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Autore: CaskaLangley    09/05/2006    5 recensioni
Il dolore di credere... (Cloud/Aeris/Tifa)- non so perché, si era perso il secondo capitolo, su Aeris...ecclo)
Genere: Drammatico, Romantico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V
Aeris

Act 5.1_ time is sometimes a cruel thing, but the present is made by that cruelty

Aeris si stiracchio pigramente, senza però la minima intenzione di alzarsi.

Dopo due settimane d’attesa i genitori di Zack avevano levato le tende per andar a trovare un’ignota zia morente di Mideel, e col cavolo che lei voleva perdersi un solo secondo di quella bella situazione di comodo.

Beh… "comodo" non era proprio il termine esatto, visto e considerato che avevano dormito in due in un lettino striminzito -più piccolo ancora di un singolo normale, era pronta a giurarci!- con quaranta gradi all’ombra.

Era sempre stata attratta dall’idea romantica della nanna insieme, ma non aveva calcolato che il corpo di un uomo fosse osì grosso! Tutte quelle braccia e quelle gambe! A metà notte avrebbe voluto spingerlo giù dal letto e farlo rotolare lungo e disteso sul pavimento, da tanto aveva bisogno di spazio. E poi continuava a tirarle i capelli!

Però non gli disse niente, era stata lei a rifiutare di occupare il letto dei suoi genitori e lamentandosi si sarebbe beccata una valanga cosmica d’insulti.

Ma che pretendeva, quello stupido? Neanche il letto matrimoniale non fosse una cosa super-personalissima. Con che cavolo di cuore insensibile ci si poteva infilare appena i legittimi occupanti voltavano le spalle, per poi saltarne fuori come se niente fosse appena ritornano?

"Aeeriiis…"

Lei provò a girarsi col miglior sorriso che le veniva, voleva proprio fornirgli una di quelle belle scenette dove lei è carinissima nonostante si sia appena svegliata e tutto il resto, ma i suoi propositi furono rovinati perché quel CRETINO si era sdraiato un’altra volta sui sui capelli, facendole un male pazzesco.

Emise un gridolino stridulo e cominciò ad agitare un braccio, lui chiese "che c’è?"

"Che c’è, che c’è! I capelliiiiii!"

"Oh, scusa." lui si spostò.

"Eh, scusa scusa…" se li tirò tutti vicini "Sei un assassino."

"Discutiamo dopo delle mie colpe, mi passi il cellulare?"

"E’ suonato?"

"Poco fa."

"Non l’ho sentito."

"Tu non senti mai niente, se una meteora ci si schiantasse addosso continueresti a dormire."

Aeris prese il cellulare sul comodino e glielo scaraventò addosso. "Thò. Cos’è, un’altra donna?"

"Ebbene si, mi hai scoperto."

"Eeeeeeh?"

"Che ci vuoi fare, la carne è debole…" smanettò un po’ col tastierino, lesse il messaggio e disse "E’ Cloud che mi chiede se gli ho fatto il compito."

"E gliel’hai fatto?"

"Si, ma non glielo dico, voglio che se la sudi un po’."

Aeris rise e si appoggiò alla spalla di Zack, poi arricciò il nasino con aria supponente.

"Cloud, Cloud, Cloud, sempre questo Cloud…non è che per caso sei innamorato di lui?"

"COSA?"

Zack scoppiò a ridere, alzandosi bruscamente e facendola così cadere con un tonfo sul materasso.

"Ma scusa!" pigolò, offesa "Sei sempre lì che parli di lui, e smettila di ridere!"

"Non m’innamorerei mai di Cloud, e gli Antichi salvino l’anima di chi lo farà!"

Lui tornò a sdraiarsi e Aeris si appoggiò sui gomiti.

"Che tipo è, questo Cloud?"

"E’ biondo, occhi blu, non molto alto…"

"Ma nooooo!" rise, picchiandolo "Di carattere!"

"Beh, non che ci sia molto da dire…è un po’ strano, direi."

"Strano? In che senso è strano?"

"E’ strano…" le pizzicò una spalla "…come te. Ma in modo diverso."

"Ahio" piagnucolò, passandosi una mano sulla zona torturata "Io non sono strana, e poi che vuol dire come te ma diverso, non ha senso, scemo!"

Zack rise: "Si, forse hai ragione."

"Allora? In che senso è strano?"

"Non so…se ne sta sempre sulle sue, però pretende l’attenzione di tutti…è un po’ contraddittorio. A volte si scalda per delle cazzate. E’ impulsivo, gli va subito il sangue alla testa. Si lancia in battaglie assurde senza cognizione di causa, che sia a parole o a botte, e per questo si crea un sacco di casini che potrebbe tranquillamente evitarsi…"

Aeris fece una smorfia: "In altre parole, è una specie di cane rabbioso."

Zack scoppiò a ridere: "Cane rabbioso! Questa gliela devo raccontare, sai Cloud? La mia ragazza neanche ti conosce eppure ha già capito che sei un cane rabbioso!"

"Nooo, non glielo dire, poi viene a picchiare anche meee…"

"No che non ti picchia…Non so se picchi o meno le donne, però non gli interessa che cosa dicono gli altri di lui. In verità, non gli interessa niente di niente, credo."

