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Autore: thembra    18/07/2011    4 recensioni
...Quella corolla era l’amore che c’era stato e che tutt’ora esisteva fra la donna più insolente e indifferente che lui avesse mai conosciuto e suo padre...
Sia lui che Inuyasha non avrebbero mai più potuto dimenticare le ultime parole esalate dalle labbra del loro fiero padre morente.
Tre, e tutte uguali.
Rin…Rin…rin
Genere: Erotico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Rin, Sesshoumaru
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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“Sango”
“Dimmi!”
 
La voce di lei, modificata e resa metallica dall’interfono, rispose immediatamente.
 
“Chiama Miroku, ho bisogno di lui.”
 
Per un attimo dall’altro lato dell’apparecchio non si udì alcuna risposta, poi, come sempre la voce calma e ubbidiente di lei rispose un assenso.
Staccando l’indice dal pulsante del congegno Sesshomaru chiuse gli occhi lasciandosi cadere all’indietro sprofondando con la schiena nella morbida imbottitura della poltrona da ufficio in pelle rossa che gli aveva regalato suo padre il giorno che era stato eletto vice presidente della Taisho Corporation.
 
Ricordava spesso quel giorno d’aprile e come da allora tutto poi fosse cambiato.
 
Come tutti i giorni da due anni a quella parte era entrato in azienda assieme ad Inuyasha, col quale condivideva il piccolo ufficio nel reparto logistico al primo piano dell’edificio che ospitava l’impresa; lui era il coordinatore di tutti coloro che lavoravano in quella divisione ed Inuyasha invece aveva il compito di far coincidere i vari turni dei dipendenti loro affidati.
Per essere i figli del proprietario di quell’impero stavano decisamente in basso nella scala gerarchica dell’azienda, ma per volere di Taisho in persona, le loro mansioni all’inizio del loro praticantato dovevano essere le più umili e semplici affinché imparassero come funzionavano le cose all’interno di quel motore fatto di persone e mezzi, perché come credeva lui i frutti più buoni e maturi si ottengono da radici profonde e ben salde nel terreno.
 
“Volete vedere buoni risultati? Piantate le basi perché questi si avviino figlioli!
 
Così gli aveva risposto suo padre il suo primo giorno di lavoro, quando nella hall dell’enorme grattacielo della TC inc. anziché venir invitati in ascensore assieme al CDA, sia lui che il fratello erano stati deviati sul retro, dove stavano i magazzini, dove tutto era caotico, sporco e assurdo.
Ricordava bene l’occhiata piena d’odio che sia lui che Inuyasha avevano rivolto al loro padre ed il sorriso deciso che di rimando lui aveva lanciato loro prima di rispondere quelle poche parole piene di una verità che avrebbero realizzato solo col tempo.
 
E ora che si guardava indietro niente avrebbe potuto essere più vero che quel saggio insegnamento.
Avevano passato in quel settore circa sette mesi poi sia lui che Inuyasha erano stati avanzati di livello e mentre lui aveva ricevuto l’incarico di direttore delle vendite negli uffici al terzo piano Inuyasha era stato mandato a fare da assistente a Myoga che al tempo si occupava della contabilità su al settimo piano.
Un anno dopo suo fratello aveva assunto definitivamente quella carica dopo il pensionamento di Myoga mentre lui era entrato a pieno diritto negli uffici dell’ultimo piano come assistente del Presidente Taisho.
Neanche sei mesi dopo era stato eletto all’unanimità vice presidente e gli era stato donato l’ufficio del vecchio Totosai che a sua volta era entrato nel CDA.
 
Aprendo gli occhi distese il braccio destro carezzando la pregiata pelle che rivestiva il bracciolo della poltrona.
L’aveva notata subito appena era entrato nel suo nuovo ufficio, lucida e ancora ricoperta dalla sua protezione in plastica trasparente, perfetta e dal design unico, fantastica.
 
“Per te figliolo…sei stato bravo!”
 
Una pacca sulla spalla, un sorriso di orgoglio e poi via…tutto ricominciava, tutto si ripeteva e poi, tutto mutava nuovamente.
 
Due anni dopo, in un assurdo incidente stradale Inu no Taisho moriva per salvare la vita ad un neonato rimasto intrappolato nel suo seggiolino fra le lamiere dell’auto su cui viaggiava.
Sua madre, priva della vita lo aveva stretto a sé per proteggerlo mentre il padre era stato sbalzato dalla forza dell’impatto contro un camion a diversi metri fuori dall’abitacolo; Taisho a sua volta aveva dilaniato le lamiere con forza sovrumana e protetto la creatura dall’esplosione venutasi a creare nel tumulto.
 
