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Autore: PhoenixOfLight    14/09/2011    4 recensioni
Rachel Berry era una delle star più splendenti di Broadway. Complici il suo talento e la sua gentilezza verso i fan, aveva saputo conquistare il pubblico in poco tempo. I biglietti per i suoi spettacoli andavano letteralmente a ruba; tutti desideravano ascoltare la sua voce argentina propagarsi per il teatro, mentre dilettava la platea con i suoi acuti e le meravigliose interpretazioni. Eppure, la cantante rimaneva sempre con i piedi per terra. Sapeva che da adolescente era stata molto egocentrica, ma, crescendo, aveva imparato a dare spazio agli altri – anche se non aveva di certo perso la sua vena combattiva. Stava proprio ribadendo questi concetti a una donna sulla quarantina, in un elegante tailleur beige e un registratore in una mano, quando l’intervistatrice la interrompe con una domanda inaspettata: «Ha mai avuto esperienze amorose o sessuali... diverse, diciamo?». Rachel sbatté le palpebre più volte. «Come, prego?».
Non fatevi ingannare dall'introduzione: terribilmente angst. E Klaine, anche. Leggete a vostro rischio e pericolo.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rachel Berry era una delle star più splendenti di Broadway

Rachel Berry era una delle star più splendenti di Broadway.

Complici il suo talento e la sua gentilezza verso i fan, aveva saputo conquistare il pubblico in poco tempo. I biglietti per i suoi spettacoli andavano letteralmente a ruba; tutti desideravano ascoltare la sua voce argentina propagarsi per il teatro, mentre dilettava la platea con i suoi acuti e le meravigliose interpretazioni.

Eppure, la cantante rimaneva sempre con i piedi per terra. Sapeva che da adolescente era stata molto egocentrica, ma, crescendo, aveva imparato a dare spazio agli altri – anche se non aveva di certo perso la sua vena combattiva.

Stava proprio ribadendo questi concetti a una donna sulla quarantina, in un elegante tailleur beige e un registratore in una mano, quando l’intervistatrice la interrompe con una domanda inaspettata: «Ha mai avuto esperienze amorose o sessuali... diverse, diciamo?».

Rachel sbatté le palpebre più volte. «Come, prego?».

«I suoi fan vogliono sapere se ha mai avuto una relazione di tipo omosessuale» ripeté la donna, con un sorriso cortese. «Abbiamo raccolto alcune domande dai suoi ammiratori e ci era sembrato, diciamo, interessante approfondire questo suo aspetto».

Seriamente? Proprio questo dovevano chiedermi?

Poteva liquidare la donna, sostenendo che quella domanda fosse offensiva, oppure far finta di nulla. Represse un sospiro: doveva rispondere, o si sarebbero diffuse voci fasulle sul suo conto ed era l’ultima cosa che voleva.

Rimase qualche secondo in silenzio, soppesando le varie possibilità, poi si decise finalmente a parlare. D’altronde, non aveva nulla da nascondere, no? E poi aveva avuto un’idea brillante.

«Sono stata cresciuta da due uomini, gay, sposati e profondamente innamorati l’uno dell’altro, ma questa situazione non ha mai influenzato il mio orientamento sessuale, anzi. Non sono mai stata attratta dalle donne, posso dire di essere assolutamente etero... etero al 100%» sorrise malinconica, quando la sua mente evocò un ricordo, lo stesso, ancora una volta. «Ma baciai un ragazzo omosessuale».

Stavolta fu la giornalista a rimanere scioccata. «Come? Voglio dire... quando è successo?».

«Oh, avevo sedici anni, all’incirca... quasi diciassette» rispose senza smettere di sorridere. «Ricordo che questo ragazzo era il solista del Glee Club avversario, i “Warblers” della “Dalton Academy” di Westerville... era anche piuttosto carino, con i capelli riccioluti, gli occhi tra il marrone e il verde... però era gay. E il mio migliore amico se n’era innamorato» cominciò a raccontare, perdendosi nei ricordi. «I bulli nella nostra scuola ci perseguitavano, ci additavano come perdenti... ma per il mio amico fu molto più difficile, data la sua omosessualità. Lo spintonavano contro gli armadietti, buttavano nell’immondizia, lo prendevano in giro continuamente, riempiendolo di offese... poi, incontrò questo ragazzo, che gli stette vicino e, grazie a lui, ebbe il coraggio di andare avanti. Anzi, no, il courage. Sì, il mio amico amava il francese, era bravissimo... e questo “Usignolo” gli mandava continuamente sms ed e-mail contenenti la parola “Courage”... ad ogni modo, divennero molto amici e passavano gran parte delle giornate insieme.

