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Autore: SoulSEARCHER    18/09/2011    9 recensioni
Santana fissò la ragazza sbattendo un paio di volte le lunghe ciglia. Non credeva esistesse qualcuno di così strano, inquietante e adorabile allo stesso tempo.
[AU. Brittana.]
Genere: Angst, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti
Note: AUOOC | Avvertimenti: nessuno
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Alle 14.04 Santana mugugnò, infastidita da un qualcosa di umido che si era posato sulla sua guancia. Schiuse le palpebre per poi trovarsi faccia a faccia con Edgar, un labrador retriever dal manto color miele che aspettava impaziente il suo pasto e le leccava il viso. Sbuffò arricciando il naso per poi issarsi a sedere sul letto, ancora incastrata tra le fresche lenzuola di seta grigia, e venne colta da un capogiro che la costrinse a strizzare gli occhi.
Si alzò lentamente e percorse a grandi passi il corridoio che la portava alla cucina, tirando fuori da uno stipetto la busta contenente le crocchette preferite del cane.
Ne versò una modesta quantità nella ciotola verde che presentava sul davanti il nome dell'animale, il quale si precipitò immediatamente verso il cibo. Si diresse poi verso il bagno alla ricerca di un analgesico che sperava le avrebbe alleviato il dolore che le attanagliava la testa, dovuto probabilmente alle quattro ore di sonno che la ragazza aveva sulle spalle. I turni di notte in Pronto Soccorso la sfiancavano, specie se erano faticosi e frenetici come quello appena trascorso. A volte si chiedeva se mezza popolazione di New York si fosse messa d'accordo per ucciderla.
Aveva suturato decine di ferite, fasciato polsi slogati e compilato cartelle: nulla di eclatante, solo tanta fatica.
Si guardò allo specchio notando delle grosse occhiaie che le contornavano gli occhi scuri, li chiuse e si massaggiò le tempie. Decise che probabilmente una doccia era quello di cui aveva più bisogno in quel momento.
Si spogliò velocemente dei vestiti per poi infilarli nell'apposito cesto per i panni sporchi ed entrò nella cabina doccia. Stette per alcuni istanti immobile sotto il getto d'acqua calda, beandosi del silenzio che regnava nell'intero appartamento, interrotto solo dai gorgoglii dell'acqua che si infrangeva sui suoi capelli corvini. Dopo aver terminato di lavarsi, Santana mise un piede fuori dalla doccia, rabbrividendo al contatto della sua pelle con il pavimento freddo. Afferrò un asciugamano legandoselo sopra il seno, per poi prenderne uno più piccolo con il quale si frizionò i capelli, subito dopo si diresse in camera sua e si infilò i vestiti che aveva meticolosamente preparato in precedenza. Proprio mentre stava scivolando dentro una morbida t-shirt grigia il suo cellulare squillò e la ragazza si precipitò a rispondere.

“Pronto?”

“Lopez, ti voglio qui entro un'ora” il clic emesso dal telefono le fece intuire che il suo interlocutore aveva chiuso la chiamata senza darle possibilità di replica. Una volta elaborati i dati e metabolizzato l'informazione si affrettò a scorrere la rubrica alla ricerca del numero di Dave, il suo migliore amico. Quando questo, dopo due squilli rispose, Santana sfoderò il tono più supplichevole e dispiaciuto del suo vastissimo repertorio.

“Ehi, orso. Niente caffè, mi dispiace tanto”

“Che è successo questa volta?”

“Sono reperibile, oggi. E la Sylvester mi ha appena chiamata, devo correre in ospedale”

“Quando la smetterà di essere così stronza, quella zitella?”

“E' il mio lavoro, Dave.”

Sarà, ma quella ti sottopone a degli orari inumani, Santana” in tutta risposta il ragazzo marcò il nome dell'amica pronunciato per intero, cosa che faceva di rado.
La ragazza sospirò, dall'altro capo del telefono, passandosi una mano tra i capelli antracite. Avevano affrontato quel discorso milioni di volte, ma a lei piaceva il suo lavoro e soprattutto non poteva nulla contro la tanto temuta Sue Sylvester, primario di neurochirurgia, della quale lei era al suo terzo anno da specializzanda.

