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Autore: Kimmy_90    11/08/2011    2 recensioni
[Sequel de "I Frutti dell'Oblio"]
Un battito dopo l’altro, ed uno ancora per abitudine.
Fame, bisogno, bisogno e fame. Non erano quelle le giuste parole. Le parole non dovevano far parte del suo mondo, assai superiore a questo.
Non importava.
Un battito dopo l’altro, avrebbe aspettato. Ancora ed ancora.

Chi è tua madre?, aveva chiesto Obito.
Kushina si era drizzata tutta, prendendo un paio di centimetri nella sola estensione della colonna vertebrale. Aveva levato il mento e aveva risposto con inaudita sicurezza: "Io non ho madre".
Minato aveva sentito un moto di comprensione per l’altra, la quale, a quanto pareva, come lui era orfana di un genitore.
Ma poi Obito era andato avanti, mantenendo una voce insolitamente salda: "Chi è tuo padre?"
E lei: "Io non ho padre."
Minato aveva osservato la bambina gonfiarsi, impettirsi, senza riuscire a capire il perché di tale atteggiamento.
Tu, cittadino, sei figlio del passato e padre del futuro. Apprendi e insegna, non dimenticare mai. Vivi il presente costruendo dalle macerie del passato: ciò che fai appartiene ai tuoi figli, ciò che sei lo devi ai tuoi avi. Sii un buon figlio, sii un buon avo."
[ Warning: "inversione generazionale"]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kushina Uzumaki, Nuovo Personaggio, Yondaime | Coppie: Minato/Kushina
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'Cristallo di sale'
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oneshot minato






Nera s’appoggiava la notte sulla linea dell’orizzonte, definibile a stento nel buio limpido e freddo. Lì, in fondo, s’ergeva un’interruzione violenta del confine fra la terra oscura ed il cielo stellato, come il tronco tranciato d’un enorme albero oramai morto da tempo.

Passo lento e perplesso, sguardo azzurro e vigile, capelli biondi sotto la luce della luna ridotta a falce: un bambino camminava lungo una delle infinite strade di Konoha, guardandosi attorno, costringendosi a non esser spaurito.

Non una luce, per strada: solo quella che pareva scivolare fuori dalle abitazioni, dalle fenditure dei palazzi sigillati, dalle porte sprangate nella prima ora dopo il tramonto.

Lui non aveva paura, si ripeteva.

Non fino a quando non lo afferrarono per la collottola, trascinandolo oltre una porta e lanciandolo violentemente su un pavimento di legno.



***



Non fece nemmeno in tempo a gridare, l’urlo gli morì in gola. Chiuse gli occhi, si sentì volare, si sentì atterrare e rotolò, raccolto.

"Dico, ma sei fuori di testa?"

Quello, malamente seduto per terra ed intontito, non rispose. La donna, con due occhi verdi che parevano poter prender fuoco da un momento all’altro, gli si fletteva addosso minacciosa – pugni ai fianchi e l’ira affossata in ogni singola, piccola, ruga.

Il bambino si limitò a fare di no con la testa.

"Hai idea di cosa poteva succederti?" continuò quella, levando ulteriormente il tono.

Il bambino fece di sì.

"E quindi?"

"Matre, ero solo andato a controllare..." - non fece in tempo a finire la frase, iniziata con mogia calma, che quella sovrastò la sua voce tenue ed ovattata, concludendo per lui: "I bianchi, eh?"

Il bambino annuì, rimessosi, nel mentre, in piedi.

"Sasori sta male."

La donna fletté le labbra verso il basso in una smorfia di disperazione rassegnata e furibonda: aprì le labbra per urlare, ma non lasciò un solo sibilo attraversarle le corde vocali. Continuò a guardare il bambino, a lungo, attonita, iraconda e terrorizzata al contempo.

Proprio dai bianchi vai a cacciarti, cretino - avrebbe voluto urlargli. Non solo di notte, non solo da solo, dai bianchi, vai, tu.

