Rugby World Cup
2011-Il giorno prima
La
grande stanza era
affollata e rumorosissima, e l’atmosfera era attorno ad
alcune persone
rilassata, attorno ad altre più tesa. Feliciano e Romano,
con la loro accesa
divisa azzurra, stavano seduti assieme ai ragazzi della squadra, e
osservavano attraverso
un monitor posto sulla parete un ragazzo castano dalle spesse
sopracciglia, in
divisa nera, con una felce bianca stilizzata cucita sulla parte
sinistra del
petto, che rispondeva alle domande dei giornalisti, sfoggiando dei
sorrisi
sfavillanti.
«Sì,
so che la mia
squadra è attualmente quella con più punti, ma
non voglio dare nulla per
scontato! Nel rugby, ogni azione può fare la differenza,
quindi le certezze si
possono avere solo a partita finita, e…»
«Quanto
se la tira
Nuova Zelanda! Come se non sapessimo che crede di avere già
la coppa tra le
mani!» sbottò Romano, sovrastando la voce allegra
che continuava a parlare,
proveniente dal televisore.
«Beh,
fratello, non ha
tutti i torti. Si sente sicuro perché può
permetterselo. Magari potessimo dire
lo stesso di noi!» ridacchiò Feliciano, con aria
nervosa, lanciando una rapida
occhiata ai giocatori alle sue spalle, quasi per scusarsi.
«Italia!
Quindi… avete
davvero intenzione di giocare, voi due?!» Esclamò
Ludwig, appena entrato nella
stanza, accorrendo verso di loro, subito seguito da Antonio. Sebbene
Spagna e
Germania non avrebbero giocato in quel mondiale, avevano comunque
deciso di
andare in Nuova Zelanda per assistere alle partite e tifare.
«Dunque,
qui dice che
l’Italia è nel girone C, insieme a…
Australia, Irlanda, Russia e Stati Uniti.»
disse lo spagnolo, leggendo il calendario dei mondiali. Poi
guardò i due
fratelli, così mingherlini, e provò ad
immaginarseli in campo, contro quel
temibile nemico che era Australia. Rabbrividì.
«C’è
andata più che
bene! Niente All Blacks nel nostro girone, stavolta. E Russia e Stati
Uniti
sono pietosi in questo sport!» esclamò ad alta
voce Romano, strafottente. In
quel momento, due paia di occhi scattarono verso di lui, fulminandolo.
Ivan,
enorme nella sua maglia rossa e bianca che aderiva sul busto, gli si
avvicinò,
con un sorriso spaventoso sul volto.
«IO
sarei penoso, da?»
disse Ivan, abbassandosi per arrivare alla stessa altezza degli occhi
irrequieti di Romano, mentre il sorriso sul suo volto si tese ancor di
più.
Dietro di lui, Alfred, in maglia bianca con dettagli blu e rossi,
osservava la
scena, ridendo sotto i baffi. L’italiano se l’era
proprio cercata! Poi, però,
decise di intervenire.
«Ehi
Ivan! Se non
sbaglio, ci dovremo affrontare, vero?» e diede una sonora
–forse un po’ troppo-
pacca sulla spalla al russo, il quale si voltò e
annuì, una sola volta,
minaccioso.
«Beh,
spero di
divertirmi!» concluse Alfred ridendo, e gli strinse la mano.
L’altro, pur con
riluttanza, fece altrettanto.
«E
che vinca il
migliore.» aggiunse Ivan, con voce profonda, diversa dal
solito. Gli occhi di
tutti erano concentrati su quei tesissimi scambi di battute, tanto che
quasi
non si accorsero del gruppo di persone che si stava avvicinando. Alla
fine,
però, l’attenzione di tutti fu catturata
dall’arrivo di Arthur, seguito dalla
sua squadra, l’Inghilterra, e dai suoi parenti con le loro
relative squadre: Scozia,
coi capelli rosso fuoco e un sigaro spento stretto tra le labbra
curvate nel
solito ghigno, Galles, biondo, con un’espressione maligna
dipinta sul volto, e,
più indietro rispetto agli altri, per non confondersi con il
Regno Unito,
Irlanda, dai lunghi capelli rossicci, e con lentiggini disseminate sul
volto e
sulle braccia, lasciate scoperte dalla sua maglia verde brillante. A
prima
vista, sembravano quasi una sorta di “famiglia
mafiosa” del rugby, pronti a
combattere gli altri e a combattersi tra di loro per vincere
l’agognata coppa.
