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Autore: Remedios la Bella    22/08/2011    2 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11
 
“ Quell’uomo morì tra le mie esili braccia di bambino, mentre io attonito guardai i suoi occhi spegnersi e il sangue colare dalla sua ferita …” continuai il mio racconto, mentre Deborah restava in un silenzio di tensione e stupore: “ Il soldato mi disse che se l’era meritato, e io gli chiesi che cosa avesse fatto. E lui mi rispose perché era un Ebreo.” Mi tremò la voce. Far riaffiorare tale ricordo dalla mia mente non mi faceva bene di certo.
Cadde un silenzio quasi glaciale, in cui sentii chiaramente il respiro debolissimo di Deborah e il battito del mio cuore. Lento, inesorabile. Un battito grave e inquietante.
Potei udire poi la sua voce:” Non ci posso credere … ma come mai non ce ne siamo accorti prima?”
“ non so, in fondo è stato solo un ricordo ..” dissi io flebilmente. Mi alzai lentamente, a testa china e feci per andarmene. Ero stanco, improvvisamente, volevo solo coricarmi e dormire, tentare di non fare incubi e dimenticare .. ogni cosa.
Lo feci senza salutarla, per la prima volta. Udii la sua voce chiamarmi:” Te ne vai di già?”
Mi voltai e annuii, per poi salire le scale silenziosamente e entrare in camera mia. Ero scosso e stanco, mi misi subito a letto e caddi in un sonno profondo.
Il mio corpo reagì diversamente di come io avevo programmato. Avevo pensato di volermi svegliare presto, per chiedere scusa alla ragazza di essermene andato così, su due piedi.
Ma quando aprii gli occhi la mattina seguente, il sole era alto in cielo. Erano già le dieci. Mi avvidi dell’ora, scesi in fretta dal materasso e mi cambiai in un lampo.
Forse l’ora tarda di ieri mi aveva giocato un brutto scherzo. O forse la mia coscienza mi aveva giocato un brutto tiro.
Ero decisamente scioccato dalla sera prima, non volevo più saperne per tantissimo tempo. Ma non mi toglievo dalla testa lei. Non aveva colpa di niente in fondo, ma non so … era come se tutto il mondo fosse intento a farmi staccare da lei, dalla causa della mia agitazione.
Cambiatomi, scesi le scale rapidamente e andai in cucina. Con mia enorme sorpresa, non la trovai lì. C’erano solo mia sorella, intenta a ricamare un poggia lampade e mia madre, che tagliava le verdure per il pranzo.
Mia madre mi diede il buongiorno, a cui ricambiai un po’ perplesso. Perché non era lì? Perché stava cucinando mia madre?
In quel momento la mia mente formulò l’idea più assurda che possa venire in mente a un sedicenne innamorato; lei non mi aveva detto tutta la verità. Lei sarebbe stata …
“ E se ..” iniziai a formulare quell’assurda ipotesi senza capo né coda. Preso dallo spavento, mi precipitai in giardino. Il sole batteva sulle pietre e il recinto riluceva sotto quella luce. Il grande cancello in ferro, nero e possente, era semi chiuso come sempre.
Come gettai la testa fuori, sentii un odore particolare aleggiante nell’aria. Era un odore di bruciato, stagnante e nauseabondo … di morte.
“ Oh dio …” voltai istintivamente la faccia verso la direzione che sapevo. Una enorme nuvola nera solcava il cielo, sporcandolo di fuliggine. La ciminiera del campo fumava più del solito. Stavolta il mucchio era grande … mi salii la pelle d’oca.
“ No … no … no …” pensieri convulsi mi offuscarono la mente davanti a quella visione. Entrai in fretta in casa:” Dov’è papà?”
“ Al lavoro … “ mi rispose mia sorella.
Alzai gli occhi al cielo:” Da che parte è andato?”
Mia madre a quel punto smise di tagliuzzare le zucchine e mi guardò:” Ma che hai stamattina?”
“ Da che parte è il campo?” le chiesi subitaneo. Non mi rendevo nemmeno conto di che pazzia stessi compiendo.
“ Perché vuoi andarci? Non è un posto per te!” mi rimbrottò lei.
“ Non sono un bambino …” le dissi cercando di calmarmi:” Tu dimmelo e basta!”
“ non ne capisco il motivo .. sta in casa e fai il bravo.” Mi disse lei, riprendendo a fare quel che stava facendo.
La mandai mentalmente a quel paese:” Ci andrò da solo …” pensai, e feci per uscire, quando sentii la presa di mia sorella sul braccio:” Ti ci porto io … perché sei così agitato?” mi disse sottovoce.
“ Che fine ha fatto Deborah?” le chiesi io.
“ Chi?”
“ 15674!”
“ è uscita stamattina con Xavier se non sbaglio …” mi disse lei pensierosa. Poi fu come se si illuminò:” Non penserai mica …”
“ ieri le ha dato colpi di frusta sulla schiena … oggi …” non ci volli pensare:” Conducimi al più presto ti prego!”
Elly era leggermente sconcertata, e uscì per prima seguita a ruota da me. Vide anche lei il fumo:” Tu temi che …”
“ spero di no …” risposi. Lei mi guardò e raggiunse subito il cancello. Io la seguii mentre correva cercando di non inciampare sullo sterrato del sentiero immerso nel bosco.
Le ombre degli alberi proiettavano sul terreno forme nere e spezzettate, e io le vedevo fuggire e inseguirmi, mentre correvo quasi senza fiato dietro a Elly.
“ sei sicura che sia la direzione giusta?”
“ si … eccolo!” e indicò davanti a sé. Un recinto alto di filo spinato si stagliò davanti alla nostra visuale. Si potevano intravedere le capanne da lavoro. Il fumo nero di prima si trasformò in una vera e propria nuvola. Si poteva sentire il calore della ciminiera.
Ecco il campo. Ecco l’incubo. 

   
 
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