And I feel lonely for
All the losers that will never take the time to say
What’s beyond their mind instead they just hideaway
And yet they’ll never have
Someone like you to grab their hand help them along the way

 

E mi sento solo per
tutti gli stupidi che non si prenderanno mai la briga di dire
cosa c’è al di là della loro mente, invece lo nascondono
ed inoltre non avranno mai
qualcuno come te che prenda loro la mano e li aiuti lungo il cammino
[Green Day, When it’s Time] 

 

Era successo per puro caso.
Erano ragazzini, ancora relativamente innocenti, quindicenni, così.
Billie Joe Armstrong aveva inizialmente imputato all’energia di quella musica i brividi e il battito accelerato che quella comparsa di quella band, una delle tante di Gilman Street, gli aveva provocato.
Ma quel cantante…
Quel cantante, punto.
Quel cantante aveva qualcosa.
Forse era per quel modo che aveva di muoversi, o di gridare, o di arricciare il labbro in un ghigno sardonico…
Non lo sapeva.
L’adolescente magro poco più grande di lui che lo aveva accompagnato personalmente all’interno del locale, solo perché non aveva i soldi per entrare, il cantante.
- Io mi chiamo Tim.-
- Io sono Billie Joe Armstrong.-
- Armstrong, eh? Fico- Aveva ridacchiato il chitarrista e cantante principale degli allora Operation Ivy. - A quanto pare abbiamo lo stesso cognome.-
Billie Joe ne era consapevole ed emozionato.
Dopo il concerto era corso in strada, nella direzione in cui gli pareva di averlo visto incamminarsi.
Era lì, Tim, con la sua sigaretta, i suoi amici e la sua chitarra, e a Billie Joe per un istante era parso irraggiungibile.
Poi lui lo aveva notato.
- Hey, Billie Joe!- Lo aveva chiamato, allegro, e il quindicenne insicuro si era avvicinato esitante.
- Ragazzi, vi presento Billie Joe Armstrong.-
- Chi è, il tuo fratellastro per caso?- Aveva ridacchiato uno di quelli.
 
Sere dopo, Billie Joe lo aveva incontrato mentre gironzolava per le strade buie e desolate di Berkeley. Tim era solo, questa volta.
Palpitazioni improvvise, mani sudate, la voce arrochita. Il coraggio di chiamarlo.
- Hey! Tim!-
Ora correva, ora era davanti a lui, e aveva il fiatone.
A Tim fece un’enorme tenerezza.
- Sono Billie Joe… Quello del concerto… Ti ricordi?-
Tim aveva sorriso, un sorriso leggermente storto che aveva fatto andare a mille il cuore impazzito di Billie Joe.
- Certo. Armstrong… Certo che mi ricordo di te.-
L’aveva reso felice come non era mai stato, con quelcerto che mi ricordo di te.
E poi quelle parole semplici, e quel bacio, del tutto imprevisto, improvviso e meraviglioso.
Quel bacio nascosto nel buio della notte.
E’ sbagliato, è morboso, è malato.
Billie Joe non capiva.
Perché una cosa così bella, che lo rendeva tanto felice, doveva essere così sbagliata?
No, doveva esserci un errore.
Non aveva senso.
Tim era così bello, e perfetto.
E lui amava perdersi tra le braccia di quel ragazzo ribelle, della sicurezza che emanava, perché tra quelle braccia si sentiva, finalmente, a casa.
E Tim amava Billie Joe più di qualunque altra ragazza avesse mai incontrato, più della sua famiglia distrutta, quasi più della musica.
E Billie Joe lo amava, punto. E questo non poteva essere sbagliato.


Ecco qui un'altra follia prodotta dalla mia mente malata!
Non so, è che stavo ascoltando i Rancid mentre guardavo le foto alla fine di New Punk Explosion e boh, c'era questa foto di Billie Joe e Tim abbracciati e la cosa è venuta fuori da sé, insomma. 
Fa un pochino schifo, non linciatemi, grazie:3