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Autore: ClaudyT91    17/08/2011    1 recensioni
« Non riuscivo più a pensare, la testa sembrava mi andasse in fiamme. In alternativa questo poteva essere tutto un sogno. »
Una storia in cui il tempo non ha confine. Passato, presente e futuro si incontrano.
Il nostro presente nella storia è il 2008, ma se tutto ad un tratto ci trovassimo catapultati nel 2014?
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« Non riuscivo più a pensare, la testa sembrava mi andasse in fiamme. In alternativa questo poteva essere tutto un sogno. » ~ Allison

Ecco una spiecie di "trailer" o "video promozionale" della storia, creato da me: Far Away in the Future.

 

Domenica 16 dicembre 2012

Sarebbe potuto sembrare un giorno qualsiasi in un qualsiasi lunapark innevato nella città di Boston. Quella sera quattro ragazzi ridevano e scherzavano spensierati sfidandosi tra un gioco e l’altro.
“Qui non mi batte nessuno! Wick… adesso tocca a te… Non vedo l’ora di assaporare la vittoria!”
Diceva fiero di se stesso uno dei quattro ragazzi, quando Wick si fece avanti prendendo in mano il fucile.
“Devo buttarne giù più di tre per farti abbassare la cresta, giusto?”
Disse riferendosi alle bottiglie appoggiate infondo allo stand. Poi prese la mira e sparò una volta, due, tre, quattro, cinque. Wick aveva fatto cadere cinque bottiglie di seguito e con aria di chi la sa lunga posò il fucile e si voltò verso gli amici con un sorriso compiacente. L’uomo dietro lo stand, che dava l’aria di essere uno che non aveva tutte le rotelle a posto, si congratulò con Wick.
“Bravo ragazzo! Il premio è qualcosa di veramente speciale questa sera! Vieni un attimo qui dietro che sarò felice di fartelo avere!”
Con uno sguardo di intesa rivolto ai suoi amici si rivolse all’uomo con una battuta “Io e te da soli? Non saresti il mio tipo, ma se mi giuri che non ti piaccio poi così tanto…”
L’uomo rise e poi fece cenno al ragazzo di seguirlo.
“Tranquillo… Non sei il mio tipo nemmeno tu.”
Wick lo seguì dietro lo stand, la neve era abbastanza alta là dietro e i piedi all’interno degli scarponi ne risentivano. La sua camminata a pinguino fece strappare un’altra risata all’uomo che si fermò all’improvviso davanti a lui con un’aria più seria. Tirò fuori dalla tasca una specie di cellulare tutto nero, senza nessuna marca e con una antenna che porse al ragazzo.
“E cos’è quel rottame? Spero tu stia scherzando! Mi vuoi riciclare il tuo vecchio cellulare?”
“Non è quello che sembra. Questo vale più di tutti i cellulari che tu abbia mai visto!”
“Sai amico… penso che ti abbiano truffato quando l’hai comprato! Perché non lo riporti indietro invece di rifilarlo a me?!”
“Non mi ha truffato proprio nessuno, figliolo! Tu sei stato arruolato!” Disse l’uomo con aria fiera di quello che affermava.
“Arruolato? Non dirmi che sei un militare in incognito che mi vuole convincere a partire per tenere alto l’onore della patria… Preferisco continuare la mia vita qui, grazie.”
Wick fece per andarsene ma l’uomo lo trattenne per un braccio, si avvicinò a lui e cominciò a sussurrargli che è sempre stato destinato ad essere arruolato tra i Voyagers. Continuò a parlargli di missioni, del destino, di un quartier generale e di viaggi fino a quando Wick si convinse stranamente che tutto ciò di cui parlava gli appartenesse in qualche modo. Con un gesto spontaneo gli strappò di mano il cellulare e lo guardò: la foto di una ragazza con gli occhi azzurri e i capelli neri lo distrasse dalle parole dell’uomo e quando sentì che questo diceva “devi digitare 6277” senza pensarci due volte lui digitò i quattro numeri.


