Corri,
corri, corri.
Le
gambe le facevano male, sentiva i
polmoni bruciare ma sapeva di non potersi fermare per nessuna ragione
al mondo.
<<
07! 07, torna subito
indietro!! Morirai se esci di qui!! >> la voce del
Dottore la accompagnò
fino all’uscita di quell’orribile posto.
Spalancò le porte con un calcio e
continuò a correre fuori, nella foresta.
Meglio
morire piuttosto che vivere lì,
continuava a pensare. Aveva
decisamente l’impressione di stare per morire per la seconda
volta, eppure
doveva andare il più lontano possibile da
quell’edificio. Forse
avevano ragione i dottori, non poteva
ancora uscire in quelle condizioni (sentiva il braccio destro sempre
più
lontano da lei), avrebbe spaventato tutti quanti e sarebbe rimasta
sola. Ma
cosa sarebbe cambiato da vivere dentro all’edificio?
Lì non esisteva nessuno
che si potesse chiamare amico, quindi la solitudine per lei non era un
problema.
Si
appoggiò ad un albero e si tirò a
sé il braccio che si stava per staccare, riaprendo
l’emorragia. Doveva reggere
ancora per un po’, almeno finché non fosse
arrivata in un posto sicuro. La
foresta non l’avrebbe avuta così facilmente.
I
suoi occhi grigio tempesta
saettavano furtivamente tra gli alberi, osservando se potesse esserci
qualcuno
che l’aveva seguita e che era pronto ad attaccarla.
Nell’Edificio lei era una
delle più forti, più intelligenti…
insomma, era il primo esperimento di quel
tipo venuto bene, dato che aveva conservato il suo carattere originale
e aveva
incrementato di molto la sua forza fisica.
Diede
un ultimo sguardo indietro e poi
ricominciò a correre più forte di prima, con i
rumori del bosco che facevano da
colonna sonora a quella ragazza fuggitiva che cadeva letteralmente a
pezzi.
Uscì
dalla foresta probabilmente
qualche ora dopo, non si era resa conto del tempo, e si
ritrovò in uno spiazzo
all’aperto, tutto verde chiaro luminoso, quasi surreale. Si
guardò intorno
estasiata, dato che fintanto che aveva vissuto nell’Edificio
non aveva visto
niente di così luminoso e vivo.
Era mattino
presto e la ragazza riusciva a vedere la rugiada in piccole gocce sui
fili d’erba,
così si sedette a terra e rimase qualche secondo in
contemplazione. Il cielo
era limpido, nessuna nuvola in arrivo, e c’era una brezza
leggera che le faceva
svolazzare piano alcune ciocche dei suoi capelli rossi.
Inspirò profondamente
fino a sentire i polmoni completamente pieni da quasi scoppiare, si
lasciò
cadere distesa a terra e lasciò i suoi pensieri correre
liberi come il vento.
Da
quando era stata riportata in vita
un paio d’anni prima, aveva dovuto sopportare prove
durissime, aveva visto
molti dei suoi coetanei morire di nuovo perché non reggevano
il ritmo, ma lei
era sopravvissuta, sebbene con le cuciture degli arti molto deboli.
Nell’Edificio
li addestravano tutti a diventare sempre più forti per
essere usati in un
esercito per una guerra futura, una come quella di Ishbal, dicevano
sempre i
Dottori. A lei, personalmente, non era mai importato un fico secco
della Guerra
e degli ideali dello Stato, fin da quando era viva era stata molto
solitaria e
pacifica. Non le andava proprio giù che la trattassero come
strumento di
guerra, ma in quel modo aveva imparato molti trucchetti del mestiere.
Si
osservò il braccio destro, vedendo
che le cuciture stavano cedendo, e afferrò il filo con i
denti, tirandolo,
mentre con l’altra mano faceva un nodo ben stretto in modo
che non si slargasse
più e che reggesse ancora per un po’-. Poi
controllò le due placche di metallo
che aveva poco sotto il collo, quelle che aveva alla vita e il paio che
aveva
sulle cosce. Non le avevano mai spiegato bene cosa fossero, sapeva solo
che
erano estremamente importanti per la sua vita.
°§°§°§°§°§°§°§°
<<
Hope! Piccola peste che non
sei altro! Ridammi subito il mio orologio!!! >> Edward
Elric, ex
alchimista di Stato, ora padre di tre figli (quasi quattro), rincorreva
per la
casa in periferia di Central City la sua secondogenita, Hope Elric,
incallita
ladra di orologi. O per essere precisi, ladra incallita specialmente di
quell’orologio.
<<
Ma papà, non te lo perdo
mica! Tanto io ho il mio! >> Hope inchiodò i
piedi, si voltò verso il
genitore e gli fece la linguaccia. Hope Elric, alchimista di Stato
dall’età di
tredici anni.
Edward
si fermò appena prima di
investirla e la fissò negli occhi ambrati, identici ai suoi
e a quelli di
Alphonse. << Visto che ce l’hai, non capisco
perché devi prendere il mio.
>> brontolò, afferrandole dalle mani il suo
orologio e rimettendoselo in
tasca.
<<
Perché sì. >> Hope fece
un sorriso luminoso e corse in camera sua a prepararsi per il grande
giorno: il
battesimo del terzo piccolo Mustang.
<<
La rincorri sempre, eh papà?