Nessuno seppe mai spiegare la causa di quella tremenda sciagura ma tutti conobbero l’enorme coraggio di Inu no Taisho, uomo d’affari, presidente multimilionario che nulla doveva al mondo ma che aveva da dato la propria vita per preservare quella di un bambino ignoto.
 
Strinse le dita affondandole nella pelle del rivestimento tanto che le sue unghie avvertirono le minuscole ed irregolari fibre del tessuto, i suoi polpastrelli così come le nocche erano divenuti bianchi per lo sforzo.
 
Non si era mai preoccupato di informarsi dell’identità del neonato che era sopravvissuto e aveva perso la sua intera famiglia, non gli era mai importato.
Il dolore e l’odio per quella vicenda gli avevano ottenebrato la mente e tutto ciò a cui era riuscito a pensare era stato suo padre.
 
Bip Bip Biiiip Bip
 
Svegliati, svegliati!
 
Bip Bip Biiiiip Bip
 
Lo guardava steso immobile su quel letto d’ospedale attaccato a macchine che nemmeno sapeva esistessero mentre col pensiero gli gridava di svegliarsi e a stento tratteneva la rabbia; perché era troppo orgoglioso per esprimere a voce quelle parole, perché non voleva farsi vedere debole perché avevano ancora tante cose di cui parlare, tante liti da chiarire tante cose per cui scusarsi l’un l’altro, perché…perché vedendo l’espressione serena dipinta sul suo volto lui aveva già capito che se ne sarebbe andato e non ci sarebbero state parole o grida o scuse, chiarimenti o desideri che l’avrebbero trattenuto.
 
Era sereno, era felice. Era pronto a far ritorno al punto del principio.
 
“Rin…rin, Rin”
 
Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
 
Aprì gli occhi appena un istante prima che il suono di un bussare interrompesse i suoi ricordi.
Si sistemò sedendosi meglio consentendo all’ospite di entrare.
 
“ ’giorno Presidente!”
“Accomodati Miroku”
 
Il nuovo venuto prima di sedersi di fronte a lui in una delle due comode poltrone nere fece tappa al pregiato carrello da bar posto in un angolo ombreggiato dell’ufficio aprendo la lucida calotta che componeva il mappamondo per poter estrarre la bottiglia che gli interessava.
Senza chiedere alcunché dal ripiano sottostante tolse due larghi calici da brandy versandovi dentro l’ambrato liquido prima di richiudere tutto e far marcia verso il suo posto.
 
“Nh”
 
Con un cenno del capo Sesshomaru accostò il proprio bicchiere a quello di Miroku posandolo alla propria destra senza nemmeno berne un goccio.
 
Miroku al contrario con due grandi e discreti sorsi si gustò il suo drink schioccando bene la lingua sul palato in modo da distribuire bene il sapore in bocca.
 
“Di cosa mi volevi parlare?”
 
In silenzio Sesshomaru aprì un cassetto della propria scrivania e ne estrasse una cornice che passò prontamente al suo interlocutore.
Miroku la prese dalle sue mani, curioso di vedere di chi si trattava e non appena lo fece la sua curiosità divenne stupore.
 
“Sesshomaru!?”
“Trovala.”
 
Detta quella parola, con calma e compostezza e senza spezzare il contatto visivo con Miroku, Sesshomaru bevve il suo cognac in un unico sorso inclinando il viso per poterlo appoggiare al palmo aperto della sua mano.
 
“Così non può continuare…”
 
Sesshomaru lo guardò con gli occhi intrappolati fra le proprie dita e Miroku, che lo conosceva da anni non l’aveva visto mai con un’espressione così.
Cos’era, tristezza? Rimorso…angoscia?
 
“Trovala.”
 
Annuì.
 
 
 
…………….
 
 
Uscendo Miroku incrociò lo sguardo di Sango, che seduta alla sua postazione in segreteria lo guardava in attesa.
 
“Sai che non posso dirti nulla Sango; per quanto tu e lui siate in confidenza ci sono limiti che…”
“Ti ha ordinato di cercare Rin?”
 
Lui annuì soccombendo a quegli occhi pieni di preoccupazione che abbandonarono presto la sua figura tornando a concentrarsi sui registri che stava compilando.
 
“Sono mesi che ce l’ha sotto al naso, quell’idiota…”
 
Miroku non capì e nemmeno ebbe l’occasione di chiederle spiegazioni, se Sango parlava ad enigmi era perché non voleva essere intesa.
Sbuffando le salutò e se ne uscì ciondolando così com’era entrato, mani in tasca e sigaretta in bocca.
 
Una volta fuori dalla sede dell’azienda cominciò a farsi alcune domande, per esempio, da dove avrebbe potuto cominciare?
Da che Taisho era stato sepolto di lei non si erano più avute notizie, nessuno l’aveva più vista seduta sul lato della fontana del parco di fronte alla sede ad attendere l’allora presidente né l’avevano più sentita chiamare da lui al telefono per posticipare un loro eventuale appuntamento ; quella donna sembrava essere sparita dal mondo assieme all’uomo che aveva amato.
 