Martedì 16 dicembre 2008

Il giorno tanto atteso era finalmente arrivato. La sveglia cominciò a suonare come tutte le mattine, ma quella mattina non vedevo l’ora di sentire quel suono. Il giorno del mio diciassettesimo compleanno era arrivato. Mi preparai velocemente per scendere a fare colazione. Non ho mai voluto darlo a vedere ma una delle cose che mi piaceva di più del mio compleanno era sentirmi dire “auguri” perché durante questo giorno potevo davvero sentirmi importante. La colazione era già sul tavolo, mia madre era ai fornelli e quando mi vide scendere dalle scale mi rivolse un grande sorriso. Mio padre era seduto al tavolo con il suo solito giornale tra le mani e Sarah, la mia sorellina minore era accanto a lui. Mi sentivo davvero felice in quel momento, l’odore dei biscotti di mamma sembrava perfino più buono del solito. Tim, il mio fratellone che non si faceva mai gli affari suoi, scese di corsa le scale e mi travolse.
“Auguri sorellina!”
E dopo di lui a ruota seguirono gli auguri del resto della famiglia.
“Grazie” continuavo a dire con aria indifferente, non volevo che scoprissero quanto ci tenevo.
Mi sedetti al tavolo e presi un biscotto, come al solito erano buonissimi. Mia madre è sempre stata una cuoca eccezionale. Mentre mangiavo pensavo a cosa avrei fatto durante questa giornata speciale. Per la prima volta non vedevo l’ora di arrivare a scuola, avevo voglia di rivedere Alice, la mia migliore amica. E poi quella sera mi avrebbe aspettato una festa di compleanno con i fiocchi. Come al solito Tim interruppe i miei pensieri.
“Ah, forse non te l’avevo detto… Ho invitato Chris stasera! Non mi va di rimanere qui a badare a voi da solo!”
Il cuore mi si strinse all’improvviso. Chris? Alla mia festa?
“Cosaaa? Chris O’Connell? Tim, cosa hai fatto?”
“Senti, non la fare troppo lunga…” Poi si alzò ancora con la tazza in mano, finì di bere il suo latte e uscì dalla stanza. Mi sentivo così arrabbiata, me lo avrebbe dovuto dire prima. Lo ha sempre saputo che avevo una cotta per il suo migliore amico. L’idea di averlo alla festa però piano piano si faceva sempre più piacevole e cominciai a fantasticare su cosa avrei potuto dirgli. Adoravo viaggiare con la fantasia, il mio pensiero poteva andare ovunque e in quei momenti mi creavo un mondo tutto mio. Quando finii la mia tazza di latte smisi di fantasticare e con un sorriso rivolto ai miei genitori e mia sorella uscii dalla cucina per infilarmi il cappotto e uscire di casa. Non ero solita fare ritardi, ma comunque arrivavo sempre all’ultimo minuto. Quando arrivai davanti a scuola Alice mi aspettava sotto al solito albero. Alice era bionda, i suoi capelli le arrivavano alle spalle ed aveva un sorriso a trentadue denti quando mi vide. Io ricambiai il sorriso e dopo che mi stritolò con un abbraccio soffocante continuandomi a dire “auguri, auguri, auguri” cominciammo a parlare della festa di quella sera entrando a scuola.
“Ci sarà anche Chris... Tim lo ha invitato senza dirmi niente!”
“Ma si può sapere perché tuo fratello non si fa mai gli affaracci suoi? E’ il tuo compleanno!”
“Va beh… diciamo che mi sono già quasi abituata all’idea che ci sia anche lui stasera!”
“Immagino Ally… Immagino!” Disse ridendo mentre entravamo in classe.