"Ma se hai detto che si scalda per tutto…"

"Te l’ho detto che è contraddittorio. Si salda per tutto, ma non gliene frega neppure niente di nessuno. Anche quando litiga, o quando si butta in una rissa…sembra sempre annoiato, disinteressato a tutto…"

Aeris fece una pernacchia con le labbra, poi si buttò sul cuscino: "A me sembra uno psicopatico, Zack, perché sei amico di uno così?"

"Mh, aspetta…" si girò verso di lei "…c’è una cosa, che a te piacerebbe."

"Ne dubito, sai?"

"E’ una cosa romantica. Sicura di non volerla sapere?"

L’interesse di Aeris si destò. Sì, era un’irrimediabile stupida infantile romantica, e allora? Ne andava dannatamente fiera. Era felice di emozionarsi, felice di commuoversi e lasciarsi andare a sogni sdolcinati. Era felice di sapere che la vita non le avesse fatto nulla di tanto terribile da renderla un essere cinico, né di avere un cuore tanto freddo da rifiutarsi di provare i sentimenti più ovvi solo per orgoglio.

"Dimmi, dimmi."

Zack le prese un braccio fra le mani, delicatamente, e cominciò a tastarlo come se ne stesse studiando la consistenza.

"Sono i suoi occhi…Gli occhi di Cloud, che sono sempre così distaccati e indifferenti, si accendono solo quando deve proteggere una persona…"

Aeris domandò a voce bassa ma sicura: "La sua ragazza?"

"Non stanno esattamente insieme. Per la verità, non so nemmeno se sia giusto dire che lei gli piace. Non è solo questo, è più come…se la considerasse roba sua. Forse peggio, forse la considera proprio se stesso."

"Oddio, allora è proprio uno psicopatico, te lo dicevo io!" nascose la faccia sotto il cuscino "Già non lo sopporto!"

Zack le accarezzò la schiena, seguendone dolcemente la curva come se accarezzasse un gatto. Lei si rilassò immediatamente.

"No, non dire così…sono sicuro che se lo conoscessi, Cloud ti piacerebbe moltissimo…"

"Come fai ad esserne sicuro?"

"Te l’ho detto, perché siete strani!"

Aeris si alzò, gli tolse il cuscino da sotto la testa e lo colpì in faccia. Lui si protesse con le mani e la lasciò fare finché non si fu stancata. A quel punto la abbracciò cautamente, come se temesse una rivolta, e la fece sdraiare accanto a sé.

Lei si lasciò condurre volentieri al suo rifugio preferito, contro la sua spalla, appoggiò entrambe le mani sul suo petto e si concentrò sul battito regolare e forte del suo cuore.

Era certa di poter parlare al suo cuore.

Quando taceva, e gli faceva delle domande mentalmente, era certa che il cuore di Zack le rispondesse. Lo sentiva vibrare, e aveva una voce tutta sua, carezzevole ma solenne, quella di un generale innamorato.

Sorrise al pensiero, e lo abbracciò stretto.

"Beh? Adesso che cosa c’è da ridacchiare?"

"C’è un motivo per non farlo?"

"Tu sei davvero strana…"

Questa volte non sapeva perché, la divertì sentirselo dire.

Forse era strana per davvero. Però, invece d’indispettirla, l’idea la rendeva fiera.

Non era sempre stato così, Zack non era il primo a giudicarla strana ed era spesso stato spiacevole, ma quando era lui a dirlo c’era una tenerezza così musicale nelle sue parole, che all’improvviso quello che aveva sempre recepito come un insulto le sembrava un complimento.

"Se a te piace così tanto…" borbottò "…allora questo Cloud lo voglio conoscere anch’io, ecco."

"Si, così poi mi lasci per lui…si sa che il tipo rude attira le ragazze…"

"Ma non fare lo scemo, te l’ho detto che per me è solo un idiota. A me piacciono i ragazzi gentili."

"Oh, quindi io sarei gentile?"

"Si-ssi."

"Se lo dici tu, sarà così."

"E’ così. Me l’ha detto il tuo cuore."

Zack la abbracciò e lei chiuse gli occhi.

Stava così comoda e tranquilla che quasi si sarebbe riaddormentata, ma poi sentì la voce del suo ragazzo vibrarle contro la guancia, raggiungerle le orecchie.

"Però se vuoi conoscere Cloud, devi anche conoscere Tifa. Conosceresti un’essere incompiuto, se ti presentassi uno solo dei due…"

Poi chiuse gli occhi.

Aeris li guardava spesso, quando loro non sapevano di essere osservati.

Li aveva guardati tanto e molto insistentemente, forse troppo, specialmente le prime volte in cui si erano incontrati, dopo il funerale di Zack.

Aveva guardato soprattutto il modo in cui Cloud guardava Tifa, come volgeva lo sguardo su di lei ad ogni movimento inaspettato -battere un cucchiaino contro il fondo d’una tazza vuota, aprirsi una caramella alla menta in più tempo di quello che riteneva necessario, se era soprappensiero per un attimo- e come quello sguardo fosse carico di pretese, ma anche pieno di promesse.
Lei era sempre nel suo campo visivo, notava solo quel che stava a pochi metri dal suo corpo, e forse solo per stare allerta e difenderla dai pericoli del mondo.

Sinceramente lo trovava ossessivo, e probabilmente per Tifa era lo stesso, ma accettava il suo attaccamento di buon grado, ironizzandoci ogni tanto, e forse per quello avevano l’affinità di una vecchia coppia ed insieme un generale distacco fisico di una molto acerba.