“Lascia stare. Ci sentiamo presto.”

“Va bene, come vuoi. A presto Lopez”

“Ciao, Karofsky”

 

 

Poco più di un'ora dopo, Santana stava chiudendo la portiera della sua vecchia Ford Taurus quando scorse una figura longilinea che camminava a passi leggeri e veloci verso la struttura ospedaliera, che recava poco sopra l'ingresso un'insegna con il nome dell'ospedale, uno dei migliori d'America, il New York Presbyterian Hospital. La latina si affrettò a chiudere a chiave la macchina per poi chiamare a gran voce la ragazza che si dirigeva verso l'ospedale.

“Fabray! Quinn!” la bionda si voltò verso Santana, sorridendole nervosa. Quinn Fabray era una sua collega, si conoscevano da tre anni, ovvero da quando avevano iniziato l'internato all'ospedale, quando ancora erano delle studentesse con la passione per il lavoro che stavano per intraprendere, ignare del fatto che il loro primario avrebbe reso la loro vita un inferno. Si trovavano bene insieme e spesso si frequentavano al di fuori dell'ospedale.

“Ehi, Lopez. Ha chiamato anche te, vero?” chiese retoricamente Quinn.

“Già. Sono tornata a casa non più di otto ore fa ed eccomi di nuovo qui. Comincio ad odiarlo, questo posto” sbuffò la ragazza mentre camminava svelta a fianco dell'amica.

Quando furono davanti all'entrata, le porte scorrevoli rivelarono una donna alta e slanciata, con i biondi capelli corti e un'espressione irritata in viso, dietro di lei altri tre specializzandi del loro stesso anno che parlottavano tra loro.

“Barbie, Jennifer.. Sono le 15.32, ergo: siete in ritardo. Prima di andarvene di qui compilerete le cartelle post operatorie di tutti i vostri colleghi. E ora andate a cambiarvi.”

“Mi dispiace, c'era traffico, io..” tentò Quinn, per poi venire interrotta dalla voce calma della donna, nella quale era distintamente udibile una nota di sarcasmo neanche troppo velato.
“Cielo, tesoro, dov'eri quando è stata distribuita l'originalità? Probabilmente eri in ritardo anche quel giorno e ora va a cambiarti e non metterci più di diciotto secondi, ragazzina” intimò il primario facendo schizzare le due ragazze come delle molle, che si diressero a passo di marcia verso lo spogliatoio.

 

“Allora, hai più sentito Bob?” domandò Quinn mentre si infilava i pantaloni azzurri della divisa, riferendosi ad un ragazzo che aveva rimorchiato la mora in un locale, qualche sera prima.

“Chi, quello scimmione? Ma assolutamente no, ne ho solo approfittato per farmi offrire un paio di drink” sorrise ironica quella mentre la bionda scuoteva la testa.

“E tu? Sammy è ancora arrabbiato?” la interrogò Santana con aria vaga facendola rimanere con un braccio a mezz'aria mentre tentava di attaccare il proprio cartellino alla tasca del camice.

“Non lo so. Non ci sentiamo da tre giorni” mormorò Quinn, imbarazzata e dispiaciuta.

“Cosa? Non ti ha ancora chiamata?” esclamò incredula Santana.

“Siamo in ritardo, muoviti” tagliò corto la dottoressa Fabray mentre spariva dietro la porta dello spogliatoio seguita da una preoccupatissima Santana, impaurita dall'affrontare l'ira del primario.
Nel giro di pochi minuti le ragazze si presentarono nell'atrio al cospetto della dottoressa Sylvester.