Ci fu una festa, invitai tutti i membri del Glee Club della mia scuola e anche questo ragazzo... in realtà, se lo portò dietro il mio amico, sai, per cercare di far colpo su di lui. Ma, a quanto pare, non ci riuscì. Non ti dico in che situazione, fatto sta che io e questo ragazzo ci scambiammo un bacio. Fu veramente bello, davvero. Mi piacque un sacco. E anche lui fu dello stesso avviso, tant’è vero che per un po’ credé di essere bi» terminò questa frase ridendo.

L’intervistatrice era sempre più basita.

«Il mio amico voleva uccidermi. In effetti, non fui tanto carina con lui, in quel periodo. Gareggiavamo sempre per decidere chi avrebbe cantato l’assolo, al Glee» sorrise. «Solo dopo tempo scoprimmo che, insieme, le nostre voci erano fantastiche e cantammo numerosi brani da “Wicked”, il nostro musical preferito... “Defying gravity”, “For good”... Non smisi mai di scusarmi con lui, per ciò che gli avevo fatto. Assomigliavamo un po’ a Glinda ed Eupheba! Ad ogni modo, lui continuava a ripetermi: “Guarda che lui è gay! Dice di essere confuso, ma sarà il più convinto tra gli omosessuali!”. Io gli risposi che mi serviva trovare una canzone per il Glee, che baciarlo sarebbe stata un’esperienza produttiva, magari mi avrebbe ispirata... non m’interessavano i suoi sentimenti, pensavo solo a me stessa. Così, un bel giorno, baciai di nuovo quel ragazzo. E sai cosa mi disse, dopo?» chiese alla giornalista silenziosa. «Mi disse: “Sì. Sono gay. Gay al 100%. Grazie, Rachel. Mi tieni il posto nella fila? Devo andare un attimo al bagno”. Al che, il mio amico mi venne vicino, mi guardò con l’espressione da “te-l’avevo-detto” e io gli dissi: “Oh mio Dio, ho fatto riscoprire la sessualità a un ragazzo, devo andare a scrivere una canzone!”» e rise. Rise fino ad avere le lacrime, e la donna la seguì dopo qualche minuto, ancora un po’ incerta sul da farsi.

Quando si fu ripresa, l’intervistatrice si schiarì la gola e continuò: «E riuscì a scrivere quella canzone?».

«No. Per niente. Ma ebbi una discussione con l’ex del ragazzo di cui ero innamorata e scrissi “Get it right”, la mia prima canzone. Vincemmo le Regionali, quell’anno, con quell’esibizione – con “Loser like me”, un’altra canzone originale. Fu bellissimo» annuì, gli occhi lucidi.

«E, mi dica... il suo amico riuscì a fidanzarsi con quel ragazzo?».

«Oh, sì! Si fidanzarono dopo qualche mese e partirono per New York, insieme a me. Fu un anno e mezzo fa, circa. Volevano adottare una bambina – l’avrebbero chiamata Rose – ma... non poterono» la sua voce si velò di malinconia.

«Come mai?» chiese incuriosita la donna.

Rachel alzò lo sguardo e la giornalista scoprì – con un sussulto – che erano colmi di lacrime represse.