Aveva guardato anche il modo in cui Tifa guardava Cloud, però. Non lo fissava mai, nemmeno lo guardava direttamente se non quando parlavano, e parlavano moltissimo, come macchinette. Sembrava cercassero di colmare qualcosa con le parole, a volte. E sebbene non gli stesse mai appiccicata, sebbene fosse sempre interessata a qualcos’altro, se per più di un secondo lui si allontanava lei si mangiava le unghie e diventava nervosa mentre lo cercava. Ma quando Erano vicini, non gli prestava mai un’attenzione forte come quando non c’era.

Nel giro di un paio d’incontri, ad Aeris sembrava già di averli inquadrati proprio dal modo in cui si guardavano. Tifa aveva paura di perderlo, ma si guardava sempre attorno, una parte di lei era sempre proiettata altrove, verso spazi sempre diversi che potevano essere l’altro lato della strada o paesi sconosciuti. Cloud era un bambino capriccioso e perdutamente innamorato, che probabilmente non si rendeva bene conto di nessuna delle due cose e rifiutava in modo dissennato e categorico di staccare gli occhi da lei.

Aeris non riusciva a considerarla una cosa del tutto romantica, certamente non era dolce; le sembrava un legame strano, un solido intreccio fra la dipendenza di lui ed il senso di responsabilità di lei.

Eppure le sembrava così…profondo, e bello. Profondamente bello.

Ma stando con loro Aeris poteva sentire il peso del loro rapporto.

Stando con loro, Aeris poteva sentire il peso del rapporto che li legava.

Un episodio in particolare la colpì, una scenetta, una cosa minima.

Cloud si era appoggiato alla spalla di Tifa per prenderla in giro chiedendole qualcosa, e ad un certo punto aveva ruotato la testa e fatto aderire il naso al suo collo.

Aeris stava parlando al telefono, sua madre le chiedeva quando sarebbe rientrata, e come se fossero stati soli Cloud cominciò a muovere lentamente il viso contro al collo di Tifa, come un gattino.

Fu un gesto di un’appartenenza e d’una sensualità spiazzante, che mise entrambe le ragazze in imbarazzo e costrinse Tifa a cacciarlo via a sberle per sdrammatizzare.

In quell’occasione, Aeris aveva pensato che è terribile come qualcosa di tanto bello possa ferire così, anche se non sapeva perché.

"Oh? Tifa?"

Sentendo la voce di Cloud irrompere nella quiete creatasi, uscì anche lei dallo stato di imbambolamento e si rese conto di non aver capito metà del film.

Tifa stava leggendo sulla poltrona lì accanto, illuminata dalla luce di una lampada perché Cloud insisteva sempre a chiudere tutte le persiane quando guardava la tv. Aeris sapeva che il buio faceva venire a Tifa dei gran mal di testa, lo diceva spesso, ma questo non aveva mai impedito a Cloud di sbattersene altamente.

Quando lo vedeva così, Aeris pensava con le guance gonfie di nervosismo: "ma quali occhi che si accendono, questo qui è proprio un cretino e basta!"

"Tifaaaaa…"

"Che vuoi, sto leggendo, non vedi?"

"Cloud, lasciala stare, rompiscatole…" borbottò Aeris, tirandogli la maglia.

"Volevo assicurarmi che fosse viva, son tre ore che non sento girare una pagina. Uff, la mia croce è essere sempre così sensibile e attento, e voi nemmeno lo apprezzate…"

"Il libro non è pesante, ma se te lo sbatto ripetutamente sulla faccia dalla parte del dorso, magari almeno il naso riesco a spaccartelo." disse Tifa, e girò pagina facendo il più rumore possibile.

Cloud aveva prestato attenzione per tutto questo tempo alle pagine che Tifa girava.

Per una persona sbadata come Aeris, questo era addirittura inconcepibile.

Sospirò leggermente.

"Che c’è?"

"Uh?"

"Che sospiri, stai pensando a quanto mi ami?"

"Non vedo come qualcuno potrebbe pensare qualcosa di così assurdo." borbottò Tifa, poi chiuse il libro, "Vado a mettermi giù un po’, questa sera devo uscire e il buio mi ha fatto venire il mal di testa."

"Buon riposo!" disse Cloud, rumorosamente, alzando un braccio e salutandola come se volesse cacciarla.

Poi guardò lei, con un sorrisetto oltremodo inadeguato, visto che Tifa non se ne era ancora andata.

Aeris cercò di fare finta di niente, ma non riusciva quasi mai a fare finta in niente.

Tifa puntò le mani sui fianchi in un’espressione intransigente: "Niente porcate sul mio divano!"

"Avete visto che bel tempo c’era, ‘sta mattina? Un cielo così terso, un’atmosfera così pacifica…"

Tifa sbuffò con l’intento di farsi sentire ed Aeris ridacchiò.

Quando i passi dell’amica sfumarono al piano di sopra, subito lei si fece maliziosamente piccola piccola contro il braccio di Cloud.

Lui le sorrise, le baciò la fronte e tornò a guardare il film.

Erano ancora le prime volte, ancora i tempi del ‘dobbiamo ingranare’, ‘dobbiamo abituarci’, e di tutte quella altre giustificazioni che Aeris si dava e ridava ogni giorno di continuo.

Avrebbero ingranato, si sarebbero abituati. Deve essere così quando un’amicizia confermata negli anni viene ritrattata all’improvviso in un rapporto romantico.

