DICHIARAZIONE
L'universo di Star Wars, i suoi personaggi e le vicende sono di proprietà di Lucas. Ho scritto questa fiction solo per divertimento
Ho preso i nomi Yimot, Athor, Dovim e Theremon dal bellissimo romanzo "Notturno" di Asimov e Silverberg. Tuttavia in questa storia non hanno alcuna relazione con i personaggi, le situazioni e i luoghi del libro. Sono solo un omaggio.
RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare Chiara per avermi fatto da beta-reader.
PADRE E FIGLIO - CAPITOLO 1
L’alba doveva ancora illuminare i piani alti dei grattacieli di
Coruscant. Anakin sedeva ad osservare il cielo scuro, punteggiato
persino a quella ora impossibile dal via vai del traffico cittadino e da
migliaia di luci artificiali. A volte quel movimento continuo lo
infastidiva e provava nostalgia per le quiete notti di Tatooine. Eppure
non avrebbe dovuto lamentarsi, considerando che il suo era uno dei rari
appartamenti ad avere una veduta sull’esterno. Un privilegio che pochi
altri Maestri potevano vantare, prova dell’alto status da lui raggiunto
dentro l’Ordine dei Jedi.
Il rumore della maniglia dalla porta alla sua destra lo scosse dai suoi
pensieri e il suo sguardo si spostò verso Luke, che stava uscendo dalla
propria camera. Il Padawan accennò ad un inchino per salutarlo.
Anakin lo esaminò velocemente: la divisa era in ordine, la postura
controllata, la mente concentrata dalla meditazione al risveglio. Non
avrebbe trovato qualcosa da rimproverargli neanche se avesse voluto: suo
figlio era impeccabile come sempre, addestrato dalla lunga disciplina
appresa sotto il Maestro Yoda.
Gli fece cenno di sedersi accanto a lui e fu prontamente obbedito. Ma
notò con un certo divertimento che il ragazzetto si era lasciato
sfuggire per un istante un’espressione curiosa all’inusuale richiesta.
Ne avrebbe avuto da sorprendersi suo figlio, se avesse conosciuto la
loro parentela!
Ma se da un lato non avrebbe desiderato niente di più che rivelargliela,
dall’altro doveva prima assicurarsi la sua totale lealtà, anche contro
il Codice, se necessario. In gioco c’era la sua permanenza dentro
l’Ordine, la fama e il potere che aveva conquistato tredici anni prima,
affondando la sua spada laser su Palpatine davanti agli occhi stupefatti
del Maestro Windu. Quel gesto era stato da tutti interpretato come la
realizzazione della profezia e la sua carriera d’allora in poi era stata
riverita di tutti gli onori.
“Sai che giorno è oggi?”, gli chiese.
Luke rifletté brevemente, poi annuì: “E’ un anno che sono tuo Padawan”.
Anakin sorrise soddisfatto e gli porse una piccola scatola racchiusa in
una carta decorativa verde.
Il figlio la prese con aria interrogativa e se la rigirò tra le mani,
come se volesse studiarla.
“E’ un regalo”, gli spiegò il Maestro.
“Credevo che fossero proibiti”, notò il Padawan imbarazzato, “Il Maestro
Yoda dice sempre che non possiamo possedere oggetti personali”.
Anakin scrollò le spalle: “E’ per questo che lo dovrai tenere segreto”
Luke arrossì visibilmente all’idea, ma nondimeno iniziò ad aprire la
confezione con cautela. I suoi occhi si sgranarono, quando infine dal
pacchetto uscì uno strano pendaglio dorato raffigurante una piccola
corona e, continuando ad osservare l’oggetto, commentò: “Sembra di gran
valore”
“Apparteneva ad una persona a me cara”, spiegò criptico il Maestro.
Il Padawan annuì distratto, mentre fissava con intensità l’oggetto, fino
a venire completamente assorbito nella contemplazione. I suoi occhi si
strinsero e la fronte si corrugò come se si sforzasse di vedere qualcosa
di poco chiaro, finché si scosse. Allora sbatté le palpebre un paio di
volte, mentre sembrava risvegliarsi da un sogno.
Preso in contropiede dalla reazione del figlio, Anakin si chiese se non
fosse stato un errore dargli quel ricordo di Padmé. Luke non aveva mai
conosciuto la madre; possibile che potesse avvertirne la presenza
nell’oggetto a distanza di tanti anni dalla sua morte?