>> Angel Elric, diciassette anni, fratello maggiore di
Hope.
<<
E come faccio, si prende
sempre il mio orologio. >> brontolò di nuovo
l’uomo, facendo ridere suo
figlio. << Piuttosto tu sei pronto? >> si
voltò verso di lui e
indicò l’orologio appeso alla parete.
<<
Sì papà. >> Angel
sorrise e fece un giro su se stesso, mostrando il completo: giacca e
pantaloni
neri, camicia bianca e cravatta celeste. << I vestiti di
zio Al mi vanno
benissimo!! >>
Il
padre borbottò qualcosa sul fatto
di essere rimasto basso e che i suoi figli si prendevano gioco di lui
dopo
tutto quello che aveva fatto per loro, e si diresse verso la sua camera
da
letto, dove Winry si stava vestendo. Essendo lei di nuovo incinta,
aveva una
scelta di vestiario molto limitata.
<<
Vuoi una mano? >>
Edward fece un sorriso alla sua cara mogliettina e fece per avvicinarsi
per
darle una mano a vestirsi, ma lei lo guardò malissimo.
<< Che c’è?
>> bofonchiò, confuso.
<<
Sono in ritardo, sono
incinta, non so cosa mettermi e ho voglia di gelato alla fragola!
>>
cominciò a sbraitare la donna, sedendosi sul letto poco dopo.
<<
Ehm… quindi…? >> l’uomo
non sapeva bene cosa fare. Con Angel era stata una fatica, con Hope un
disastro, con Grace ancora peggio, non osava neanche immaginare come
sarebbe
stata con quest’ultimo arrivato.
Winry
lo guardò trucemente e si coprì
il viso con le mani. << Ed… ricordami
perché sono di nuovo incinta…
>> brontolò esasperata, passandosi una mano
tra i capelli biondi.
<<
In realtà non lo so… >>
<<
È TUTTA COLPA TUA!!!
>> la donna urlò e gli tirò
una chiave inglese, che gli sfiorò la guancia.
<<
Ma sei pazza?? >>
Edward la raccolse e la mise sul tavolino
dall’altra parte della stanza, il più lontano
possibile da sua moglie.
<<
Oh, scusa Ed.. io non
volevo.. >> lei lo guardò con le lacrime agli
occhi e lui le si sedette
accanto. << Non so che mi prende, questo piccoletto mi fa
impazzire già
adesso.. >> sorrise e si accarezzò il
pancione, invitando i marito a fare
la stessa cosa.
<<
Mi sono ricordato perché sei
di nuovo incinta. >> Winry lo guardò negli
occhi e lui le fece il suo
solito largo sorriso. << Perché ci amiamo e
amiamo i nostri figli.
>> le diede un leggero bacio sulla fronte e si
alzò. << Sono sicuro
che sarai bellissima oggi al battesimo. >> e
così dicendo sgusciò fuori
dalla stanza, sedendosi sul divano in soggiorno.
<<
Papà, dov’è Angel?? >>
Hope sbucò dalla sua camera con indosso un vestito rosso
fuoco lungo fino alle
caviglie. Edward spalancò gli occhi e la fissò
sconvolto: quella ragazza era
identica a lui, per carattere, occhi e capelli.. e pure con la fissa
del colore
rosso.
<<
Forse è fuori, non lo so…
>> fece una smorfia e continuò.
<< Non ti sembra di esagerare
con quella scollatura? >>
ammiccò,
prendendola in giro. << Non è che vuoi fare
colpo su Maes?? >>
balzò in piedi e le puntò l’indice in
viso, facendola arrossire lievemente.
Hope
sospirò e roteò gli occhi.
<< Non mi interessa Maes. >>
lanciò un breve pensiero al maggiore
dei figli di Roy Mustang e poi si prese un lembo del vestito, tirandolo
un po’
su in modo che non strisciasse per terra.
<<
Non ne sono per niente
convinto. >> borbottò lui, incrociando le
braccia al petto. <<
Grace è con Pinako, vero? >> lanciò
uno sguardo alla finestra e vide una
donnina anziana con una bambina per mano.
<<
Sì Ed, sono arrivate..
>> Winry uscì dalla camera e si
guardò allo specchio, ancora scettica
riguardo al vestito: portava un vestito blu elettrico che arrivava fino
alle
ginocchia. << Va bene così. >>
sospirò e si tolse da davanti allo
specchio.
<<
Ti guarderanno tutti.
>> mormorò Edward, lasciando entrare sua
figlia Grace e la nonna di
Winry, Pinako.
<<
È ora, andiamo?? >>
Angel entrò nuovamente in casa, guardò sua
sorella e sua madre e poi arrossì
violentemente. << DOVE VOLETE ANDARE VOI CONCIATE
COSÌ?? >>
balbettò sconvolto, mentre il rossore della sua pelle
scemava, tornando al suo
rosa naturale.
Hope
e la madre scoppiarono a ridere
ed uscirono di casa, Winry prendendo per mano la piccola Grace, di
quasi sei
anni.
<<
Mamma, quando arriva il mio
fratellino? >> domandò la piccola, guardando
la donna con i suoi grandi
occhi castani.
<<
Spero presto, piccola mia,
molto presto. >> la donna sorrise e la mise in macchina.
Quando
furono tutti pronti, partirono
alla volta di casa Mustang.
Baci, 'phie <3