La giornata passò velocemente purtroppo, come tutte le belle giornate. Anche se metà della mia classe non si era ricordata del mio compleanno non mi importava più di tanto. Ciò che mi importava era ricevere gli auguri dalle persone a cui volevo bene e non stavo più nella pelle: quest’anno avrei ricevuto gli auguri anche da Christopher Sean O’Connell, il ragazzo che mi piaceva da quando avevo 12 anni.
Per fortuna quella sera Alice era con me mentre mi preparavo in camera mia e Sarah era sdraiata sul mio letto che giocava con la matita nera per gli occhi tra le mani.
“Che ne dite? E’ troppo scollato?”
Domandai alle ragazze. Indossavo un lungo vestito nero con una scollatura a ‘v’. Non ero abituata ad indossare vestiti del genere e non mi sentivo del tutto a mio agio ma a quanto pare a Alice e Sarah piaceva.
Finii di prepararmi mentre Alice, che era già pronta, mi aiutava con il trucco. Gettai l’occhio sulla sveglia, segnava le 6, da un momento all’altro sarebbero arrivati gli invitati.
“I tuoi sono stati davvero carini a lasciarti casa libera, Ally!”
Mi disse Alice, quando Sarah continuò…
“… perché non sanno che ci sarà dell’alcool! Altrimenti non saremmo qui stasera!”
“Mi raccomando però Sarah, vacci piano, ok?!” Dissi alla mia sorellina. Le volevo molto bene, mi preoccupavo spesso per lei. Sarah aveva i capelli lunghi e un po’ mossi, i suoi erano più chiari dei miei. Ci assomigliavamo molto, tutte e due avevamo un visto tondo e due grandi occhi, i suoi però erano verdi.
Qualcuno suonò alla porta e sentimmo che Tim era andato ad aprire. Il mio fratellone aveva un anno in più di me e frequentava la mia stessa scuola. Odiavo averlo fra i piedi tutti i giorni a casa e a scuola. Era solito prendermi in giro per qualunque cosa, come se fossi ancora una bambina. Quella sera indossava i suoi jeans preferiti e una camicia nera. Si era fatto crescere un po’ di più anche il pizzetto per sembrare un po’ più grande. Io e le ragazze, quindi, decidemmo di scendere al piano di sotto. La festa stava ufficialmente iniziando e il salone si stava riempiendo di persone, anche sa la metà di queste non ricordavo di averle mai viste in vita mia. Mi sentii subito sollevata quando finalmente riconobbi delle facce conosciute. Ivy era assieme a Norah. Ivy era una ragazza di origine asiatica con un corpicino minuto, gli occhi verdi a mandorla e i capelli neri lunghissimi. E’ sempre stata affascinata dalle sue origini giapponesi e lodava spesso la sua cultura. Norah era una ragazza afroamericana dai lineamenti molto dolci con dei grandi occhi e capelli scuri. Accanto a loro era appena arrivato Jake che era accompagnato da suo fratello maggiore Charlie. Jake era considerato il genio della nostra classe, anche se al di furori delle aule di scuola era totalmente imbranato. Aveva i capelli biondo scuro e gli occhi chiari. Non assomigliava molto a suo fratello che invece aveva gli occhi neri e i capelli scuri e lunghi. Con se portava una cassa di birra e qualcosa mi faceva pensare che fuori nella sua auto ce ne fossero altre. Lo conoscevo appena ma Jake ce ne aveva sempre parlato come se fosse il suo idolo. Charlie aveva un carattere più forte e non perdeva occasione per fare baccano e divertirsi, cosa che non era nel dna di Jake. Nella stanza c’erano anche Leila e William. Leila era la migliore amica di mia sorella, che infatti le corse incontro appena la vide. Aveva i capelli rossi ricci e una carnagione leggermente olivastra. William era il suo fratellastro, il figlio di suo padre e la sua prima moglie morta di cancro quando lui aveva solo un anno. Suo padre poi si era risposato con una donna di origini messicane, la madre di Leila. William assomigliava incredibilmente a sua madre, una donna svedese, aveva i capelli biondissimi e una carnagione molto chiara, quasi fosse porcellana. Stavo avvicinandomi assieme a Alice a Ivy, Norah e Jake quando dalla porta di casa mia entrarono anche Julia e Jimmy. La coppia più chiacchierata della scuola. Julia era la reginetta della scuola, aveva i capelli ricci, di un colore miele dorato ed era il capo Cheerleader della scuola. Il suo ragazzo era il capitano della squadra di baseball dove giocavano anche Chris e mio fratello. Quando li vidi pensai subito che si erano autoinvitati, non erano il tipo di ragazzi che venivano a una festa di una come me, sicuramente erano venuti per fare confusione e magari farsi beffa di me e i miei amici. Cominciavo a sentirmi un po’ preoccupata, speravo che Julia e Jimmy non mi rovinassero il party. Intanto Chris non si era ancora fatto vedere, anche se probabilmente era già arrivato.