“Io, io…”, iniziò a balbettare infine il Padawan, “mi sembra un grande
onore ricevere un regalo del genere. Non so cosa dire”
“Accettalo… e prometti di tenerlo nascosto”, si affrettò ad aggiungere
il Jedi. Un sorriso complice gli sfuggì, quando vide il figlio annuire
con lo sguardo ancora rivolto al ciondolo. Gli diede una pacchetta sulla
spalla per richiamare la sua attenzione e i due grandi occhi azzurri lo
fissarono. “Ora bisogna che andiamo a colazione o finiremo per far tardi
all’allenamento”, lo esortò.
La palestra dove Anakin aveva prenotato il loro riquadro per quella
mattina era la più ampia del Tempio: divisa in ben quindici spazi
contrassegnati, veniva costantemente rifornita di ogni amena novità in
fatto di attrezzi per il combattimento simulato con la spada laser. Per
questo cercava sempre di accaparrare un posto lì, arrivando a stabilire
le date delle lezioni con anticipi ridicolmente ampi.
Si allacciò l’armatura di protezione salda al petto e alla pancia in
modo che aderisse il più possibile al suo busto, mentre la stanza si
stava affollando con tranquilla rapidità. Salutò Plo Koon ed il suo
giovane Padawan che gli passarono di fianco per recarsi al loro riquadro
e dietro di lui sentì Luke, che non sembrava gradire altrettanto quel
luogo, borbottare controvoglia una specie di “Buongiorno”. Senza dar
troppa mente all’inusuale poca educazione del suo apprendista, si infilò
il casco di protezione, alzando la visiera offuscata.
Accese la spada laser a bassa frequenza, invitando il figlio a fare
altrettanto, e con voce didattica iniziò: “Oggi ti insegno come parare
un colpo al cuore”
“Tutti dicono che è molto difficile”, obiettò subito il Padawan,
dubbioso e vagamente preoccupato.
Anakin scrollò le spalle. “Se fosse facile non avrei bisogno di
insegnartelo”. Visto che il ragazzo non sembrava cambiare espressione,
tentò di incoraggiarlo: “Prima di lavorare solo con la Forza, ti farò
fare delle prove lente con la visiera alzata”
Poco convinto Luke annuì, mettendosi nella posizione base di guardia con
la punta della spada rivolta alla gola dell’avversario.
Il Maestro fece altrettanto, prima di istruirlo: “Ora vieni lentamente
verso di me, mirando al cuore”.
Il Padawan avanzò, spinse la spada verso il centro dell’armatura del suo
opponente con molta calma e altrettanta decisione, ruotando di qualche
grado il polso destro in modo che la punta si dirigesse di poco verso
sinistra, dove avrebbe potuto infilarsi facilmente sotto lo sterno, se
in mano avesse avuto un laser a frequenza d’ordinanza. Ma, prima che la
sua spada toccasse l’armatura del Maestro, questi fece compiere un
piccolo circolo alla lama della propria e con un fastidioso sfrigolio
toccò la punta di quella avversaria, deviando l’attacco. Poi a beneficio
del discepolo ripeté il gesto nell’aria vuota ancora più lentamente.
“Ora prova tu”, sollecitò Anakin riprendendo la posizione di partenza.
Luke annuì, mettendosi in guardia. Quando il Maestro avvicinò la punta
della spada la deviò con la sua.
“Hai ruotato al contrario”, gli fece notare il Jedi.
“Ah… sì!”, ammise il ragazzo visualizzando mentalmente quello che aveva
appena fatto.
Riprovarono diverse volte, ma una su tre, la lama girava in senso
opposto. Anakin iniziava a spazientirsi un po’ e decise che era ora di
riprenderlo: “Sei distratto!”
“No”, negò il Padawan, mettendosi sulla difensiva, “ci sto provando, ma
è un po’ difficile!”
“E’ difficile girare la punta in senso orario, invece che antiorario?”,
lo rimbrottò con acido sarcasmo. “E da quando gli esercizi si provano?
Fare o non fare…” e lasciò in sospeso il detto già conosciuto.
“Scusa, Maestro”, fu l’unica risposta.
“Vediamo se a velocità di combattimento ti concentri di più”, quasi lo
sfidò il Jedi, abbassando la propria visiera e aprendosi completamente
alla Forza per supplire alla momentanea situazione di cecità. Per prima
cosa avvertì Luke che si concentrava a sua volta, poi divenne
consapevole delle altre ventotto persone nella stanza, ognuna immersa
nel suo esercizio e nella sua fatica.