«Perché, proprio quando decisero di firmare le carte per l’adozione... beh... ebbero un incidente stradale. E morirono entrambi sul colpo» rispose con la voce tremante. «Voglio che segni ciò che sto per dire. Loro si amavano più di quanto fosse umanamente possibile. Ho parlato di loro perché erano tra le persone a cui tengo di più al mondo e perché il loro amore possa essere di esempio a tutti gli omosessuali che, ancora oggi, sono vittime di bullismo e discriminazioni. Non potrò mai dimenticare la risata del mio amico, così pura e cristallina... né le numerose volte in cui il suo ragazzo l’aveva protetto... né gli sguardi carichi di amore che si lanciavano... le giornate trascorse al “Lima Bean”, con le nostre solite ordinazioni... Latte macchiato scremato e cappuccino medio per loro due, non lo dimenticherò mai... di quando vivevamo nello stesso appartamento e dovevamo dividere le camere... di come tentassi di sgattaiolare via la sera per lasciarli soli... dei numerosi provini per gli spettacoli... del loro amore così unico, così forte, così sincero... che non morirà mai. Loro non moriranno mai. Vivranno sempre nei cuori di chi li ha amati, ma mi sembrava giusto onorare la loro memoria con questo racconto. Grazie» e, senza aggiungere altro, lasciò la saletta, mentre si abbandonava ai singhiozzi.

 

Si chiuse la porta alle spalle e sospirò pesantemente.

Quella giornata era stata estenuante, l’intervista l’aveva lasciata senza forze. Ma sentiva di aver fatto la cosa giusta.

«Rachel!».

Quella voce la fece sussultare, ma scosse la testa. Doveva farci l’abitudine, ormai.

«Ciao, Kurt» disse lei, osservando il salotto vuoto e togliendosi le scarpe.

«Ma dove sei stata? È da stamattina che ti aspetto! La fama ti ha dato alla testa, eh? Beh, scendi dal piedistallo e aiutami a cucinare, stasera preparo gli spaghetti!» esclamò, battendo le mani.

Rachel sorrise. «Sì, un attimo che mi tolgo questi vestiti di dosso...».

«Amore, lasciala respirare! Ti aiuto io in cucina. Ciao, Rachel!».

«Ciao, Blaine» rispose al ragazzo riccioluto, che in quel momento si era avvicinato al fidanzato, abbracciandolo da dietro. Rachel non poté evitare di sorridere a quella scena, mentre lacrime copiose rigavano le sue guance. «Com’è andata a lavoro?».

Il ragazzo fece spallucce. «Al solito. Ma ho un sacco di pratiche da sbrigare, spero che entro domani ce la faccio a terminare, voglio portarvi tutti al cinema!».

«Amore, non preoccuparti! Sbriga i tuoi affari con calma, non fa niente se entro domani non ci porterai al cinema, ci andremo un altro giorno!» disse Kurt, voltando appena la testa verso il ragazzo, catturando poi le sue labbra in un casto bacio.

«No, voglio togliermi questo peso da dosso una volta per tutte» rispose risoluto Blaine, carezzando i capelli del fidanzato. «E poi, ho proprio bisogno di un po’ di svago».

«Va bene, ma ora riposati, ci penso io ai fornelli».

«Kurt, se mi aspetti cinque minuti, ti aiuto a cucinare! Il tempo di cambiarmi» esclamò Rachel.

«D’accordo... ma non farmi attendere troppo! E non tornare qua con quell’orrenda tuta fucsia, altrimenti giuro che te la brucio. Non so cosa ti sia passato in mente quando l’hai comprata» commentò Kurt, dirigendosi in cucina.

Rachel sbuffò alzando gli occhi al cielo, per poi asciugarsi le lacrime.

«Ok, ok, come vuoi tu... tsz, manco fosse Alexander McQueen» brontolò salendo le scale.

«Ti ho sentita, sai?».

Blaine rise di gusto e lei dovette mordersi un labbro per non imitarlo. Aveva un orgoglio da difendere, dopotutto.

Salì velocemente in camera e si spogliò, evitando con cura la fantomatica tuta odiata da Kurt.

Ben presto, però, la sua attenzione fu attirata da una cornice di argento sulla scrivania, con dentro una foto. La prese, sorridendo. C’erano tutti e tre: lei, Kurt e Blaine. Era stata scattata il primo giorno in cui vennero a New York. Appena scesero dall’aereo, comprarono una macchina fotografica usa e getta all’aeroporto e fermarono una giovane coppia per farsi ritrarre sullo sfondo newyorkese. Avevano le facce stanche dovute alle ore di volo e a quelle saltate la notte precedente dall’emozione, ma erano felici. Estremamente felici.