«Cos’è
questo scompiglio,
eh?» chiese Arthur, alzando un sopracciglio. Poi, dopo aver
lanciato
un’occhiataccia agli italiani e ad Alfred,
proseguì. «Smettetela di comportarvi
da bambini, per favore. Si tratta della Coppa del Mondo, mostratevi
degni di
partecipare.» Stava per proseguire con la sua ramanzina,
quando uno sbuffo
arrogante gli fece perdere il filo del discorso.
«Arthùr,
dovresti
smetterla di fare la paternale quando non c’entri nulla, sai?
Così ti rendi
solo antipatico. Finirai per avere tutti contro!» disse
Francis, recitando
l’ultima frase in maniera drammatica, per infastidire ancor
più l’inglese. Intanto,
Scozia mormorò all’orecchio di Galles:
«Fortuna che è intervenuto quello lì,
stavo per prenderlo a sberle. Arthur mi irrita troppo.» i due
sogghignarono,
complici, e notando Arthur farsi rosso di rabbia si divertirono ancor
di più.
«Viscido
rospo
francese! Perché devi sempre intrometter-» le
parole gli morirono in bocca, non
appena si accorse cosa c’era che non andava con Francis: come
lui, non
indossava la maglia da gioco, anzi, era vestito di un elegante completo
blu
royal, che riprendeva il colore vestito dai suoi giocatori. Sorpreso,
biascicò:
«T-tu… quest’anno non… non
scenderai in campo con la tua squadra?»
«Ah…
Oui, proprio così.
Mi fido a lasciarli giocare senza il mio aiuto. E, vedo che anche tu
hai preso
la stessa decisione, visto che non stai indossando i calzoncini. Un
vero
peccato, ho sempre trovato che ti stessero una
meraviglia…» ammiccò con malizia
il biondo francese, percorrendo col suo sguardo azzurro le gambe
vestite di
nero dell’inglese.
«SHUT
UP! Ciò significa
che durante le partite sarai seduto sugli spalti e potrai infastidirmi
in
continuazione?!» ormai, Inghilterra stava dando di matto,
sconvolto da quella
pessima notizia.
«Non
ti preoccupare, ci
divertiremo, io e te!» lo pungolò ancora il
francese, divertito.
«INGLESE
DELLA MALORA!»
a quell’urlo, tutti sobbalzarono, ma non riuscirono a capire
bene da dove
provenisse, perché chi aveva urlato si era lanciato di
corsa, in uno scatto
fulmineo, addosso ad Arthur, travolgendolo e facendolo cadere a terra.
Gli
altri, ancora confusi, osservarono la scena, ed infine riconobbero
nell’aggressore il ragazzo che fino a poco prima esibiva
sorrisi ai
giornalisti, e che adesso distorceva i suoi lineamenti in preda
all’ira.
«Sapevi
benissimo che
il nero per la divisa appartiene solo A ME! Come hai potuto scegliere
quel
colore per la tua divisa di riserva?!» urlò Nuova
Zelanda, sbatacchiando Arthur
per le spalle, con una forza che a prima vista non sembrava possedere.
«Mi
dispiace… cough…
non sembrava una cattiva idea… coff…»
cercava di spiegare l’inglese, senza
fiato.