“Bene, anzi direi male dal momento che oggi siete tutti e cinque affidati a me. Sono di turno da dodici lunghissime ore ed il livello di disgusto nei vostri confronti aumenta esponenzialmente ogni minuto che passa, in più il caffè di questo ospedale fa veramente schifo. Ora, tutti i pazienti su cui io ho messo le mani sono usciti vivi dalla sala operatoria, vedete di non fare casini o giuro sul mio bisturi che morirete di una morte lenta e dolorosa. Jones e Puckerman, voi siete in traumatologia. Voi due vi occuperete dei post operatori” disse indicando le due ragazze. Fece poi per andarsene quando venne fermata da uno specializzando

“Dottoressa, mi scusi.. Io che dovrei fare?” il proprietario della voce era un ragazzo alto e dinoccolato, Finn Hudson, al terzo anno di chirurgia generale, certamente non famoso per essere sveglio, ma piuttosto perchè portava lo stesso cognome del padre che era anche uno dei maggiori finanziatori del programma di ricerca di oncologia del quale l'ospedale si faceva particolarmente vanto. Ma questo, alla dottoressa Sylvester pareva non importare più di tanto.

“Oh, ci sei anche tu. Ti avevo scambiato per un lampione. Tu sei con me, muoviti e vedi di non inciampare nei tuoi stessi piedi” disse voltandosi e iniziando a camminare velocemente. Il ragazzo lanciò un paio di sguardi terrorizzati ai suoi colleghi che lo schernivano ridendo e poi seguì la dottoressa.

 

 

“La odio! Quella zitella inacidita dall'età e dall'astinenza..” sbottò irritata Quinn mentre percorreva a grandi falcate il corridoio che portava alle stanze dei degenti.

“Sì, però adoro come tratta Hudson. Schuester non fa altro che leccare il culo a quel palo con le gambe, io giuro che non lo sopporto. E poi dove diamine sono Rachel e Kurt?” si lamentò Santana sfogliando le cartelle cliniche dei pazienti e fermandosi alla stanza numero 14.

“Li ho incrociati prima al parcheggio, avevano appena finito” la informò la bionda mentre entravano nella stanza. Santana osservò la stanza passando il suo sguardo su una ragazza bionda che dormiva nel letto accanto alla finestra, per poi spostare la sua attenzione pochi attimi verso l'altra paziente nella stanza che la salutò gentilmente.

“Salve, signora Mitchell” disse dando un'occhiata alla cartella clinica ai piedi del letto dell'anziana donna “come andiamo?” domandò l'ispanica sorridendo cordialmente.

“Ho un po' di nausea, da qualche ora”

“Non si preoccupi, è piuttosto normale durante la degenza” la rassicurò la mora, per poi rivolgersi all'infermiera che sostava sulla porta “5 mg di Droperidol e tenete sotto controllo la pressione arteriosa.” concluse.
Quinn intanto si stava occupando della ragazza bionda e mentre le medicava la ferita e controllava i parametri vitali quella le sorrise, volgendo poi il suo sguardo verso Santana, che con un'espressione corrucciata si affrettava a scrivere sulla cartella della signora Mitchell.

“Brutta giornata, eh?” fece la paziente indicando con un cenno del capo l'ispanica.

“Parli di lei? Oh, sì ma le sue sono tutte brutte giornate e poi quella che vedi non è la sua faccia incazzata, nonostante possa sembrarlo. Anzi direi che oggi è particolarmente di buon umore” disse la dottoressa Fabray scuotendo la testa sorridente.

“Che abbiamo qui?” intervenne Santana dopo essersi occupata della sua paziente.

“Oh, glielo dico io!” la paziente precedette Quinn, sorridendo “Carcinoma polmonare al terzo stadio dovuto ad una mutazione del gene TP53. Una settimana fa ho subito la mia terza operazione. Pensa che mi daranno un premio? Oh, a mia discolpa tengo a sottolineare che non ho mai toccato una sigaretta in vita mia se si esclude quella che ho fumato circa dodici anni fa. Secondo lei conta?” domandò poi accigliandosi.

Santana fissò la ragazza sbattendo un paio di volte le lunghe ciglia. Non credeva esistesse qualcuno di così strano, inquietante e adorabile allo stesso tempo. Era appena stata operata, aveva un tumore maligno e probabilmente non sarebbe nemmeno guarita eppure sorrideva come se le avessero appena comunicato di aver passato un esame all'Università con il massimo dei voti.
La latina sollevò poi un sopracciglio e sorrise divertita mentre Quinn finiva di scrivere sulla cartella della giovane paziente scuotendo la testa. Subito dopo le due specializzande salutarono le pazienti e uscirono dalla stanza per proseguire il giro di visite.
Quattro ore e molte imprecazioni dopo, Santana e Quinn si ritrovarono sedute per terra, in un corridoio vuoto, a compilare cartelle che non erano nemmeno loro mentre gli altri specializzandi erano probabilmente a casa loro, addormentati sotto le coperte. D'improvviso il cellulare della biondina squillò facendo sobbalzare entrambe le ragazze. Quinn aprì il messaggio che le era appena arrivato mentre le sue labbra si distendevano in un sorriso stanco.