Si portò la foto al petto e scese al piano di sotto.

Non trovò Kurt in cucina, né Blaine steso sul divano. Ma non se ne preoccupò. Era normale. Assolutamente normale.

Eppure, continuò a parlare, come se loro fossero con lei, in quella stanza.

«Kurt, dovremmo comprare delle padelle nuove! Questa qui non ha un manico!».

Sbuffò.

«Sì, ok, ho capito. Non compreremo tutto il set di pentole daccapo. Agli ordini, generale» commentò sarcastica.

Accese il fornello e vi poggiò sopra la pentola con l’acqua. Preparò la salsa. «Kurt, non ricordo mai cosa metterci... olio, sale, un po’ d’aglio... e poi? Ah, già! Il basilico! Grazie, Blaine! Fortuna che hai origini italiane, altrimenti qui saremmo tutti morti di fame!».

Rachel ridacchiò. «No, Kurt, il tuo corso di economia domestica non vale a nulla. Rassegnati, Blaine sa cucinare meglio di te».

La ragazza si abbandonò a una sonora risata. «Ma smettila di tenere il broncio e aiutami! Non vorrai mica rimanere digiuno, stasera!».

Preparò la tavola, «Ma i bicchieri di plastica sono finiti? Uffa... beh, vuol dire che useremo quelli di vetro...», buttò la pasta, «Kurt, aiutami, non riesco mai a misurare la giusta quantità!» e, quando fu pronta, la scolò. «Oddio, non ti sarai mica scottato?».

Preparò i tre piatti. «La cena è pronta! Blaine, tu che sei l’uomo di casa, hai il piatto più grande!». Soffocò una risata. «Suvvia, Kurtie, non guardarmi così! Sto scherzando! D’accordo, d’accordo, non ti chiamerò più in quel modo... promesso» disse, e incrociò le dita sotto il tavolo.

«Bene... buon appetito!».

Riempì il bicchiere, di nuovo, e poi ancora, e ancora, cinque, sei bicchieri in una volta.

Quando ero triste, i miei papà mi portavano dell’acqua.

Posò con forza il bicchiere sul tavolo, guardò quella dannata foto sul ripiano e disse che, no, fingere non li avrebbe riportati indietro. Non più.

Se n’erano andati... per sempre.

Le sue spalle furono scosse da forti brividi, il capo chino.

Rachel alzò lo sguardo, le gote bagnate.

E rise.

Rise, rise, rise.

Rise fino a non aver più la forza di farlo.

Rise perché si sentiva pazza con quei ricordi deliranti.

Rise e afferrò la forchetta.

«Vi voglio bene, amici!» esclamò e si portò gli spaghetti alla bocca, ridendo.

E pianse, perché non riusciva a fare nient’altro.

 

 

 

 

EDIT: Ringrazio TheScarfOfTheSexualPreference per avermi fatto notare gli errori nella storia... l’ho modificata, spero che ora sia più leggibile!^^

 

Non so come mi sia uscita.

Semplicemente, stamattina stavo pensando a Kurt e a Blaine e – non so come – mi è venuta in mente la scena iniziale, quella dell’intervista.

Il resto si è scritto da solo, non so come mi sia venuto in mente.

Non lo so.

So solo che sto piangendo scrivendolo e perdonatemi se vi ho fatti intristire!

No, Rachel non soffre di allucinazioni. Solo, non riesce ancora ad accettare il fatto che Kurt e Blaine siano... che loro siano... se ne siano andati. Ecco. Perciò, si rifugia nei ricordi e finge che nulla sia cambiato, che i due ragazzi vivano ancora con lei, con i loro sogni e le loro aspettative di vita. Immagina quei discorsi, ma risponde ad alta voce, riportando a galla scene che magari hanno già vissuto insieme o che avrebbe voluto vivere. Come se davvero fossero lì con lei. A volte li vede, altre no. Dipende.

Spero che un po’ vi sia piaciuta ^^

Un bacione a tutti!

 

MissProngs

   
 
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