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Autore: lillyre    07/05/2006    0 recensioni
Che cosa lega cinque rari libri a Yusaku Kudo? e perchè su un ritratto antico compare il viso di Ran? su tutto questo dovrà mettersi ad indagare uno Shinichi Kudo tornato momentaneamente nei panni di adulto, mentre altre storie si intrecciano a questa strana vicenda oscura, memorie di un passato lontano e triste...
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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2.

 

 

Ran Mouri si svegliò portandosi una mano alla bocca e facendo un enorme sbadiglio. Quella notte era stata piuttosto movimentata. Prima Conan che gridava il suo nome come un ossesso e poi Shinichi…

Shinichi?

La ragazza alzò uno sguardo perplesso sulla stanza del piccolo Conan Edogawa e vide che il bambino era sparito. Strinse gli occhi, sospettosa, riducendoli a due nere fessure mentre si accorgeva di un biglietto lasciato accanto al suo cuscino.

 

Grazie Raneechan, diceva la strana scrittura infantile, adesso sto molto meglio. Sono uscito per andare dal professore che mi ha chiamato perché ha detto che devo provare una sua nuova invenzione. Conan

 

La ragazza strinse il biglietto tra le mani, preoccupata.

Poteva anche svegliarmi! Si disse lanciando un’occhiata all’orologio. Erano solo le nove del mattino. Il ticchettio ritmato delle lancette la ipnotizzarono per un solo istante prima che Ran Mouri si rendesse conto di una terribile evidenza.

Rossa in voltò scatto in piedi in preda ad un furore che non aveva sentito da secoli e decise che era venuto il momento di mettere le cose in chiaro con il suo vecchio amico d’infanzia…o con il piccolo Conan Edogawa, se lo si voleva chiamare altrimenti.

Tuttavia…

Molte altre volte aveva sospettato che il bambino fosse in realtà Shinichi rimpicciolito per chissà quale strano motivo, ma ogni volta era stata disillusa e i suoi sospetti erano stati messi temporaneamente a tacere.

Già…temporaneamente.

Ran Mouri fissò il suo volto nel piccolo specchio di Conan, lo sguardo concentrato.

Era inutile che mentisse anche a se stessa. Da sempre sentiva che nel piccolo Conan Edogawa c’era qualcosa di Shinichi Kudo.

La sera prima si era addormentata accanto al bambino e la mattina dopo si era svegliata trovandosi al fianco il suo amico d’infanzia materializzato chissà da dove…mentre Conan, ne era sicura, era scomparso. E Shinichi indossava gli stessi abiti che lei aveva fatto mettere al bambino la sera prima.

Che lo avesse sognato?

“Se è così quel monello è davvero un incosciente!” sbuffò la ragazza gettando uno sguardo fuori dalla finestra e notando quanta neve era caduta la sera prima.

Lo squillo del telefono e le urla incessanti di suo padre che si era appena svegliato, distolsero per un momento la ragazza dai suoi strani pensieri.

 

“Oh, ma guarda quant’è carino questo bambino!” disse con una vocetta ironica un giovane dalla pelle scura scompigliando i capelli già piuttosto arruffati del ragazzo seduto sul divano, avviluppato in una coperta, con il naso rosso e gli occhi lucidi.

Shinichi Kudo non poté fare altro che starnutire e guardare con odio puro Heiji Hattori che si era precipitato da lui non appena lo aveva chiamato. Non lui ovviamente.

Shinichi lanciò uno sguardo seccato intorno. Il dottor Hiroshi Agasa evitò di incontrare i suoi occhi nella mezz’ora successiva.

“ Immagino ti trovi qui per caso” fece seccato Kudo, starnutendo un secondo dopo.

Ai Haibara si limitò a lanciargli un’occhiata incolore mentre continuava a pigiare distrattamente i pulsanti della tastiera del suo computer.

“Allora, mi volete spiegare che cosa sta succedendo?” chiese poi serio Heiji Hattori rivolgendosi deciso alla bambina che lo ignorò completamente.

“ Sembra che nell’ultimo caso risolto dal noto detective Mouri, la nostra cara scienziata si sia imbattuta in una sua vecchia conoscenza” tirò su col naso Shinichi senza risultato. Poco dopo fu costretto ad utilizzare sonoramente un fazzoletto.

Heiji Hattori si ritrasse spaventato.

“Nessuno ti ha mai detto che esistono le aspirine?” fece sarcastico sopportando lo sguardo bieco che Kudo gli lanciò “Comunque….ti stai forse riferendo alla morte di quel giornalista….Hayasaka?”

