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Autore: Blue Tokage    30/08/2011    3 recensioni
Nel delirio febbricante di un conte possono venire a galla molte cose: lati inaspettati del carattere, desideri celati nel cuore e piccole ma grandi sofferenze. Reim scoprirà tutto questo e anche di più...
[Reim x Rufus Barma]
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Reim Lunettes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' piuttosto difficile dare un carattere a Rufus...soprattutto nella sfera sentimentale. Eppure è trooooooppo tenero!!! X3 Per quanto riguarda la febbre...morivo dalla voglia di rovinarlo!!! Uahuahuah...Auguro a tutti buona lettura.

Reim entrò nella stanza del conte Barma, con in braccio una pila di libri "Uffa..." Poggiò i libri su una scrivania e li iniziò ad ordinare in una grande libreria. "È così che va a finire quando si chiedono dei libri in prestito a Rufus Barma…poi devi rimetterglieli a posto!" Comunque, glieli prestava…era raro che lasciasse che altri toccassero i suoi libri, ma a lui non li aveva mai negati. In fondo non era scontroso come sembrava, certo, era invadente, saccente, pignolo, irritabile e preciso da rasentare la nevrosi, ma in realtà era come un bambino molto solo. E la cosa, lo doveva ammettere, ai suoi occhi lo rendeva adorabile.
"Reim…" La voce del conte lo fece sobbalzare "Co-Conte Barma!" gli cadde un libro di mano. L’altro fece una smorfia "Reim…fanno tutti quella fine i libri che ti presto?" Reim arrossì e prese contro alla pila di libri che ondeggiò pericolosamente. Si lasciò scappare una risatina nervosa "Mi scu-scusi…" Si accorse che il conte era a torso nudo, indossava solo un paio di pantaloni neri, i capelli rossi umidi di tante goccioline. Reim non si sarebbe mai abituato a quello spettacolo e cercò inutilmente di distogliere lo sguardo "Sarebbe il caso vi asciugaste i capelli…potreste prendere freddo…"
Il conte, improvvisamente, gli si avvicinò e gli sfilò gli occhiali, fissandolo intensamente negli occhi. Era così vicino che Reim ne poteva sentire il respiro sul naso, il suo profumo (ciliegia!); sentì il cuore battere con tanta violenza da fargli pensare che stesse ballandogli il can-can nel petto.
Il conte si avvicinò ancora, sempre fissandolo negli occhi. Ora i loro nasi si sfioravano e Reim sentì le carezze di alcuni ciuffi rossi…rossi come le guancie del ragazzo.
"Reim…" Il castano si sentì morire "S-sì?"
"Ti si è abbassata la vista di qualche grado." Detto questo il conte si scostò e ridiede gli occhiali all’altro. Reim si lasciò cadere su una sedia, respirando affannosamente e iniziando, come di consueto, a pulire ossessivamente le lenti degli occhiali. Se il conte avesse mentenuto quella vicinanza per un altro secondo soltanto, sapeva che sarebbe collassato.
Il conte si buttò sul letto e fissò il soffitto con i suoi occhi grigi e profondi, quegli occhi che conoscevano tanto e altrettanto scoprivano osservando.
Reim si incantò un momento nel fissarlo, quel suo sguardo disperso tra chissà quali pensieri, così malinconico, solo…triste.
Realizzò all’improvviso quanto fosse tardi: si rizzò in piedi e scattò verso la porta.
Il conte non distolse lo sguardo dal soffitto "Vai alla tenuta dei Rainsworth…" Reim accennò un inchino "Sì, ma vi prometto che rimetterò a posto i libri." Si chiuse la porta alle spalle.
"…da Xerxes Break."
La conoscenza è potere...ed atroce sofferenza.

*

Reim entrò nella camere del conte. “Chiedo scusa per il ritar…” Vide l’uomo accoccolato su un fianco che dormiva profondamente, i lunghi capelli rossi sparsi sul viso. Quando dormiva, il conte assumeva un’espressione terribilmente dolce e ogni tanto si lasciava andare in qualche buffa smorfia che immancabilmente scioglieva il cuore del ragazzo castano. Gli poggiò sulle spalle una coperta e gli scostò qualche ciocca di fuoco dal viso. Nello sfiorarlo sentì un brivido, il contatto con quella pelle gli dava una piacevole ed imbarazzante sensazione. Sentì appena la fronte calda e sperò che non fosse febbre, perché ricordava ancora l’ultima volta con una sorta di vago terrore.
Sussurrò piano un buonanotte ed uscì dalla stanza.