Il cuore o il corpo s’ingoffiscono, e ci vuole un po’ di tempo prima che riprendano ad andare pari passo.

Aeris era felice, e non c’era motivo perché le cose non dovessero andare sempre meglio.

Con un sorrisino identico a quello di lui, che solo poco prima le era sembrato fuori luogo, fece scorrere un dito leggero sul suo braccio.

Aveva delle bellissime braccia, Cloud, scolpite nel rigore da palestra e forgiate nella violenza della strada. I pesi e le risse, le corse sul posto e i nasi rotti.

Zack le raccontava così spesso quelle cose, che spesso le sembrava di averlo sempre conosciuto.

Il suo Cloud.

Gli fece la formichina sul bicipite, passando delicata sul collo, fino al viso, per mettersi sulle ginocchia e baciarlo.

Lui fece una risatina, già se lo aspettava, le strinse i fianchi e scivolò quasi sdraiato, la testa sul bracciolo e lei tutta addosso.

Poi abbandonò con un sorriso la sua bocca, le accarezzò i capelli e le disse scherzando "Niente porcate sul divano di Tifa, no?"

Aeris chiuse gli occhi, il film ormai lo aveva perso.

Si concentrò sul battito del cuore di Cloud, cercando di capire che cosa le stesse dicendo.

Poteva guardare i suoi occhi, e comprendere il suo umore.

Poteva guardare le sue molteplici espressioni, ed anticipare le sue parole.

Ma il suo cuore…il suo cuore non lo riusciva a decifrare.

Ingraneremo, si disse dolcemente, ci abitueremo.

Un giorno sarà tutto così normale da farci quasi ridere.

Act 5.2_ If just one of your wishes could come true, what would you wish for?

Ultimamente Tifa è strana.

Non strana come lo è sempre, coi libroni, le battutine nichiliste, la matita infilata nei capelli e così via.

La sua voce, è strana. Il modo in cui guarda è strano. Le cose che dice sono strane. Persino il modo in cui cammina, fermandosi di tanto in tanto su un particolare insulso a riflettere su cose inimmaginabili, è strano. Tutte le cose che di lei si vedono all’esterno, sono strane.

Non posso parlarne con Cloud. Cloud è proprio uomo *dentro* e, per tanto, profondamente stupido.

Anche se…

Quando l’altro giorno al Gold Saucer mi ha detto la mia vita è migliore da quando ti conosco, mi sono sentita terribilmente triste. Non so perché. Avrei dovuto essere felice, credo.

E allora ho cominciato a farmi delle domande…domande su domande, e da allora sono sempre ad arrovellarmi, tutte le volte che mi vedo in uno specchio, o nella vetrina di un negozio, la mia faccia ha quell’espressione crucciata e un po’ depressa che hanno sempre quelle di Cloud e di Tifa, quando pensano che tu non li stia guardando.

Ma io li guardo sempre…non stacco mai i miei occhi da loro.

Se potessi chiedere a Dio una cosa, una sola cosa, chiederei che Cloud, Tifa ed io non smettessimo mai di stare insieme, e stare bene. Lo so che si tratterebbe di un desiderio puerile, e probabilmente anche un po’ stucchevole, ma mi basta pensare a noi tre perché tutto quello che c’è stato in passato, tutto quello che mi fa paura del futuro, assuma un significato ben preciso.

Quando stiamo insieme tutto ha un senso.

E quando stiamo insieme è tutto così a posto, in equilibrio perfetto nel nostro microcosmo sicuro, che persino il fatto che Zack non ci sia più assume una luce bianca, e dolce, perché lui se ne è andato, ma nemmeno nella morte mi ha lasciata sola.

Cloud e Tifa sono il regalo che Zack mi ha fatto.

Lui lo sapeva bene che razza di impiastro sono, e sapeva bene che non sarei sopravvissuta un mese senza qualcuno che mi tirasse la treccia per fermarmi dal cadere in un fosso.

Per questo, forse sono un po’ egoista a desiderare più di ogni altra cosa che loro stiano bene, e stiano con me, perché solo così mi salveranno dal cadere nei fossi.

D’altra parte, so anche che non posso pretendere di capirli pienamente, perché Cloud e Tifa non sono solamente amici, e sono qualcosa di molto più complesso di due amanti.

E’ come se si fossero divisi il compito di vivere in due.

Lui fa delle cose, lei ne fa delle altre, ma non fanno mai le stesse, perché sarebbe inutile, visto che tanto alla fine condividono tutto come se quelle cose le sentissero sulla pelle.

Il loro rapporto mi dà così da pensare, a volte…

Cloud in particolare, è sempre così distaccato e sciocco, ma diventa addirittura morboso, a volte, e capisco che cosa prova Tifa quando cerca di separarsene un po’, e forse è dovuta proprio a quello la sua voglia continua di solitudine; è semplicemente troppo abituata a dover guardare e respirare anche per Cloud.

Tuttavia, mi chiedo che cosa provi Cloud quando lo capisce, quando sente che lei si sta allontanando, e fa male pensare che per quanto io mi possa impegnare non c’è niente che possa fare, perché è Tifa l’unica persona al mondo che potrebbe capire a che cosa pensa da come sbatte gli occhi, o muove le dita, e fa altrettanto male pensare che forse questa cosa a lei pesi.

