Quarant’anni
di silenzio
~ I’ve a feeling we’re not in Kansas
anymore.
La signora Gale –
perché adesso la chiamavano così – si sedette con tutto il
garbo che il buon vecchio Kansas le aveva impresso nelle ossa su una delle
sedie riccamente intarsiate della sala dei ricevimenti del Palazzo Reale di Ozma. Si guardò intorno, con l’aria di chi non
si sarebbe mai abituato a vivere in una terra così diversa e inconsueta,
e suo marito poté vederle scorrere negli occhi grigi le immagini di
tutti i bizzarri personaggi che riempivano la sala, e che già tempo
addietro avevano riempito i racconti della Principessa che avevano per
nipotina.
« Di’, Henry
» disse la signora Gale, « allora ci siamo davvero, eh? »
Henry Gale
borbottò qualcosa di indistinto, sistemandosi l’abito di raso
pregiato che gli prudeva addosso ben più dei vecchi vestiti ruvidi da
contadino.
Non erano mai stati tipi
da molte parole, i Gale; per loro tutto ciò che contava era il lavoro –
il duro lavoro che avrebbe loro permesso di crescere dignitosamente la loro
bambina. Mai, prima della faccenda dell’ipoteca che aveva condotto a, be’, questo,
avrebbero pensato che un giorno sarebbe stata proprio la piccola Dorothy a
risolvere tutti i loro problemi – portandoli con sé in quella
terra incantata che gli zii pensavano fosse solo un suo sogno ricorrente, e
della quale adesso tutti e tre erano una parte indivisibile. Dunque non c’era
di che stupirsi se adesso, qui, non avessero altro cui aggrapparsi che le
parole.
« Non riesco
ancora a crederci » balbettò Emma Gale, sfiorandosi distrattamente
una ciocca di capelli sfuggiti all’elaborata acconciatura. « Pupazzi
che pensano, leoni che hanno paura e gente di latta in grado di amare. Di’, cosa può esistere di
più assurdo? »
Henry Gale si mosse
sulla sua sedia di smeraldo puro e osservò la sala. Ozma
e Dorothy aprivano le danze, accompagnate dal Boscaiolo e dallo
Spaventapasseri; tra le loro gambe trottavano Totò e Billina,
intenti a rincorrersi come vecchi amici, mentre poco più in là il
Testa di Zucca e l’Uomo Macchina battevano le mani – ciascuno nel
suo particolare e personalissimo ritmo. Oz il Mago
agitava un lungo bastone dal quale fuoriuscivano bolle di sapone variopinte che
non scoppiavano mai, e quello spettacolo si univa alla musica e lasciava gli
astanti a bocca aperta; di tanto in tanto l’ometto si voltava a
conversare amabilmente con Glinda, la Buona Strega
del Sud, venuta a ricambiare la più recente visita di Ozma per festeggiare la salvezza eterna della Città
di Smeraldo.
« Galline che
parlano, ad esempio » borbottò il signor Gale, rispondendo alla
moglie. « Finti Maghi che diventano Maghi veri, Streghe che rendono
invisibile un’intera città con tutti i suoi abitanti, e poi tanto
altro ancora. Non siamo davvero più nel Kansas, Em. »
La donna annuì
con un’espressione per metà impressionata e per metà
pensierosa. D’un tratto, il suo sguardo si fermò su una scena
là accanto, e le sue labbra antiche tinte di un colore leggero si tesero
in un sorriso.
« Ma tutta questa
gente è amica di Dorothy » disse, e Henry seppe subito chi stesse guardando. « E lei
è davvero felice che siamo qui con lei, per sempre. »
Henry guardò a
sua volta la nipotina volteggiare ridendo tra le braccia scombinate dello
Spaventapasseri, danzando con lui come se non esistesse nient’altro
intorno. Ne fu un po’ infastidito – stupida gelosia di vecchio
– e si augurò che quel fantoccio stesse bene attento alla sua
bambina, o l’avrebbe svuotato
con le sue mani. Ma nello stesso istante, Dorothy si voltò a guardare
lui ed Emma, e sorrise soltanto per loro e li salutò con la mano; e
Henry ebbe l’impressione che non sarebbe stata così felice, se
loro non fossero venuti lì a Oz insieme a lei.
Si voltò ancora,
si alzò e si lisciò un’ultima volta gli elegantissimi
pantaloni cui presto o tardi si sarebbe dovuto abituare. Poi tese la mano alla
moglie.
Si guardarono come due
persone invecchiate insieme e sopravvissute insieme e pronte ad affrontare anche
l’evento più inaspettato della vita, ancora insieme.
« Sì »
disse il signor Gale, « Dorothy è felice. Perciò lo siamo
anche noi. »
Emma sorrise di nuovo e
si alzò per ballare con suo marito, come non facevano da più di
quarant’anni. Quando lo prese per mano, Henry sentì che le rughe,
l’età, e persino i ricordi svanivano tutti; e pensò che non
aveva mai visto sua moglie così bella.
Spazio
dell’autrice
Se nei primi libri
della saga di Oz gli zii di Dorothy sono le presenze
marginali e indistinte che simboleggiano ‘casa’ e la
normalità del nostro mondo, finalmente in The Emerald City of Oz
diventano personaggi attivi ed entrano a far parte del paese di favola che la
nipotina ha sempre messo da parte pur di restare con loro nel Kansas. Si arriva
a un punto in cui la realtà è talmente dura che l’unica
soluzione possibile è la fantasia: dev’essere
per via di questo messaggio che amo follemente Baum e
tutte le sue storie.
Il momento
rappresentato è posteriore all’epilogo, ossia dopo che Glinda ha esaudito la richiesta di Ozma
di rendere Oz un posto inaccessibile a qualunque
altro Paese; ho immaginato che tutti tornassero alla Città di Smeraldo
per festeggiare la fine delle ostilità con gli altri popoli, e che Henry
ed Emma avessero finalmente il tempo di riflettere sulle strane vicende nelle
quali si erano ritrovati immersi. Spero di aver saputo trasmettere almeno in
parte quell’animo profondamente terreno
e contadino che li contraddistingue, rendendoli così convenzionalmente
umani in un posto in cui l’umanità è intesa in modo
così diverso – qui non conta il lavoro, ma le parole. Parole che i
Gale non avrebbero mai potuto comprendere in un posto grigio e normale come il
Kansas.
L’accenno
Spaventapasseri/Dorothy... beh, è stato più forte di me xD Mi piaceva l’idea di uno zio Henry un po’
geloso della confidenza tra la nipotina e questo strano saggio impagliato; non
ho proprio saputo resistere!
Il sottotitolo altro
non è che la celeberrima battuta di Judy Garland
nel film del 1939 (“Ho l’impressione che non siamo più nel
Kansas”), qui adattata alla figura pragmatica e a mio avviso adorabile di
Henry Gale.
Al prossimo –
purtroppo per voi xD – trip mentale,
Aya ~