«Bene,
se Nuova Zelanda
ha finito con le interviste, posso andare io…»
rifletté ad alta voce Francis,
dirigendosi verso l’uscita. Quando si trovò vicino
alla soglia, lanciò
un’occhiata verso un giovane, un ragazzino biondo, con gli
occhiali, che sedeva
isolato rispetto agli altri e non parlava con nessuno. Lo
osservò, nella sua
divisa rossa, bianca e nera, mentre con aria pensierosa passava
più e più volte
le dita sulla foglia d’acero dello stemma sul petto. Francis
sorrise,
riflettendo tra sé e sé. Aveva detto la
verità, non avrebbe giocato perché si
fidava dei suoi abili giocatori, ma non era l’unico motivo:
quando aveva visto
la prima volta il calendario, e aveva notato la partita che si sarebbe
tenuta
il 18 settembre, Canada-Francia, gli era mancato il fiato. Alla fine,
non se
l’era sentita di giocare quella partita, e aveva deciso di
lasciare tutto nelle
mani dei giocatori. Mentre si allontanava, sperò in cuor suo
che l’insicuro
Mathieu giocasse bene ogni partita, e perché no, vincesse
anche.
Nel
frattempo, la rissa
(in realtà non poteva proprio definirsi così,
dato che in realtà si trattava
semplicemente di Nuova Zelanda che prendeva a testate Arthur) si era
lentamente
spostata, allontanandosi dai divani e dalle poltrone dove stavano
seduti
Romano, Feliciano, Antonio, Ludwig e i giocatori della nazionale
italiana, e
con essa si spostarono anche Scozia, Galles e Irlanda, che avevano
aperto le
scommesse su quanti danni avrebbe subito l’inglese, e
seguivano la cosa da
vicino. Così, gli italiani poterono rilassarsi un
po’, discutendo dei punti di
forza e dei punti deboli di ciascuna squadra. Dopo poco, a loro si
aggiunse
anche Kiku, che venne sbeffeggiato da Romano per il suo stemma: tre
fiorellini
rosa disposti a piramide, con tanto di gambo e foglioline alla base.
«Trovate
davvero che
sia poco adatto?» chiese infine disperato Kiku ai presenti,
che annuirono
solennemente.
«Magari,
la prossima
volta usa qualche bel kanji, o un sole…» cercava
di consigliarlo Ludwig, mentre
il giapponese si torceva le mani, afflitto. Lasciarono cadere il
discorso e
tornarono a concentrarsi sulla televisione: Francis aveva finito la sua
intervista, ed aveva lasciato il posto ad un ragazzo smilzo, pallido,
dai
capelli biondo scuro e gli occhi di uno strano colore ambrato, che a
tratti
sembrava divenire rosso; la maglia era gialla, con dettagli ondulati
azzurri e
rossi, i colori della Romania. Il rumeno, in un ampio sorriso che
scoprì due
canini più lunghi e affilati del normale, rispose ai
giornalisti, con voce
vellutata: «Sebbene la prima partita ci sarà
soltanto domani, ritengo che il
Mondiale si già iniziato da parecchio, visti tutti i litigi
scoppiati
nell’altra sala. Magari così le squadre favorite
si concentreranno solo sui
loro rivali, sottovalutando noialtri, e ci daranno qualche
possibilità in più,
non credete?»
Feliciano
rise,
divertito e consolato dall’ottimismo del rumeno.
Sì, si disse, bisogna essere
ottimisti e credere in se stessi, altrimenti ci si elimina in partenza!
Diede
un pacca al fratello, che lo guardò incuriosito alzarsi,
mettersi in piedi
sulla poltrona e urlare: «Da domani, si inizia!» e
tutti, da Nuova Zelanda ad
Irlanda, da Alfred ad Arthur, proprio tutti, avvertendo
l’entusiasmo
dell’italiano, urlarono anche loro, ricordandosi finalmente
che si trovavano lì
prima di tutto per divertirsi.
Note:
salve! Vi
ringrazio se avete letto questa one-shot, e spero vi siate divertiti.
So che
non accade nulla di particolare, ma volevo semplicemente scrivere la
scena così
come la sto immaginando in questi giorni che precedono la Coppa del
Mondo di
Rugby. Se c’è qualcosa di poco chiaro, chiedete
pure, so di non essermi
dilungata né su Australia, né su Nuova Zelanda o
sugli altri OC, solo perché
non l’ho ritenuto necessario. Recensite o commentate! Ciao,
alla prossima!
BabiSmile