“E' Sam?” chiese Santana, notando l'espressione serena sul volto dell'amica.

“Già” sospirò la ragazza.

“Vai da lui” annunciò noncurante Santana facendo alzare lo sguardo all'altra che sollevò le sopracciglia sorpresa.
“Come scusa?”

“Hai capito benissimo, vattene prima che cambi idea” la minacciò la Lopez fissando lo sguardo duro in quello di Quinn che parve tentennare per un attimo.

“No, non se ne parla. Non ti lascio qua per altre due ore, se non di più, a compilare cartelle. Potresti fare qualcosa di stupido” annuì con veemenza la biondina.

“Come, scusa?” domandò incredula l'ispanica.

“Potresti bere il caffè dell'ospedale!” la ragazza sgranò gli occhi mortalmente seria mentre Santana le scoppiava a ridere in faccia.

“Tranquilla, andrò a rubarne un po' dalle infermiere” la rassicurò.

Quinn sembrò tranquillizzarsi e dopo qualche secondo di esitazione si sciolse in un sorriso, stampò un bacio sulla guancia della mora mormorando un velocissimo “grazie” e corse verso gli spogliatoi.

 

Mezz'ora dopo Santana decise di prendersi una pausa per andare a chiedere un po' di caffè alle infermiere. Fortunatamente la caposala la adorava e le diede anche due biscotti fatti in casa che la latina apprezzò moltissimo. Mentre tornava al proprio lavoro la Lopez passò davanti alla stanza numero 14 quando sentì una voce chiamarla. Si voltò verso la camera e incontrò lo sguardo della ragazza bionda di quel pomeriggio. Si fermò ed esitò qualche secondo prima di oltrepassare l'uscio.

“Buonasera, dottoressa. Ancora qui?” chiese la bionda inclinando la testa di lato.

Santana intanto guardò il letto vuoto accanto a quello della ragazza con aria interrogativa.

“Tutto bene, l'hanno solo spostata in un'altra stanza” la precedette la bionda.

Santana tirò un sospiro di sollievo e finalmente sorrise alla ragazza, prendendo un lungo sorso di caffè.

“Come stai?” chiese cordialmente la dottoressa alla ragazza dai lunghi capelli biondi che alzò le spalle sorridendo.

“E lei come sta?”

“Sto bene, ma dammi del tu. Sono la Dottoressa Lopez, tu chiamami pure Santana” la informò la ragazza allungando poi una mano verso la paziente.

“Sono Brittany, ma tu chiamami pure Brittany” rispose questa sotto lo sguardo inizialmente attonito di Santana che subito dopo scoppiò a ridere divertita. 





Note:
Hey, there! Salve a tutti. Lo so, lo so. Dovrei aggiornare "The world keeps spinning round" ma non ho idee e ho deciso di tralasciarla un attimo, anche perchè tra l'esame e la scuola questo mese è stato da suicidio.. Vedrò di aggiornare al più presto.


Boh, io questa storia non lo so da dove spunta. E' un'idea che ho in testa da un po', la sto scrivendo da quasi un mese e ho un po' di capitoli pronti. Lo so, è una storia vista e rivista e nel caso in cui vi annoiasse vi prego di farmelo sapere così smetto di pubblicare. No, non è presunzione, la mia. Semplicemente per me scriverla è un impegno ed è anche abbastanza difficile e se non interessa nessuno lascio pedere in partenza. Ringrazio tantotantotanto sery_90 che ha letto il primo capitolo in anteprima e boh, grazie mille. ♥ *____*
Fatemi sapere. Tantoammòre per tutti.

  
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