratello lo aveva appena baciato.
«Allora... sono perdonato?»
«Co... cosa hai fatto?»
Tra il comprendere e l’accettare c’è comunque un bel salto.
«Ti ho baciato»
«Perché?»
«Perché ti amo»
 Quelle risposte seguivano una logica impeccabile, ma Charlie era ancora decisamente confuso, mentre Ragno era raggiante. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò di nuovo, più a lungo, e Charlie capì dall’espressione serena dei suoi occhi chiusi che stava sorridendo. Quando separò le labbra dalle sue sospirò soddisfatto e lo abbracciò con slancio.
«Allora, mi perdoni?»
«Sì, Ragno, io ti ho perdonato da un pezzo. Non era necessario arrivare a tanto», balbettò Charlie, arrossendo allarmato.
«Non serve mica una ragione per baciare una persona che si ama. Io l’ho fatto perché mi andava»
“Ah, adesso sì che lo riconosco”, pensò Charlie con sarcastica amarezza.
«D’accordo, ma la prossima volta avvertimi prima, ok? E che non ti venga in mente di farlo davanti a Daisy!»
«Davanti a Rosie va bene?»
«Oh, quello è un problema tuo»
«Mi sta bene», decretò Ragno sciogliendo l’abbraccio e poggiando la fronte su quella del fratello «Allora non sei più arrabbiato con me?»
«No, non lo sono»
«Ti amo, Charlie»
«Anch’io ti voglio bene, Ragno»
Ragno si aprì in un sorriso che avrebbe fermato il mondo, e una parte nascosta di Charlie si pentì di non aver risposto anche lui con “ti amo”. Fece per avvicinare il viso a quello di Ragno nello stesso istante in cui quest’ultimo lo allontanava; si immobilizzarono entrambi, diversamente sorpresi. Ragno, con il volto ammorbidito da una gioia ineffabile lievemente rannuvolata da una sorta di rassegnata sconfitta, lasciò una mano del fratello e si mise al suo fianco: «Credo sia ora di tornare a casa»
Il sole di Londra, anche se ormai era sorto, era comunque più freddo di quello che avevano appena lasciato, circondato com’era da una pesante nebbia. Ragno guardò in alto, con un istintivo bisogno di controllare l’assenza di piccioni, poi si voltò verso il fratello, che invece controllava la via di casa sua ancora rosso in viso.
«Va bene se non ne parliamo con nessuno?»
Charlie annuì sorridendo: anche lui aveva pensato di chiedere la stessa cosa.
«Sarà il nostro piccolo segreto tra fratelli. Ogni volta che ci va potremmo tornare su quella spiaggia e cercare le sirene, e cantare e parlare e stare insieme»
Charlie alzò la testa di lato verso il fratello, strinse i pugni e si alzò in punta di piedi per baciarlo sulla guancia: «D’accordo»
Si salutarono con un abbraccio; Charlie sentiva ancora il bisogno impellente di dire qualcosa a Ragno, e per questo stringeva quasi con disperazione la sua giacca di pelle, cercando di tenerlo con sé il più a lungo possibile. Quando Ragno gli diede una leggera pacca sulla spalla e fece per allontanarsi, Charlie gli afferrò le braccia e se lo strinse di nuovo al petto: «Ragno, all’inizio io volevo mandarti via non solo perché mi stavi rubando Rosie e mi avevi fatto licenziare, ma anche perché, senza rendermene conto più di tanto, sono sempre stato invidioso di te»
Charlie parlava con le labbra premute contro la spalla del fratello, ma era sicuro che Ragno stesse prestando la massima attenzione: «Riuscivo a credere che tu potessi essere mio fratello solo perché mi sembravi l’immagine di come avrei voluto essere. Eri il mio ideale di me stesso, e non potevo sopportarlo. Ma devi credermi quando ti dico che non ho mai voluto farti del male. Non ho mai voluto ferirti, nemmeno una volta»
«Tranne quando abbiamo fatto a botte nell’ingresso di casa tua»
«Uhm, sì, forse quella volta mi sono fatto un po’ trascinare, ma è stata una reazione incontrollata, quindi non conta. Capisci quello che sto cercando di dirti?»
«Credo di sì»
«Io ti voglio bene, Ragno, e non devi mai più pensare che io sia arrabbiato con te, o che ti odi. Come posso odiarti se sei parte di me?»
Non sapeva dove avesse trovato il coraggio per dire tutto questo, ma Charlie sospettava che l’ammaliante profumo della pelle di suo fratello potesse avere qualche responsabilità al riguardo. Ragno non disse nulla, ma Charlie sentì una lacrima cadergli sul collo e scivolare giù, sotto la camicia, e un bacio timido sfiorargli la guancia.
«Grazie, Charlie»

Ragno scomparve nella nebbia così come era venuto, e nonostante Charlie sapesse benissimo che non si trattava di un addio, non poté fare a meno di provare un indefinito senso di angoscia in fondo alla gola: il problema di rafforzare il legame con suo fratello era proprio quel dolore inesprimibile di essere separato dalla propria metà.

Da qualche parte, Anansi si stava facendo delle belle risate; Charlie ne era convinto.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Altro - Sovrannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Mork