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Autore: kymyit    08/08/2011    2 recensioni
[Piemon/Yamato]
Piemon gli prese le mani e con dolcezza gli fece spalancare le braccia, sistemandosi con lui sopra la ringhiera.
-Ma che fai?- chiese il ragazzo, imbarazzato.
Piemon aveva forse visto Titanic?
Perché allora c’era sul serio da preoccuparsi.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Piemon/Piedmon, Yamato Ishida/Matt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Two Lonely Stars'
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Sul Titanic…

L’aveva realizzato solo in seguito.
Erano stati sul Titanic!
Proprio su quella nave che tanti cuori aveva fatto sognare, che tante fanciulle aveva tenuto incollate davanti agli schermi delle televisioni di tutto il mondo e aveva fatto piangere amaramente per il triste destino di migliaia di anime che s'era inghiottita, trascinandole giù, nel tristo oceano.
Certo non era il vero Titanic, ma una copia assolutamente perfetta.
Yamato non si era lasciato sfuggire l’occasione di fare un salto di qualità.
Ormai con gli esami era relativamente a buon punto, se tutto sarebbe andato per il meglio, il mese dopo sarebbe partito per il tirocinio alla Nasa per cui aveva studiato come un ossesso. Ottenere quel posto, seppure in una posizione così poco gratificante e abusata, gli era costato sacrifici, sangue (non metaforicamente, visto che per la foga di correre alla spiaggia per assistere ad un particolare fenomeno astronomico era riuscito a farsi inseguire e mordere da un doberman) e tante notti insonni trascorse ad editare la sua tesi di laurea. Ormai tutto ciò di cui aveva bisogno era il denaro per godersi il soggiorno e farsi anche un viaggetto a Roswell (e anche nell’area 51, dopotutto aveva i suoi mezzi per infiltrarsi).
Così gli era semplicemente bastato chiedere a Piemon di chiedere ad Etemon se aveva ancora quella nave ed il gioco era fatto.
Il compromesso era uno.
Etemon gli avrebbe permesso di realizzare l’articolo di giornale sul suo transatlantico (o era meglio dire transdesertico) se ci fosse stato Piemon con lui. Formalmente era per la salvaguardia della nave (come se lui fosse una specie di flagello di Dio), ma di fatto, lo sapeva, era semplicemente per fare un piacere al clown.
Alla fine, si ritrovò di fronte alla scaletta, con l’attrezzatura di suo padre sulle spalle e le valige in mano. C’erano già saliti, ma non erano coscienti del fatto. O forse non gli aveva datto troppa importanza lui? Mimi e Sora ogni tanto ne parlottavano fra loro. Ad ogni modo, non era stata una cosa così romantica, grazie a Kokatorimon che li aveva attaccati rovinando tutto.

-Ti serve aiuto?- chiese Piemon, che portava semplicemente un trolley rosso piuttosto grande e nell’altra un ombrello verde, per proteggersi dal sole.
Yamato scosse la testa.
-No, ci riesco da solo, tranquillo.-
Salirono dunque la scalinata e sistemarono i bagagli nella suite più lussuosa della nave.
Piemon si buttò sul letto a leggere uno dei suoi libri, mentre Yamato stava trafficando con la macchina fotografica, gli obiettivi e tante altre cose che il digimon non conosceva.
-Potresti fare il fotografo.- gli disse.
-Non è la mia aspirazione, lo sai.-
-Ma sei bravo.-
-Modestamente…-

Aveva fatto un corso di fotografia per poter lavorare con suo padre, anche se part-time. Oltre che fotografo gli faceva anche da guardia del corpo. Passava molto più tempo col genitore, non poteva desiderare di meglio, inoltre con tutto quello che succedeva non poteva certo dire di annoiarsi.
Quella volta si sarebbe occupato di tutto lui: fotografie, luci, servizio. Non aveva bisogno di assistenti, anche perché fra una cosa e l’altra sarebbe stato col compagno. E non era il caso che altri sapessero della sua vita privata.

Yamato iniziò il servizio, lasciando Piemon in giro per la nave a farsi gli affari suoi.
Il clown meditava di fargli fare un bel book fotografico, ma dato che il ragazzo non avrebbe concordato, doveva trovare qualcosa che lo spingesse a farlo. E non il solito ricattuccio del telescopio. Ormai Yamato era capace di usarlo anche da solo quell’arnese enorme e a furia di “giocare” con Pinocchimon era diventato una sorta di scassinatore provetto.
No, ci voleva qualcos’altro.

Alla fine del giro turistico, lo trovò a prua della nave, intento a fare qualche scatto abbarbicato sulla ringhiera, praticamente in bilico sul deserto.
-Se ci fosse il mare…- lo sentì bofonchiare con la telecamera in pugno. Mise il piede in fallo e sarebbe caduto se Piemon non l’avesse afferrato al volo.
-Oh, merda…- sospirò il digiprescelto –C’è mancato un pelo.-
Piemon lo tenne stretto qualche secondo, per poi elargirgli una “dolce” manata sulla testa.
-Ma sei scemo?- gli chiese rimproverandolo.
Yamato alzò le spalle.
-Scusa…-
Il digimon lo sospinse piano verso la ringhiera e gli posò il viso sull’incavo del collo –Perché devi sempre spaventarmi?- chiese.
Yamato gli carezzò i capelli.
-Mi dispiace, a volte dimentico che ho dei limiti, nonostante tutto.-
Il digimon continuò a stringerlo caldamente a sé, gli baciò delicatamente il collo e la guancia.
Le labbra rosee.
Le schiuse con le sue in un bacio casto. Non capitava spesso. Era decisamente in vena di smancerie.
-E se lo facessimo qui?- gli chiese malizioso e il ragazzo sorrise, altrettanto malizioso.
-Perché no?- spense la videocamera e la mise al sicuro nella borsa lì accanto. Mentre si slacciava la camicia, si fermò a fissare l’oceano di sabbia che si tingeva di rosso. Il sole calava. La notte stellata era ormai prossima, ma quel tramonto…
Era un’istigazione bella e buona.
Piemon gli prese le mani e gli aprì le braccia, sistemandosi con lui sopra la ringhiera.
-Ma che fai?- chiese il ragazzo, imbarazzato.
Piemon aveva forse visto Titanic?
Perché allora c’era sul serio da preoccuparsi.

Ma quello aveva ripreso a baciargli il collo come se nulla fosse.
-Un giorno ti insegnerò a volare, che ne dici?- gli chiese.
-E’ un anticipo questo?-
Piemon annuì.
Yamato sorrise. Sotto di lui la sabbia pareva scorrere lungo la fiancata della nave. Piccole creste polverose s’infrangevano sotto la chiglia. Cactus spuntavano dalla nube dorata come delfini…
Un sogno…
Forse anche lui si lasciava influenzare troppo.
Aveva una voglia matta di gridare una cosa scema come “Sono il re del mondo!” anche se effettivamente non era la scena adatta. E ad ogni modo se lo tenne dentro il titanico delirio.
Piemon lo baciava, ancora e ancora. Le loro ali si chiusero, ma le dita rimasero intrecciate. Le stelle ormai imperavano incastonate nella gelida volta celeste. Il gelo notturno non fu nient’altro che frescura per i corpi infervorati di passione dei due. Nulla avrebbe potuto farli desistere dal portare avanti l’amplesso sulla prua della nave.

Nulla.

Solo un cactus abnorme che, casualmente, finì sulla rotta del transdesertico e si fece prendere in pieno.
Oh, no,  non sarebbe di certo affondato di nuovo, il Titanic.
Ma chi lo sentiva ora Etemon?


   
 
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