E poi…non lo so, le poche volte che se ne è parlato hanno insistito entrambi col dire il contrario, io ho provato a crederci, però…è possibile che se lo siano davvero lasciati alle spalle? Mi riferisco a quella situazione irrisolta tra loro, che in pratica mi è parso proprio di capire si siano piaciuti entrambi, e molto, solo in tempi diversi e per tanto inconciliabili…

…Cloud non si chiede mai come sarebbe stato fare l’amore con Tifa?

Se solo fosse qualcosa di chiuso, passato, pietra sopra, potrei mettermi il cuore in pace anch’io, e invece…

Rimuginare, rimuginare…in questi giorni non ho fatto nient’altro.

Act 5.3_ simple and clean is the way that you making me feel tonight

"Allora, ti ho portato a cena, non so se ti rendi conto che sono un figo."

Distolgo l’attenzione da una figurina attaccata ad un bidone della spazzatura, penso rappresentasse un gattino ma non ne sono sicura, e per farlo contento lo guardo: "L’ho notato, l’ho notato."

"Hai visto anche quanto ho pagato? Vuoi vedere?"

"Sei così fine, Cloud…"

"Così sai quanto devi ripagarmi in natura."

Cerco di fare la sdegnata per finta, ma in realtà sono sdegnata per davvero. Non per le stupidaggini che dice, sia chiaro, a quelle sono abituata e se devo essere sincera trovo che sfumino di un tono davvero sexy i suoi modi scostanti ed esageratamente solipsisti.

Quello che mi sdegna è che se davvero dovessi fare un conto tutte le volte di quanto gli devo in natura, arriverà un lontano giorno in cui dovremo stare a letto almeno sette o otto mesi, perché la verità è che Cloud ed io non l’abbiamo ancora fatto, da quando stiamo insieme.

E’ quasi un mese, ormai.

Ok, lo so che vista da fuori fa tanto oddio, che porca, dopo solo un mese!, ma che cavolo, abbiamo ventidue anni, non dodici, e ci conosciamo da un sacco di tempo, senza contare che bisognerebbe tenere conto che io l’ultima cosa viva tra le gambe l’ho avuta sei mesi fa, ed era un pony.

Mentre lui…boh, è sempre stato un po’ vago sulle sue occupazioni ormonali, devo dire. Quando io e Tifa parlavamo dei ragazzi con cui stavamo, sempre per un mese o massimo tre, lui ci chiedeva sempre perché spacciassimo per una relazione quella che era evidentemente solo una scusa per avere dei rapporti sessuali e passare qualche ora in compagnia di qualcuno che non fossimo noi.
Da questo punto di vista lui è sempre stato una persona sincera, ma è anche facile per lui essere sicuro su questo, insomma, è un maschio. Loro hanno l’immunità testicolare, possono fare un po’ quello che vogliono, noi invece abbiamo sempre di che rendere conto a qualcuno. Dire stiamo insieme è un modo come un altro per semplificare le cose, e sarà anche ipocrita, ma voglio dire, chissene, non posso mica preoccuparmi di tutto.

Comunque, da quando lo conosco, Cloud avrà avuto sì e no tre persone con cui ha detto di stare, ma non chiamava mai nessuna la mia ragazza.

Le sue ragazze eravamo noi, ecco che cosa diceva.

E’ così strano pensare che le cose siano rimaste le stesse, eppure si siano in qualche modo terribilmente complicate…io sono la sua ragazza, adesso, ma in un senso diverso da come lo ero prima. Però in verità non ho mai smesso di essere la sua ragazza nel senso in cui lo ero prima, e non ha smesso di esserlo Tifa, anche se in modo diversa da quello in cui io lo sono adesso.

Oh…sbuff.

Quando arriviamo a Nibelheim, mi sento un po’ più quieta.

Va bene, li capisco quando dicono che vivere qui o ti fa impazzire o ti fa impazzire, ma per me entrare in questa piccola osasi circondata dalle montagne è come andare in vacanza, e scoprire un posto che in realtà è la tua casa, anche se non lo sapevi. Ok, le oasi starebbero in mezzo al mare e non in mezzo alle montagne, comunque il succo è quello.

Il serbatoio dell’acqua, le case appiccicate l’una all’altra, gradazioni di grigi e marroni, e poi le stelle, che si vedono sempre in modo così meraviglioso…le stelle. Non sanno che fortuna, essere cresciuti potendole guardare come se fossero una cosa normale, insulsa, addirittura.

Stringo il braccio di Cloud un po’ meglio, un po’ più convinta, e va tutto molto meglio.

Quando passiamo davanti a casa di Tifa mi fermo, e cerco di capire dalle luci se sia in casa, ma le luci sono tutte spente e mi lamento: "Uffa, dici che sta già dormendo?"

"Ae, è mezzanotte, solo tu e tua madre siete già a dormire a quest’ora."

"Ma non mi puoi rispondere in modo normale senza maltrattarmi, ogni tanto?"

"Su, su…" mi accarezza la testa "Fai la brava, adesso ti do la pappa e ti gratto la pancina."

"Non sono un cane…" bofonchio, e mi trascina in casa sua senza essere brusco, ma con una fretta che mi mette un po’ di ansia addosso.

La cosa brutta di metterti con qualcuno che conosci da tanto tempo e di cui hai regolarmente frequentato la casa, è che non si sente più in dovere di fare bella figura, e allora ti fa trovare sempre degli spettacoli pessimi. Tipo il letto disfatto, i vestiti in giro, il joypad della Playstation buttato per terra e il televisore ancora su AV che fa un fastidiosissimo bzzzz.