“Yoshiro Hayasaka è morto a causa di un profondo taglio su collo inflittogli dal suo migliore amico, Denichiro Yashima; e l’arma era la penna stilografica con cui l’uomo era solito scrivere i suoi articoli scandalistici” spiegò Shinichi Kudo riassumendo la sua aria spavalda mentre gli occhi lucidi fino ad allora solo per la febbre, avevano preso a brillare della consueta determinazione tanto nota al giovane detective del Kansai.

“ Si, ma questo che c’entra?” chiese Heiji Hattori portandosi una mano al mento “Non mi pare ci fosse nulla di sospetto. A parte il fatto che quel pazzo di Yashima ha ucciso anche il vecchio vicino di casa di Hayasaka, un certo Kazumoto, convinto che avesse assistito al delitto …un momento…” fece Hattori, gli occhi lucenti e stupiti “non vorrai dirmi che….”

Shinichi Kudo avrebbe tanto voluto elargire uno dei suoi soliti sguardi eloquenti, ma l’unica cosa che gli venne da fare fu starnutire.

“ Tieni” gli disse Agasa mosso a compassione e porgendogli una tazza di tisana fumante. Il ragazzo l’annusò disgustato “ Ma vi siete messi d’accordo con Ran per farmi bere questa cosa puzzolente!”

“ Guarda che non sei più un bambino” gli fece notare glaciale Haibara continuando il ritmico picchiettare delle mani sulla tastiera. Poi, si fermò e rivolse i suoi profondi occhi grigi e imperscrutabili nelle iridi viola del giovane detective del Kansai.

“Hiroyuki Kazumoto faceva parte dell’Organizzazione. Come me” sospirò Shiho Miyano “Lo conosco sin da quando ho cominciato a lavorare nei loro laboratori. Era il mio supervisore”

Heiji Hattori, quasi spaventato dal fatto che quella bambina glaciale gli si fosse rivolta direttamente, cominciava a capire.

“ A quanto pare sei riuscita a parlare con lui prima che lo facessero fuori!”

Ai Haibara scosse la testa.

“Quando abbiamo saputo chi era il vicino di casa di Hayasaka, Kazumoto era stato già ucciso” intervenne il dott. Agasa porgendo una tazza di tisana fumante anche ad Heiji “ tuttavia la profonda stima che quell’uomo aveva per Ai ci ha permesso di entrare nel suo studio…come dire…privato”

“ Siete entrati nel suo laboratorio?” chiese Heiji Hattori incredulo fissando Shinichi Kudo che, dopo la bevanda corroborante, era riuscito a sfoggiare la sua solita aria spavalda. L’unica nota stonata era quella coperta di lana scozzese buttata sulle sue spalle  “ sembri un supereroe da fumetto comico” gli disse il ragazzo senza preoccuparsi di trattenere una risata.

“ Ah, ah” fece Shinichi Kudo poco allegro e piuttosto infastidito “ stacci tu in pieno inverno con solo una t-shirt e un paio di pantaloni da ginnastica!”

“ E lì c’erano alcuni degli studi che il professore stava facendo sul processo di apoptosi cellulare e sulla formula dell’APTX 4869” continuò Haibara ignorando i battibecchi dei due ragazzi.

“ La morte programmata delle cellule e il suo derivato chimico” spiegò Shinichi Kudo come a se stesso “ insomma tutto quello che ha portato alla ‘nascita’ di Conan Edogawa e Ai Haibara” sorrise.

“ Ma come avete fatto a scoprire il laboratorio senza che Mouri e la polizia si accorgessero di voi?” chiese Hattori pensieroso “ l’assassinio di Hayasaka deve aver attirato Megure e tutto il dipartimento di Polizia Metropolitano. Come diavolo avete fatto a passare inosservati?”

Ai Haibara sorrise (una cosa che terrorizzò ancor di più Heiji Hattori rispetto a quanto poco prima gli si era rivolta), mentre Hiroshi Agasa fu improvvisamente attratto dallo schiaccianoci a forma di Doraemon che era piazzato in bella vista su un ripiano della cucina.

Shinichi Kudo tossicchiò attirando in questo modo l’attenzione del ragazzo.

“Hanno sfruttato il momento del ‘ Bell’Addormentato ’ ” disse piano Kudo con gli occhi chiusi e un sorrisino sulle labbra “ non mi hanno detto niente e quando ho addormentato Mouri e ho cominciato a spiegare quello che era successo ho attirato l’attenzione di tutti; questi due ne hanno approfittato e sono sgattaiolati nell’appartamento di Kazumoto”

“ Ma come sapevi del suo laboratorio?” chiese ancora Hattori perplesso.

“ Ci sono stata” disse semplicemente Haibara “tanto tempo fa”. Poi i suoi occhi di solito freddi e imperscrutabili s’illuminarono di una luce calda, qualcosa che né Shinichi Kudo, né tanto meno Heiji Hattori avevano mai notato nella ragazza.