Dopo un attimo di incertezza pensò alla cosa più intelligente da fare e guardandosi intorno cercò con lo sguardo la sua macchina.
Forse aveva un punto di partenza ma poi, come sarebbe andata a finire?
 
 
……………………………………
 
 
Il dolce sospiro del vento scivolava leggero fra le fronde del boschetto di bambù che rigoglioso cresceva poco distante dal piccolo stagno in cui felici, decine di carpe guizzavano increspando le onde dell’acqua nella frenesia del loro pasto.
Tutt’attorno, la bianchissima ghiaia che componeva il piccolo giardino zen nella sua statica immobilità deliziava lo sguardo con le sue linnee irregolari e contrastanti interrotte dai grigi massi disposti secondo le rigide regole di quella struttura e contribuiva a creare la magica scena che le si presentava davanti agli occhi.
 
Che pace
 
Alzandosi dalla vecchia panca in cedro posta appena fuori dagli shoji del ryokan, Rin si alzò prendendo con sé la ciotola di the verde che aveva appena consumato.
 
 
“Pensierosa?”
 
Sorrise.
 
“No, mi incanto sempre a guardare questo spettacolo. Sembra pazzesco che appena si esca da qui ci si ritrovi in mezzo ad una metropoli.”
 
La sua interlocutrice, una ragazza dai lunghi capelli neri rispose al sorriso sedendosi accanto a lei.
 
“Hai ragione, anche se da oltre il muro laggiù possiamo vedere le luci delle insegne e delle macchine in movimento sembra ancora di vivere in un angolo di mondo antico qui…”
“Sarà la tua magia…”
“Oh Rin, piantala, sono una sacerdotessa io, non una maga!!”
“Chiunque tu sia, l’influsso del tuo potere rende tutto tranquillo me compresa e questa è magia per me; nessuno ci potrebbe mai riuscire altrimenti.”
“…”
“Come mai sei qui? Di solito sei al tempio a quest’ora…”
“Stamattina a casa è arrivata questa per te e siccome a pranzo non sei tornata ho pensato di consegnartela personalmente.”
 
Sporgendosi leggermente verso di lei le allungò una lunga busta bianca priva di intestazione.
 
“Chi la manda?”
“Non lo dice ma magari è importante, non sembra una lettera di pubblicità…troppo sottile e ben curata.”
 
Incuriosita Rin prese la lettera aprendola e leggendola immediatamente.
Non sembrava particolarmente entusiasta del suo contenuto.
 
“Brutte notizie?”
“Nah, è l’ospedale dove un tempo facevo volontariato…vogliono che partecipi ad una serata di beneficenza.”
“Non vai più là da quasi un anno, come mai ti hanno chiamata?”
 
Sospirando si accomodò meglio sulla panchina distendendo le gambe levando poi il viso al cielo.
 
“Vogliono ricordare Taisho e vogliono che ci sia anch’io.”
“Rifiuta.”
 
Il tono netto della sua amica la sorprese.
 
“Kagome?”
“Probabilmente ci saranno anche loro e non è il caso che tu li veda quei…dannati bastardi!”
“…”  sorrise all’espressione colorita della sua più grande amica.
“Non ti farà niente bene andarci, ricorderai, rivedrai e rivivrai momenti brutti. Tu non meriti questo Rin.”
“Però Taisho è stato la meraviglia della mia vita, se non ci andassi non sarebbe giusto e poi probabilmente loro nemmeno ci saranno…”
“Come fai a dirlo?”
“Non amano quell’ospedale dal momento che è dove ci siamo conosciuti pertanto non credo ci andranno…tutto ciò che aveva o ha a che fare con me per loro è il nulla … quindi nessun problema, non li vedrò…”
“Sarà…ma sei sicura? Perché a me non lo sembri.”
“Nhm…sicura stai tranquilla.”
 
Le sorrise ma anche quel gesto sembrò non convincere la sua amica che continuava a fissarla con insistenza.
 
“Beh se proprio vuoi andarci ti accompagnerò…”
“Come farai col tempio Kagome?”
“C’è quella persona che si chiama nonno che tecnicamente sarebbe il primo monaco quindi dov’è il problema?”
“Beh caspita…grazie!”
 
Il nuovo sorriso che mostrò fu ben gradito a Kagome che vi lesse dentro maggior decisione e sicurezza.
 
“A proposito, per quand’è?”
“Domani pomeriggio…”
 
Kagome storse il naso.
 
“Dannate poste.”
 
 
 
 
TH
 
Grazie a:
Babydgv
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