Cominciai a dubitare della sincerità di mio fratello, forse mi aveva di nuovo preso in giro e Chris non si sarebbe presentato. All’improvviso però lo vidi uscire assieme a Tim dalla cucina con una bottiglia di birra in mano. Era vestito quasi come mio fratello, indossava un paio di jeans e una camicia grigia. Mentre venivano tutti e due dalla mia parte si atteggiavano ai “blues brothers” e Chris sembrò lanciarmi uno sguardo prima di sedersi sul divano alla mia destra. Ero quasi rimasta ipnotizzata, i suoi occhi blu erano così profondi che non riuscii a pensare ad altro. La festa andò avanti e per fortuna sembrava andasse tutto bene tra una risata e l’altra con i miei amici. Quando mi allontanai un attimo per riempirmi il bicchiere notai un ragazzo che non avevo visto durante tutta la serata. Aveva gli occhi azzurri e i capelli di un colore castano chiaro un po’ spettinati. Indossava un giubbotto di pelle e aveva un’aria come se scrutasse tutti gli invitati da cima a fondo in cerca di qualcuno. Il suo modo di fare mi incuriosì molto e quando mi vide fece quasi un sobbalzo e mi sorrise.
“Ti sei imbucato anche tu? O sei un amico di Tim?”
Gli chiesi pensando che magari fosse qualcuno che conosceva mio fratello… Era più grande di me, e non mi sembrava un tipo che potesse avere interesse a imbucarsi ad una festa di una diciassettenne.
Lui mi guardò quasi turbato.
“Tim… ? Si, sono un amico di Tim…”
Mi disse, anche se non sembrava molto convinto delle sue parole. Continuò però a parlarmi sorridendo.
“E’ il tuo compleanno, giusto? Auguri!”
Lo ringraziai e cominciai a scavare nella mia mente per riuscire a capire se avessi mai visto quel ragazzo ma non riuscivo a ricordare niente. Poi con un’aria strana e sospettosa, come se mi stesse facendo un interrogatorio mi fece una domanda che non capii.
“Qualche problema in famiglia?”
“Problema? In che senso? Stiamo tutti bene.”
“Ne sei proprio sicura? Tua sorella ha qualche problema con la scuola? Tuo fratello si droga? Tuo padre ha problemi con il lavoro o magari l’hanno licenziato?”
Rimasi di stucco. Ma che domande erano? Era tutto a posto e come si permetteva lui di fare domande del genere a me? Poi con quell’espressione così seria e curiosa, quasi ridicola.
“No, niente del genere. Tu forse hai bevuto troppo stasera!”