Mi viene da ridere e sto per chiedergli come mai ci sia una rivista di fitness aperta sul davanzale, come se la finestra dovesse leggerla, ma lui mi bacia il collo e io ammutolisco.

Lo so che il silenzio è l’unica condizione in cui diventa dolce con me, o meglio, non dolce, più…un uomo. L’unica condizione in cui posso diventare una donna, per lui.

Quindi taccio, e mi lascio cullare dai suoi baci, viziare dalla sua lingua sulla pelle. Mi toglie la giacca, io mi giro, sorrido mentre lo bacio, e sento che sorride anche lui. Si sta così bene, adesso, che quando lo spingo sul letto ride, mi trascina sopra di se, io gli tolgo la maglia, e la visione del suo corpo mi getta sempre in uno stato contemplativo quasi religioso. Il fatto è che sembra bello in modo addirittura traumatico, a volte, e mi intimidisce un po’. Zack aveva un corpo più muscoloso del suo, ma aveva un fascino più rude, più grezzo, anche se questo non lo sminuiva affatto. Invece Cloud è semplicemente bellissimo, e forse questo gli ha salvato la vita molte volte, perché fastidioso e stronzo com’è chissà in quanti non lo hanno ucciso giusto per il suo faccino carino.

Cerco di non ridacchiare, a questo pensiero, e trattengo il respiro quando mi fa sdraiare sul letto e mi solleva la gonna. Le sue mani sono così calde, anche se non è esattamente il più delicato degli amanti. Infila la lingua con forza, tra le mie gambe, e sul subito mi fa un po’ male, ma resisto e dopo un attimo prende il ritmo. Allora mi perdo nel mio piccolo, personale delirio di sensazioni, tutte concentrate in un unico punto, mi espando e mi lascio andare, e l’unica cosa che penso è che sì, dopotutto vale la pena di pensare, ripensare e poi pensare ancora, perché anche se questo strano ragazzo coi capelli biondi mi dà da pensare, io lo adoro, questo strano ragazzo coi capelli biondi, e adoro le sue mani, la sua bocca, la sua lingua.

Quando vengo, si mette accanto a me e si pulisce la bocca con una mano, si appoggia contro lamia spalla. Io respiro lentamente, accarezzo il suo sesso mentre lo bacio e lo sento crescere, ma quando provo a slacciargli la cintura lui mi chiede se non ho sonno, visto che secondo i miei gloriosi standard dovrei già essere a letto da mezz’ora.

Sbuffo: "Guarda che non più grande di te, smettila di trattarmi come una bambina, sai?"

"Dunque ammetti di essere una pedofila."

"Non è vero per niente, siamo entrambi…"mi fermo, lo vedo che sogghigna per la mia stupidità, e colpendogli il naso con un dito dico: "Sciocco."

"Ma come faceva Zack a venire a letto con te, voglio dire, due anni fa eri ancora più piccola di adesso."

"Dai? Che scoperta eccezionale, Cloud Strife."

"Sì, ok, hai ragione. Però mi fa strano lo steso, due anni tuoi non sono gli anni di una persona normale, secondo me due anni fa eri grande così" e disegna uno spazio di due centimetri tra le dita.

"Non è vero, ero alta come adesso, uguale."

"No, eri piccola piccola. Anche adesso sei piccola piccola. Sei per caso un alieno?"

Lo so che vuole solamente essere carino, a modo suo, e lo è, ma adesso vorrei solo che la smettesse. Borbotto "Non sono piccola" e poi chiedo se ha una maglia da prestarmi, visto che la mia camicia da notte è da Tifa. Lui si alza dal letto e va a cercarmi qualcosa, mentre io rimango sul letto e penso che comunque vada una sua maglia sarà troppo larga, e mi farà sembrare ancora più piccola.

Dov’è che sbaglio?

C’è qualcosa che non va, in me?

Oppure è lui, c’è qualcosa che…uff. Tanto non posso capirlo ora, e non lo potrei capire nemmeno se mi arrovellassi tutta la notte.

Non ha lasciato che lo toccassi. Non succede sempre, ma succede molto spesso, e non capisco, perché non mi sembra che abbia dei problemi a…beh, funzionare.

Cloud mi butta la sua maglia addosso, io comincio a togliermi il vestito per indossarla, e lui semplicemente se ne va in bagno. Così, come se fossi parte del mobilio.

Mi sdraio sul letto, e poi in un moto di ostilità mi infilo sotto le coperte, sperando di addormentarmi prima del suo arrivo, ma non ci riesco. Continuo a pensare che vorrei tanto che Tifa fosse a casa, adesso.

Act 5.4_I see, I find, I make sure.

Tifa si affaccia alla finestra, e sembra quasi che ci metta un po’ a riconoscermi. Dopo un attimo che mi fissa dalla finestra, strizzando gli occhi, mi saluta e scompare per venire ad aprirmi.

Guardo l’orologio della Shinra Mansion, per essere sicura che da casa di Cloud a qui non ci sia il fuso orario, perché Tifa mi sembrava un po’ addormentata ed è insolito che lei dorma fino a quest’ora (inutile dire che Cloud, quando me ne sono andata, non aveva ancora aperto mezzo occhio). Però il fuso orario non c’è, anche qui sono le undici e mezza, e quando Tifa mi apre la porta cominciano a venirmi un po’ i sensi di colpa.