“Lì “ riprese Haibara cancellando immediatamente quel segno di umanità dal suo volto “ ho trovato i quaderni del professore. Ovviamente” aggiunse poi sorridendo “ erano protetti da un codice particolare”

“ Una poesia a quanto pare” spiegò Shinichi alzandosi dalla poltrona per stiracchiarsi e avvicinarsi alla finestra “ Una poesia di Takuya Imai”

“ Takuya Imai?” chiese Hattori sorpreso “ Non è quell’autore di racconti antigovernativi scomparso negli sconvolgimenti che si susseguirono nel primo periodo dell’era Meiji?

“ All’interno dei suoi thriller psicologici c’era solo la volontà di celebrare degli uomini, come i veri samurai, che proteggevano la gente a rischio della loro vita” disse Shinichi appoggiando una spalla al vetro e osservando distrattamente la gente che fuori si affaccendava a comprare i regali di Natale.

“Un seguace della via di Miyamoto, dunque….” fece Hattori appoggiandosi al divano lasciando che un braccio calasse dal lato posteriore.

“Più che ‘seguace’, la sua era la volontà di celebrare la realizzazione dei sogni umani attraverso una via di meditazione che poteva avere come suo fulcro anche la spada” disse Kudo senza rivolgere lo sguardo agli altri “ quello che Imai intendeva veramente comunicare era la possibilità di realizzare i propri desideri e di affermare, dunque, la propria esistenza attraverso un sogno al quale dedicare tutta la vita. Ma l’imperatore impegnato ad adeguarsi all’Occidente non aveva compreso il vero messaggio degli scritti di Imai….”

“ Che per questo motivo furono messi al bando e costrinsero il loro autore a scappare per non tornare mai più nel suo luogo di nascita” continuò il professor Agasa sgranocchiando un biscotto al műesli “ dal giorno della sua partenza dalla residenza di campagna che aveva nei pressi della vecchia Edo…”

“ Tokyo…”sorrise Hattori afferrando anche lui un biscotto.

“…nessuno ha mai saputo più niente di lui” finì lo scienziato lanciando uno strano sguardo a Shinichi Kudo ancora appoggiato al vetro della finestra.

Heiji Hattori chiuse gli occhi, come a dire a se stesso che non aveva visto niente.

“E Haibara conosceva quei versi perché l’uomo, avendo stima di questa ragazza geniale come se fosse sua figlia, o anche una sua nipote, gli aveva confidato ai tempi del lavoro nell’Organizzazione la sua inclinazione per quest’autore non compreso e perseguitato. È così?” chiese il ragazzo del Kansai le braccia incrociate sul petto, la visiera del cappello calata fino agli occhi.

“ Esatto” confermò Haibara con il suo solito modo atono.

“Ma come può una poesia ‘proteggere’ qualcosa?”

“Heiji!” esclamò Agasa sorridendo “ mi meraviglio di te!”

“ Giusto!” continuò il ragazzo afferrandosi la visiera del cappello con la mano destra “ una cassaforte… la cui combinazione numerica, se giustamente rapportata ai versi in questione, permette l’accesso al contenuto”

“ E bravo il nostro detective dell’Ovest!” fece Agasa afferrando ancora una volta un biscotto.

Un orologio lontano batté dodici rintocchi.

“ E poi?” continuò Hattori deciso ad ignorare ancora per un po’ il silenzio del detective che aveva reso famoso un tizio come Kogoro Mouri “ cosa avete trovato in quelle carte?”

“Questo” disse Shinichi Kudo gettando sul tavolino di fronte alla poltrona un libro dalla copertina di pelle verde smeraldo e dall’insolita forma quadrata.

 

“Pronto!” fece Ran Mouri accostandosi la cornetta del telefono all’orecchio “CONAN –KUN!”strillò non appena la vocetta arrochita del bambino tossì dall’altro capo del telefono  “MA TI SEMBRA IL CASO DI PRENDERE E ANDARTENENE COSI’ CON QUEL FEBBRONE DA CAVALLO CHE TI RITROVI? Dove sei? Ti vengo a prendere immediatamente!”

Il detective Kogoro Mouri entrando in casa, gli occhi gonfi e i capelli per aria lanciò uno sguardo annoiato alla figlia.

“Chi diavolo chiama a quest’ora della domenica?” sbuffò sbadigliando. Andò al frigorifero, aprì lo sportello e prese soddisfatto una lattina di birra. Prima che riuscisse solo a pensare di rompere la clip di chiusura, sua figlia gli strappò la bevanda dalle mani e la buttò intera nel cestino dell’immondizia.

“BASTA, PAPA’! CONTROLLATI!”

Il detective Kogoro Mouri fissò sua figlia con uno sguardo indagatore.