*

“DIMMI QUALCOSA CHE NON SO!!!!” Il conte Rufus Barma era in piedi sulla scrivania, sulle spalle una coperta indossata come un mantello: “Uahuahuah! La conoscenza è potere!”
Reim tentava da ore di farlo calmare, assistendo ai suoi imprevedibili cambi d’umore, ma non c’era verso, dato che ogni volta che Rufus Barma si ammalava finiva sempre così: delirava, straparlava, improvvisava monologhi e soliloqui. Quando la febbre era alta, per giunta, era pesino capace di mettere in scena una pantomima con più attori. Una volta, ricordò Reim terrorizzato, aveva recitato da solo l’intera storia di “Romeo e Giulietta”, riuscendo per di più a dividere la servitù tra Montecchi e Capuleti. Aveva fatto una fatica per mettere a posto…come se non bastasse, quella mattina si era ritrovato sopra il ragazzo, il quale era tutto preso nel recitare l’Amleto: “Morire, dormire, forse sognare!”, piuttosto inquietante di prima mattina.
All’improvviso, vide Rufus Barma saltare dalla scrivania al letto, compiendo un vistoso balzo, all’urlo: “GERONIMO!”
“Vi prego, calmatevi!” Reim non sapeva davvero più che fare. Per fortuna, a quello scatto di follia, seguì un momento di depressione, dovuti alla malattia, che lo rendeva più lunatico ed imprevedibile del solito.
Si sentì tirare giù e, in un momento, si ritrovò steso sul letto con il conte cavalcioni su di lui. Reim sospirò, quella posizione non lo imbarazzava, dato che l’altro era in pieno delirio da febbre. Lo spinse delicatamente da parte e, non si sa come, riuscì a farlo tornare sotto le coperte. Si sedette, pregando che rimanesse calmo per un po’.
“Non mi sopporti, vero…”
Reim sgranò gli occhi e fissò l’altro: “Cosa…” Rufus lo fissava tristemente, immerso tra i cuscini: “Nessuno mi sopporta, nemmeno io…”
Il ragazzo castano gli sorrise: “Quel che dite non è affatto ve…”
Rufus assunse un sorriso amaro: “È così…vedi anche tu che non ho amici- chiuse gli occhi -…già, amici…l’unica persona con cui riesco a rapportarmi è, per quanto intelligente, una donna e, per di più, anziana.”
Reim gli si avvicinò e si sedette sul bordo del letto: “Non dite così. Il fatto che abbiate un rapporto d’amicizia con l’anziana signora Rainsworth è un segno del vostro livello. Il fatto che non frequentiate molte persone è dovuto alla vostra carica di conte e di discendente dei Barma…non credo sia facile fare amicizia con tutti i segreti che conoscete…- si accorse troppo tardi della gaffe –comunque, avete me…” Abbassò lo sguardo, imbarazzato per quello che aveva appena detto. Accennò un timido sorriso, ma il ragazzo dai capelli rossi ora aveva gli occhi lucidi e le labbra increspate in un sorriso infelice: “Purtroppo non è vero…non è così. Ti ho perso da tempo.- La voce era incrinata da un tremito di pianto –Ma va bene, non è con me che saresti felice e a me importa questo, vederti sorridere, anche se insieme…a Xerxes Break.” Le lacrime gli scivolavano dagli occhi lungo le guance.
A Reim scappò un sorriso compiaciuto per quell’ammissione di gelosia. Si avvicinò a Rufus e lasciò un piccolo e tenero bacio sulla guancia rigata di lacrime di quello.
Il ragazzo assunse la sfumatura dei suoi capelli mentre le sue labbra avvertivano la sempre crescente vicinanza di quelle di Reim. Sempre più vicine…sempre più vicine…sempre più…
“È permesso?” Una cameriera entrò con un vassoio: “Il pranzo del signor Conte e del signor Lunettes.” Appoggiò il vassoio sulla scrivania, fece un piccolo inchino e uscì dalla stanza senza prestare attenzione all’imbarazzante vicinanza dei due, catalogando quell’episodio tra i “Non-ho-visto-niente”.
Intanto i due si erano staccati, i visi in fiamme, guardando la porta con occhi sbarrati.
Lo stato di calma del conte durò ancora per poco e presto riprese il sopravvento l’affetto folle della febbre. Reim sospirò scoraggiato, si era fatto coinvolgere nel delirio fabbricante dell’uomo.
In preda allo sconforto, ormai vicino ad una crisi isterica, fece la prima cosa che gli venne in mente: acchiappò Rufus per un braccio e lo attirò a se dandogli un bacio. Per qualche minuto sembrò che l’espediente avesse funzionato, fino a quando il conte non aprì il ventaglio e, con fare civettuolo, se lo sventolò sotto al naso iniziando a recitare i versi più imbarazzanti e romantici delle opere teatrali più svariate.
Reim, dal canto suo, bruciava di imbarazzo. Con l’ennesimo sospiro pregò che i medicinali facessero effetto alla svelta.
In ogni caso quell’esperienza aveva avuto un risvolto più o meno positivo: ripensò al “quasi bacio” e alla dichiarazione di gelosia e sorrise. Forse, il giorno seguente, il conte non se lo sarebbe ricordato, ma lui sì e avrebbe fatto di tutto affinchè quello che avrebbe potuto essere si realizzasse, perché, lo sappiamo bene, la conoscenza è potere.

*

Il giorno seguente, Reim aveva constatato con sollievo che la febbre si era abbassata quasi del tutto ed era uscito per andare alla magione dei Rainsworth, lasciando Rufus alle cure della servitù.
“Trovato Reim-kun!” Break spuntò all’improvviso da una credenza. “Trovato! Trovato! Trovato!” gracchiava Emily dalla sua spalla. Il ragazzo castano sospirò: “Non c’è gusto a giocare con voi, Xerxes-sama.”
Break scese con un salto dalla credenza e si avvicinò a quello, per sfilare dal colletto della sua giacca un lungo capello rosso: “Neee…Reim-kun, questo è un capello del Conte Ahoge…uhuhuh.” Reim impallidì e iniziò a pulirsi gli occhiali, il viso che prendeva il colore di quel capello.
L’albino lo guardò malizioso: “Guarda un po’, Emily, cosa si scopre…- buttò il capello e trotterellò via –Andiamo a cercare ojou-sama!” Si fermò un momento e indirizzò uno sguardo furbesco all’altro: “Come dice sempre il Conte Ahoge? Ah, già: la conoscenza è potere!”
Reim lo fissò atterrito: la conoscenza, in mano a certi individui, faceva molta paura. 

  
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