Gli replicai. Mi sembrava troppo strano quel ragazzo, decisi di allontanarmi. Forse quello che aveva dei problemi era lui. Con il bicchiere in mano mi diressi di nuovo verso i miei amici. Era arrivato il momento della torta. Uno dei momenti che non sopportavo proprio perché non mi piaceva avere tutta l’attenzione addosso. Tim spuntò da un angolo con un vassoio in mano, poggiò la torta su di un tavolo e facendomi cenno di andare verso di lui e così feci. Le luci si abbassarono, tutti cominciarono a cantare quella fastidiosa canzoncina “tanti auguri a te” e io continuavo a non sopportare quella sensazione di avere tutti gli occhi puntati su di me. Avevo un sorriso finto sulle labbra e il mio sguardo tornò nuovamente sull’”amico” di Tim. Sembrava così sicuro di se e sorrideva, senza accennare a cantare nessuna parola del coro. Quando poi spensi le candeline e le luci si riaccesero partì un applauso e io sussurrai a Tim di tagliare la torta prima di fuggire di corsa verso i miei amici. Per fortuna la parte della festa di cui avevo più paura era appena finita. La torta, che era stata cucinata da mia madre, era deliziosa. Dopo un’ora circa riempii per l’ennesima volta il mio bicchiere, forse avevo un po’ esagerato ma in quel momento ero felice e mi sembrava tutto fantastico nonostante la testa che mi girava. Alice se ne accorse e affermò che avevo alzato troppo il gomito, proprio come immaginavo. Riuscii a sedermi sul divano e quando guardai alla mia destra mi accorsi che lì accanto a me c’era Chris. Purtroppo non riuscii a spiccicare una parola, anche perché cominciavo a vedere doppio e la testa mi bruciava. Sorrisi e caddi dall’altra parte del divano: mi addormentai immediatamente, in qualche secondo.




Il mattino dopo mi svegliai in un letto matrimoniale con delle lenzuola bianche. La testa mi girava e sembrava come se un trapano volesse forarmela da parte a parte. Non riconoscevo la stanza in cui mi trovavo ma non detti molto peso a questa cosa. Mi alzai dal letto barcollando alla ricerca di qualcosa da mettermi addosso. Non vedevo il mio vestito nero della sera prima, così presi una vestaglia che era poggiata sull’appendi abiti all’angolo della stanza. Uscii e scesi le scale. Continuavo a non riconoscere l’abitazione in cui mi trovavo però avevo una strana sensazione, quasi come se sapessi dove dovessi andare. Arrivai in una cucina, il tavolo era apparecchiato per due: c’erano due tazze, una piena di caffè e l’altra vuota. Di spalle, ai fornelli c’era un ragazzo e quando questo si voltò verso di me rimasi come congelata, non riuscivo a muovermi, i miei muscoli si erano contratti a tal punto da farmi male: era Chris. Stava appoggiando dell’altro caffè appena fatto sul tavolo e aveva un sorriso sulle labbra che non avevo mai visto, era radioso. Indossava solo dei boxer e si stava abbottonando una camicia di colore blu.
“Buongiorno amore! Qui c’è altro caffè se ti serve…”
Mi disse indicandomi il caffè che aveva appena fatto, poi continuò…
“… scommetto che sei ancora un po’ scossa dalla festa di ieri sera, hai bevuto un po’ troppo... Il caffè ti farà bene!” Poi si avvicinò a me, mentre io non riuscivo ad aprire bocca.
“Adesso devo andare perché sono già in ritardo…” Prese un paio di pantaloni neri che erano appoggiati su una sedia accanto a me e se li infilò. Poi si diresse in corridoio e si infilò le scarpe mentre io rimasi lì impalata. Dopodiché tornò verso di me.
“Fai colazione e rilassati un po’ che poi Alice ti aspetta a lezione. Ci vediamo dopo!”
Mi disse, poi mi diede un bacio a stampo sulle labbra e dopo tornò verso il corridoio, prese un giaccone e mentre apriva la porta mi guardò un’ultima volta prima di uscire. Mi voltai verso di lui e ricambiai lo sguardo. L’unico gesto che riuscii a fare fu salutare con la mano.

  
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