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Autore: war    03/09/2011    3 recensioni
Shaina, Arles (Non Saga, quello buono)e Seiya.
Tratto dal testo: Il dolore di chi, una volta ancora, ha fatto a pezzi la propria anima per un sacro dovere.
Perchè a me, che Shiana deve essersi innamorata del Bronzino Alato non è mai anadata giù.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ophiuchus Shaina
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ever since the day we dyed
Well I’ve got nothing left to lose
Afther Jesus & Rock’n’ Roll
Could’n save my immoral soul

- The Pretty Reckless – Nothing left to lose-



Il sole era già tramontato ma, come sempre in quel periodo dell’anno, la luminosità dei suoi ultimi raggi, più perpendicolari alla Terra, rischiaravano ancora il Cielo.
Avevo ancora un po’ di tempo prima di dovermi presentare da Lui.
Non era che non avessi voglia di vederlo, quello mai!, ma era la certezza che il mio bel sogno, la mia preziosa illusione stesse per finire.
Il mio alloggio era una stanza asettica, priva di ogni elemento potesse solo vagamente indicare qualcosa circa la mia personalità.
Il letto era semplicemente un letto.
La scrivania era piena di libri di testo, come quella di qualsiasi altra persona qui.
Non importava che tu fossi allievo, maestro o che altro, non si finiva mai di studiare.
E di allenarsi.
Mi dolevano ancora le ossa.
Quello stronzo non ci era andato per niente leggero.
Sorrisi ricordando che se lo avesse fatto mi sarei sentita offesa e umiliata.
La morbida spugna avvolgeva il mio corpo che dopo ore di estenuanti allenamenti nell’Arena trovava estremamente coccoloso quel morbido abbraccio.
La mia pelle aveva smesso di puzzare di sudore, terra, sangue, cuoio e metallo.
Adesso aveva il dolce profumo dell’iris del mio bagnoschiuma.
Un vezzo che pochi avrebbero davvero creduto io mi concedessi.
Lanciai uno sguardo alla porta della mia stanza: chiusa.
Che lo fosse o meno a chiave, dubitavo fortemente che qualcuno avrebbe osato entrare senza annunciarsi.
Di sicuro non lo avrebbero fatto i miei allievi, e anche quelli degli altri insegnanti avevano un certo timore di me.
Ghignai pensando alla nomea di strega isterica che mi ero fatta.
Certo, avrei potuto cercare di essere più gentile, come lo era Marin ma dubitavo che con me avrebbe sortito lo stesso effetto…
Eppoi, come aveva detto Lui?
Essere gentili poteva essere un arma a doppio taglio, in caso di dubbio, la brutale verità era la cosa migliore e al Santuario non servivano i deboli.
Quindi era perfettamente inutile non mettere da subito in chiaro che se ci voleva servire la Dea bisognava sputare sangue.
Mi lasciai cadere sul letto, le cui molle produssero una leggera protesta e osservai il Mare, che si vedeva in lontananza e che si stava fondendo con il Cielo.
I capelli erano ancora bagnati e mi si appiccicavano al collo e alla fronte.
Li spostai con un gesto deciso della mano e mi soffermai un secondo a guardare le nocche spellate e i calli sui loro palmi. La sola cosa di cui potevo andare fiera erano le unghie che sebbene non molto curate, e chi ne aveva il tempo!?. Avevano una forma decisamente bella ed erano anche parecchio forti. Per il momento non ne avevo nessuna spezzata. Mi chiesi come fosse pitturarle di rosso o di rosa. Davanti ai miei occhi si sovrappose l’immagine di quando erano intrise del viola scuro del mio Cosmo.
Sospirai; ormai anche nei miei sogni ad occhi aperti si sovrapponevano le immagini della ragazza che ero e della guerriera che stavo diventando.
Osservai la mia immagine allo specchio.
Erra una mezza sconosciuta quella che mi fissava di rimando.



- Caspita sei carina sotto quella maschera! –
Mi accigliai a quel ricordo.
Una parte di me avrebbe preferito sentirsi definire bella e non carina.
L’altra parte, quella che ormai era la mia io attuale si era incazzata come una biscia.
Non per il commento, di cui gli importava poco quanto niente, ma per il fatto di avere perso.
Di avere perso contro un moccioso insolente e arrogante.
Di avere perso contro qualcuno di così… Stupido e maschilista!
E adesso ero legata a quel cretino da una Sacra e inviolabile legge del Santuario…
Per un momento mi chiesi se potessi essere più sfigata di così.
Non era che bramassi di uccidere quel moccioso allievo di Marin, anche se il fatto che avesse battuto Cassios, il mio allievo, non deponeva a suo favore. Tuttavia non ero così poco intelligente da ritenere le mie preferenze superiori al volere della mia Dea e a quello del Gran Sacerdote, suo esponente terreno. Se le vestigia di Bronzo aveva scelto un idiota chi ero mai io per farmene cruccio?
Però che dovessi scegliere tra l’amarlo o l’ucciderlo perché mi aveva vista in volto… Bhè, ucciderlo, senza ombra di dubbio!
E poi, io ce lo avevo già qualcuno che amavo…
Osservai la ragazza dagli occhi verdi seduta davanti a me, con il volto arrossato dall’imbarazzo e i candidi denti che si mordevano nervosi il roseo labbro inferiore.
La smisi immediatamente.
Avevo o no un dovere da assolvere?