Non mi interessano le tue motivazioni, gli avrebbe strillato, dopo che quello avrebbe preso a spiegarle perché, sì, proprio dai bianchi, proprio da Sasori, proprio di notte, era andato.

Non mi interessa quello che dice la Politeia, dannazione - avrebbe insistito, dopo che lui avrebbe preso a citare il primo articolo, sezione tre, dell’Alma Politeia che tenevano appesa sopra il letto di ognuno.

Mi interessa che tu torni a casa vivo, avrebbe specificato, dopo che lui, inamovibile, gli avrebbe chiesto ‘e cosa ti interessa, allora’?

"Matre."

La voce del bambino la distolse dai suoi dialoghi mentali. Dialoghi che aveva già visto, già sentito dal vivo: battaglie già fatte, parzialmente perse, giorno dopo giorno, col figlio, da mesi. A memoria, ormai: la stessa identica conversazione.

Aveva rinunciato a perpetuarla, perché odiava, odiava terribilmente il momento finale di quella specie di litigio, che, sempre ed inevitabilmente, si ripeteva.

"Vai in camera tua." Tagliò corto lei, acida.

Il bambino non se lo fece ripetere due volte, ma non andò affatto via mortificato - anzi. Annuì ubbidiente e prese a salire le scale con l’orgoglio di chi ha perso una battaglia combattuta in modo egregio.

Onore, ecco.

Una battaglia persa con onore. Totale, supremo, giusto onore.




- Matre, ma Sasori sta male, e a me interessa che lui rimanga vivo come a te interessa che rimanga vivo io.

- Non è la stessa cosa, Minato! Hai otto anni, si può sapere dove vuoi andare di notte a otto anni di questi tempi, eh? A farti ammazzare dai secessionisti? Sai benissimo che la casa di Sasori è a rischio continuo, e pure di notte, ci vai! Stai cercando di suicidarti, eh? Dimmelo, almeno così sarai sincero!

- Ma io... ma no, Matre, ma Sasori...

- Di notte! Buio pesto! C’è un motivo se ci chiudiamo tutti in casa, ti verrà forse in mente - eh?

- Sì, certo, lo so, ma...

- Basta "ma"! Vai in camera tua, stupido figlio suicida!

Allora Minato taceva, la guardava, annuiva - e prendeva, fiero e meditabondo, a salire le scale.







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Alma Politeia



La Politeia è base di tutte le leggi. La Politeia è un modo di vivere. La Politeia è l’insieme dei nostri ideali e sogni, nati in una mattina di rivoluzione, scritti in anni di dura ricostruzione.


La Politeia è insindacabile.

Il cammino per cambiare la Politeia è descritto nella Politeia stessa, ed esso è tortuoso, poiché tortuoso fu generarla.


Scriviamo la Politeia sperando di costruire un mondo migliore per ogni singolo essere umano che lo popola.

Speriamo che chi, mai, oserà stracciare la Politeia, lo farà solo perché noi abbiamo fallito, ed egli ha un’idea più funzionale e meritevole della nostra.


Ci rimettiamo, umilmente, al giudizio del tempo.


[I costituenti]






UNO


1. Tu, essere umano, sei cittadino, chiunque tu sia.


2. Tu, cittadino, sei padrone e timoniere della tua vita. Tu e tu solo decidi, entro i limiti del libero arbitrio altrui, cosa fare della tua esistenza. Non saranno la razza, il sesso, l’età, le menomazioni, il pensiero, le particolarità genetiche a fermare il tuo incedere, perché la Politeia farà in modo che nulla, in alcun modo, sia d’ostacolo alla tua volontà. Nel dirigere la tua vita, cittadino, spesso fallirai; ma mai e poi mai ti sarà negato di ritentare.


