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Autore: mamie    31/08/2011    2 recensioni
Attenzione! Spoiler del cap. 423 manga!
Il ritorno a casa di Ichigo tra orgoglio e malinconia, da tre punti di vista diversi.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Kurosaki Isshin, Kyouraku Shunsui, Ukitate Jyuushiro
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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  1. Tè amaro
 
- Ukitake taichou, le ho portato il tè.
Il giovane infermiere entrò nella stanza in penombra dove Juushiro se ne stava disteso tranquillamente ad ascoltare le chiacchiere del suo amico Shunsui.
- Vi aiuto a mettervi a sedere - continuò passandogli un braccio dietro le spalle. Il capitano Ukitake fece una smorfia.
- Piano, ragazzo! - lo sgridò Kyoraku venendogli in aiuto con le sue braccia robuste.
- Perdonatemi - esclamò il giovane che non doveva avere ancora una gran esperienza.
- Vai pure, lo aiuto io - ordinò Kyoraku risolutamente. Il ragazzo sparì con un inchino sollecito e l'aria sollevata. Ukitake sorrise.
- Non ho mai capito cosa ci trovi di divertente a farmi da balia - disse all'amico.
- Ma vedi come ti trattano? - esclamò l'altro - Ti mandano un pivellino qualsiasi!
- E allora? Anche i pivellini devono imparare.
- Non sulla tua pelle.
- Grazie, ma la mia pelle ha passato di peggio.
- Appunto. Mi pare che basti.
Juushiro rinunciò. Avere l'ultima parola in una discussione con il capitano Kyoraku era quasi impossibile. Così si mise docilmente a sorseggiare il suo tè.
 
- Che notizie di Kurosaki? - chiese.
- Nessuna - rispose Kyoraku - Non si è ancora ripreso, ma l'hanno portato a casa. Forse un ambiente familiare avrà più effetto di tutte le nostre cure.
- Certo che - riprese Juushiro - quel ragazzino ha avuto più forza di tutti… e alla fine ha pagato più di tutti.
C'era tristezza nella sua voce, e una nota amara che non gli era consueta.
Anche Kyoraku era diventato serio.
- Chi prende questa strada non lo fa per sé - rispose - e tu dovresti saperlo meglio degli altri. Almeno adesso avrà una vita normale.
- Non credo che la voglia, una vita normale - fu la mesta risposta.
Ukitake sospirò e si lasciò andare di nuovo sul cuscino.
- Ti ho stancato con le mie chiacchiere - disse Shunsui, - adesso riposati, torno domani.
Juushiro ritrovò il suo sorriso.
- Se non fosse per le tue chiacchiere morirei solo per la noia - rispose.
 
 
2. Uno come tanti
 
Ichigo sentiva le voci. Non riusciva ad aprire gli occhi, ma le voci le sentiva. Il tono cantilenante di Orihime, il brusco accento di Chad, la voce tagliente di Uryuu e, in sottofondo, sempre il mormorio basso di Rukia. Attorno a lui parlavano a bassa voce come al capezzale di un moribondo. Stava morendo? Cosa succedeva? Non si ricordava di essere rimasto ferito, non questa volta almeno. Ricordava però un dolore atroce e la sua voce che urlava e urlava fino a spegnersi nel buio.
Ora percepiva anche delle sensazioni di ombra e di luce. Qualcosa che si muoveva, forse le foglie degli alberi fuori dalla finestra che si scuotevano al vento. E poi dei rumori familiari, quelli del suo quartiere, della sua strada, di casa sua.
Aprì gli occhi.
Lo accolse una corona di facce sfocate e il grido di Orihime a trapanargli le orecchie.
Era a casa.
Era tornato.
 
Lo guardavano felici e un po' apprensivi. Rukia gli stava snocciolando tutta una serie di spiegazioni complicate, ma lui non la ascoltava. Aveva già capito. Lo sapeva. Aveva perso tutti i suoi poteri, ora non era altro che un normalissimo adolescente.
Normalissimo. Uno come tanti.
Quello che un tempo aveva desiderato essere più di ogni altra cosa.
E allora perché si sentiva così… così… cieco?
 
- Posso uscire?
 
Si fecero da parte scrutandolo con sospetto. Si aspettavano di vederlo piangere come un bambino? No. Aveva imparato anche quello. Le cose inevitabili te le devi tenere, che ti piacciano o meno.
Si guardò intorno. Non percepiva più niente. Era strano, perché per lui quelle altre presenze c'erano sempre state.
Rukia l'aveva seguito. Cominciò a sentire un dolore sordo nel petto quando si rese conto che anche lei stava svanendo.
 
- Questo è un addio, Ichigo.
- Così sembra.
 
Ma che risposta stupida! Solo che davvero non gli veniva nient'altro sulle labbra. Non c'era tempo per dire tutto quello che avrebbe voluto. Non c'era il tempo per pronunciare tutte le parole non dette. Semplicemente, non c'èra più tempo per niente.
 
- Dì a tutti che ho fatto del mio meglio.
- Sì.
- Addio Rukia. Grazie.
 
E poi la solitudine della strada vuota.
 
 
3. Perché è così che si deve fare
 
Sei cresciuto, bambino. Sei cresciuto e io sono fiero di te. Ma che fatica terrificante è stata farti crescere… Forse Masaki ci sarebbe riuscita meglio, non lo so. Era sempre più brava di me, in tutto.
Mi manca. Ma spero di aver fatto un lavoro decente anche da solo. Dovevo proteggerti, ma dovevo anche farti imparare. Non potevo risparmiarti la fatica, non potevo risparmiarti il dolore. E ognuna delle tue ferite era anche la mia. Ognuna delle tue parole dure doveva scivolarmi addosso come se fossi fatto di pietra.
La prima notte che sei andato via non ti ho detto niente. Ho fatto finta di non capire, ma era come se un fuoco mi stesse bruciando il cuore riducendolo in cenere…  perché sapevo che avrei potuto perdere anche te.
Non ti ho fermato perché non era giusto. Ti ho sempre detto di andare avanti con le tue gambe perché è così che si deve fare. E tu sei andato avanti. Sei andato e hai fatto quello che dovevi e hai pagato quello che ti era richiesto senza una lamentela, a testa alta, perché è così che si deve fare.
 
Avremmo un sacco di cose da dirci, ma io non sono bravo a parlare e tu non sei bravo ad ascoltare. Sono sicuro che ci siamo capiti anche così. Ci siamo guardati negli occhi ed è bastato. 
  
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