Il Grand Sacerdote era seduto sul trono di pietra.
La sua figura era maestosa e cupa.
La maschera di metallo dagli occhi rossi brillanti, l’elmo con il drago alato immortalato nell’atto di spiccare il volo, quasi a voler ghermire chi gli stava davanti… Gli scuri paramenti sacerdotali…
Mi affrettai a chinare il capo, in segno di sottomissione e rispetto.
- So cos’hai cercato di fare oggi. – mi disse senza mezzi preamboli. La voce distorta dal ferro della maschera.
Bene, una lavati di capo, giusto quello che mi serviva! Che dovevo dire? Che ero costernata per il fallimento? Che avevo agito di stomaco e non di testa e non volevo che la Cloth di Bronzo lasciasse il Santuario? Era tutte delle mezze verità e quell’uomo lo avrebbe saputo ancora prima che io finissi di imbastire la scusa.
Mi conveniva stare in silenzio e farmi strapazzare.
Arles si alzò dal trono e con un frusciare di vesti mi venne davanti.
- Guerrieri più dotati di te in questo momento starebbero tremando e chiedendo la mia indulgenza… - mi fece notare.
Mi morsi la lingua per non rispondere, pensavo di essere già abbastanza nella cacca.
La mano dell’uomo si posò sul mio capo.
Vi indugiò un momento, accarezzando con insolita gentilezza i miei capelli ancora umidi.
- Devi essere più prudente mio Ofiuoco. – mi disse in un sussurro.
-Calco il mio ruolo. – risposi e mi resi conto che non avevo davvero voluto metterci tutta quell’amarezza nella voce.
- Quindi Seiya ha veduto il tuo bel volto… - appuntò mentre la mano si contraeva quasi impercettibilmente fra i miei capelli.
- Lo ucciderò – era quasi una promessa.
- Puoi provarci. Ma se non ci riuscirai dovrai amarlo. Egli è protetto, dalle stelle. Anche se ancora non ne comprendo la ragione. Per il tuo bene, dimentica tutto. – mi disse lui secco.
- Quindi devo… Rassegnarmi? – la voce mi venne meno per la contrazione del mio stomaco.
- Ne sarai capace? – chiese lui.
- Non è una questione di esserne capace o meno. E’ una questione di Regole e Sacri Doveri – ammisi.
- Seguimi Saint dell’Ofiuoco – mi ordinò il Sommo Sacerdote.



Parecchie ore dopo, quando il cielo era completamente nero, di quell’oscurità totale e assoluta che sono i momenti che precedono l’alba stavo osservando le ipnotiche onde del mare dalla balaustra di una nave appena salpata dal Pireo..
Il Santuario era alle mie spalle e lo sarebbe rimasto per molto tempo.
Fino a che non avessi ritrovato e ucciso colui che mi aveva visto il volto.
Non era un ordine del Gran Sacerdote. Al contrario, Lui mi aveva chiesto qualcosa di diverso, anzi mi aveva detto di dimenticare tutto.
Sapevo che la disobbedienza avrebbe portato con se la conseguenza dell’accusa di tradimento.
Arles avrebbe vissuto quel mio gesto come uno schiaffo alla sua autorità e al suo potere.
Ma sinceramente, non mi importava un fico secco dell’orgoglio maschile ferito.
Era il mio di orgoglio che urlava di dolore e indignazione.
Quello che era uno stupido moccioso ora era diventato…
Un ostacolo?
Un problema?
No, un tormento.
Non potevo dimenticare, semplicemente.
Non dopo aver passato le due ore successiva alla convocazione alla Tredicesima a fare l’amore con Arles. Non quando i suoi capelli bianchi che mi erano scivolati sul volto e sul seno mi avevano scatenato brividi irrefrenabili in tutto il corpo.
Non quando avevo gridato di piacere puro con Lui piantato dentro di me, mentre diventavamo una cosa sola.
Amare un altro?
Mai.
Inconcepibile.
Assolutamente fuori questione.



- Mio Ofiuoco - Il mio cuore di Guerriera era già del Sommo Sacerdote e quello della donna che era in me apparteneva ad un uomo che si nascondeva sotto una maschera di freddo metallo, esattamente come me.
Tuttavia un pensiero che mi gelò fin nelle ossa mi attraversò la mente, come una precognizione.
Se quell’altro era protetto dalle stelle allora… Ero destinata a fallire.
Scacciare quell’idea non sarebbe servito a cancellare quell’infamante possibilità.
Anche se avessi fallito, anche se fossi stata costretta per tutta la mia vita a recitare il ruolo dell’innamorata del Saint di Pegasus, il mio cuore non sarebbe mai stato davvero suo, lo sapevo.
Lo avevo sempre saputo.
E anche Arles lo sapeva.
E quello che c’era stato tra noi solo poche ore prima era stato un doloroso addio che nessuno di noi voleva riconoscere come tale.
Ed era schifosamente frustrante.
Mi sentivo come se avessi firmato di mio pugno la mia stessa disgrazia.
Per un attimo fui tentata di levarmi la maschera e gettarla nelle profondità di quel mare.
Giù negli abissi.
Giù insieme alla mia anima condannata.
Ma quella sarebbe stata una soluzione di comodo che non volevo prendere.
Che non potevo prendere, perché io ero un guerriero e non una vigliacca.
Sentii una lacrima sfuggire al mio controllo, sotto la maschera e mi dissi che erano solo i raggi del sole nascente a ferire i miei occhi e a farli lacrimare.
Eppure, infondo al mio cuore, sapevo che altri occhi stavano fissando una palla infuocata e anche se non lacrimavano erano pieni del medesimo dolore.
Il dolore di chi, una volta ancora, ha fatto a pezzi la propria anima per un sacro dovere.



Fine
  
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