Libri > Il meraviglioso mago di Oz
Ricorda la storia  |      
Autore: Feel Good Inc    18/07/2011    0 recensioni
[ Vol. VI, The Emerald City of Oz ]
« Non riesco ancora a crederci » balbettò Emma Gale, sfiorandosi distrattamente una ciocca di capelli sfuggiti all’elaborata acconciatura. « Pupazzi che pensano, leoni che hanno paura e gente di latta in grado di amare. Di’, cosa può esistere di più assurdo? » (...)
« Galline che parlano, ad esempio » borbottò il signor Gale.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emma Gale, Henry Gale, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quarant’anni di silenzio

~ I’ve a feeling we’re not in Kansas anymore.

 

 

 

 

 

 

 

 

La signora Gale – perché adesso la chiamavano così – si sedette con tutto il garbo che il buon vecchio Kansas le aveva impresso nelle ossa su una delle sedie riccamente intarsiate della sala dei ricevimenti del Palazzo Reale di Ozma. Si guardò intorno, con l’aria di chi non si sarebbe mai abituato a vivere in una terra così diversa e inconsueta, e suo marito poté vederle scorrere negli occhi grigi le immagini di tutti i bizzarri personaggi che riempivano la sala, e che già tempo addietro avevano riempito i racconti della Principessa che avevano per nipotina.

« Di’, Henry » disse la signora Gale, « allora ci siamo davvero, eh? »

Henry Gale borbottò qualcosa di indistinto, sistemandosi l’abito di raso pregiato che gli prudeva addosso ben più dei vecchi vestiti ruvidi da contadino.

Non erano mai stati tipi da molte parole, i Gale; per loro tutto ciò che contava era il lavoro – il duro lavoro che avrebbe loro permesso di crescere dignitosamente la loro bambina. Mai, prima della faccenda dell’ipoteca che aveva condotto a, be’, questo, avrebbero pensato che un giorno sarebbe stata proprio la piccola Dorothy a risolvere tutti i loro problemi – portandoli con sé in quella terra incantata che gli zii pensavano fosse solo un suo sogno ricorrente, e della quale adesso tutti e tre erano una parte indivisibile. Dunque non c’era di che stupirsi se adesso, qui, non avessero altro cui aggrapparsi che le parole.

« Non riesco ancora a crederci » balbettò Emma Gale, sfiorandosi distrattamente una ciocca di capelli sfuggiti all’elaborata acconciatura. « Pupazzi che pensano, leoni che hanno paura e gente di latta in grado di amare. Di’, cosa può esistere di più assurdo? »

Henry Gale si mosse sulla sua sedia di smeraldo puro e osservò la sala. Ozma e Dorothy aprivano le danze, accompagnate dal Boscaiolo e dallo Spaventapasseri; tra le loro gambe trottavano Totò e Billina, intenti a rincorrersi come vecchi amici, mentre poco più in là il Testa di Zucca e l’Uomo Macchina battevano le mani – ciascuno nel suo particolare e personalissimo ritmo. Oz il Mago agitava un lungo bastone dal quale fuoriuscivano bolle di sapone variopinte che non scoppiavano mai, e quello spettacolo si univa alla musica e lasciava gli astanti a bocca aperta; di tanto in tanto l’ometto si voltava a conversare amabilmente con Glinda, la Buona Strega del Sud, venuta a ricambiare la più recente visita di Ozma per festeggiare la salvezza eterna della Città di Smeraldo.

« Galline che parlano, ad esempio » borbottò il signor Gale, rispondendo alla moglie. « Finti Maghi che diventano Maghi veri, Streghe che rendono invisibile un’intera città con tutti i suoi abitanti, e poi tanto altro ancora. Non siamo davvero più nel Kansas, Em. »

La donna annuì con un’espressione per metà impressionata e per metà pensierosa. D’un tratto, il suo sguardo si fermò su una scena là accanto, e le sue labbra antiche tinte di un colore leggero si tesero in un sorriso.

« Ma tutta questa gente è amica di Dorothy » disse, e Henry seppe subito chi stesse guardando. « E lei è davvero felice che siamo qui con lei, per sempre. »

Henry guardò a sua volta la nipotina volteggiare ridendo tra le braccia scombinate dello Spaventapasseri, danzando con lui come se non esistesse nient’altro intorno. Ne fu un po’ infastidito – stupida gelosia di vecchio – e si augurò che quel fantoccio stesse bene attento alla sua bambina, o l’avrebbe svuotato con le sue mani. Ma nello stesso istante, Dorothy si voltò a guardare lui ed Emma, e sorrise soltanto per loro e li salutò con la mano; e Henry ebbe l’impressione che non sarebbe stata così felice, se loro non fossero venuti lì a Oz insieme a lei.

Si voltò ancora, si alzò e si lisciò un’ultima volta gli elegantissimi pantaloni cui presto o tardi si sarebbe dovuto abituare. Poi tese la mano alla moglie.

Si guardarono come due persone invecchiate insieme e sopravvissute insieme e pronte ad affrontare anche l’evento più inaspettato della vita, ancora insieme.

« Sì » disse il signor Gale, « Dorothy è felice. Perciò lo siamo anche noi. »

Emma sorrise di nuovo e si alzò per ballare con suo marito, come non facevano da più di quarant’anni. Quando lo prese per mano, Henry sentì che le rughe, l’età, e persino i ricordi svanivano tutti; e pensò che non aveva mai visto sua moglie così bella.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Se nei primi libri della saga di Oz gli zii di Dorothy sono le presenze marginali e indistinte che simboleggiano ‘casa’ e la normalità del nostro mondo, finalmente in The Emerald City of Oz diventano personaggi attivi ed entrano a far parte del paese di favola che la nipotina ha sempre messo da parte pur di restare con loro nel Kansas. Si arriva a un punto in cui la realtà è talmente dura che l’unica soluzione possibile è la fantasia: dev’essere per via di questo messaggio che amo follemente Baum e tutte le sue storie.

Il momento rappresentato è posteriore all’epilogo, ossia dopo che Glinda ha esaudito la richiesta di Ozma di rendere Oz un posto inaccessibile a qualunque altro Paese; ho immaginato che tutti tornassero alla Città di Smeraldo per festeggiare la fine delle ostilità con gli altri popoli, e che Henry ed Emma avessero finalmente il tempo di riflettere sulle strane vicende nelle quali si erano ritrovati immersi. Spero di aver saputo trasmettere almeno in parte quell’animo profondamente terreno e contadino che li contraddistingue, rendendoli così convenzionalmente umani in un posto in cui l’umanità è intesa in modo così diverso – qui non conta il lavoro, ma le parole. Parole che i Gale non avrebbero mai potuto comprendere in un posto grigio e normale come il Kansas.

L’accenno Spaventapasseri/Dorothy... beh, è stato più forte di me xD Mi piaceva l’idea di uno zio Henry un po’ geloso della confidenza tra la nipotina e questo strano saggio impagliato; non ho proprio saputo resistere!

Il sottotitolo altro non è che la celeberrima battuta di Judy Garland nel film del 1939 (“Ho l’impressione che non siamo più nel Kansas”), qui adattata alla figura pragmatica e a mio avviso adorabile di Henry Gale.

Al prossimo – purtroppo per voi xD – trip mentale,

Aya ~

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il meraviglioso mago di Oz / Vai alla pagina dell'autore: Feel Good Inc