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Autore: Mikayla    15/09/2011    0 recensioni
La luna continuava a porgergli sempre la stessa domanda, nella vana speranza che lui le rispondesse.
"Perché? Perché lo fai?"

Ma la durata del tramonto non ha mai permesso che la risposta giungesse a lei, se non sottoforma di un tiepido e caldo colore.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Vendetta.


La radura scura fu oppressa dall’agognato silenzio, come una cappa sceso sui pochi alberi rimasti in vita. Il letto del lago pressoché prosciugato ristagnava in agonia.
Un leggero tintinnio di campanelli echeggiò smorzato.
Gli fece eco una lieve risata, repressa su labbra vermiglie.
Un corpo flessuoso, innaturalmente bianco, si levò maestoso sulla massa scura che lo circondava fino alla vita.
Sedeva nell’acqua ormai poco più alta di un piede, gli occhi chiusi rivolti verso l’alto, a una gravida luna bianca che ricambiava languida lo sguardo preclusole.
Tre paia di nere ali si stagliavano alte verso il cielo tinto di un rosso scarlatto dal sole al tramonto.
Attorno a lui era tutto rosso, e non solo per il riflesso della luce.

Perché? Perché lo fai?

I campanelli risuonarono nuovamente, un macabro tintinnio ovattato dal sangue rappreso.
Tra le sue nivee braccia, sul suo addome teso e sulle gambe piegate, giaceva inerte e cinereo un corpo di giovane donna.
Il rosso che lo circondava era il sangue di quell’innocente, lo stesso che rendeva vermiglie le sue labbra.
Un sorriso bieco si aprì sul suo volto, gli occhi ancora volontariamente chiusi a dispetto della luna lasciva.
Chinando il capo lasciò scivolare il mento sul cadavere ancora caldo, tentando si sporcarsi con tutto quello splendido rosso, restando ugualmente bianco com’era nato.
Solo le sue labbra erano vermiglie, solo loro accoglievano quel liquido vitale.
Rosso, vermiglio, cremisi, purpureo, fulvo, carminio, scarlatto, cinabro sangue.

Perché? Perché lo fai?


Non gli importava come veniva chiamato, ma quel colore restava qualcosa di irresistibile, una calamita che lo attraeva senza alcuna forza.
Annegare nel tramonto, in un lago di sangue, avvolto in quella tinta era tutto ciò che desiderava.
Le ali gli si raccolsero attorno, proteggendolo dall’arrivo dell’oscura notte di tenebre e pallore delle stelle.
Lui viveva per il rosso, per pochi effimeri istanti.
Strinse quel corpo mutilato a sé, ammirando la fuoriuscita del sangue da lei, giocando a perforarlo per poterlo vedere tutto, per lasciarselo scivolare addosso e sentirlo proprio.

Perché? Perché lo fai?

Le iridi violacee, sporcate da pagliuzze vermiglie, si riempirono dell’orrore della sua opera, imprimendo quel colore divino sulla cornea.
Altre ventiquattro ore, e poi avrebbe potuto saziarsene nuovamente, ravvivando il ricordo di quella splendida tinta.
Con strazio abbandonò ai flutti il proprio capolavoro librandosi a mezz’aria seguito dai campanelli alla cavigliera destra.
Quel trillo annunciava la sua venuta, e la sua dipartita. I campanelli, e il colore del cielo, erano i moniti concessi agli innocenti per preservare la loro pallida e precaria vita.
Tutto il resto era lasciato a lui, e alla luna che impotente lo osservava, continuando a porgergli sempre la stessa domanda.

Perché? Perché lo fai?

Ma la risposta non le era mai giunta, infine.
Come quegli occhi superbi non si rivolsero mai più a lei in cerca di conforto.

Perché ami più loro di me, madre. Per vendetta.
 
 
 
 
 
 
 
[Nota doverosa:
se ve lo state chiedendo la risposta è no. Non ci sono state storie collegate a questa, e con ogni probabilità non ci saranno in un futuro. È solo un flash, un attimo. Crudo e crudele, tinto di rosso. Niente di più, né di meno.]
   
 
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