"Tiff, scusami, ti ho svegliata? Credevo fossi già su mi dispiace tanto!"

"No, figurati" si stropiccia gli occhi e sorride "Tanto mi dovevo svegliare, è che ieri ho fatto terribilmente tardi…"

Mi fa entrare e mi dice come sempre di non guardarmi attorno, perché è tutto un disastro. Non è davvero un disastro, però è sicuramente più disordinata del solito, le cose sembrano appoggiate in modo casuale, abbandonate lì nella fretta, e nel lavandino c’è addirittura una tazza sporca.

Ma invece di perdermi in queste piccolezze avrei fatto meglio a guardarla prima, finché era in tempo, perché mentre sale in fretta le scale vedo solo di sfuggita i lividi blu sulle sue gambe.

Lo so che dovrei essere discreta, ma è più forte di me, e anche se mi ha detto di aspettarla un attimo salgo e le chiedo che diavolo si sia fatta.

"Dove?"

"Alle gambe!"

Lei controlla e scrolla le spalle: "Boh, avrò battuto da qualche parte sul lavoro. Ho fatto gli straordinari ieri sera, sono stata al locale fino alle due. Ero talmente sconvolta che avrebbero anche potuto darmi una clavata in testa e non me ne sarei accorta…"

Sospiro: "Tiff, non lavorare così tanto, dai…"

"Beh, finché mi reggo in piedi…in fondo in questi giorni non sto nemmeno andando in università, per preparare l’esame."

"Tu pretendi troppo da te stessa, Tiff…"

Mi tira addosso il cuscino, e invece di prenderlo in faccia come una fessa riesco ad acchiapparlo al volo, una volta tanto.

"Esci o vuoi guardarmi mentre mi cambio?"

Rido, anche se non c’è proprio niente da ridere: "No no, che poi mi vengono i complessi!"

Scendo in cucina, e apro le ante per far entrare un po’ di luce. Mi guardo intorno, cercando di carpire qualche traccia, qualcosa che mi convinca in modo definitivo che ho ragione io, Tifa in questi giorni è proprio strana, e una volta trovata quella traccia andrei diritta a sventolarla sotto il naso di Cloud. Però mi rendo conto che è una pretesa stupida, allora mi siedo sul divano e la aspetto.

Facciamo colazione insieme, anche se ormai sarebbe ora di pranzo.

Io sto riflettendo su due importanti quesiti: se staccare la testa a questo povero biscotto-cagnolino, e se parlare a Tifa di quello che mi preoccupa. E questo vorrebbe dire parlarle circa per un paio di giorni almeno, visto che mi preoccupano un mucchio di cose.

Alla fine mordo la testa, mando giù e comincio: "Tiiif…"

"Oooh, ha inclinato la testa! Ha bisogno di qualcosa!" dice battendo le mani, e una manica della camicia le scende giù fino al gomito. E’ tutta blu e io tremo, ho voglia di piangere e non so perché. Lei si copre e mi chiede che cosa non va.

Mangio il resto del cagnolino e le spiego che le cose con Cloud non vanno.

"Non vanno bene?"

"No, no, vanno bene, solo…non vanno, ecco."

"Ae, credevo avessimo già discusso di questo fatto del parlare in codice…"

Gonfio le guance più che posso e borbotto: "Non vannoooo, Tiff, sforzati un pooo’…"

Lei continua a guardarmi come se stessi abbaiando ancora per un po’, ma dopo qualche momento beve un goccio del suo caffè amaro e proclama: "Ah! Ok, ci sono."

"Era anche ora, si vede che ti sei svegliata adesso…"

"E’ che tu sei troppo pudica, Ae, mica riesco a starti dietro…Allora, come mai le cose non vanno?"

"E che ne so, è impossibile smuoverle, ste benedette cose…"

"Tu non usi nomignoli graziosi per i genitali mentre lo state facendo, vero? Perché in quel caso lo posso capire, povero Cloud, nemmeno io…"

"Non uso nessun nomignolo."

In quei momenti, almeno, e solo perché non devo chiamare niente per nome ma lei mica lo sa.

"Allora? Dai, dimmi, altrimenti che consigli vuoi che ti dia?"

Tiro le gambe sopra la sedia e stringo le ginocchia al petto, mentre sgranocchio dubbiosa un altro cagnolino. Però mi fa sentire una cannibale dire che sgranocchio un cagnolino, quindi da adesso in poi li chiamerò biscotti e basta. Poveri cagnolini.

Tiracchio un po’ questa stupida frangia che mi ritrovo, mentre aspetto che come sempre Tifa sia più veloce di me a pensare e mi suggerisca da sola la risposta, invece lei rimane solo a guardarmi distrattamente, pensando a cose che non posso nemmeno immaginare.

"…non lascia che lo tocchi. Cioè, a volte, però è sempre…non lo so, non dico schifato, però…è come se non lo convincesse, capisci?"

"Ah-ha."

"E…non lo so, non capisco se sono io che sbaglio qualcosa, o se c’è qualcosa che non va…"

"Ne hai parlato con lui?"

"Sì, e con che faccia, me ne presti una?"

"Non hai mai avuto problemi a dirgli niente."

"Sì, ma adesso è diverso…"

Quando lo dico, è come se dentro di me qualcosa si sia schiuso.