3. Tu, cittadino, difenderai gli altri con lo stesso ardore con cui difendi te stesso e chi ti è caro. Per questo non porrai fine alla vita di un altro cittadino se non sia espressamente lui a domandartelo, per questo assisterai qualunque cittadino in difficoltà, per questo aborrerai la violenza, imparandone gli orrori solo per saperla odiare a dovere, e mai per far danno se non per necessaria difesa.


4. Gli stessi diritti e gli stessi doveri saranno riconosciuti a tutti i cittadini: nessun privilegio, economico o legislativo, sarà riconosciuto ad alcun genere di casta sociale, elitaria, razziale, sessuale, d’etade o di pensiero o peculiarità genetica, mai.


5. Tu, cittadino, sei figlio del passato e padre del futuro. Apprendi e insegna, non dimenticare mai. Vivi il presente costruendo dalle macerie del passato: ciò che fai appartiene ai tuoi figli, ciò che sei lo devi ai tuoi avi. Sii un buon figlio, sii un buon avo.


6. Contribuisci al benessere generale, cittadino, e difendi la tua libertà e quella di qualunque altro cittadino, sempre.





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[Cristallo di Sale]

MINATO - La fatica dei sogni





Nei giorni in cui il cielo era terso poteva scorgere l’altipiano del Ludus dal tetto della sua casa, a patto di sporgersi un po’ per vedere oltre il palazzo di fronte. Dicevano, sia i vecchi che i giovani, che il Ludus era visibile praticamente da qualsiasi punto della regione del fuoco, ed anche da parte di quella del vento. Il Ludus sorgeva, così la vedeva lui: sorgeva dal terreno e cercava di avventurarsi verso il cielo - ma il suo moto era stato tranciato, violentato, bloccato da qualcosa di inumanamente potente. E così si era fermato, quel monte tranciato in due che, ciò nonostante, ancora rimaneva a scrutare il cielo - ed ancora, in segreto, tendeva ad ascendervi invano.

A Minato certo la fantasia non mancava. Di storie ne aveva sentite, ma le sensazioni che lui per primo provava di fronte a certe visioni le superavano di gran lunga.

Si sedette sul letto, ancora intento ad assorbire il litigio di poco prima - se così lo si poteva chiamare.

Sua madre, a volte, sembrava una creatura sconsideratamente ottusa: possibile che riuscisse a dar di matto per lui, e non si curasse mai troppo di Sasori e gli altri? Tutta Konoha era avvolta dal terrore dei guerriglieri secessionisti, ed i bianchi, in città, erano i primi a pagare lo scotto. Talmente a rischio da non riuscire ad andare agli uffici d’igiene quando stavano male, perché era più probabile morire entro il tragitto che per la malattia - era comprensibile, per loro; ma altrettanto comprensibile era che Minato cercasse di portargli l’ASA. Che ci andasse di notte era pura questione di strategia - era più difficile essere notato. Credeva lui.

E poi cosa poteva mai fare un secessionista ad un bambino? Non aveva nulla da guadagnarci ad ucciderlo, se non l’ira della popolazione del quartiere.

Minato ragionava con logica, sua madre non poteva negarlo: purtroppo, però, ad otto anni non aveva ancora tutti gli elementi per poter completare il ragionamento - così gli diceva - e quindi c’erano sempre dei ma e dei però che al bambino sfuggivano.

Si tolse i vestiti, infilandosi sotto le coperte.

Eppure, in fondo, era facile.

Bastava seguire la Politeia, non serviva mettersi a fare i se, i ma e i però.

Si rigirò, sbuffando.

Oh, lo sapeva lui per primo che erano i se, i ma e i però il problema fondamentale, per tutti. La Politeia era una guida, continuamente ricontrollata, mai corretta ma sempre messa in discussione.

Lo aveva fatto lui per primo, a scuola.

Come possiamo migliorare la Politeia?

Idee su idee di bambini allevati dopo l’anno zero, dopo la morte di Naruto Uzumaki, avevano rigirato la Politeia in tutti i modi possibili. La Politeia non era mai sbagliata, perché c’era sempre qualche altro bambino che faceva notare delle incongruenze nelle proposte di modifica altrui.