Riportò il fuoco sul suo allenamento e si mise in posizione di guardia.
Senza verificare che il suo apprendista fosse pronto si spinse in avanti
per colpirlo. Mentre la sua lama veniva deviata in maniera scoordinata e
approssimativa, avvertì distintamente la sorpresa del ragazzo
nell’essere stato preso così alla sprovvista.
“Lento”, si limitò a commentare Anakin e subito si rimise in posizione
di partenza, ripetendo l’esercizio.
“Hai girato di nuovo al contrario”, fu la successiva correzione, seguita
da una serie infinita di “Hai colpito quando ero troppo lontano”, “Eri
in ritardo”, “Dovevi colpire con più forza”, “Mettici meno energia”,
“Devi tenere la mano sinistra più centrale”, “Non devi precedere il mio
movimento”, ottenendo lenti, ma significativi miglioramenti.
All’ennesima ripetizione, udì Luke ansimare e percepì la sua fatica. Ma
non era disposto a concedergli una pausa: un giorno suo figlio avrebbe
potuto trovarsi davanti non un Maestro indulgente, ma un avversario
determinato.
Attaccò di nuovo al massimo delle sue capacità. Questa volta non vi fu
neanche la minima deviazione nella traiettoria della lama e udì il laser
infrangersi sull’armatura del Padawan, che sarebbe crollato morto sul
pavimento, se quello fosse stato un combattimento vero.
Innervosito, Anakin urlò: “Ma stai dormendo?!”. Percepì diverse dozzine
di occhi voltarsi nella loro direzione e si morse il labbro, maledicendo
tra sé e sé la sua mancanza di controllo. “Rimettiti in guardia”,
aggiunse, cercando di suonare più conciliante questa volta.
Sentì Luke esitare, prima di udire mentalmente la sua voce. Ma ci stanno
guardando tutti!
Il Maestro non aveva intenzione di dare spalla a certe timidezze e,
senza prendesi il disturbo di rispondere, lasciò che una sensazione di
ostentata indifferenza trasparisse.
Non riesco a concentrarmi: mi sento in imbarazzo, proseguì il Padawan,
evidentemente ignorando il messaggio silenzioso.
Il giorno che ti troverai di fronte un Sith, gli chiederai di poter
cercare un luogo idoneo prima di combattere?, gli rispose con sarcasmo.
Luke sembrò vergognarsi della sua richiesta e si rimise in posizione di
guardia.
Anakin affondò di nuovo, ottenendo solo una deviazione fiacca e
ritardata. Stupito, scandagliò a fondo le sensazioni del figlio,
trovando la sua concentrazione rivolta più alle presenze intorno a loro
che a controllare il loro combattimento. Questo sì che era irritante! E
pensare che gli aveva appena fatto la predica!
Decise di far capire all’insubordinato che non intendeva mollare su
questioni di importanza vitale come quelle e nello stesso tempo dargli
modo di riposarsi. Perciò spense la spada e si tolse il casco.
Luke sollevò la visiera, guardandolo con aria interrogativa.
“Non spreco tempo, se non vuoi concentrarti: l’allenamento è finito”,
spiegò seccamente il Maestro.
“Proverò…farò meglio”, corresse subito il Padawan.
Anakin scosse il capo, lasciando trasparire tutta la sua indignazione
nel tono: “Questo lo vedremo un altro giorno. Adesso voglio che tu
sparisca in biblioteca a finire i tuoi compiti di ricerca”.
Il Jedi si aspettava qualche altra obiezione, ma il ragazzo si limitò ad
abbassare lo sguardo umiliato, fece un breve inchino e, cercando di
tenere sotto controllo la voce rotta, rispose semplicemente: “Come
desideri, Maestro”. Poi guadagnò rapido l’uscita, seguito dagli sguardi
curiosi dei presenti.
Innervosito sia dal figlio, sia dagli astanti, Anakin richiamò con la
Forza tre remoti dalla scaffalatura degli attrezzi e li accese in
contemporanea. I laser piovevano su di lui, ma con rapidità parava i
colpi, lasciando che fosse la sua irritazione a guidare la mano verso le
scie luminose. Dopo qualche minuto, ne ebbe abbastanza di quel esercizio
ridicolmente facile per le sue capacità. Sollevò una mano con
autorevolezza e i remoti fermarono il loro attacco, poi sfilarono
ordinatamente di nuovo verso gli scaffali, mentre lui si tolse anche
l’armatura e uscì di scena con altrettanta velocità del suo Padawan.