…è diverso.

…Io non volevo che fosse diverso.

Dio, davvero, non…non era quello che volevo.

Tifa si alza, mette la sua tazzina nel lavandino e poi da lì, mi guarda incrociando le braccia.

"Dai, non ti preoccupare, il problema sarà proprio questo, che adesso è diverso. E’ un bel cambiamento, e forse si deve abituare tutto qui." poi guarda dall’altra parte e bofonchia "Anche se mi sembra veramente strano che quello non si butti a pesce nel primo buco che trova, evidentemente lo avevo valutato male…"

Io ridacchio: "Si può ancora valutare male una persona, dopo tutti questi anni?"

"Si può sempre. Non conosci mai una persona, in fondo. La deduci soltanto."

Sì gira, risvolta le maniche e lava la tazzina, poi la tazza che aveva lasciato lì.

Io me ne resto seduta, pensando a quello che ha detto, e credo che abbia ragione, tutto sommato, ma non mi piace troppo crederci. Preferisco pensare che col tempo, piano piano, io conoscerò Tifa e Cloud bene quanto si conoscono tra loro. E non voglio pensare che nemmeno loro si conoscano nella maniera più assoluta, perché sarebbe troppo triste.

Significherebbe definitivamente che gli esseri umani sono soli.

Non voglio più essere sola.

"Ci parlo io, con quel coglione."

"Waaah!" mi alzo di scatto e corro ad abbracciarla, anche se così facendo mi bagno con dell’acqua che le faccio schizzare "Grazie grazie grazie!"

"Non vuol dire che risolverò qualcosa, lo sai, vero? Se scavassi un tunnel in mezzo al mare, nella speranza di trovare le rovine del Tempio degli Antichi alla cieca, probabilmente farei qualcosa di meno assurdo che tentare di capire che cosa passi per la testa di Cloud Strife."

"Nyaaah, tu lo aggiusterai sicuramente!"

"Aggiustarlo? Non avevo mai pensato all’eventualità che fosse rotto, ma fila perfettamente…"

"Però non andare a dirglielo in modo strano!"

"Quale sarebbe un modo strano?"

"Boh, tipo che ti metti lì e dici ehy, Aeris mi ha detto che…"

"Quello non è un modo strano, è un modo diretto. Mi passi la tua tazza?"

Mi allungo più che posso per raggiungere il tavolo senza staccare almeno un braccio da lei, e una volta eseguito l’ordine torno a stringerla.

"E’ un modo strano sì, mi fa fare la figura della ninfomane."

"Ma non è vero…Sei troppo chiusa, Ae, secondo me il problema è questo, devi sbottonarti un po’."

"Io mi sbottono eccome, pensi che certe cose le faccio vestita?"

"Intendevo in senso figurato. Subito a quello vai a pensare, allora è vero che sei una ninfomane!"

Ed è qui che succede la tragedia.

Io le do un colpetto sulla schiena, piccolo piccolo, una cosetta minima, giuro, anche perché non sono esattamente famosa per la mia forza bruta…e lei grida.

Grida fortissimo, come un’animale ferito, caccia un grido così acuto che io mi spavento a morte, scatto all’indietro e grido anch’io, perché sono andata a sbattere contro un tavolo.

Non mi sono ancora resa bene conto di cos’è successo che Tifa si gira e mi grida furibonda: "AERIS, CAZZO!"

"Oddio, Tifa, scusami, scusami!" piagnucolo col fiatone "Tifa, scusa, scusa, volevo darti solo uno schiaffetto, non…"

"Va bene, va bene!" respira profondamente e si appoggia al tavolo. Vedo ancora i lividi blu sulle sue braccia, mentre è piegata li vedo anche dietro al collo, e il sangue mi si gela, fatico a parlare.

"Tifa, ma che cosa ti sei fatta…?" riesco a dire, ma in modo molto poco convincente.

"Non lo so, non lo sono…forse l’altro giorno al Dojo, stavo facendo un combattimento così, per allenamento, e sono caduta male…"

"Ma chi è stato? Ma che razza di imbecille!" mi avvicino, ma lentamente, perché ho ancora un po’ paura che gridi "Tiff, hai fatto qualcosa, ci hai messo una pomata, o…"

"No, non sapevo nemmeno di essere rimasta tutta bollata. Chi cazzo se lo aspettava…" respira profondamente "Stai tranquilla, non sono così delicata. Mi sono spaventata, tutto qui."

"A me sembrava che ti facesse male!"

"Sì, un po’, ma è stato più lo spavento. Davvero, tranquilla."

"Tranquilla, tranquilla!" le prendo una mano, facendo attenzione a non farle male, questa volta "Tiiiff…"

Lei sospira: "Ok, ok, ci metterò qualcosa, stai tranquilla. Sono arti marziali, non puoi mica pretendere di non farti mai male, no?"

Io annuisco. Lei mi dice che sono brava e mi accarezza la testa, come se fossi un cagnolino. Spero solamente che non mi mangi come ho fatto io con i biscotti.

Quando ci salutiamo, e mi promette un’altra volta di parlare con Cloud del mio (nostro, in realtà) problema, sento un gran freddo e so solamente che non vorrei andarmene da casa sua.

Però, non so se lo faccia consapevolmente, ma è come se fosse lei a spingermi fuori.

Alla fine, le cose sono cambiate così tanto

  
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