Alla fine non la toccava nessuno.


E intanto i secessionisti davano fuoco ai granai, alle case dei bianchi, ai campi. La notte era loro, dei guerriglieri, che andavano in giro a distruggere cose, saccheggiare empori, negozi, picchiare persone ed ogni tanto ucciderne. A suon di botte rabbiose, a ‘scopo dimostrativo’, dicevano poi, rivendicando - dimostrativo di cosa?

Erano passati gli anni in cui la popolazione e l’arma aveva la forza di contrastarli.

Loro insistevano. E insistevano.

Così aveva giustificato sua madre le serrate notturne, l’abbandono.

Insistevano. Non si fermavano.

Comparivano i ma. Iniziavano i però.

Era meglio stare chiusi in casa che vedere dieci militari al giorno morire.

Ma.

Però.

Però.

Ma.


Ma prima, diceva la bisnonna, era peggio.

E il suo volto rugoso, su cui ancora si intravedevano le sei vecchie cicatrici dei rivoluzionari, sorrideva.



- Anche se prima era peggio, adesso non è "bene".

- No, bambino mio. Lo so.


- Ma...

- Dimmi, bambino mio.

- Ma è mai stato "bene"?

- Importa se è stato o se sarà?

- Beh...

- Il passato è andato. Il futuro è tuo.

- Lo so.

- Fai in modo che sia bene.

- Ma se non ci siete riusciti voi..?

- Ci sono istanti in cui è stato bene, Minato. Ci sono sempre. Sono i momenti in cui pensi che possa andare bene, ed inizi a rimboccarti le maniche. Allora va bene, stai bene. Tutto funziona.

- E dopo?

- E dopo dipende da te.



"Minato! Muoviti!"

Si levò a sedere mogio, assonnato, infreddolito - la coperta era finita in fondo al letto, relegata lì durante un sonno agitato. Si avvicinò alla finestra, dalle cui imposte sigillate fluivano piccole lame di luce. Fece per aprirle, ma sua madre fu più tempestiva dei suoi movimenti lenti ed addormentati:

"Scendi!"

Si grattò la nuca, cercando di non rotolare per le scale.

C’era un sole abbagliante, i cui raggi bollenti si sentivano immediatamente sulla pelle. Si stropicciò gli occhi, trovando con sorpresa la colazione pronta. Sua madre, corrucciata, lo fissava dal lato opposto del tavolo.

"Buon giorno, Mater." mormorò il bambino.

"Muoviti. Inizi le lezioni fra meno di mezz’ora."

"Grazie per la colazione, Mater."

"Mh." grugnì quella.

Era un modo per scusarsi del litigio.

Minato lo sapeva: le sorrise, sedendosi.

Silenzio.

Prese a mangiare prima di rendersi conto della mancanza di rumore di fondo: il cucchiaio in mano, levò lo sguardo sulla donna, perplesso. "Non ascolti la radio?"

"No."

Minato corrugò la fronte.

"Come mai?"

"Vuoi sentire la radio? Basta dirlo."

Si strinse fra le spalle. "Posso anche fare a meno."

Il silenzio tornò, come una nebbia, ad impregnare l’aria della casa.


"Ciao."

"Stai attento, Minato."

"Sì, Matre."









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Ciao a tutti.

Hem.

Non so cosa succederà di questa storia, sinceramente. Metto da subito scritto "incompiuta", perchè la vedo dura.

Questo dovrebbe essere un’idea di prefazione del terzo "volume" della serie cristallo di sale. Mi diverte fare le cose al contrario, se si nota.

Mi spinge ad abbozzare qualche capitolo, principalmente, la situazione politica ed economica attuale, mondiale. Da Utoya a Londra, pensando anche al Senegal, al giappone, al sudamerica, a miliardi di cose.

Prendetelo come uno sfogo, al momento. Forse .

Vedremo.

Boh.








   
 
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