“Siamo un po’ nervose questa mattina!” disse l’uomo lanciando un’occhiata ancora alla ragazza. Poi i suoi occhi si allargarono improvvisamente fulminati da una rivelazione “ Oh, non dirmelo…la mia bambina…sono cominciate…sei diventata una donna!!!” urlò Kogoro Mouri appoggiandosi al braccio per piangere disperato.

“Stupido!” fece Ran arrossendo vivacemente e colpendo il padre con un pugno ben assestato sulla nuca “ papà ma sei scemo? Ho diciassette anni! Te ne sei accorto un po’ tardi!!” aggiunse coprendo il telefono e sperando che Conan non avesse sentito nessuna delle idiozie che andava dicendo suo padre. Era solo un bambino e se fosse stato Shinichi…la cosa era ancora più imbarazzante…

Sospirando sconsolata, la figlia del detective Mouri si portò nuovamente la cornetta accanto al viso.

“ Si” Annuì “Che cosa?” chiese poi stupita. Il cuore cominciò a batterle nel petto così forte da scuoterla tutta “ Ma perché a casa di Shinichi?”

Kogoro Mouri si strozzò con la birra che aveva recuperato dal frigo e che stava cercando di bere di nascosto dalla figlia. L’uomo lanciò uno sguardo bieco alla ragazza che non lo aveva nemmeno sentito. Quando si parlava di ‘ Shinichi Kudo ’ Ran Mouri entrava in trance…quello stupidissimo moccioso! Come si permetteva di scomparire senza dare nessuna spiegazione e telefonare solo una volta ogni tanto a sua figlia, una bellissima ragazza dal cuore d’oro che non avrebbe più trovato neanche se avesse setacciato il mondo per un milione d’anni?!

Un momento….Kogoro Mouri fissò Ran con gli occhi ridotti a fessure. E pensò a Shinichi Kudo.

 

“ Ehi Shinichi, che c’è? “ chiese Agasa interrompendo per un attimo la spiegazione di Ai.

“ Niente…” disse il ragazzo stringendosi un po’ di più nella coperta, rabbrividendo per un’insolita sensazione di terrore che gli aveva invaso improvvisamente il petto. Non era la stessa paura che aveva provato nel sogno, tuttavia…era come se qualcuno stesse pensando di volerlo tagliuzzare in mille pezzi e cucinarlo insieme ad un’abbondante porzione di ramen…

 

Giovane lei. Giovane lui. Pensò Mouri gli occhi ancora più stretti dal sospetto.

Considerando che l’ultima volta che l’aveva visto stava tentando di baciarla, sua figlia (e non c’entrava niente il fatto che si trattasse di una recita scolastica… see… lui era un esperto su tutti i trucchetti che i maschi erano soliti usare per adescare una bella ragazza…), forse era meglio che continuasse solo a telefonare.

“D’accordo” annuì Ran “Vengo tra un po’. Tu rimani lì e chiedi al professore di prepararti qualcosa di caldo! Ci vediamo verso le undici allora” sorrise la ragazza chiudendo la comunicazione.

Il detective privato Kogoro Mouri fissò sua figlia, diffidente.

“ Non sarà tornato…quel moccioso che vuole fare il detective?” chiese sorseggiando una volta ancora, rumorosamente, la sua birra fresca.

“ Probabilmente non se n’è mai andato” fece sua figlia con sulle labbra disegnato un ghigno che terrorizzò il padre “ E adesso….PIANTALA DI BERE!”

 

Due labbra rosse e seducenti s’incurvarono in un sorriso maligno mentre il ghiaccio del drink, poggiato accanto a lei, scivolò verso il fondo del bicchiere con un suono acuto. La donna chiuse lo sportellino del cellulare e bevve un sorso passandosi la lingua sulle labbra, soddisfatta del gusto acre dell’alcolico. Aveva impedito al bagliore intenso della neve candida di entrare nella sua stanza al Beika Hotel abbassando tutte le tapparelle, mentre il fumo delle sigarette rendeva l’atmosfera nebbiosa.

‘Il luogo adatto per un’assassina’ Pensò, sorridendo di se stessa, quella donna che si faceva chiamare Vermouth.

Per quanto facesse o per quanto dicesse si stava comportando esattamente come lui voleva.

Non c’era da meravigliarsene.

Stese le lunghe gambe alzandosi dalla sedia accanto al telefono e si avvicinò all’enorme specchio del bagno. La luce intensa delle lampadine le ferì gli occhi grigi, ma dopo un po’ poté osservare la sua immagine riflessa.

Una donna dai lunghi capelli biondi e gli occhi felini, bellissima, la fissava, schernendola, dallo specchio.

Vermouth abbassò il volto e preferì tornare a bere il suo drink.

 

  
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